N. 270 SENTENZA 14 - 20 giugno 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Lavoratori dipendenti da imprese  esercenti
 attivita'  in  ambienti  di  sottosuolo  -  Tutela  -  Attivita'  non
 classificabili come imprese esercenti  miniere,  cave  e  torbiere  -
 Riduzione   del   limite   di   eta'   pensionabile  -  Esclusione  -
 Eccezionalita' di una disciplina previdenziale speciale -  Situazione
 non  parificabile  alla  condizione  professionale del minatore - Non
 fondatezza.
 
 (Legge 3 gennaio 1960, n. 5, artt. 1 e 2).
 
 (Cost., artt. 3 e 38)
 
(GU n.27 del 28-6-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della
 legge 3 gennaio 1960, n. 5 (Riduzione del limite di eta' pensionabile
 per i lavoratori  delle  miniere,  cave  e  torbiere),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  28 settembre 1994 dal Pretore di Ascoli Piceno
 nel procedimento civile vertente tra Mendicino Vittorio e  l'INPS  ed
 altra,  iscritta  al  n. 691 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  48,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti di costituzione di Mendicino Vittorio e dell'INPS
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  gli avv.ti Franco Agostini per Mendicino Vittorio, Carlo De
 Angelis per l'INPS e l'Avvocato dello  Stato  Gaetano  Zotta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso del giudizio promosso da Vittorio Mendicino contro
 l'INPS e l'impresa datrice di lavoro  per  ottenere  la  pensione  di
 vecchiaia  anticipata  ai  sensi della legge 3 gennaio 1960, n. 5, il
 Pretore di Ascoli Piceno, con ordinanza del  28  settembre  1994,  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 38 Cost., questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge citata n. 5
 del 1960, nella parte in cui "escludono dalla tutela, ivi prevista, i
 lavoratori dipendenti da imprese che comunque esercitino attivita' in
 ambienti di sottosuolo", ancorche' non classificabili  come  "imprese
 esercenti miniere, cave e torbiere".
    Nella  specie  si  tratta  di  un  impiegato  tecnico,  che, nello
 svolgimento delle sue  mansioni  alle  dipendenze  di  un'impresa  di
 costruzioni,  ha  svolto  ininterrottamente per piu' di quindici anni
 attivita' di  sovrintendenza  a  lavori  anche  in  galleria  per  la
 costruzione di dighe, strade e in genere opere pubbliche.
    Ad  avviso  del giudice rimettente, il caso oggetto del giudizio a
 quo fa riferimento a un tipo di lavoro  che,  come  e'  emerso  dalle
 risultanze   probatorie,  "presenta  caratteristiche  morfologiche  e
 ambientali del tutto omogenee con quelle considerate dalla  legge  in
 discorso",  onde  la  limitazione  di  questa normativa speciale alle
 attivita' di lavoro in sotterraneo  svolte  alle  dipendenze  di  una
 specifica  categoria  di  imprese,  tralasciando  le attivita' affini
 svolte nell'ambito dei cicli produttivi di imprese diverse,  "delinea
 in  re ipsa una situazione sperequativa e discriminatoria", e inoltre
 contrasta con l'art. 38 Cost.
    2.1. - Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituita la parte privata chiedendo, in principalita', una sentenza
 interpretativa  nel  senso  dell'applicabilita'  nella  specie  delle
 disposizioni   denunciate,   in   subordine   la   dichiarazione   di
 illegittimita' costituzionale, in parte qua, delle medesime.
    La  soluzione  interpretativa  sostiene  che i termini "miniera" e
 "cava" devono intendersi in  senso  tecnico,  comprendendo  tutte  le
 lavorazioni   nell'ambito   delle   quali  si  effettuano  lavori  di
 escavazione in galleria, indipendentemente dal tipo  di  impresa  cui
 tali lavorazioni accedono. Questa interpretazione troverebbe sostegno
 sia  nei  lavori  preparatori  della  legge  n. 5 del 1960, sia nella
 definizione residuale di "cava" contenuta nell'art.  2  del  r.d.  29
 luglio  1927,  n.  1443, sia nella ratio della normativa in questione
 incentrata sul  carattere  particolarmente  usurante  dei  lavori  in
 sotterraneo  e  sul  piu'  alto rischio professionale che essi, in se
 considerati, comportano.
    Tali considerazioni, alternativamente proposte come  argomenti  di
 illegittimita'  costituzionale,  sono  state ribadite e sviluppate in
 una memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica.
    La difesa del ricorrente rileva inoltre che lo stesso legislatore,
 con decorrenza dalla data di entrata in vigore del d.lgs.  11  agosto
 1993,  n. 374, ha annoverato i lavori in galleria, cava o miniera tra
 i lavori particolarmente usuranti che danno diritto a un anticipo del
 pensionamento indipendentemente dal tipo di impresa.
    2.2. - Si e' costituito anche l'INPS, chiedendo che  la  questione
 sia dichiarata infondata.
    Secondo  l'Istituto, l'istruttoria espletata dal Pretore - dopo la
 riassunzione del giudizio in seguito all'ordinanza n. 461 del 1991 di
 questa Corte, che aveva dichiarato  manifestamente  inammissibile  la
 questione  per difetto di motivazione - non e' riuscita a superare la
 diversita' tra  il  lavoro  in  miniera,  cava  e  torbiera,  che  ha
 carattere  di lavoro continuo a tempo pieno, inerente a uno specifico
 status  professionale  (minatore)  e  l'attivita'   svolta   per   la
 costruzione  di  autostrade,  dove il lavoro in galleria ha carattere
 saltuario  e  inerisce  a  una  professione  diversa  da  quella  del
 minatore.  Nel  caso  di  specie  e'  risultato che il ricorrente, in
 qualita' di impiegato tecnico trascorreva meta' del tempo  lavorativo
 sul  luogo  di  avanzamento  delle  opere,  mentre  per l'altra meta'
 rimaneva nell'ufficio del cantiere.
    La  ratio  della  tutela  speciale dei minatori sta nell'attivita'
 estrattiva (dal sottosuolo) tipica dell'impresa mineraria.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia  dichiarata  infondata  con  argomenti  analoghi a quelli esposti
 dall'INPS e insistendo soprattutto sulla non comparabilita' delle due
 situazioni.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Ascoli Piceno ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 3 e 38 Cost., questione di  legittimita'  costituzionale  degli
 artt.  1  e  2  della  legge 3 gennaio 1960, n. 5, nella parte in cui
 "escludono dalla tutela, ivi prevista,  i  lavoratori  dipendenti  da
 imprese che comunque esercitino attivita' in ambienti di sottosuolo",
 ancorche'  non classificabili come "imprese esercenti miniere, cave e
 torbiere".
    2. - La questione non e' fondata.
    La riduzione del limite di  eta'  pensionabile  per  i  lavoratori
 delle  miniere,  cave  e  torbiere  e  la connessa istituzione presso
 l'INPS di una Gestione speciale di previdenza  integrativa,  previste
 dalla  legge  n.  5  del  1960,  formano una disciplina previdenziale
 speciale, con carattere di eccezionalita', il cui ambito normativo e'
 definito da un duplice requisito: l'appartenenza del datore di lavoro
 alla categoria merceologica delle imprese estrattive  e  l'adibizione
 del  prestatore,  anche discontinua, a lavori in sotterraneo, ossia -
 secondo la precisazione ricorrente nella discussione parlamentare del
 disegno  di  legge  -  "in  fondo  alla  miniera".  I  due  requisiti
 concorrono a determinare lo status professionale di "minatore".
    E'  vero,  come ricorda la difesa del lavoratore in causa, che nel
 corso dei lavori preparatori si e' posto il problema dei  "lavoratori
 che  da lungo tempo lavorano in galleria nel settore edilizio", ma la
 proposta di superare il  criterio  merceologico  e  di  estendere  il
 beneficio a tutti i lavoratori che, alle dipendenze di qualsiasi tipo
 di  impresa,  siano addetti per lungo tempo a lavorazioni in galleria
 non e'  stata  accolta;  e'  prevalsa  la  soluzione  restrittiva  di
 riservare  il  diritto  di  pensionamento  anticipato ai "minatori di
 fondo":  "se  ci  spostiamo   da   questo   concetto,   concluse   il
 rappresentante del Governo, andiamo a prevedere il tipo di lavoro che
 si  definisce  semplicemente  'faticoso', e allora vi sarebbero altre
 categorie pronte ad avanzare queste rivendicazioni".
    3.  -  La  limitazione  dell'intervento  legislativo  al   settore
 minerario  non  viola il principio di eguaglianza e tanto meno l'art.
 38  Cost.  La  condizione  dei  lavoratori   di   imprese   edilizie,
 saltuariamente addetti a lavorazione in galleria, non e' parificabile
 alla  condizione  professionale  dei  minatori,  sia sotto il profilo
 degli effetti usuranti della prestazione  di  lavoro,  sia  sotto  il
 profilo   del  rischio  ambientale.  Il  progresso  tecnologico,  che
 risparmia  all'uomo  fatica  e  rischi,  e'  minore  nelle  attivita'
 estrattive  che nelle attivita' di escavazione di gallerie stradali o
 ferroviarie,  per  le  quali  sono  oggi  disponibili  potenti  mezzi
 meccanici.  D'altra parte, il pericolo di scoppi di grisou o di altri
 gas sotterranei oppure di crolli o di allagamenti e' piu' elevato  in
 fondo  a  una  miniera  che  nei  lavori  di  scavo  di  una galleria
 autostradale, la quale viene armata mano a mano che lo  scavo  avanza
 e,  in  caso  di infiltrazione di falde acquifere, fornisce uno sfogo
 naturale nel tratto gia' aperto.
    4. - Non si puo' argomentare in contrario dalla tabella A allegata
 al  d.lgs.  11  agosto  1993, n. 374, che, in attuazione della delega
 legislativa disposta dall'art. 3, comma 1, lett. f), della  legge  23
 ottobre 1992, n. 421, e con decorrenza dalla data d'entrata in vigore
 del  decreto  medesimo,  ha  concesso  ai  lavoratori prevalentemente
 occupati  in  attivita'  particolarmente  usuranti   un   trattamento
 analogo,  ma  meno  favorevole, atteso che l'adibizione a tali lavori
 complessivamente per quindici anni da'  diritto  a  un  anticipo  del
 pensionamento   di  due  anni  e  mezzo,  anziche'  di  cinque  anni.
 L'accomunamento dei lavori in cava o miniera ai lavori  in  galleria,
 nella  tabella sopramenzionata, non significa equiparazione, restando
 salvo, per i minatori che possano  far  valere  i  requisiti  di  cui
 all'art.  1  della  legge  del 1960, il trattamento di maggior favore
 previsto da questa legge (art. 2, comma 3,  del  d.lgs.  n.  374  del
 1993).   Inoltre,   con   le   procedure  previste  dall'art.  3,  la
 sottocategoria dei "lavori in cava o miniera" potra' essere  riferita
 anche  ad occupazioni, pur rientranti nel ciclo produttivo minerario,
 diverse da quella dei minatori di  fondo  tutelati  dalla  legge  del
 1960,  per  esempio  a  lavori in sotterraneo a tempo parziale oppure
 alle attivita' di cavatore a cielo  aperto  o  di  frantumazione  dei
 prodotti delle cave.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 1 e 2 della legge 3 gennaio 1960,  n.  5  (Riduzione  del
 limite  di  eta'  pensionabile per i lavoratori delle miniere, cave e
 torbiere),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione,  dal  Pretore  di  Ascoli  Piceno  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 giugno 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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