N. 407 SENTENZA 20 - 27 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Formazione  professionale  -  Regione Sicilia - Personale del settore
 della formazione professionale iscritto nell'albo previsto  dall'art.
 14  della  legge  regionale  n. 24 del 1976, con rapporto di lavoro a
 tempo   indeterminato,   rimasto   totalmente   senza   incarico    -
 Autorizzazione per l'assessore per il lavoro e la previdenza sociale,
 ad  utilizzare  tale  personale  presso  enti  pubblici per finalita'
 proprie di questi, con lo stesso trattamento giuridico  ed  economico
 gia' acquisito nel settore di formazione - Attribuzione all'assessore
 di  ampia  discrezionalita',  senza specificazioni circa la posizione
 (se definitiva o solo precaria) che con tale inserimento il personale
 suddetto e'  destinato  ad  assumere,  ne'  riguardo  ai  criteri  di
 accertamento dei necessari requisiti professionali, in relazione alle
 esigenze  degli  enti di destinazione - Incertezza, nella ratio della
 norma, sui presupposti e i  fini  della  prevista  utilizzazione  dei
 fondi  del  capitolo  24109  del  bilancio regionale - Violazione del
 principio  di  buon  andamento  della  pubblica   amministrazione   -
 Finalita'  assistenziale  del  provvedimento  non  riconducibile alla
 competenza  della  regione  in  materia  di  assistenza   sociale   -
 Illegittimita' costituzionale - Richiamo a sentenza n. 437 del 1994.
 
 Formazione   professionale   -  Regione  Sicilia  -  Personale  della
 formazione professionale  rimasto  totalmente  privo  di  incarico  -
 Autorizzazione,  per  l'assessore  per  il  lavoro  e  la  previdenza
 sociale, ad attuare  per  tale  personale  i  processi  di  mobilita'
 previsti  dal  contratto  collettivo  nazionale  degli  operatori del
 settore - Asserita violazione dei principi di eguaglianza e  di  buon
 andamento  della pubblica amministrazione, dell'obbligo di indicare i
 mezzi di copertura nelle leggi  che  comportano  spese,  nonche'  dei
 limiti  della competenza regionale in materia di assistenza sociale -
 Successiva abrogazione, con  legge  25  maggio  1995,  n.  48,  della
 disposizione impugnata - Cessazione della materia del contendere.
 
 (Legge regione Sicilia riapprovata il 22 dicembre 1994, art. 2; legge
 regione Sicilia riapprovata il 7 aprile 1995, art. 9).
 
 (Cost.,  artt.  3,  97  e  81,  quarto comma; statuto speciale per la
 Sicilia, art. 17, lett.  f)).
 
(GU n.32 del 2-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
 della Regione Siciliana  approvata  dall'Assemblea  regionale  il  22
 dicembre  1994 (Integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15
 maggio 1991,  n.  27,  e  all'articolo  2  della  legge  regionale  1
 settembre  1993,  n.  25,  in materia di formazione professionale), e
 dell'art.  9  della   legge   della   Regione   Siciliana   approvata
 dall'Assemblea  regionale il 7 aprile 1995 (Modifiche ed integrazioni
 all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n.  27  e  agli
 articoli  2  e  5  della  legge  regionale  1 settembre 1993, n. 25),
 promossi con ricorsi del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
 Siciliana, notificati il 2 gennaio e il 15 aprile 1995, depositati in
 cancelleria   il   9  gennaio  e  il  22  aprile  1995  ed  iscritti,
 rispettivamente, ai nn. 1 e 31 del registro ricorsi 1995;
    Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;
    Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara, per il  ricorrente,  e
 gli avv. Giovanni Lo Bue e Laura Ingargiola per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 2 gennaio 1995 (Reg. ric. n. 1 del
 1995), il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana  ha
 sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
 legge  regionale  della  Sicilia  approvata  il  22   dicembre   1994
 (Integrazioni  all'articolo  14 della legge regionale 15 maggio 1991,
 n. 27, e all'articolo 2 della legge regionale 1  settembre  1993,  n.
 25,  in  materia  di  formazione  professionale), in riferimento agli
 artt. 3 e 97 della Costituzione, nonche'  all'art.  17,  lettera  f),
 dello Statuto speciale.
    Secondo   il  ricorrente,  la  norma  impugnata,  nell'autorizzare
 l'Assessore regionale  per  il  lavoro,  la  previdenza  sociale,  la
 formazione  professionale  e  l'emigrazione ad utilizzare presso enti
 pubblici,  tramite  convenzioni,  il  personale  del  settore   della
 formazione  professionale  rimasto  senza incarico, costituirebbe una
 riproposizione delle norme  gia'  dichiarate  incostituzionali  dalla
 Corte  con sentenza n. 437 del 1994, incorrendo, percio', in analoghe
 censure.  In particolare, la norma contrasterebbe  con  il  principio
 del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione, in quanto non
 specifica i criteri cui l'Assessore si deve  attenere  nella  stipula
 delle  convenzioni,  sia in riferimento alle effettive esigenze degli
 enti presso i quali il personale sarebbe utilizzato, sia ai requisiti
 professionali del personale  medesimo,  che  riguardano  un  settore,
 quello   dell'attivita'  formativa,  diverso  da  quello  in  cui  il
 personale in questione potrebbe essere riutilizzato.
    Inoltre, la norma  stessa  fa  ricadere  l'onere  finanziario  sul
 capitolo del bilancio della Regione n. 34109, destinato alla gestione
 dei corsi di formazione professionale, che viene ad essere ridotto in
 favore  di una ristretta cerchia di lavoratori, a vantaggio dei quali
 non puo' sostenersi esista una sorta  di  "diritto  soggettivo"  alla
 continuita'  della  attivita' lavorativa e al conseguente trattamento
 economico, basato sull'art. 2, comma 1, della legge regionale  n.  25
 del  1993  (che, se cosi' interpretato, violerebbe l'art. 17, lettera
 f), dello Statuto speciale, creando un ingiustificato privilegio).
    La disposizione - che non ha, oltretutto, efficacia  limitata  nel
 tempo  - perseguirebbe una finalita' assistenziale, esorbitante dalla
 competenza del legislatore siciliano in materia di assistenza sociale
 in quanto volta ad introdurre un  "ammortizzatore  sociale"  difforme
 dai  corrispondenti  istituti  previsti  dalla  vigente  legislazione
 nazionale.
    2. - Nel giudizio  di  fronte  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituita  la  Regione  Siciliana,  chiedendo  che  la questione sia
 dichiarata infondata.
    Secondo  la  difesa  della  Regione,  la  disposizione   impugnata
 costituisce  attuazione  dell'art.  2 della legge regionale n. 25 del
 1993, che ha previsto la garanzia della  continuita'  lavorativa  per
 gli  operatori  della  formazione professionale iscritti all'apposito
 albo, in base a quanto gia'  stabilito  dal  contratto  nazionale  di
 categoria.
    Quanto  alle  specifiche  censure  avanzate nel ricorso, si assume
 che:
      non si e' di fronte alla  sostanziale  riproposizione  di  norme
 gia'  dichiarate illegittime, in quanto la norma prevede la effettiva
 utilizzazione del personale in mobilita', facendo con cio' venir meno
 l'aspetto assistenzialistico;
      quanto alla presunta genericita' nella individuazione degli enti
 e alla utilizzazione dei lavoratori per finalita' proprie degli  enti
 medesimi,  si  tratta  della  riproduzione,  in forma legislativa, di
 clausole contenute nel contratto collettivo nazionale di categoria;
      la norma e' ispirata ad un contratto collettivo applicato  anche
 in  tutte  le  regioni  ordinarie  in conseguenza dell'art. 9, quarto
 comma, della legge-quadro n. 845 del 1978, per cui si  puo'  ritenere
 sussistere, nella legislazione statale, una norma di riferimento;
      i  criteri  ai  quali l'assessore si deve attenere nella stipula
 delle convenzioni sono previsti  dettagliatamente  nell'art.  27  del
 contratto collettivo nazionale di lavoro;
      quanto   all'onere   finanziario   derivante  dalla  legge,  che
 ricadrebbe sullo stanziamento per  la  formazione  professionale,  il
 legislatore   regionale  aveva  l'obbligo  di  dare  attuazione  alla
 disposizione contenuta nell'art. 2 della precedente  legge  regionale
 n.  25  del  1993 e alle clausole contrattuali contenute nell'art. 27
 del contratto collettivo nazionale, anche  al  fine  di  evitare  una
 disparita'  di  trattamento  rispetto  al  personale  che si trova in
 analoga situazione in tutto il territorio nazionale.
    D'altro canto, l'art. 9, sesto  comma,  lettera  e),  della  legge
 regionale  n. 24 del 1976, ha riguardo anche alla retribuzione e agli
 oneri sociali  e  contrattuali  per  il  personale  della  formazione
 professionale ed autorizza l'Assessore a coprire le relative spese.
    3. - Con ricorso notificato il 15 aprile 1995 (Reg. ric. n. 31 del
 1995)  il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9  della
 legge  regionale  della Sicilia approvata il 7 aprile 1995 (Modifiche
 ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991,
 n. 27 e agli articoli 2 e 5 della legge regionale 1  settembre  1993,
 n.  25),  in  riferimento  agli artt. 3, 81, quarto comma, e 97 della
 Costituzione,  nonche'  all'art.  17,  lettera  f),   dello   Statuto
 speciale.
    Secondo  il  ricorrente,  la  norma impugnata - la quale autorizza
 l'Assessore regionale per il lavoro,  la  previdenza,  la  formazione
 professionale  e  l'emigrazione  ad  attuare  i processi di mobilita'
 previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro degli operatori
 della formazione professionale, ed in  particolare  dall'art.  27  di
 quest'ultimo  -  non  sfuggirebbe  alle  censure  gia' prospettate in
 passato avverso disposizioni analoghe, apparendo  altresi'  incongrua
 rispetto al fine che si intende raggiungere.
    Al   tempo   stesso,   si   rileva   la   totale   mancanza  della
 quantificazione  della  spesa   derivante   dalla   disposizione   e,
 correlativamente, di ogni previsione di copertura.
    4.  -  Nel  giudizio  di  fronte  alla  Corte costituzionale si e'
 costituita la Regione Siciliana, la difesa della quale, richiamate le
 deduzioni  presentate  in  relazione  all'altro  ricorso,   "che   si
 intendono  qui  riprodotte  con  i  relativi allegati", chiede che le
 questioni sollevate vengano dichiarate non fondate.
    5. - In prossimita' dell'udienza, il Commissario  dello  Stato  ha
 depositato  una  memoria relativa ad entrambi i ricorsi, nella quale,
 ricostruita la successione delle  norme  intervenute  in  materia  di
 personale  della formazione professionale in Sicilia, a partire dalla
 legge  regionale  n.  24  del  1976,  fino  ad  arrivare  alle  norme
 impugnate, si fa rilevare, quanto al secondo ricorso (Reg. ric. n. 31
 del  1995),  che,  in  data  16  maggio  1995,  l'Assemblea regionale
 siciliana ha approvato una legge  (d.d.l.  n.  1017)  che  abroga  la
 disposizione  censurata  la  quale, peraltro, e' stata immediatamente
 riproposta in un disegno  di  legge  approvato  nella  stessa  seduta
 (d.d.l. n. 1018).
    L'abrogazione   della  norma  impugnata  dovrebbe  determinare  la
 cessazione della materia del contendere; in caso contrario  la  norma
 dovrebbe essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
    Quanto al primo ricorso (Reg. ric. n. 1 del 1995) si rileva che la
 legge impugnata e' stata approvata precedentemente alla pubblicazione
 della  sentenza  della  Corte  n.  437 del 1994, che ha dichiarato la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge approvata il  4
 marzo  1994,  norma che sembra costituire il presupposto di quella in
 esame.  Pertanto,  in  seguito  a  tale  pronuncia,  la  norma   oggi
 censurata,   se   si   ritiene   che  presupponga  quella  dichiarata
 incostituzionale, sarebbe da considerare anch'essa  illegittima,  per
 "illegittimita'  derivata';  se  si  ritiene dotata di forza propria,
 secondo quanto sostenuto dalla difesa  della  Regione,  presenterebbe
 gli stessi vizi della precedente norma.
                        Considerato in diritto
    1.  - Con i ricorsi in epigrafe, il Commissario dello Stato per la
 Regione Siciliana solleva questioni  di  legittimita'  costituzionale
 avverso  due  disposizioni contenute in leggi della Regione Siciliana
 in materia di personale della formazione  professionale.  I  giudizi,
 concernendo  questioni  connesse,  possono  essere  riuniti per venir
 decisi con un'unica sentenza.
    2. - Con il primo dei ricorsi  (Reg.  ric.  n.  1  del  1995),  il
 Commissario   dello   Stato   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della  legge  approvata  dall'Assemblea
 regionale  siciliana  nella seduta del 22 dicembre 1994 (Integrazioni
 all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e all'art. 2
 della legge  regionale  1  settembre  1993,  n.  25,  in  materia  di
 formazione professionale).
    La  disposizione  denunciata prevede che l'Assessore regionale per
 il lavoro, la  previdenza  sociale,  la  formazione  professionale  e
 l'emigrazione  e' autorizzato, per le finalita' dell'art. 2, comma 1,
 della  legge  regionale  n.  25  del  1993,  ad  utilizzare,  tramite
 convenzioni,  il personale iscritto al relativo albo, con rapporto di
 lavoro a tempo indeterminato  rimasto  totalmente  senza  incarico  a
 seguito  della  contrazione  delle  attivita'  corsuali,  presso enti
 pubblici, per finalita' proprie  di  questi  ultimi  e  per  mansioni
 corrispondenti   per   livello   a   quelle   svolte  negli  enti  di
 appartenenza, mantenendo il trattamento giuridico ed  economico  gia'
 acquisito nel settore della formazione.
    Stabilisce,  poi,  il comma 2 della medesima disposizione che, per
 le  finalita'  teste'  accennate,  l'Assessore  e'   autorizzato   ad
 avvalersi  di  parte  delle  disponibilita'  del  capitolo  34109 del
 bilancio della Regione.
    3. - La Corte viene chiamata  a  stabilire  se  tale  disposizione
 violi gli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonche' l'art. 17, lettera
 f), dello Statuto speciale, in quanto:
      non sarebbero specificati, in contrasto con il principio di buon
 andamento,  i criteri cui l'Assessore stesso si deve attenere, sia in
 riferimento alle effettive esigenze degli  enti  presso  i  quali  il
 personale  verrebbe  utilizzato,  sia  ai requisiti professionali del
 personale medesimo che attengono ad un settore, quello dell'attivita'
 formativa, diverso  da  quello  in  cui  il  personale  in  questione
 potrebbe essere riutilizzato;
      viene  fatto  ricadere  l'onere  finanziario  sul  capitolo  del
 bilancio  della  Regione  destinato  alla  gestione  dei   corsi   di
 formazione professionale;
      risulta   perseguita,  con  una  norma  che  oltretutto  non  ha
 efficacia limitata nel tempo, una finalita' assistenziale esorbitante
 dalla competenze del legislatore siciliano.
    4. - La questione e' fondata.
    La disposizione denunciata, cosi'  come  del  resto  anche  quella
 oggetto  del  secondo ricorso, si colloca nell'ambito della normativa
 regionale sulla formazione professionale, materia che in  Sicilia  e'
 regolata  dalla  legge  regionale  n.  24  del 1976, che, all'art. 4,
 prevede che l'Assessore regionale competente attua i corsi e le altre
 iniziative  formative  avvalendosi  degli enti locali e di altri enti
 specificati dalla norma stessa  che  hanno  per  fine  la  formazione
 professionale. La medesima legge dispone (art. 13) che il trattamento
 del personale e' disciplinato dagli enti addetti alla formazione, nel
 rispetto delle norme stabilite dai contratti di categoria, prevedendo
 nel  contempo  (art.  14)  un  albo al quale va iscritto il personale
 medesimo.
    Tra  gli  interventi  legislativi  successivi  a   tale   generale
 disciplina  della  materia, va menzionato, anzitutto, l'art. 2, comma
 1, della legge regionale n. 25 del 1993, il quale stabilisce, in  via
 di principio, che al personale iscritto nel citato albo, con rapporto
 di   lavoro  a  tempo  indeterminato,  e'  garantita  la  continuita'
 lavorativa  e  il  trattamento  economico  stabilito  dal   contratto
 collettivo nazionale di categoria.
    Ed  e'  proprio a tale ultima disposizione che, come la Regione ha
 avuto occasione di specificare nella  sua  difesa,  si  ricollega  la
 norma  censurata,  che,  nel  conferire  i  poteri di cui si e' fatta
 menzione all'Assessore, richiama per l'appunto le finalita' del comma
 1 dell'art. 2.
    5. - Senonche', in tema di rapporti di pubblico impiego,  come  la
 giurisprudenza   della   Corte   ha   ripetutamente   affermato,   il
 legislatore, pur godendo di discrezionalita' nello scegliere le  pro-
 cedure per la costituzione del rapporto, incontra il limite dell'art.
 97  della Costituzione, dal quale discende la necessita' che le norme
 siano  tali  da  garantire   il   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione;   il  che,  per  quanto  attiene  al  momento  della
 costituzione   del   rapporto,   consiste   nel    far    si'    che,
 nell'amministrazione   stessa,   siano   immessi   soggetti  i  quali
 dimostrino conveniente attitudine a svolgere le funzioni che  vengono
 ad essi affidate (sentenza n. 81 del 1983).
    La  disposizione  censurata  conferisce, per contro, all'Assessore
 regionale un potere discrezionale, con un'attribuzione di  competenza
 operata  in  modo del tutto indiscriminato, affinche' il personale di
 cui trattasi venga inserito presso enti pubblici,  senza  specificare
 se,  dal  punto  di  vista  della posizione giuridica, cio' avvenga a
 titolo definitivo ovvero solo in via precaria, ne'  sulla  scorta  di
 quali  criteri di accertamento dei necessari requisiti professionali,
 ne' in relazione a quali esigenze degli enti di destinazione.
    Il fatto che esista una norma di contratto collettivo,  richiamata
 dalla  Regione  resistente nelle sue difese, che prevede la mobilita'
 del personale di cui trattasi, nulla toglie alla rilevata genericita'
 ed  indeterminatezza  della  disposizione  impugnata,  non  potendosi
 minimamente  condividere, a tacer d'altro, l'assunto di una implicita
 determinazione del contenuto della disposizione stessa per rinvio  al
 contenuto della norma del contratto collettivo.
    D'altro   canto   non  sono  nemmeno  chiari,  nella  ratio  della
 disposizione impugnata,  i  presupposti  ed  i  fini  della  prevista
 autorizzazione  ad utilizzare i fondi del capitolo 34109 del bilancio
 regionale, attinenti alla formazione professionale.
    Le stesse caratteristiche di genericita' ed indeterminatezza della
 disposizione censurata confermano che la stessa, cosi' come del resto
 altre precedenti (v. in particolare la sentenza n. 437 del 1994),  si
 ispira  nel  suo complesso ad una visione assistenziale che, oltre ad
 urtare  contro  il  principio di buon andamento, non trova fondamento
 nella competenza meramente concorrente che spetta alla Regione stessa
 in materia di assistenza sociale (art. 17, lettera f), della  Statuto
 speciale).
    6.  - Con il secondo ricorso (Reg. ric. n. 31 del 1995), lo stesso
 Commissario ha sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 9 della legge regionale della Sicilia approvata il 7 aprile
 1995 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale
 15  maggio  1991, n. 27 e agli articoli 2 e 5 della legge regionale 1
 settembre 1993, n. 25), il quale,  aggiungendo  al  predetto  art.  2
 della  legge  regionale  n.  25  del 1993 il comma 2-bis, prevede che
 l'Assessore di cui sopra e' autorizzato ad attuare per  il  personale
 gia'  ricordato  "i  processi  di  mobilita'  previsti  dal contratto
 collettivo nazionale  di  lavoro  degli  operatori  della  formazione
 professionale".
    7.  - Va considerato che, ancorche' la delibera legislativa, nella
 quale e' ricompresa la disposizione denunciata, sia stata  promulgata
 come  legge  25 maggio 1995, n. 47, con altra legge nella stessa data
 (legge 25 maggio 1995, n. 48)  la  disposizione  impugnata  e'  stata
 abrogata,  sicche',  in  ordine  al  giudizio  di  cui  trattasi,  va
 dichiarata cessata la materia del contendere.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,   dichiara   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  2 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana
 il  22  dicembre  1994  (Integrazioni  all'articolo  14  della  legge
 regionale  15  maggio  1991,  n.  27  e  all'articolo  2  della legge
 regionale  1  settembre  1993,  n.  25,  in  materia  di   formazione
 professionale);
    Dichiara  cessata  la  materia del contendere in ordine al ricorso
 promosso  dal  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  siciliana
 relativamente   all'art.   9  della  legge  approvata  dall'Assemblea
 regionale siciliana il  7  aprile  1995  (Modifiche  ed  integrazioni
 all'articolo  14  della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e agli
 articoli 2 e 5 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25).
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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