N. 261 SENTENZA 14 - 19 giugno 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Elezioni  -  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige  -  Gruppo della
 minoranza linguistica ladina - Consigli e  giunte  dei  comuni  della
 provincia di Bolzano - Omessa tutela - Elezione diretta del sindaco e
 modifica  del sistema di elezione dei consigli comunali - Lesione del
 principio  di  parita'  dei  cittadini  appartenenti  ad  un   gruppo
 linguistico  -  Carenza  di  motivazione - Questione non definita nei
 suoi precisi termini -  Erronea  interpretazione  delle  disposizioni
 richiamate - Inammissibilita' - Non fondatezza.
 
 (Legge  regione  Trentino-Alto  Adige  30  novembre 1994, n. 3; legge
 regione Trentino-Alto Adige      30 novembre 1994,  n.  3,  artt.  2,
 quinto e sesto comma, 17, primo comma, 32, primo comma, lett. b), 35,
 primo  comma,  lett.  h),  e  terzo comma, lett. c), 36, primo comma,
 lett. h) e terzo comma, lett.  c), 65, primo comma).
 
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 2, 56, 61, 62, 92 e 102).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 6, 48, 49 e 51)
 
(GU n.27 del 28-6-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale del
 Trentino-Alto Adige 30 novembre 1994,  n.  3  (Elezione  diretta  del
 sindaco  e  modifica  del  sistema  di elezione dei consigli comunali
 nonche' modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1) e  degli
 artt. 2, commi 5 e 6; 17, comma 1; 32, comma 1, lettera b); 35, comma
 1,  lettera h) e comma 3, lettera c); 36, comma 1, lettera h) e comma
 3, lettera c); 65, comma 1, della stessa legge, promosso con  ricorso
 di  Carlo  Willeit, nella sua qualita' di componente unico del gruppo
 linguistico  ladino  nel  Consiglio  regionale della Regione autonoma
 Trentino-Alto Adige, notificato il 27 dicembre  1994,  depositato  in
 cancelleria  il  31  dicembre  1994 ed iscritto al n. 90 del registro
 ricorsi 1994;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1995 il  Giudice  relatore
 Massimo Vari;
    Uditi  l'Avvocato Massimo Luciani per il gruppo linguistico ladino
 e l'Avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso  notificato  in  data  27  dicembre  1994,  Carlo
 Willeit,   nella   sua   qualita'  di  componente  unico  del  gruppo
 linguistico ladino del Consiglio  regionale  della  Regione  autonoma
 Trentino-Alto  Adige,  ha  impugnato  -  ai  sensi  del secondo comma
 dell'art. 56 del d.P.R. 31 agosto  1972,  n.  670  (Approvazione  del
 testo   unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo  Statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige) - la legge regionale 30 novembre
 1994, n. 3 (Elezione diretta del sindaco e modifica  del  sistema  di
 elezione dei consigli comunali nonche' modifiche alla legge regionale
 4 gennaio 1993, n. 1).
    Il  ricorso - nel denunciare violazione degli artt. 2, 56, 61, 62,
 92 e 102 dello Statuto speciale della Regione autonoma  Trentino-Alto
 Adige,  nonche' degli artt. 2, 3, 6, 48, 49 e 51 della Costituzione -
 investe la legge sia nella sua interezza, sia negli artt. 2, commi  5
 e  6; 17, comma 1; 32, comma 1, lettera b); 35, comma 1, lettera h) e
 comma 3, lettera c); 36, comma 1, lettera h) e comma 3,  lettera  c);
 65, comma 1.
    2.  -  Premesso che la considerazione delle minoranze linguistiche
 e', nello Statuto  speciale,  tale  che  l'art.  56,  secondo  comma,
 prevede   un   meccanismo   assolutamente   originale   di  garanzia,
 consistente in un ricorso collettivo,  a  tutela  della  parita'  dei
 diritti   fra  cittadini  dei  diversi  gruppi  linguistici  e  delle
 caratteristiche etniche e culturali dei  gruppi  stessi,  si  lamenta
 anzitutto  violazione del predetto art. 56 "in riferimento agli artt.
 2, 61, 62 e 102 del medesimo Statuto e 2, 3 e 6 della  Costituzione".
 Si  deduce, nel contempo, che, per quanto attiene alla rappresentanza
 a livello locale, costituiscono disposizioni di riferimento gli artt.
 61 e 62 dello Statuto medesimo, quali norme  direttamente  espressive
 del principio generale di tutela delle minoranze linguistiche (art. 6
 della  Costituzione),  secondo quanto precisato da questa Corte nella
 sentenza n. 289 del 1987. L'art. 62  detterebbe,  in  favore  di  una
 minoranza  numericamente  esigua, quale quella ladina, una disciplina
 piu' vantaggiosa di quella prevista  indifferentemente  per  tutti  i
 gruppi  linguistici  dal precedente art. 61, garantendo la necessaria
 presenza del gruppo ladino negli organi collegiali degli enti  locali
 della Provincia di Bolzano, ivi compresi i comuni.
    Una  disciplina,  dunque,  che  troverebbe il suo fondamento negli
 artt. 2, 3 e 6 della Costituzione, i quali impongono, secondo  quanto
 si  desume  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  l'adozione per le
 minoranze linguistiche di un trattamento specificamente differenziato
 (sentenze n. 86 del 1975 e n. 312 del 1983), in corrispondenza con il
 principio generale del necessario  intervento  a  favore  dei  gruppi
 sociali  meno favoriti (sentenza n. 109 del 1993), non senza rilevare
 che profonde ragioni di diritto costituzionale sono alla  base  delle
 norme  statutarie,  la  cui interpretazione deve essere ispirata alla
 maggiore espansione possibile del valore costituzionale protetto, non
 a caso definito essenziale dalla stessa Corte (sentenza  n.  242  del
 1989).  Ne'  ad avviso del ricorrente varrebbe, in contrario, opporre
 che l'art. 62 dello Statuto non fa espresso riferimento ai comuni, ma
 menziona gli enti pubblici locali, essendo il comune - per  risalente
 tradizione  del  nostro  ordinamento  e  come  dimostrano le numerose
 sentenze della Corte stessa che  vengono  richiamate  nel  ricorso  -
 l'esempio piu' naturale di tale categoria.
    Per  contro,  la  legge impugnata, non assicurando la presenza dei
 ladini, ne' nei consigli ne' nelle giunte dei comuni della  Provincia
 di  Bolzano,  contrasterebbe  con i richiamati parametri, nonche' con
 gli artt. 48  e  49  della  Costituzione,  i  quali  garantiscono  ai
 cittadini  il diritto di partecipare alla vita politica con il voto e
 con la loro attivita' in associazioni collettive.
    La legge contrasterebbe anche con l'art.  92  dello  Statuto,  che
 prevede  la  possibilita'  di  impugnativa  degli atti amministrativi
 ritenuti lesivi del principio di parita' dei  cittadini  appartenenti
 ad   un  gruppo  linguistico,  da  parte  di  consiglieri  regionali,
 provinciali e comunali; in particolare, quanto a questi ultimi, degli
 atti dei comuni della Provincia di  Bolzano.  Venendo  meno,  per  un
 gruppo  esiguo  come  quello ladino, la garanzia della rappresentanza
 negli  organi  collegiali  del  comune,  verrebbe  meno  anche   tale
 meccanismo di tutela.
    3.  -  Sulla  base  dei  riferiti  motivi,  il  ricorrente  assume
 l'illegittimita'costituzionale  della  legge  regionale  30  novembre
 1994,  n.  3,  nella  sua interezza, e al tempo stesso, la diretta ed
 immediata  illegittimita',  ciascuna  per  violazione  di   tutti   i
 parametri in precedenza indicati, delle seguenti disposizioni:
      art.  2, comma 6, che ometterebbe di dare attuazione all'art. 62
 dello Statuto, riprendendo soltanto  la  formulazione  dell'art.  61,
 secondo comma;
      art. 17, comma 1, che non conterrebbe, per il gruppo linguistico
 ladino,  norme di favore, in ordine al numero di firme necessario per
 la presentazione delle candidature;
      artt. 32, comma 1, lettera b); 35,  comma  1,  lettera  h);  36,
 comma  1,  lettera  h),  che  non prevederebbero alcun meccanismo per
 garantire la rappresentanza ladina nei consigli comunali;
      artt. 35, comma 3, lettera c), e 36, comma 3, lettera c), che  -
 riservando  al  candidato alla carica di sindaco risultato non eletto
 al secondo turno il primo seggio assegnato alla lista di appartenenza
 -  non  appresterebbero  alcun  correttivo  per  evitare   che   tale
 meccanismo possa risolversi nella privazione della rappresentanza del
 gruppo  ladino,  qualora  a  detta  lista  spetti un solo seggio e il
 candidato piu' votato  sia  un  appartenente  al  gruppo  linguistico
 ladino;
      art.  65, comma 1, che, nel dettare la disciplina generale sulla
 elezione  dei  consigli  circoscrizionali,  non  prevederebbe  alcuna
 garanzia della rappresentanza del gruppo linguistico ladino.
    4. - Oltre che per le disposizioni relative agli organi collegiali
 dei  comuni,  la  legge viene denunciata, per violazione dei principi
 statutari (artt. 2 e 102) e costituzionali (artt. 2, 3, 6  e  51)  in
 materia  di  rappresentanza  del gruppo linguistico ladino, anche per
 quanto attiene alla formazione degli organi "monocratici  dei  comuni
 della Provincia di Bolzano".
    La  censura  investe, in particolare, l'art. 2, commi 5 e 6, nella
 parte  in  cui  "impedisce  l'elezione  a  sindaco  e  la  nomina   a
 vicesindaco  di cittadini appartenenti al gruppo linguistico ladino".
 Da una parte, il comma 5 - disponendo,  per  i  comuni  con  piu'  di
 13.000  abitanti  della  Provincia  di Bolzano, che, se nel consiglio
 comunale sono presenti piu' gruppi linguistici, il  vicesindaco  deve
 appartenere  a  quello  di  maggiore  consistenza, escluso quello cui
 appartiene  il  sindaco  -  impedirebbe  l'accesso  alla  carica   di
 vicesindaco  di  cittadini  appartenenti al gruppo ladino, poiche' in
 nessuno di tali comuni esso e' (almeno) il secondo  per  consistenza.
 Dall'altro,  il comma 6, disponendo che i posti spettanti in giunta a
 ciascun gruppo linguistico si calcolano computando anche il  sindaco,
 non consentirebbe al sindaco del gruppo ladino, eventualmente eletto,
 di  far  parte  della  giunta  medesima,  nell'ipotesi che l'art. 61,
 secondo comma, dello Statuto si interpreti (peraltro, e' da ritenere,
 illegittimamente) nel senso che solo i gruppi linguistici con  almeno
 due consiglieri comunali possono essere rappresentati in giunta.
    5. - Nel giudizio si e' costituita la Regione Trentino-Alto Adige,
 chiedendo  il rigetto del ricorso. Con successiva memoria, presentata
 in prossimita' dell'udienza, nel  riconfermare  detta  richiesta,  la
 difesa della Regione osserva che i comuni non possono farsi rientrare
 tra gli "enti pubblici locali" menzionati dall'art. 62 dello Statuto.
 La  espressione  sarebbe,  infatti,  da riferire agli enti locali non
 territoriali, come confermato dal precedente art. 61 che,  mentre  fa
 riferimento,  al  primo comma, agli "enti pubblici locali", contiene,
 al secondo comma, una apposita  disciplina  per  i  comuni,  volta  a
 garantire una rappresentanza automatica limitatamente alla giunta.
    Secondo  la  memoria, l'art. 62 riguarderebbe i soli enti pubblici
 diversi dai comuni, atteso che, nello Statuto,  la  dizione  generale
 "enti  locali"  (denominazione  del Titolo IV dello Statuto medesimo)
 comprenderebbe, in base alla tradizione legislativa e, comunque, alla
 luce dello Statuto di autonomia, due distinte categorie; da una parte
 i comuni e, dall'altra, gli enti pubblici locali,  come  due  diverse
 specie  alle  quali  si  applicano diverse discipline. D'altronde, il
 riferire   la   garanzia   dell'art.   62   agli   enti    funzionali
 sub-provinciali risponderebbe, oltre che alla terminologia utilizzata
 dal  legislatore nel d.P.R. n. 616 del 1977, anche ad una esigenza di
 logicita' e ragionevolezza del sistema, se si considera che i  ladini
 sono  concentrati  in  un  numero esiguo di comuni della Provincia di
 Bolzano, mentre, negli altri, la loro presenza e' quasi  irrilevante,
 sicche'    una    diversa   interpretazione   imporrebbe   una   loro
 partecipazione agli organi di tutti i comuni, anche in quelli in  cui
 non  sono  presenti.  Osservato,  poi,  che,  per  gli  enti pubblici
 funzionali, in assenza di un qualunque legame con  una  comunita'  da
 essi  rappresentata,  e' naturale che il legislatore statutario abbia
 avvertito  il  bisogno  di  assicurare,  in  un  primo  momento,   la
 rappresentanza  proporzionale  dei  vari gruppi nei loro organi (art.
 61, secondo comma) e, in un secondo momento, di garantire,  comunque,
 in essi la rappresentanza del gruppo ladino (art. 62), si deduce che,
 per  i  comuni,  in  virtu' del radicamento nel territorio dei gruppi
 linguistici, la rappresentanza delle minoranze linguistiche trova  la
 sua   garanzia   gia'   nella   adozione   del   sistema   elettorale
 proporzionale.
    Sarebbero,  percio',  infondate  le  varie censure proposte con il
 ricorso. Anzitutto quella relativa alla violazione dell'art. 92 dello
 Statuto, non trattandosi di questione autonoma in quanto  pur  sempre
 riconducibile   al   problema   "di   chi  abbia  diritto  ad  essere
 consigliere"; in secondo luogo quella che investe l'art. 2, commi 5 e
 6 della legge impugnata, atteso che il comma 5,  nello  stabilire  la
 appartenenza   del   vicesindaco   al  gruppo  linguistico  maggiore,
 trarrebbe  la  sua  giustificazione  dal  "principio  della  maggiore
 rappresentativita'",  mentre  il  comma  6  sarebbe  interpretato dal
 ricorso in modo erroneo, in quanto il sindaco fa comunque parte della
 giunta, a qualunque gruppo linguistico  appartenga.  Quanto  all'art.
 17,  censurato  perche'  non  conterrebbe  norme  di  favore  per  la
 presentazione  di  candidature  ladine,  la  doglianza,   oltre   che
 infondata,  dovrebbe ritenersi inammissibile, perche' generica. Se la
 stessa dovesse essere intesa come esigenza  della  sottoscrizione  da
 parte  di  un numero di elettori meno elevato per la presentazione di
 candidati ladini, la questione  "sarebbe  comunque  ispirata  ad  una
 logica  diversa  da  quella  propria  del  ricorso", nonche' priva di
 fondamento nello Statuto.
    Nel rilevare che i problemi sollevati  attengono,  essenzialmente,
 all'interpretazione  degli  artt.  61 e 62 dello Statuto, si osserva,
 che, ove si intenda rettamente la portata di dette  disposizioni,  il
 riferimento  fatto  dal  ricorso  alle altre norme costituzionali non
 puo' consentire il superamento del principio di uguaglianza nel  voto
 politico,  di  cui  agli  artt. 3 e 48 della Costituzione. Si chiede,
 percio', il rigetto del ricorso, non senza dedurre che  la  questione
 relativa  alla  legge  nella  sua interezza, in quanto prospettata in
 modo generico, e' non solo infondata, ma anche inammissibile.
    6. - Anche la difesa del gruppo linguistico ladino ha  presentato,
 in  prossimita' dell'udienza, una memoria con la quale si insiste per
 l'accoglimento del ricorso, soffermandosi, con ampiezza  di  richiami
 di dottrina e di giurisprudenza, sulla tesi della riconducibilita',in
 conformita'  della  tradizione consolidata dell'ordinamento positivo,
 del comune alla categoria degli enti locali, di cui agli artt. 118  e
 130 della Costituzione. D'altra parte - si sostiene - la stessa legge
 impugnata  sembrerebbe  aver  presupposto  una  tale interpretazione,
 quando si e' trattato di muoversi in attuazione  dell'art.  61  dello
 Statuto,  che'  altrimenti  non  si  spiegherebbe  la  adozione di un
 sistema elettorale proporzionale per tutti i comuni  della  Provincia
 di  Bolzano,  a  differenza  di  quelli della Provincia di Trento. La
 legge se ne sarebbe, invece, discostata quando si e' trattato di dare
 attuazione all'art. 62, donde il contrasto della normativa  impugnata
 con  la  logica  dello  Statuto  che,  sviluppando  i principi di cui
 all'art. 6 della  Costituzione,  ha  voluto  prevedere  una  maggiore
 protezione  (richiedendo  vere  e  proprie  "azioni positive") per il
 gruppo ladino, in quanto "minoranza nella minoranza".
    In particolare, l'art. 2, commi 5 e  6  della  legge  -  impedendo
 l'elezione  a  sindaco  e  la  nomina  a  vicesindaco  dei  cittadini
 appartenenti al gruppo linguistico  ladino  -  violerebbe  il  valore
 costituzionale  fondamentale,  connesso  al principio di eguaglianza,
 contenuto nell'art. 51, primo comma, della Costituzione, determinando
 al contempo la lesione dei valori protetti dall'art. 56 dello Statuto
 del Trentino-Alto Adige.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  ricorso  in  epigrafe  investe,  anzitutto,  nella  sua
 interezza, la legge regionale del  Trentino-Alto  Adige  30  novembre
 1994,  n.  3  (Elezione diretta del sindaco e modifica del sistema di
 elezione dei consigli comunali nonche' modifiche alla legge regionale
 4 gennaio 1993, n. 1), chiamando la Corte a stabilire se:
       a)  la  legge  in  questione  violi  l'art.  56  dello  Statuto
 speciale,  in  riferimento  agli  artt.  2, 61, 62 e 102 del medesimo
 Statuto e 2, 3,  6,  48  e  49  della  Costituzione,  in  quanto  non
 garantisce  la  presenza  della  minoranza linguistica ladina ne' nei
 consigli, ne' nelle giunte dei comuni della Provincia di Bolzano;
       b) se la medesima legge  contrasti,  altresi',  con  l'art.  92
 dello  Statuto,  che  prevede  la possibilita' di impugnativa di atti
 amministrativi  lesivi  del  principio  di  parita'   dei   cittadini
 appartenenti  ad  un gruppo linguistico, perche' venendo meno, per il
 gruppo  ladino,  la  garanzia  della  rappresentanza   negli   organi
 collegiali del comune, verrebbe meno anche tale meccanismo di tutela,
 alla  cui attivazione sono legittimati i consiglieri dei comuni della
 Provincia di Bolzano.
    2. - Il ricorso, secondo quanto eccepito anche dalla difesa  della
 Regione resistente, e' da reputare, per questa parte, inammissibile.
    E'  affermazione  costante  della  giurisprudenza della Corte che,
 anche nei ricorsi in via principale, ogni questione  di  legittimita'
 costituzionale  deve  essere definita nei suoi precisi termini e deve
 essere  adeguatamente  motivata,  al  fine   di   rendere   possibile
 l'inequivoca determinazione dell'oggetto del giudizio e di consentire
 la    verifica    dell'eventuale    pretestuosita'   dei   dubbi   di
 costituzionalita' sollevati, nonche'  il  vaglio,  in  limine  litis,
 attraverso  l'esame  della  motivazione  e  del  suo contenuto, della
 sussistenza in concreto dello  specifico  interesse  a  ricorrere  in
 relazione   alle  disposizioni  impugnate.  In  conformita'  a  detta
 giurisprudenza il ricorso, nella parte che investe la legge  nel  suo
 complesso,  va, pertanto, dichiarato inammissibile, tanto piu' che le
 censure contestualmente mosse alle singole disposizioni non  appaiono
 necessariamente estensibili a tutta la legge.
    3.  -  Quanto alle censure avanzate in ordine ai singoli articoli,
 vengono - in relazione ai principi costituzionali sopra menzionati  -
 impugnati:
      l'art.   2,   comma  6,  che  si  limiterebbe  a  riprendere  la
 formulazione dell'art. 61, secondo comma, dello Statuto, omettendo di
 dare attuazione a quanto  previsto  dall'art.  62,  in  favore  della
 minoranza ladina;
      l'art.   17,   comma  1,  che  non  detterebbe,  per  il  gruppo
 linguistico ladino, norme di favore, in ordine  al  numero  di  firme
 necessario  per la presentazione delle candidature, ingenerando cosi'
 il  rischio  che  tale  gruppo  non  possa  presentare  candidati  ed
 assicurarsi  la  possibilita' di rappresentanza, come invece vorrebbe
 l'art. 62 dello Statuto;
      gli artt. 32, comma 1, lettera b); 35, comma 1, lettera h);  36,
 comma  1,  lettera  h),  che  non prevederebbero alcun meccanismo per
 garantire la rappresentanza ladina nei consigli comunali;
      gli artt. 35, comma 3, lettera c), e 36, comma  3,  lettera  c),
 che,  riservando  al  candidato  alla carica di sindaco risultato non
 eletto al secondo turno il  primo  seggio  assegnato  alla  lista  di
 appartenenza,  non  appresterebbero  alcun correttivo per evitare che
 tale    meccanismo    possa   risolversi   nella   privazione   della
 rappresentanza del gruppo ladino, qualora a  detta  lista  spetti  un
 solo  seggio e il candidato piu' votato sia un appartenente al gruppo
 linguistico ladino;
      l'art. 65,  comma  1,  che  detterebbe  la  disciplina  generale
 dell'elezione  dei  consigli circoscrizionali, senza prevedere alcuna
 garanzia della rappresentanza del gruppo linguistico ladino.
    4. - Con riguardo, poi, all'art. 56 dello Statuto e in riferimento
 agli artt. 2 e 102 del medesimo e agli artt.  2,  3,  6  e  51  della
 Costituzione,   ed   in   particolare   ai   principi   statutari   e
 costituzionali in materia di rappresentanza  del  gruppo  linguistico
 ladino  negli  organi  collegiali  e  monocratici  dei  comuni  della
 Provincia  di  Bolzano,  il  ricorso  assume  l'illegittimita'  anche
 dell'art. 2 della legge nella parte in cui prevede:
      al  comma  5,  che, per i comuni con piu' di 13.000 abitanti, se
 nel consiglio comunale sono  presenti  piu'  gruppi  linguistici,  il
 vicesindaco  deve  appartenere  a  quello  di  maggiore  consistenza,
 escluso quello cui appartiene il sindaco, impedendo  cosi'  l'accesso
 alla  carica  di  vicesindaco  di  cittadini  appartenenti  al gruppo
 ladino, poiche' in nessuno di tali comuni esso e' (almeno) il secondo
 per consistenza;
      al comma 6, che i posti spettanti in  giunta  a  ciascun  gruppo
 linguistico  si calcolano computando anche il sindaco, rendendo cosi'
 impossibile - in relazione all'interpretazione dell'art. 61,  secondo
 comma,  dello Statuto, secondo la quale solo i gruppi linguistici con
 almeno due  consiglieri  comunali  possono  essere  rappresentati  in
 giunta  -  al sindaco del gruppo ladino, eventualmente eletto, di far
 parte della giunta medesima.
    5. - Le questioni non sono fondate.
    In proposito, la Corte ritiene di  effettuare  un  sia  pur  breve
 richiamo del quadro storico e normativo nell'ambito del quale esse si
 collocano,  rammentando  che  il  complesso  delle  disposizioni  che
 formano  lo  Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige,  nelle
 peculiarita'    proprie    di    tale   ordinamento,   caratterizzato
 dall'essenziale  valore  riconosciuto  alle  minoranze   linguistiche
 locali,   e'  stato  il  risultato  di  una  delicata  e  non  facile
 elaborazione, basata sull'Accordo De Gasperi-Gruber  raggiunto  il  5
 settembre  1946,  intesa  a  creare  le  premesse  per  una  pacifica
 convivenza fra i  gruppi,  di  cui  i  maggiori  sono  il  tedesco  e
 l'italiano,  nella  equilibrata  tutela  e garanzia dei valori di cui
 ciascuno e' portatore.
    In questo assetto generale hanno trovato spazio anche le  esigenze
 della   minoranza   ladina,   delle  cui  vicende,  sul  piano  della
 ricostruzione storica e legislativa, la Corte  ha  avuto  piu'  volte
 occasione  di  occuparsi  (v.  da  ultimo  sentenza n. 233 del 1994);
 minoranza oggetto, anch'essa, di  considerazione  nelle  norme  dello
 Statuto  che,  coerentemente  con gli accennati obiettivi, indicano a
 piu' riprese (v. artt. 2, 4, 19, 56 e 102) i valori e  gli  interessi
 nel  cui bilanciamento si risolve la tutela da apprestare e cioe': da
 una parte la parita' dei diritti fra  i  cittadini  dei  vari  gruppi
 linguistici,  e,  dall'altra,  la  salvaguardia delle caratteristiche
 etniche e culturali delle minoranze. Espressive di un  tale  generale
 disegno  sono  non  solo  le  disposizioni che si pongono, nel quadro
 ordinamentale in parola, quale esplicazione ed attuazione sostanziale
 di  siffatti  valori,  ma  anche  quelle  che, a tutela degli stessi,
 prevedono sul piano processuale speciali rimedi, come il ricorso  qui
 azionato dal gruppo linguistico ladino.
    Come risulta dalle precedenti affermazioni della giurisprudenza di
 questa  Corte, la tutela delle minoranze linguistiche costituisce uno
 dei principi fondamentali  dell'ordinamento,  in  quanto  espressione
 della  garanzia  indicata  dall'art. 6 della Costituzione, nonche' il
 punto di riferimento  primario  delle  disposizioni  contenute  nello
 Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige (sentenze nn. 768 del
 1988 e 242 del 1989). E questo puo' comportare, come  gia'  da  tempo
 evidenziato   dalla   giurisprudenza,  la  necessita'  talora  di  un
 trattamento  specificamente  differenziato,  proprio   al   fine   di
 garantire   alle   minoranze   forme   e   modi   di   partecipazione
 all'organizzazione politico-amministrativa della  Provincia  e  della
 Regione in proporzione alla loro consistenza numerica (sentenza n. 86
 del 1975).
    Nell'ambito di tali obiettivi si collocano gli artt. 61 e 62 dello
 Statuto  speciale,  che  fanno  parte  del  Titolo  IV dello Statuto,
 dedicato agli enti locali. Il primo articolo pone,  al  primo  comma,
 una   regola   di  carattere  generale,  risalente  gia'  alla  legge
 costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, con la quale  venne  approvato
 lo  Statuto  speciale del Trentino-Alto Adige, secondo la quale (art.
 54), per tutti i gruppi linguistici, sono stabilite, nell'ordinamento
 degli  enti  pubblici  locali,  le  norme  atte  ad   assicurare   la
 rappresentanza  proporzionale  dei gruppi medesimi nei riguardi della
 costituzione degli organi  degli  enti  di  cui  trattasi.  Ulteriori
 previsioni  a tutela dei gruppi linguistici sono state poi introdotte
 in  occasione  della  revisione  statutaria   di   cui   alla   legge
 costituzionale   10  novembre  1971,  n.  1:  in  particolare  quelle
 attualmente contenute nel secondo comma dell'art. 61 e  nell'art.  62
 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. La prima disposizione appresta una
 specifica garanzia di cui si giovano i gruppi linguistici minoritari,
 stabilendo  che,  nei  comuni  della  Provincia  di Bolzano, "ciascun
 gruppo linguistico ha diritto di essere  rappresentato  nella  giunta
 comunale  se  nel  consiglio comunale vi siano almeno due consiglieri
 appartenenti al gruppo stesso".
    La seconda disposizione appresta specifiche garanzie per il gruppo
 ladino,  stabilendo  che  "le  leggi  sulle  elezioni  del  Consiglio
 regionale  e di quello provinciale di Bolzano, nonche' le norme sulla
 composizione degli organi collegiali degli enti  pubblici  locali  in
 Provincia  di  Bolzano  garantiscono  la  rappresentanza  del  gruppo
 linguistico ladino".
    6. - Tanto premesso in ordine al quadro normativo nell'ambito  del
 quale  si inseriscono le questioni sollevate dal ricorso, la Corte e'
 dell'avviso, cosi' come invero mostrano di ritenere anche le parti in
 giudizio,  che  la  premessa  fondamentale  per  la  soluzione  delle
 questioni  medesime  risieda  nella  corretta  interpretazione  delle
 disposizioni richiamate; operazione ermeneutica, questa, non priva di
 qualche   difficolta',   come   prova,   del   resto,    l'antitetica
 prospettazione  che  della portata delle norme fanno, da un canto, il
 ricorrente e, dall'altro, la difesa della  Regione,  nell'intento  di
 dimostrare,  l'uno  (e  cioe'  il ricorrente) che negli enti pubblici
 locali, secondo la  consolidata  tradizione  legislativa,  andrebbero
 ricompresi anche gli enti territoriali, sicche' proprio in tali norme
 risiederebbe  la  garanzia  di  cui  si  reclama il riconoscimento in
 questa sede; e di sostenere, l'altra (vale a  dire  la  Regione)  che
 nelle  norme  statutarie  richiamate  si sarebbe, invece, accolta una
 nozione piu' restrittiva di ente locale, atta a ricomprendere solo  i
 c.d. "enti locali funzionali".
    La Corte ritiene che le disposizioni in parola - valutate nel loro
 contesto sistematico, alla luce di quella che verosimilmente ne e' la
 ratio  ispiratrice  a  tutela dei principi e valori sopra ricordati -
 consentano, sia pure nella loro non agevole lettura,  una  persuasiva
 ricostruzione  della  disciplina apprestata, nella quale - avendo ben
 presenti  le   caratteristiche   demografiche   e   la   dislocazione
 territoriale  dei  gruppi linguistici - si combinano, essenzialmente,
 due criteri, ambedue concorrenti allo stesso obiettivo  della  tutela
 dei  gruppi  linguistici:  quello della rappresentanza proporzionale,
 quando esso e' sufficiente, di per se', a far  emergere  i  gruppi  a
 livello  di organi pubblici; e quello della necessaria presenza negli
 organi collegiali pubblici delle minoranze  linguistiche,  quando  le
 circostanze  sono tali da richiedere una specifica garanzia, anche al
 di la' del criterio proporzionale e  del  principio  di  parita'  nel
 voto.  Il  tutto  al  fine di realizzare un'equilibrata confluenza di
 quei valori ai quali si  richiama  il  ricorso,  e  che,  anche  alla
 stregua  della  giurisprudenza  costituzionale, se da un lato esigono
 discipline di favore delle minoranze, come previsto dall'art. 6 della
 Costituzione, devono per quanto  possibile  contemperarsi  con  altri
 principi  desumibili proprio dai parametri richiamati dal ricorrente,
 e cioe' gli  artt.  48  e  49  della  Costituzione,  che  si  rifanno
 piuttosto  al  principio  della  parita'  di  trattamento fra tutti i
 cittadini ed a quello di eguaglianza nel voto politico.
    Coerentemente con  tale  impostazione,  l'art.  61  dello  Statuto
 indica   nella  rappresentanza  proporzionale  la  regola  del  tutto
 generale  alla  quale  sono  tenute  ad  adeguarsi  le  norme   sulla
 "costituzione"  degli  organi degli enti locali; una regola che, come
 la Corte ha avuto occasione di precisare (sentenza n. 289 del  1987),
 nell'ispirarsi   alla   c.d.  proporzionale  etnica,  va  considerata
 espressiva e non derogatrice  del  principio  generale  della  tutela
 delle  minoranze  linguistiche  (art.  6  della  Costituzione) e che,
 essendo per sua natura idonea a riflettere, a livello di apparati, le
 articolazioni e le aggregazioni della base  elettorale,  finisce  per
 assicurare  in  forma  spontanea  ed automatica la partecipazione dei
 diversi gruppi  linguistici  alle  varie  manifestazioni  della  vita
 pubblica.  Non e' superfluo aggiungere che, sulla portata di siffatta
 regola, gia' da tempo, la Corte ha avuto  occasione  di  soffermarsi,
 precisando  che "l'art. 61, primo comma, compreso nel Titolo IV dello
 Statuto speciale d'autonomia, concernente gli enti locali, detta  una
 disposizione di carattere generale, di chiusura, se si vuole, per cui
 tutti  gli  organi  di  tutti  gli enti pubblici locali devono essere
 costituiti, in forza di una specifica previsione normativa,  in  modo
 tale   da  assicurare  la  rappresentanza  proporzionale  dei  gruppi
 linguistici" (sentenza n. 155 del 1985).
    Trattasi, dunque, di un precetto  generale  il  cui  ambito  trova
 specificazione  nell'art. 23 del d.P.R. n. 49 del 1973, recante norme
 di attuazione dello Statuto speciale,  che,  in  considerazione,  per
 l'appunto,  della  distribuzione  geografica  dei gruppi linguistici,
 essenzialmente  nella  Provincia di Bolzano, afferma l'applicabilita'
 del disposto statutario "soltanto agli enti pubblici la cui attivita'
 si svolge nella Provincia di Bolzano o in entrambe le province  della
 Regione",  precisando  che  "la  composizione degli organi collegiali
 degli enti" considerati "deve adeguarsi alla consistenza  dei  gruppi
 linguistici   esistenti   nelle   stesse   localita',  quale  risulta
 dall'ultimo censimento della popolazione".
    A  riprova  della  diffusa  attuazione  dei  richiamati   principi
 nell'ordinamento  della Regione Trentino-Alto Adige e in quello della
 Provincia di Bolzano, stanno le molteplici  leggi  che,  rifacendosi,
 per l'appunto, al criterio della rappresentanza proporzionale etnica,
 regolano  la costituzione delle varie commissioni, comitati e collegi
 che  operano  nell'ambito  degli  apparati   pubblici   regionali   e
 provinciali,  inserendo  la  clausola che la composizione dell'organo
 dovra' adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici.  Lo  stesso
 criterio  proporzionale  ha sempre ispirato, inoltre, la legislazione
 elettorale per i comuni della Provincia di Bolzano, consentendo cosi'
 ai ladini, ma non  solo  ad  essi,  in  quegli  ambiti  in  cui,  per
 dislocazione   territoriale,   rivelino   una   consistente  presenza
 demografica, di conseguire una corrispondente adeguata rappresentanza
 nei consigli comunali.
    Il legislatore costituzionale, nel secondo comma dell'art. 61,  ha
 poi   introdotto,  per  i  comuni  della  Provincia  di  Bolzano,  un
 meccanismo di garanzia, volto ad assicurare che la rappresentanza dei
 vari gruppi linguistici nel consiglio comunale  possa  avere  la  sua
 proiezione  anche  nel  piu' ristretto ambito della giunta, quali che
 siano i rapporti numerici tra i gruppi, essendosi ritenuto  opportuno
 garantire  comunque  tale  presenza  quando nel consiglio comunale vi
 siano almeno due esponenti di quel certo gruppo.
    A fronte di tale disciplina, valida in via generale  per  tutti  i
 gruppi linguistici, esistono poi le specifiche garanzie apprestate in
 favore  del  gruppo  ladino  dall'art.  62  dello Statuto, norma che,
 derogando al criterio proporzionale e a quello  dell'eguaglianza  del
 voto  (artt.  3 e 48 della Costituzione nonche' art. 25 dello Statuto
 circa l'elezione del Consiglio regionale), fa richiamo -  cosi'  come
 risulta  dall'espressione  letterale  - da un lato, alle "leggi sulle
 elezioni" del Consiglio regionale e di quello provinciale di  Bolzano
 e,   dall'altro,   alle   "norme  sulla  composizione"  degli  organi
 collegiali degli enti pubblici  locali.  E  questo  -  come  si  puo'
 intuire  -  nella  considerazione  delle  difficolta'  che  il gruppo
 ladino, invero di modesta entita' se rapportato al  territorio  della
 Provincia  di  Bolzano  ed  ancor  piu' a quello dell'intera Regione,
 avrebbe potuto incontrare,  ove,  negli  ambiti  in  parola,  la  sua
 rappresentanza  fosse  rimasta  affidata  al solo operare del sistema
 proporzionale.
    Il richiamo che il dettato statutario effettua  alle  leggi  sulle
 elezioni,  da un canto, e alle norme sulla composizione degli organi,
 dall'altro, denota  peraltro  che,  per  individuare  l'ambito  della
 disciplina  apprestata  dall'art. 62, cio' che sostanzialmente rileva
 e' il modo di formazione degli organi, nel senso che la  presenza  in
 ogni caso del gruppo ladino negli organi collegiali e' assicurata, se
 si  tratta  di  organi di diretta elezione popolare, limitatamente al
 Consiglio regionale e al Consiglio provinciale di Bolzano; mentre  e'
 garantita,  in  ogni  caso,  nella  composizione  degli  altri organi
 collegiali pubblici, vale a dire  quelli  non  elettivi.  Cio'  trova
 riscontro nelle varie leggi regionali e della Provincia di Bolzano in
 materia  che, oltre a prevedere l'adeguamento degli organi collegiali
 pubblici alla consistenza dei gruppi linguistici, fanno salva,  nella
 loro   composizione,   la   presenza,   solitamente,   di  almeno  un
 rappresentante del gruppo ladino.
    Contrariamente a quanto mostrano di ritenere le parti in giudizio,
 il punto fondamentale per la definizione delle  questioni  poste  dal
 ricorso non sta percio' tanto nella soluzione del quesito se gli enti
 pubblici  locali  menzionati  negli artt. 61 e 62 ricomprendano anche
 gli enti territoriali, come assume il ricorrente, ovvero invece  solo
 gli enti funzionali, come sostiene la difesa della Regione. La Corte,
 pur  ritenendo  di accedere alla prima tesi - per ragioni chiaramente
 connesse a  quella  tradizione  legislativa  del  nostro  ordinamento
 ampiamente  illustrata  con  dovizia  di  riferimenti  legislativi  e
 giurisprudenziali dal ricorrente - e',  nondimeno,  dell'avviso  che,
 nell'interpretazione dell'art. 62, l'elemento decisivo stia piuttosto
 nella  rilevanza  che  la  norma mostra di voler conferire al modo di
 formazione  dell'organo,  restando  per  cio'  stesso   escluso   che
 nell'ambito  delle garanzie dalla stessa apprestate rientrino anche i
 consigli dei comuni  della  Provincia  di  Bolzano  e,  pertanto,  le
 relative leggi elettorali.
    D'altra  parte,  trattandosi di stabilire una deroga ad un supremo
 principio della nostra Costituzione quale quello  della  parita'  del
 voto,  la  portata  di  una  norma  derogatoria  non  puo' non essere
 definita secondo criteri  di  stretta  interpretazione  (sentenze  n.
 46/1969 e n. 166/1972).
    7.  -  Passando ad esaminare le singole censure, il ricorso non e'
 fondato,    anzitutto,    nella    parte     in     cui     prospetta
 l'incostituzionalita'  degli  articoli  sopra richiamati, prendendo a
 parametro l'art. 92 dello Statuto speciale, per il pregiudizio che la
 facolta' di impugnativa degli atti amministrativi,  ivi  riconosciuta
 ai  consiglieri  comunali del gruppo ladino, subirebbe in conseguenza
 del venir meno delle garanzie  di  rappresentanza  del  gruppo  negli
 organi consiliari dei comuni.
    Sotto   tale  profilo  si  lamentano,  infatti,  soltanto  effetti
 indiretti  delle  disposizioni  denunciate,  il  cui  oggetto  e'  la
 disciplina dell'accesso alle cariche elettive locali, secondo criteri
 che  il  ricorrente assume illegittimi. Le disposizioni censurate non
 investono invece minimamente le facolta' statutarie  del  consigliere
 comunale,  cosi'  come  esse  formano  oggetto  di considerazione nel
 predetto art. 92.
    8. - Alla luce della ricostruzione come sopra operata  del  quadro
 di  riferimento  statutario,  anche  tutte  le altre questioni che il
 ricorso in epigrafe solleva - con riguardo all'art. 56 dello  Statuto
 speciale  ed  in  riferimento agli artt. 2, 61, 62 e 102 del medesimo
 Statuto nonche'  2,  3,  6,  48  e  49  della  Costituzione  -  vanno
 disattese.
    Anzitutto,  quelle che - come nel caso dell'art. 2, comma 6, sulla
 rappresentanza in giunta dei gruppi linguistici nonche'  degli  artt.
 32,  comma  1,  lettera  b),  35,  comma  1, lettera h), 36, comma 1,
 lettera h), sul sistema elettorale dei consigli comunali - riguardano
 disposizioni che si ispirano ai principi di cui agli artt.  61  e  62
 dello Statuto, come sopra interpretati.
    9.  -  Il  ricorso  investe, poi, l'art. 17, comma 1, della legge,
 vale a dire la disposizione che stabilisce il numero di elettori  che
 devono   sottoscrivere   la   dichiarazione  di  presentazione  delle
 candidature alla carica di sindaco e della lista dei  candidati  alla
 carica  di  consigliere comunale, rapportando tale numero di elettori
 agli abitanti dei comuni, che vengono suddivisi per scaglioni.  Anche
 questa  censura  muove,  evidentemente, dal non condivisibile assunto
 della necessaria garanzia di una presenza del gruppo ladino in  tutti
 i  consigli comunali della Provincia di Bolzano, donde la prospettata
 esigenza che anche il preliminare  adempimento  della  sottoscrizione
 delle candidature si svolga per mezzo di un numero di firme ridotto.
    Ma,   una   volta  escluso  che  esistano  regole  statutarie  che
 differenzino la posizione dei singoli gruppi linguistici quanto  alla
 elezione  dei  consigli  comunali,  il  criterio della rappresentanza
 proporzionale di cui all'art. 61 e' da  ritenere  soddisfatto  quando
 tutti  i  gruppi  vengano  posti  su base di parita', senza che possa
 trovare  fondamento  la  pretesa  ad  un  numero   differenziato   di
 sottoscrittori delle liste.
    10.  - Infondate sono anche le doglianze concernenti gli artt. 35,
 comma 3, lettera c), e 36, comma 3, lettera c), da reputare  viziati,
 secondo  il  ricorso, perche', riservando al candidato alla carica di
 sindaco risultato  non  eletto  al  secondo  turno  il  primo  seggio
 assegnato  alla  lista  di  appartenenza,  non contemplerebbero alcun
 correttivo  per  evitare  che  tale  meccanismo  si   risolva   nella
 privazione  della  rappresentanza  del gruppo ladino, qualora a detta
 lista spetti un solo  seggio  e  il  candidato  piu'  votato  sia  un
 appartenente  al  medesimo  gruppo  linguistico.  Invero,  il  metodo
 proporzionale, per quanto idoneo in linea di principio a rispecchiare
 nella composizione degli organi collegiali l'articolazione della base
 elettorale,  secondo  le  diverse  aggregazioni  che  la  compongono,
 esprime  un  criterio  di  tendenza,  ma  non  e'  tenuto a garantire
 comunque  l'assegnazione  di  seggi  a  ciascun  gruppo  linguistico,
 perche'  proprio  in questo riposa la differenza rispetto al criterio
 della presenza garantita  nell'organo  collegiale  medesimo.  E  cio'
 indipendentemente  dal  fatto  che ben potrebbe darsi il caso inverso
 rispetto a quello  prospettato  nel  ricorso,  ovvero  quello  di  un
 candidato  ladino  alla  carica di sindaco, risultato non eletto, che
 accede alla rappresentanza proprio in virtu' delle norme impugnate.
    11. - Per le  stesse  ragioni,  e'  da  ritenere  non  fondata  la
 doglianza relativa all'art. 65, comma 1, che viene censurato perche',
 nel  dettare  la  disciplina  generale  sulla  elezione  dei consigli
 circoscrizionali, non appresterebbe alcuna specifica garanzia per  il
 gruppo  linguistico  ladino.  I  consigli  in  questione  sono quelli
 previsti dall'art. 20 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1, che
 si riferisce alle "circoscrizioni di decentramento,  quali  organismi
 di  partecipazione,  di  consultazione  e  di gestione dei servizi di
 base, nonche' di esercizio delle funzioni delegate dal comune".
    Orbene, l'art. 65, modificando  -  in  conformita',  tra  l'altro,
 all'art.  10  della  legge  25  marzo  1993,  n.  81 - il comma 3 del
 menzionato art. 20 - che prevedeva l'elezione  a  suffragio  diretto,
 secondo  le  norme  stabilite per l'elezione del consiglio comunale -
 rimette ora allo statuto del comune la scelta del sistema elettorale,
 da disciplinare con  regolamento,  stabilendo,  altresi',  che,  fino
 all'approvazione   delle   modifiche   statutarie   e  regolamentari,
 continuano ad  applicarsi  le  norme  stabilite  per  l'elezione  del
 rispettivo consiglio comunale.
    La  censura  non  e'  fondata,  trattandosi,  a ben vedere, di una
 disposizione che si limita, quanto al sistema elettorale, ad un  mero
 rinvio ad altre fonti normative.
    12.  -  Restano  da  esaminare  le  questioni sollevate - ai sensi
 dell'art. 56 dello Statuto, in riferimento agli artt.  2  e  102  del
 medesimo,  nonche'  agli  artt. 2, 3, 6 e 51 della Costituzione - nei
 confronti dell'art. 2, commi 5 e 6.
    Assume il ricorrente che tali disposizioni contrasterebbero con  i
 principi  statutari  posti  a protezione della minoranza ladina, alla
 quale si vuole offrire una  tutela  peculiare  attraverso  l'art.  56
 dello  Statuto.  Le stesse contrasterebbero, altresi', con l'art. 51,
 primo  comma  della  Costituzione,  in  quanto   impedirebbero   agli
 appartenenti  al  gruppo  ladino  l'accesso  alle cariche elettive in
 condizioni di parita' con tutti gli altri cittadini.
    13. - La questione relativa all'art. 2, comma 5, secondo il  quale
 "nei  comuni  con  popolazione  superiore  a  13.000  abitanti  della
 provincia di Bolzano dove nel consiglio comunale sono  presenti  piu'
 gruppi   linguistici,  il  vicesindaco  deve  appartenere  al  gruppo
 linguistico maggiore per consistenza escluso quello cui appartiene il
 sindaco", e' infondata.
    Il  ricorso,  infatti,  non   considera   che   la   disposizione,
 nell'ambito  del  sistema  di garanzie sopra illustrato, altro non fa
 che tener conto del grado di rappresentativita' che e' proprio  delle
 varie  componenti  etniche.  E questo senza escludere, peraltro, che,
 nell'elezione  del  sindaco,  possa  riuscire  eletto,  ottenendo   i
 consensi necessari, anche un esponente del gruppo ladino.
    14.  -  La censura proposta avverso il comma 6 dello stesso art. 2
 e' inammissibile.
    Trattasi della disposizione che, dopo  aver  previsto  -  in  cio'
 rifacendosi  all'art.  61,  secondo  comma,  dello Statuto - che "nei
 comuni della provincia di  Bolzano,  ciascun  gruppo  linguistico  ha
 diritto  di  essere  comunque  rappresentato  nella  giunta,  se  nel
 consiglio comunale vi siano almeno due  consiglieri  appartenenti  al
 gruppo  medesimo",  dispone  che  "il  numero  dei  posti spettanti a
 ciascun gruppo linguistico nella giunta viene determinato  includendo
 nel computo anche il sindaco".
    Secondo  il  ricorrente "qualora l'art. 61, secondo comma, venisse
 (peraltro, e' da ritenere, illegittimamente) interpretato  nel  senso
 che  solo  i  gruppi  linguistici con almeno due consiglieri comunali
 possono essere rappresentati in giunta, il sindaco del gruppo ladino,
 eventualmente eletto, si troverebbe in condizione di  non  poter  far
 parte della giunta medesima".
    La doglianza, invero di non agevole lettura, piu' che proporre una
 vera  e  propria  censura  nei  confronti  della  disposizione di cui
 trattasi, sembra risolversi nella prospettazione,  in  via  meramente
 ipotetica,  degli  effetti  che  una  delle possibili interpretazioni
 dell'art. 61  dello  Statuto  -  interpretazione  che,  peraltro,  il
 ricorrente  mostra di non condividere, anzi di ritenere illegittima -
 avrebbe sulla possibilita' del sindaco  ladino  di  far  parte  della
 giunta.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
 sollevate con il ricorso in epigrafe - ai sensi  dell'art.  56  dello
 Statuto  speciale,  in riferimento agli artt. 2, 61, 62, 92 e 102 del
 medesimo  Statuto  nonche'  agli  artt.  2,  3,  6,  48  e  49  della
 Costituzione   -   nei  confronti  dell'intera  legge  della  Regione
 Trentino-Alto Adige 30 novembre 1994,  n.  3  (Elezione  diretta  del
 sindaco  e  modifica  del  sistema  di elezione dei consigli comunali
 nonche' modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1);
    Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata con il ricorso in epigrafe - ai sensi  dell'art.  56  dello
 Statuto  speciale,  in  riferimento  agli  artt. 2 e 102 del medesimo
 Statuto e 2, 3, 6 e 51 della Costituzione - nei  confronti  dell'art.
 2, comma 6, della predetta legge regionale;
    Dichiara  non  fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 sollevate con il ricorso in epigrafe - ai sensi  dell'art.  56  dello
 Statuto  speciale,  in riferimento agli artt. 2, 61, 62, 92 e 102 del
 medesimo  Statuto  nonche'  agli  artt.  2,  3,  6,  48  e  49  della
 Costituzione - nei confronti degli artt. 2, comma 6; 17, comma 1; 32,
 comma  1, lettera b); 35, comma 1, lettera h), e comma 3, lettera c);
 36, comma 1, lettera h) e comma 3, lettera c);  65,  comma  1,  della
 predetta legge regionale;
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata con il ricorso in epigrafe - ai sensi  dell'art.  56  dello
 Statuto  speciale,  in  riferimento  agli  artt. 2 e 102 del medesimo
 Statuto e 2, 3, 6 e 51 della Costituzione - nei  confronti  dell'art.
 2, comma 5, della predetta legge regionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 giugno 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0818