N. 408 SENTENZA 20 - 27 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati  in  attuazione  dell'art. 16 della legge statale n. 179
 del 1992 - Legge della regione Campania  riapprovata  il  12  ottobre
 1994,  art.  9,  primo  comma  -  Previsione che, nel caso di inutile
 decorso del termine di centoventi giorni entro il quale il  programma
 integrato predisposto dal comune, se non conforme ai piani regolatori
 generali  o  ai  regolamenti  edilizi,  deve  essere  esaminato dalla
 regione,  il  programma  si  considera   approvato   -   Riconosciuta
 violazione, in accoglimento del ricorso del Presidente del Consiglio,
 del  limite  posto  alla  competenza  regionale  dal  principio della
 legislazione statale, confermato anche  dalla  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  393  del  1992,  per cui il silenzio- assenso non
 puo',   in   materia,   ritenersi   ammissibile   -    Illegittimita'
 costituzionale  parziale  -  Facolta'  del  comune, qualora l'inerzia
 della regione dovesse protrarsi oltre ragionevoli tempi  tecnici,  di
 porvi rimedio sollecitando l'intervento sostitutivo del giudice.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati  in  attuazione  dell'art. 16 della legge statale n. 179
 del 1992 - Legge della regione Campania  riapprovata  il  12  ottobre
 1994,  art.  10,  nono  e  decimo  comma  -  Obbligo  per i comuni di
 adottare, alla scadenza  del  decennio  di  efficacia  del  programma
 integrato,  un  nuovo  programma  relativo  alla  parte inattuata del
 precedente - Potere sostitutivo della regione in caso di inerzia  del
 comune  - Conseguente possibilita', in via di principio, di protrarre
 indefinitamente  i  vincoli  urbanistici  derivanti   dal   programma
 originario,  in violazione del limite posto alla competenza regionale
 dal piu' volte affermato principio  per  cui  i  vincoli  urbanistici
 debbono  avere  una  durata  certa  -  Illegittimita'  costituzionale
 parziale - Richiamo a sentenze nn. 6 del 1966, 55 del 1968, 82  e  92
 del 1982 e 575 del 1989.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati  in  attuazione  dell'art. 16 della legge statale n. 179
 del 1992 - Legge della regione Campania, riapprovata  il  12  ottobre
 1994,  artt. 7, quinto comma, e 10, quinto e sesto comma - Consentita
 possibilita' che il programma integrato risulti non conforme  con  il
 piano  regolatore vigente o con il regolamento edilizio - Ricorso del
 Presidente del Consiglio - Violazione  dei  limiti  della  competenza
 regionale   denunciata   in  base  ad  un  presunto,  ma  in  realta'
 insussistente, contrario principio della legislazione statale,  oltre
 che  ad  un  presunto, e altrettanto insussistente, divieto, ex artt.
 869 e 871 cod. civ., di imposizione  sulle  proprieta'  fondiarie  di
 vincoli   derivanti   da  strumenti  urbanistici  diversi  dai  piani
 regolatori generali e dai regolamenti edilizi,  e  altresi'  in  base
 alla  paventata  possibilita'  (efficacemente  neutralizzata peraltro
 dalle garanzie del procedimento amministrativo  e  del  ricorso  alla
 tutela  giurisdizionale)  che del programma integrato non conforme ai
 precedenti strumenti urbanistici, possano avvantaggiarsi,  a  scapito
 delle  proprieta'  minori,  "poteri  forti"  -  Non  fondatezza delle
 questioni.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati  in  attuazione  dell'art. 16 della legge statale n. 179
 del 1992 - Legge della regione Campania  riapprovata  il  12  ottobre
 1994, artt. 9, quarto e quinto, e 10, secondo, terzo e quarto comma -
 Potere e interventi della regione nel procedimento per l'approvazione
 di   programmi   integrati   non  conformi  ai  precedenti  strumenti
 urbanistici -  Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  -  Lamentata
 compressione  delle  autonomie comunali - Insussistenza, in quanto la
 regione puo' esprimere, e sempre previo coinvolgimento  degli  organi
 comunali,  solo  "eventuali  osservazioni",  e  certamente  non le e'
 consentito modificare di ufficio i programmi - Non  fondatezza  delle
 questioni.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati  in  attuazione  dell'art. 16 della legge statale n. 179
 del 1992 - Legge della regione Campania  riapprovata  il  12  ottobre
 1994,  art.  10, dodicesimo comma - Prevista possibilita' in presenza
 di determinate condizioni, che il sindaco, previa  deliberazione  del
 consiglio  comunale  e  previo  parere  della  commissione  edilizia,
 autorizzi, in sede di realizzazione degli interventi contemplati  nel
 programma  integrato,  modifiche  alle concessioni edilizie - Ricorso
 del Presidente del Consiglio - Asserita eccedenza  dai  limiti  della
 competenza  regionale  -  Insussistenza, dovendosi escludere che tali
 modifiche possano disporsi in difformita' dagli strumenti urbanistici
 in modo tale da potersi configurare come varianti  di  questi  -  Non
 fondatezza della questione.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Nuovi  strumenti urbanistici - Programmi
 integrati di  riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale
 disciplinati in attuazione dell'art 16 della legge statale n. 179 del
 1992  -  Legge della regione Campania riapprovata il 12 ottobre 1994,
 artt. 2, sesto comma, e 13 - Prevista possibilita'  che,  qualora  il
 programma  interessi, ai fini del loro recupero, i centri storici, la
 volumetria complessiva dello stesso,  fermo  restando  l'obbligo  del
 rispetto  delle  prescrizioni  emanate  per  la  tutela  dei  singoli
 edifici, sia maggiore, in misura non superiore al cinque  per  cento,
 di  quella  preesistente,  determinata,  a  sua  volta, scomputando i
 volumi eseguiti senza, o in difformita', alla licenza  o  concessione
 edilizia - Ricorso del Presidente del Consiglio - Asserita violazione
 dei  limiti  della  competenza  regionale  - Insussistenza, dovendosi
 escludere il rilevato contrasto con  i  principi  della  legislazione
 statale  in  materia,  giacche',  da un lato, la maggior misura della
 nuova  volumetria  complessiva   e'   ammessa,   limitatamente   alla
 realizzazione   di  nuovi  servizi  e  attrezzature  pubblici  e  con
 destinazione vincolata ad usi pubblici, e, dall'altro,  lo  scomputo,
 da  quella  preesistente, dei volumi costruiti senza o in difformita'
 alle  licenze  o  concessioni  non  costituisce   certo   un   premio
 all'abusivismo - Non fondatezza delle questioni.
 
 (Legge  della  regione Campania riapprovata il 12 ottobre 1994, artt.
 2, sesto comma; 7, quinto comma; 9, primo, quarto e quinto comma; 10,
 secondo, terzo, quarto, quinto,  sesto,  nono,  decimo  e  dodicesimo
 comma; e 13).
 
 (Cost., artt. 5, 117 e 128).
 
(GU n.32 del 2-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Campania, riapprovata dal Consiglio regionale  il  12  ottobre  1994,
 avente   per   oggetto:   "Programmi  integrati  di  riqualificazione
 urbanistica, edilizia e  ambientale  in  attuazione  della  legge  17
 febbraio  1992  n.  179",  promosso  con  ricorso  del Presidente del
 Consiglio dei ministri, notificato il 29 ottobre 1994, depositato  in
 cancelleria  l'8  novembre  1994  ed  iscritto  al n. 81 del registro
 ricorsi 1994;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  luglio  1995  il   Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Franco Favara per il ricorrente e
 l'avv. Sergio Ferrari per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso, in  via
 principale,   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
 articoli 2, comma 6, 7, comma 5, 9, 10 e 13 della legge della Regione
 Campania, riapprovata dal Consiglio regionale il 12  ottobre  1994  a
 seguito  del  rinvio governativo, concernente "Programmi integrati di
 riqualificazione urbanistica, edilizia ed  ambientale  in  attuazione
 della  legge 17 febbraio 1992, n. 179", assumendo la violazione degli
 artt. 5, 117 e 128 della Costituzione.
    La difesa dello Stato ricorda che l'art. 16 della legge n. 179 del
 1992 cit. ha introdotto la nuova figura del  programma  integrato  di
 interventi  senza  peraltro precisarne (come osservato nella sentenza
 n. 393 del 1992 di questa Corte, che ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale dei commi da 3 a 7 del ricordato art. 16) le modalita'
 di  collegamento  con  gli  altri  strumenti  tipici di disciplina di
 settore, soprattutto i piani di coordinamento ed i piani  paesistici,
 oltreche' i piani regolatori generali.  A questo proposito si osserva
 che  la legge regionale in esame all'art. 7, comma 5, prevede appunto
 che il programma integrato possa  risultare  non  conforme  al  piano
 regolatore  o  al regolamento edilizio; in tal caso esso e' trasmesso
 alla regione, la quale, secondo  l'art.    9,  puo'  o  approvare  il
 programma  adottato,  o  richiedere al comune di apportarvi modifiche
 (con conseguente approvazione, se il comune vi consenta), o rinviarlo
 per  integrazioni  o  rielaborazione,  o  approvarlo  con   modifiche
 d'ufficio  o  non  approvarlo.  Il  successivo  art. 10 dispone circa
 "l'entrata  in  vigore"  del  programma  integrato,  sottoposto  alla
 regione  appunto  perche'  non  conforme  agli  strumenti urbanistici
 generali (commi 2, 3 e 4), gli effetti  che  il  programma  integrato
 produce  sui  diritti  di  proprieta' immobiliare ovverosia i vincoli
 anche di carattere espropriativo (commi 5 e 6), la  durata  decennale
 di  tali  effetti  (comma  7),  che  puo'  essere anche ulteriormente
 procrastinata (commi 8, 9 e 10) perche' addirittura e' previsto che i
 comuni, dotati di programma integrato  non  attuato  o  attuato  solo
 parzialmente,  debbano  rinnovarlo  alla  scadenza  del  decennio  di
 efficacia, e cio' anche mediante intervento sostitutivo della regione
 (commi  9  e 10).  Inoltre, l'art. 10, al comma 12, consente, in sede
 di  realizzazione  degli  interventi,  di  disporre   "variazioni   o
 modifiche"  alle  concessioni  edilizie,  cosi'  mutandone  la natura
 giuridica, perche' esse, da atti di  controllo  della  compatibilita'
 del  progetto  con  gli  strumenti urbanistici generali, diverrebbero
 provvedimenti di mere varianti particolari agli  strumenti  medesimi,
 sia  pure  "previa  deliberazione del consiglio comunale".  L'art. 2,
 comma 6, poi, consente  interventi  nelle  zone  omogenee  A  (centri
 storici),  con  aumenti  volumetrici  del 5 per cento per imprecisati
 "nuovi servizi e attrezzature pubblici",  e  l'art.  13  esclude  dal
 calcolo della volumetria complessiva preesistente "i volumi edificati
 abusivamente",  ma  senza  prescriverne  la  demolizione.    Le norme
 anzidette  vengono  tutte  denunciate  in  quanto  in  contrasto  con
 "l'ordine  delle  competenze  tra  regione  e  comune delineato dalla
 legislazione  statale"  e  "con  gli  insegnamenti  contenuti   nella
 sentenza n. 393 del 1992" di questa Corte che "ha censurato - sebbene
 anche  con  riguardo ad altro parametro costituzionale - disposizioni
 statali, talune delle quali identiche a  quelle  ora  prodotte  dalla
 regione".    Nel  ricorso si ricorda che le "funzioni della regione e
 dei comuni sono determinate da leggi generali  della  Repubblica"  ai
 sensi  degli  artt.  128  e  5  della  Costituzione  e che in materia
 urbanistica, di competenza regionale ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione,  tali  leggi  attribuiscono alla regione la funzione di
 approvare  gli  strumenti  urbanistici  di  coordinamento  e   quelli
 urbanistici   generali,  diversi  cioe'  da  quelli  attuativi.  Tale
 attribuzione regionale sarebbe  stata  poi  confermata  dall'art.  25
 della   legge   28  febbraio  1985,  n.  47,  che  prevede  procedure
 semplificate  per   l'approvazione   di   varianti   agli   strumenti
 urbanistici  generali,  ma  solo se finalizzate all'adeguamento degli
 standards.
    Viceversa, nel caso del  programma  integrato  disciplinato  dalla
 legge  della  Regione  Campania  - che non e' qualificabile come mero
 strumento attuativo, essendo, per l'art. 2, comma 1, di detta  legge,
 "strumento al tempo stesso programmatico e attuativo" - la previsione
 (art.  2, commi 3 e 4) di una procedura semplificata con compressione
 dei tempi necessari per l'esame e l'approvazione del nuovo strumento,
 anche mediante  l'istituto  del  silenzio-approvazione,  non  sarebbe
 coerente  ne'  con  i  parametri  invocati ne' con "l'interesse anche
 nazionale" al buon governo del territorio. Cio' non senza considerare
 che il silenzio-approvazione, da un canto, puo' essere previsto  solo
 nei   casi   consentiti   dalla   legge  statale,  quando  si  tratti
 dell'approvazione  di  strumenti  urbanistici  generali  e  di  altre
 deliberazioni  da  sottoporsi al controllo preventivo di legittimita'
 di  cui  all'art.  125,  primo  comma,  della  Costituzione,  perche'
 altrimenti detto controllo "diverrebbe eludibile"; e, dall'altro, che
 esso  da  semplice  rimedio  per le disfunzioni non puo' in ogni caso
 assurgere a modalita' normale di amministrazione, come ad esempio nel
 rilascio di concessioni edilizie.   Ma  soprattutto  nel  ricorso  si
 sostiene  che  nessuna  norma  statale  di  principio  attribuisce al
 programma integrato, "solo abbozzato" dal citato art. 16 della  legge
 n.   179   del  1992,  la  potenzialita'  di  variare  gli  strumenti
 urbanistici generali o di derogare ai regolamenti edilizi; da cui  il
 contrasto  delle  norme  regionali  impugnate  con  l'art.  117 della
 Costituzione.    La  violazione del medesimo parametro costituzionale
 sarebbe  poi  ravvisabile  per  il  fatto  che  le  norme  regionali,
 raffigurando  un  programma  integrato  non  conforme  agli strumenti
 urbanistici generali ed attribuendo ad esso valenze sulle  proprieta'
 fondiarie non consentite dalla legge statale - la' dove gli artt. 869
 e  871  del  codice  civile,  per  la  disciplina dei rapporti tra la
 proprieta' fondiaria e la pianificazione urbanistica e  le  norme  di
 edilizia,  prevedono  soltanto  i piani regolatori e i regolamenti di
 edilizia e non  invece  programmi  integrati  contrastanti  con  tali
 strumenti  - invaderebbero il campo del diritto privato precluso alla
 competenza della regione.
    Infine alcune previsioni legislative regionali, che  impongono  ai
 comuni  modifiche di ufficio ad opera della regione (art. 9, comma 4)
 ovvero tempi molto ristretti per gli adempimenti (art. 9, comma 5)  o
 ancora  di  adottare  un  nuovo  programma  integrato  per  la  parte
 inattuata del precedente (art. 10, commi 9 e 10), sembrano  collidere
 con   gli   artt.   5  e  128  della  Costituzione,  traducendosi  in
 inammissibili compressioni dell'autonomia  comunale,  che  potrebbero
 divenire  ancor piu' vistose "qualora la regione si rendesse non solo
 promotrice ma anche protagonista  (tramite  modifiche  d'ufficio)  di
 un'urbanistica  gestita  attraverso  una  molteplicita'  di programmi
 integrati in deroga agli  strumenti  urbanistici  generali".  D'altra
 parte,  si  osserva  ancora nel ricorso, "parimenti potrebbe divenire
 non  infrequente  la  compressione  dell'esercizio   concreto   della
 funzione   regionale  di  approvazione  degli  strumenti  urbanistici
 generali,  qualora   piu'   comuni   -   magari   simultaneamente   -
 sottoponessero   alla  regione  voluminosi  programmi  integrati  non
 esaminabili nel ristretto tempo previsto dall'art. 9, comma 1,  della
 delibera  legislativa"  (120 giorni).  Nel ricorso le censure vengono
 poi ulteriormente precisate con riferimento alle singole norme; cosi'
 l'art. 9,  sembrando  consentire  senza  alcun  limite  modifiche  di
 ufficio  ad  opera della regione (comma 4), e imponendo al Comune, in
 caso di restituzione del programma, di provvedere entro  120  giorni,
 pena  la  decadenza  dell'atto  (comma 5) ovvero di adottare un nuovo
 programma integrato  relativo  alla  parte  inattuata,  in  tal  modo
 deresponsabilizzando  gli  eventuali  promotori privati interessati e
 protraendo indefinitivamente i vincoli ivi previsti,  violerebbe  gli
 artt.  128  e  117 della Costituzione.  Ancora, l'art. 10 conterrebbe
 disposizioni affette di  riflesso  da  illegittimita'  costituzionale
 (commi  2, 3 e 4) e consentirebbe che il programma integrato diventi,
 se mal gestito, un mezzo nelle mani di "interessi  forti"  contro  le
 proprieta'  minori  (commi  5 e 6), prevedendo che il nuovo strumento
 possa essere non conforme agli  atti  di  programmazione  urbanistica
 generale  e  ai  regolamenti  edilizi.    Inoltre  lo stesso art. 10,
 disattendendo gli insegnamenti desumibili dalla sentenza n.  393  del
 1992  di questa Corte, provocherebbe un'inammissibile lacerazione tra
 programmazione   territoriale   e    legittimazione    all'esecuzione
 dell'opera e, prevedendo tolleranze quantitative nell'edificabilita',
 discriminerebbe  coloro  cui  siano  rilasciate  semplici concessioni
 edilizie rispetto ai soggetti operanti nell'ambito  di  un  programma
 integrato che sarebbero favoriti senza alcuna giustificazione.
    Parimenti  l'art.  2, comma 6, che legittima interventi nei centri
 storici con aumenti della volumetria complessiva  dell'ambito  urbano
 coinvolto,  esulerebbe  dalla  sfera  di  competenza  regionale,  non
 sussistendo nessuna norma  statale  che  consenta  di  adottare  tali
 disposizioni.
    Infine, l'art. 13, traducendosi in un premio all'abusivismo, cosi'
 come  il  comma  5  dell'art.  16  della  legge n. 179 del 1992 (gia'
 dichiarato incostituzionale), dovrebbe subire la stessa sorte.
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania, la quale in
 via preliminare ha ricordato che i commi 1 e  2  dell'art.  16  della
 legge  n.  179  del 1992, rimasti indenni dalla pronuncia della Corte
 (sent. n. 393 del 1992 cit.), assegnano  ai  programmi  integrati  di
 intervento  finalita'  molteplici di riqualificazione del territorio,
 attribuendo loro le caratteristiche sia dei piani  di  recupero,  sia
 dei  piani  particolareggiati, sia di quelli di lottizzazione, in una
 visione di sintesi di piu' strumenti urbanistici che trova sempre  il
 suo  presupposto  nel  piano  regolatore generale comunale, pur se e'
 consentito di apportarvi modifiche e varianti.  Per la sua natura  di
 strumento  urbanistico,  di  valenza  programmatica e attuativa ad un
 tempo, il programma integrato  di  interventi,  da  una  parte,  puo'
 prevedere  l'insieme  delle  misure  per  il  riassetto  urbanistico,
 edilizio e ambientale e, dall'altra, necessita per la sua  attuazione
 solo  di  concessioni  o  autorizzazioni  edilizie  (cioe' di atti di
 controllo svincolati da  valutazione  discrezionale);  ad  esso  sono
 quindi applicabili sia la norma di principio di cui all'art. 25 della
 legge  n.  47  del  1985,  che  prevede  procedure  semplificate  per
 l'approvazione di strumenti attuativi  in  variante  degli  strumenti
 urbanistici   generali,  sia  le  disposizioni  concernenti  i  piani
 particolareggiati di cui all'art. 17 della legge n.  1150  del  1942,
 ivi  compreso  il potere sostitutivo regionale in caso di inerzia del
 comune.
    Con riguardo alle singole censure, se ne contesta la fondatezza ed
 in particolare:
       a) per quelle relative all'art. 7, comma 5, vale la  richiamata
 norma di principio dell'art. 25 della legge n. 47 del 1985 che impone
 alle  regioni  di  introdurre procedure semplificate nonche' la norma
 dell'art.   17   della   legge   urbanistica   relativa   ai    piani
 particolareggiati (potere sostitutivo in caso di inerzia del comune);
       b)   per   quella   relativa   ai   vari  commi  dell'art.  10,
 l'infondatezza discende come diretta conseguenza dagli stessi  motivi
 di cui sopra;
       c) quanto al comma 6 dell'art. 2, circa la tolleranza del 5 per
 cento  di  un'ulteriore  volumetria  nei  centri storici, la norma e'
 funzionale alla sola realizzazione di nuovi  servizi  e  attrezzature
 pubbliche e si giustifica con il ruolo attribuito alla regione per lo
 sviluppo del territorio;
       d)  quanto  all'art.  13,  la  norma  si  limita  ad  escludere
 dall'ampliamento i volumi abusivi, richiamando per il resto la  legge
 n. 47 del 1985;
       e)   l'art.   10,  comma  12,  infine  prevede  che  il  titolo
 abilitativo  sia  rilasciato  formalmente  dal  Sindaco,  ma   previa
 delibera  del consiglio comunale in caso di variante o modifica dello
 stesso; il che consente di superare la censura.
    In conclusione  nessuna  compressione  delle  competenze  comunali
 deriverebbe   dalle  norme  impugnate  che  appaiono,  al  contrario,
 rispettose e coerenti con gli insegnamenti della sentenza n. 393  del
 1992.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E' impugnata in via principale dal Presidente del Consiglio
 dei Ministri la legge della Regione Campania,  che  -  in  attuazione
 dell'art.   16   della  legge  n.  179  del  1992  (norma  dichiarata
 incostituzionale, in molti dei suoi commi, con la sentenza n. 393 del
 1992  di  questa  Corte)  -  disciplina  il  programma  integrato  di
 riqualificazione   urbanistica,   edilizia  e  ambientale,  strumento
 urbanistico polifunzionale di carattere, a un tempo, programmatico ed
 attuativo. Si sostiene in generale nel ricorso che la legge regionale
 contrasterebbe con "l'ordine delle competenze tra  regione  e  comune
 delineato   dalla  legislazione  statale"  e  con  "gli  insegnamenti
 contenuti nella sentenza n. 393 del 1992" di questa Corte.
    In  particolare  le  censure  che,   pur   prospettate   in   modo
 disarticolato,   possono   enuclearsi   dal   tenore   dell'atto   di
 impugnazione sono le seguenti e per i profili di seguito indicati:
       a) l'art. 7, comma 5, prevedendo  che  il  programma  integrato
 possa  essere  non  conforme  agli strumenti urbanistici generali, in
 quanto variante al piano regolatore o deroga al regolamento edilizio,
 esulerebbe dall'ambito delle competenze  regionali,  perche'  nessuna
 "legge   generale  della  Repubblica"  ne'  alcun  "principio"  della
 legislazione  dello  Stato  attribuisce  al  programma  integrato  la
 potenzialita' di variare gli strumenti urbanistici generali;
       b)  lo  stesso  art.  7,  comma  5,  attribuendo  al  programma
 integrato "non conforme" la possibilita' di incidere sulle proprieta'
 fondiarie,  con  i  vincoli  di  un  piano  regolatore   o   con   le
 espropriazioni,  invaderebbe il "campo del diritto privato", precluso
 alla disciplina regionale (art. 117 della Costituzione), dal  momento
 che  gli  artt.  869 e 871 del codice civile, che regolano i rapporti
 tra proprieta' fondiarie, da un canto, e strumenti di  pianificazione
 urbanistica  ed  edilizia,  dall'altro,  prevedono  soltanto  i piani
 regolatori ed i regolamenti edilizi e non anche altri  strumenti  non
 conformi ad essi;
       c) l'art. 9, comma 1, prevedendo il silenzio-approvazione della
 regione  nel  procedimento  di  esame  e di definizione del programma
 integrato "non conforme", violerebbe gli artt. 5,  117  e  128  della
 Costituzione in mancanza di un principio del genere nelle leggi dello
 Stato  e  non  potendo detto istituto "assurgere, da semplice rimedio
 contro disfuzioni, a modalita' normale di amministrazione, specie per
 le funzioni di maggior rilievo politico-amministrativo";
       d) l'art. 9, comma 4, comportando, per la genericita' della sua
 formulazione, la possibilita' per la regione sia di farsi  promotrice
 del  programma,  sia  - quando le sia inviato, per l'approvazione, il
 programma "non conforme"  -  di  introdurvi  modifiche  d'ufficio,  e
 l'art.  9, comma 5, imponendo al comune, nel caso di restituzione, da
 parte  della  regione,  del  programma  "per   integrazione   o   per
 rielaborazione",  di  provvedervi entro 120 giorni dalla restituzione
 degli atti, pena la "decadenza"  del  programma  integrato  medesimo,
 comprimerebbero  le  competenze  comunali in violazione dell'art. 128
 della Costituzione  e  dei  "principi"  di  cui  all'art.  117  della
 Costituzione;
       e)  l'art.  10, commi 2, 3 e 4, sarebbe "di riflesso affetto da
 illegittimita' costituzionale", in quanto disciplinerebbe l'efficacia
 del programma integrato, con compressione delle competenze comunali e
 la violazione dell'art. 117 della Costituzione;
       f)  l'art. 10, commi 5 e 6, per la parte in cui si riferisce al
 programma    integrato    "non    conforme",    sarebbe     parimenti
 incostituzionale per i riflessi sulla "salvaguardia" delle proprieta'
 fondiarie,  potendo  il programma, se mal gestito, divenire "un mezzo
 nelle mani di interessi forti contro le proprieta' minori";
       g) l'art. 10, commi 9 e 10, obbligando il comune ad adottare un
 nuovo programma integrato per la "parte  inattuata"  del  precedente,
 violerebbe  l'art.  128  della  Costituzione  ed  i "principi" di cui
 all'art. 117 della Costituzione,  perche'  comprimerebbe  l'autonomia
 comunale ed inoltre avrebbe l'effetto sia di "deresponsabilizzare gli
 eventuali    promotori    (del    programma)",   sia   di   protrarre
 indefinitamente i vincoli  sulle  proprieta'  individuali,  anche  di
 carattere espropriativo;
       h)  l'art. 10, comma 12, consentendo un "mutamento della natura
 della concessione edilizia, da atto del Sindaco  di  controllo  sulla
 coerenza dei progetti agli strumenti urbanistici" ad atto che dispone
 varianti particolari a detti strumenti, comporterebbe la "lacerazione
 del  principio  di  distinzione  tra programmazione territoriale .. e
 legittimazione all'esecuzione dell'opera", secondo  gli  insegnamenti
 contenuti nella sentenza n. 393 del 1992 di questa Corte;
       i) l'art. 2, comma 6, violerebbe l'art. 117 della Costituzione,
 perche'  nessuna  legge  o  principio  statale  consente al programma
 integrato di legittimare interventi  nei  centri  urbani  ed  aumenti
 della  volumetria  complessiva  dell'ambito  urbano coinvolto, per di
 piu' senza una precisa definizione della nozione di "nuovi servizi ed
 attrezzature pubblici", cui sarebbero destinati i volumi aggiuntivi;
       l)  l'art.  13   introdurrebbe   un   ulteriore   elemento   di
 irragionevolezza  e  si  tradurrebbe  in  un  premio  all'abusivismo,
 perche', prevedendo che i volumi abusivi "non sono computabili" nella
 nuova  volumetria  consentita,  senza  pero'   disporne   la   previa
 demolizione,  consentirebbe che la parte abusiva si aggiunga a quanto
 edificato legittimamente e  sia  percio'  commerciabile  con  maggior
 profitto.
    2.1. - Precede in ordine logico il motivo con il quale si censura,
 in  riferimento agli articoli 5, 117 e 128 della Costituzione, l'art.
 7, comma 5, della legge della Regione Campania, il quale prevede  che
 il  programma  integrato  possa  risultare non "conforme con il piano
 regolatore generale vigente o con il regolamento edilizio" e che,  in
 tal  caso,  esso  venga  trasmesso  alla  regione per l'approvazione.
 L'eventualita' che il nuovo programma non sia conforme agli strumenti
 urbanistici generali  tradizionali  e'  ritenuta  dal  ricorrente  in
 contrasto  con  i principi generali contenuti nelle leggi dello Stato
 che regolano la materia e che impedirebbero al programma integrato di
 assumere la potenzialita'  di  variare  quegli  strumenti  ovvero  di
 derogare ai regolamenti edilizi.
    La censura non e' fondata.
    Al  riguardo va ricordato che questa Corte, con la sentenza n. 393
 del 1992 - che,  su  ricorso  di  alcune  regioni,  ha  esaminato  la
 questione  di  costituzionalita' dell'art. 16 della legge 17 febbraio
 1992, n. 179,  il  quale  aggiunge  alla  tipologia  degli  strumenti
 urbanistici  vigenti  quello  nuovo  dei programmi integrati - non ha
 ritenuto illegittima la previsione  di  questo  nuovo  strumento  con
 riferimento  alle  specifiche  finalita'  che  esso deve prefiggersi,
 secondo le esplicite previsioni contenute nei commi 1 e 2 della norma
 statale   menzionata.      Detta  sentenza  ha  difatti  limitato  la
 dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  soltanto  ad  alcuni
 commi  (dal  terzo  al  settimo) dell'art. 16 della legge predetta in
 relazione alle censure proposte dalle regioni, che avevano  investito
 tali disposizioni in quanto non rispettose delle competenze regionali
 in  materia  urbanistica.  Ed  e' in questa logica che vanno lette le
 affermazioni della sentenza stessa, per cui non puo' essere condiviso
 il rilievo, contenuto nel ricorso del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri  nei  confronti  della  legge della Regione Campania, con il
 quale  sembra  sostenersi  che,  a  seguito  della  dichiarazione  di
 incostituzionalita'  di  alcune parti della legge dello Stato, queste
 ultime non potrebbero piu' riprodursi neppure in una legge regionale.
 La regione, invece,  proprio  come  naturale  svolgimento  di  quella
 sentenza,   e'  in  grado  di  emanare  norme,  nell'esercizio  delle
 attribuzioni che le spettano, per disciplinare quegli ambiti  esclusi
 da  detta  sentenza dalla competenza dello Stato. Una volta, percio',
 che il programma integrato e' contemplato  dalla  legge  dello  Stato
 nella   tipologia  della  pianificazione  urbanistica  (dato  che  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale non concerne i commi 1
 e 2 dell'art. 16  della  legge  dello  Stato  n.  179  del  1992  che
 espressamente  lo  prevedono)  ben  puo'  la  regione  completarne la
 disciplina osservando (art. 117, primo comma, della  Costituzione)  i
 principi  fondamentali  delle  leggi  dello Stato, tra i quali non si
 rinviene, come sembra sostenere il ricorrente, quello che impedisce a
 strumenti urbanistici, diversi da quelli disciplinati dalla legge  n.
 1150  del  1942,  di  innovare  a  questi  ultimi. Cio' specie quando
 avvenga  in  vista  delle  specifiche  finalita':   "riqualificazione
 urbanistica,  edilizia  ed  ambientale",  cui  il  nuovo strumento e'
 preordinato. Anzi dal complesso della legislazione statale vigente si
 desume proprio l'esistenza del principio opposto, perche' varie leggi
 dello  Stato  prevedono  appunto  la   possibilita'   che   strumenti
 urbanistici  di  settore,  funzionalmente  finalizzati, si discostino
 dalle previsioni dei piani e programmi generali precedenti  in  vista
 delle   specifiche  finalita'  che  i  primi  devono  perseguire.  In
 proposito vanno ricordate le ipotesi considerate nell' art. 3, quarto
 comma, della legge 18 aprile 1962, n. 167, relativamente ai piani per
 l'edilizia economica e  popolare,  nell'art.  51,  sesto  comma,  del
 d.P.R.  6 marzo 1978, n.  218, recante il testo unico delle leggi per
 gli interventi nel Mezzogiorno, per i piani delle aree e  dei  nuclei
 di sviluppo industriale, nell'art. 25, primo comma, lettera a), della
 legge 28 febbraio 1985, n. 47, che prevede procedure semplificate per
 l'approvazione  di  strumenti  attuativi  in  variante agli strumenti
 urbanistici generali, nell'art.  2,  comma  3,  del  decreto-legge  1
 aprile  1989,  n.  121, convertito, con modificazioni, nella legge 29
 maggio 1989, n. 205, relativamente  ai  progetti  esecutivi  connessi
 allo  svolgimento  dei  campionati  mondiali di calcio del 1990.   La
 legge  regionale  impugnata  deve  dunque,  sotto   questo   profilo,
 ritenersi  rispettosa  dei  principi  fondamentali posti dallo Stato,
 perche' l'art. 2, comma 1 -  in  armonia  con  il  comma  1,  tuttora
 vigente,  dell'art.  16  cit.  della  legge n. 179 del 1992, il quale
 assegna  al  programma  integrato  una  pluralita'  di   funzioni   -
 attribuisce  a  detto strumento valenza programmatica ed attuativa ad
 un tempo, "anche in variante al piano regolatore generale,  ai  piani
 attuativi  ed  ai  regolamenti  edilizi  vigenti,  ai soli fini della
 riqualificazione urbanistica,  edilizia  ed  ambientale  del  tessuto
 urbano compreso nel suo perimetro" (art. 2, comma 8).
    2.2.  -  La  possibilita'  di  una  non  conformita' del programma
 integrato e di varianti da esso apportate agli strumenti  urbanistici
 preesistenti in vista delle specifiche finalita' perseguite dal nuovo
 strumento non viola, quindi, sotto i profili fino ad ora considerati,
 i  limiti  della  competenza regionale quali delineati negli artt. 5,
 117 e 128 della Costituzione,  assunti  a  parametri  di  riferimento
 della questione.  Per quel che concerne specificamente il riferimento
 agli  artt.  5  e  128 della Costituzione, non si ravvisa nella legge
 regionale in esame il contrasto con le competenze statali in tema  di
 attribuzioni   degli   enti   infraregionali,   perche',   una  volta
 riconosciuto alle regioni il ruolo di centralita' che esse vengono ad
 assumere nel sistema delle autonomie locali (sent. n. 343 del  1991),
 in   particolare  mediante  la  pianificazione  e  la  programmazione
 territoriale, ed una volta che il nuovo strumento e' previsto da  una
 legge  dello Stato come un tipo uniforme di intervento nel territorio
 (sent. n. 393 del 1992 cit., par. 3),  lo  stabilire  in  concreto  i
 procedimenti  per la sua formazione - in relazione alle finalita' che
 quei programmi devono attuare e fatti salvi i principi  fondamentali,
 ai  sensi  del  primo comma dell'art. 117 della Costituzione - spetta
 alla legge regionale, che risulterebbe, altrimenti, svuotata di  ogni
 significato.    D'altronde  va  considerato che nella legge regionale
 impugnata e' previsto (artt. 7, commi 1 e 2, 8, 9 e 10, comma 11) che
 il programma integrato, che comporti varianti o che sia comunque  non
 conforme   agli  strumenti  urbanistici  preesistenti,  debba  essere
 sottoposto alla approvazione della regione  e  che  nel  procedimento
 relativo  confluiscano tutti gli interessi che a suo tempo sono stati
 presi in  considerazione  ai  fini  della  adozione  degli  strumenti
 urbanistici  dai  quali  il  programma si discosti, essendo stabilito
 l'intervento  degli  organi  che  partecipano  al  procedimento   per
 l'approvazione dei piani territoriali tradizionali.
    3.  -  Neppure  puo'  essere  condivisa  la  tesi  di  un'asserita
 violazione dell'art. 117 della Costituzione  ad  opera  dell'art.  7,
 comma 5, cit., per lesione, da parte della regione, del rispetto "del
 campo  del  diritto  privato", perche' gli artt. 869 e 871 del codice
 civile consentirebbero l'imposizione sulle proprieta'  fondiarie  dei
 soli  vincoli  posti  dai piani regolatori generali e dai regolamenti
 edilizi. E' di tutta evidenza che il riferimento codicistico  a  tali
 strumenti  e'  meramente  indicativo  e  non  ancorato ad una precisa
 tipologia, come testimonia la legislazione vigente che ha  introdotto
 una  serie  ulteriore  di  strumenti, ai quali, come ora ai programmi
 integrati, e' data la possibilita' di modificare i piani e  programmi
 urbanistici  preesistenti con la stessa potenzialita' di questi.  Una
 volta, percio', che la legge dello Stato ha aggiunto  alla  tipologia
 preesistente  i  programmi integrati di riqualificazione ed una volta
 che la regione, osservati i principi fondamentali delle  leggi  dello
 Stato,  li  abbia  disciplinati nell'ambito delle proprie competenze,
 risulta rispettato dalla legge regionale l'ambito del diritto privato
 riservato alla competenza statale.
    4. - Quanto all'ulteriore profilo,  evidenziato  nel  ricorso,  di
 "compressione"   delle   autonomie  comunali  ad  opera  della  legge
 regionale (art. 9, commi 4 e 5, e, "di riflesso", art. 10, commi 2, 3
 e 4), "qualora la regione si rendesse non solo  promotrice  ma  anche
 protagonista (tramite modifiche d'ufficio) di una urbanistica gestita
 attraverso  una  molteplicita'  di programmi integrati in deroga agli
 strumenti  urbanistici  generali",  va  osservato  che,  a  parte  la
 genericita'  del  rilievo,  esso muove da un presupposto inesistente,
 perche' la  legge  regionale  impugnata  non  prevede  una  possibile
 sovrapposizione  della  regione  al  comune  ne'  quanto  al  momento
 dell'iniziativa, ne' in sede di approvazione mediante  l'introduzione
 di  modifiche di ufficio.  Difatti sia che l'iniziativa dei programmi
 integrati  promani  direttamente  dal  comune,  sia  che  essa  venga
 proposta  da  "soggetti  pubblici  e  privati,  singoli  o riuniti in
 consorzio o associati tra loro" (art. 2, comma 3), spetta pur  sempre
 solo  al  comune l'avvio del procedimento di formazione del programma
 nonche'  l'adozione  delle  determinazioni  definitive,  potendo   la
 regione   in  sede  di  approvazione  soltanto  esprimere  "eventuali
 osservazioni formulate ai sensi dell'art. 24,  secondo  comma,  della
 legge  28  febbraio  1985,  n.  47" quando il programma integrato sia
 conforme alle previsioni urbanistiche generali preesistenti (art. 8),
 ovvero approvare quello non conforme (art. 9), ma  sempre  previo  il
 coinvolgimento  degli  organi comunali.  Parimenti la legge regionale
 impugnata non prevede, come invece asserisce il  ricorrente,  che  in
 sede   di   approvazione   del  programma  da  parte  della  regione,
 quest'ultima possa introdurre  modifiche  di  ufficio.  Una  siffatta
 potesta'  non  puo'  desumersi, in particolare, dall'art. 9, comma 4,
 cui sembra riferirsi il ricorrente, perche' questa  disposizione  non
 contiene neppure implicitamente la previsione asserita. Il sistema e'
 tale  da consentire alla regione solo di negare l'approvazione ove il
 comune non aderisca alle modifiche proposte. Un potere,  questo,  che
 e'  connaturato alle funzioni proprie di un soggetto pubblico cui sia
 demandato di approvare atti di  competenza  di  un  altro,  salva  la
 possibilita'  per  il  soggetto  controllato di esperire il sindacato
 giurisdizionale di legittimita' ove ritenga illegittimo il diniego di
 approvazione.
    5. - Non e' neppure fondato  il  profilo,  riferito  all'art.  10,
 commi  5  e  6,  secondo cui il programma integrato non conforme agli
 strumenti urbanistici preesistenti  sarebbe  incostituzionale  per  i
 riflessi  sulla  "salvaguardia"  della  proprieta' fondiaria, potendo
 esso, se mal gestito, divenire "un  mezzo  nelle  mani  di  interessi
 forti contro le proprieta' minori". Al riguardo si deve osservare che
 se  con  la  censura  si intende paventare il rischio che, in sede di
 formazione del programma, possa pervenirsi a favoritismi rispetto  ad
 alcuni proprietari da esso interessati a danno di altri, tale rischio
 e'  implicito  in ogni tipo di pianificazione territoriale. Ma a cio'
 pone rimedio l'ordinamento sia vincolando all'osservanza di  determi-
 nate   regole   di   procedimento,  all'uopo  dovendosi  fare  sempre
 riferimento  ai   principi   generali   in   tema   di   procedimento
 amministrativo,  sia  con  la  possibilita'  di assoggettamento delle
 determinazioni definitive al  sindacato  giurisdizionale.  Una  sede,
 questa,  ove  e'  possibile  verificare  se  siano state osservate le
 regole del procedimento nonche', sotto  il  profilo  dell'eccesso  di
 potere,  se  le  scelte  del  programma, che comportino sacrifici per
 alcuni e vantaggi per altri, risultino ragionevolmente  bilanciate  e
 sostanzialmente  rispettose  del  principio di imparzialita', nonche'
 rispondenti a criteri di logicita' in ragione del pubblico  interesse
 da perseguire.
    6.  -  Infondata,  perche'  muove da un presupposto interpretativo
 errato, e' anche la censura riferita all'art.  10,  comma  12,  della
 legge  regionale.  Questa  disposizione  prevede  non  gia',  come si
 asserisce, la possibilita' di rilascio della concessione  edilizia  o
 di   modifiche   a  preesistenti  concessioni  in  difformita'  dagli
 strumenti urbanistici, in  modo  tale  da  potersi  configurare  come
 varianti  di  questi,  bensi'  detta le condizioni, in presenza delle
 quali, concessioni gia' rilasciate possano essere variate durante  la
 vigenza  del programma integrato. Piu' specificamente la disposizione
 in esame, lungi dal configurare,  come  sostiene  il  ricorrente,  un
 "mutamento  della  natura  della  concessione  edilizia,  da atto del
 Sindaco .. di controllo sulla coerenza dei  progetti  agli  strumenti
 urbanistici  ad  atto  disponente, previa deliberazione del consiglio
 comunale, varianti particolari (agli strumenti urbanistici)" e  lungi
 dal  comportare  una  "lacerazione  del  principio di distinzione tra
 programmazione  territoriale  ..  e   legittimazione   all'esecuzione
 dell'opera",  subordina le modifiche alle concessioni gia' rilasciate
 nelle aree considerate dal programma  integrato,  oltre  che  ad  una
 procedura  rinforzata  rappresentata  dalla "previa deliberazione del
 consiglio comunale" (art. 10, comma  12),  anche  al  verificarsi  di
 specifiche   condizioni,   che  solo  per  arbitraria  illazione  del
 ricorrente si ritiene non debbano  sussistere  "congiuntamente",  la'
 dove  il contesto e la formulazione della disposizione denunciata non
 possono che condurre alla conclusione opposta.    In  definitiva,  si
 ripete, la norma denunciata non attribuisce al comune la possibilita'
 di  rilasciare o modificare concessioni edilizie in difformita' dagli
 strumenti urbanistici, ivi  compreso  il  programma  integrato.  Essa
 difatti  -  pur  essendo,  in  base  alle norme statali vigenti, gia'
 prevista la possibilita' di variazioni successive a concessioni  gia'
 rilasciate  seguendo la stessa procedura occorsa per il rilascio - ha
 voluto soltanto, nel caso di concessioni gia' rilasciate, siano  esse
 anteriori  o  successive  all'approvazione  del  programma integrato,
 ancorare  la  potesta'  comunale  di  modifica  alla  sussistenza  di
 condizioni  e  ad  un  procedimento  arricchito  dalla  delibera  del
 consiglio comunale, il che toglie ogni significato alla censura.
    7. - Prive di fondamento sono anche le censure rivolte all'art. 2,
 comma 6, della  legge  regionale,  nell'assunto  che  esso  "consente
 interventi  nelle  zone  omogenee  A (ossia sui centri storici) .. in
 misura  non  superiore  al  5  per  cento  ..   senza   una   precisa
 delimitazione  della  nozione  ..  di  'nuovi servizi ed attrezzature
 pubblici' e con ormai anacronistica restrizione della salvaguardia ai
 singoli edifici". Mentre, data la sua formulazione, non e'  possibile
 comprendere  appieno  il  significato  di  quest'ultimo  rilievo,  va
 osservato - anche in  relazione  all'ulteriore  profilo  secondo  cui
 "nessuna legge generale o principio consente di affidare al programma
 integrato  la idoneita' a legittimare interventi sui centri storici e
 aumenti della volumetrie complessiva dell'ambito urbano coinvolto"  -
 che  e'  proprio  il  riferimento  ai  servizi  e  alle  attrezzature
 pubbliche ad escludere la violazione dei  principi  che  regolano  la
 materia.  Infatti,  potendosi provvedere, con il programma integrato,
 anche al recupero dei centri storici, non  e'  irragionevole  che  la
 legge  regionale  consenta  tale  limitata  eccedenza  rispetto  alla
 volumetria  complessiva  preesistente,  come   si   e'   visto,   con
 destinazione  vincolata  ad  usi  pubblici,  in  connessione  con  le
 finalita' del nuovo strumento urbanistico.
    8. - E' poi sempre in relazione a questa possibile  eccedenza  che
 va  letto  l'art.  13, oggetto di ulteriore censura, il quale prevede
 che nel calcolo della volumetria complessiva preesistente nell'intero
 ambito del  programma  non  siano  computabili  i  volumi  "abusivi".
 Quest'ultima  disposizione  non  costituisce  di  certo,  come invece
 arbitrariamente si asserisce nel ricorso, un  premio  all'abusivismo,
 ma  vuole  limitare  il  calcolo  dell'eccedenza  a cio' che e' stato
 costruito legittimamente, mostrando cosi'  un  chiaro  disfavore  per
 quanto abusivamente edificato. Ne', ai fini per cui la norma e' stata
 concepita, sarebbe occorso, come si sostiene, prevedere espressamente
 la  previa  demolizione  di  quei  volumi,  perche' questa previsione
 riguarda l'ambito di una diversa disciplina autonomamente operante  e
 di cui ovviamente la legge regionale sul programma integrato non deve
 occuparsi.
    Nemmeno   il   problema  delle  volumetrie  preesistenti  potrebbe
 assumere qualche rilevanza se considerato in  relazione  al  comma  7
 dell'art. 2, perche' tale norma prevede soltanto un rapporto costante
 tra  edifici da riservare a residenza abitativa o ad altro, ovverosia
 alle varie destinazioni ivi considerate.
    E' evidente che, se in virtu' delle norme statali vigenti,  aventi
 carattere  generale  ed  applicazione  uniforme,  dovesse avvenire la
 "sanatoria" di edifici abusivi, la indicata proporzione non  potrebbe
 non  tener  conto  delle  volumetrie  sanate,  senza  che  cio' possa
 configurare un vizio di legittimita' costituzionale della  previsione
 legislativa  regionale  attuativa  di quella statale.  A tale fine e'
 significativa la previsione dell'art. 2, comma  5,  secondo  periodo,
 della  legge  regionale,  secondo  cui  "il programma integrato .. si
 applica in presenza di insediamenti abusivi,  recuperabili  ai  sensi
 dell'art.  29  della legge 28 febbraio 1985 n. 47, limitatamente alla
 realizzazione delle opere primarie e secondarie e delle strutture  di
 servizio  necessarie  per  il  recupero  urbanistico ambientale degli
 insediamenti stessi".
    9.1. - Fondata e'  invece,  per  violazione  dell'art.  117  della
 Costituzione,  la  censura concernente l'art. 9, comma 1, della legge
 regionale impugnata,  nella  parte  in  cui  prevede  che,  nel  caso
 dell'inutile  decorso  del termine di centoventi giorni concesso alla
 regione per l'approvazione  del  programma  integrato  non  conforme,
 questo si considera approvato.
    Il  problema  della  possibilita'  del silenzio-assenso in sede di
 approvazione  di  questo  strumento   urbanistico   e'   stato   gia'
 negativamente  risolto  dalla  menzionata sentenza n. 393 del 1992 di
 questa Corte che ha dichiarato incostituzionale, anche in riferimento
 agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la previsione di esso contenuta
 nel comma 4 dell'art. 16 della legge n.  179  del  1992,  piu'  volte
 richiamato.
    La  decisione  della  Corte  ha  rimarcato " l'irrazionalita' e il
 contrasto della normativa .. con il principio di buon andamento della
 pubblica  amministrazione,  considerata  anche  la  ..  mancanza  del
 diversificato  contributo  degli  organi ed uffici competenti in base
 alle norme generali".
    E' implicito nella decisione della Corte che il silenzio-assenso e
 comunque  i tempi tecnici assegnati alla regione impediscono un esame
 puntuale e dettagliato del programma, che, tra l'altro, e' sottoposto
 alla  sua  approvazione  proprio  e  soltanto  se  in  variante  agli
 strumenti  urbanistici. In base al sistema - e' questo il significato
 sotteso alla richiamata sentenza n. 393 del 1992 - la previsione  del
 silenzio-assenso   puo'   ritenersi  ammissibile  in  riferimento  ad
 attivita' amministrative nelle quali sia pressoche' assente il  tasso
 di  discrezionalita',  mentre  la  trasposizione  di tale modello nei
 procedimenti ad elevata  discrezionalita',  primi  tra  tutti  quelli
 della  pianificazione  e  programmazione  territoriale,  finisce  per
 incidere sull'essenza stessa della competenza regionale.    Il  venir
 meno  nella  normativa  statale della previsione del silenzio-assenso
 per effetto di detta sentenza e le implicazioni che possono desumersi
 da  essa  denotano  attualmente  l'esistenza  nella  legge   statale,
 specifica  per  la materia, di un principio fondamentale opposto, che
 ritiene indispensabile  una  valutazione  esplicita  da  parte  degli
 organi  regionali nei procedimenti che necessitano del "diversificato
 contributo degli organi e uffici competenti" (sent. n. 393 del  1992)
 coinvolti  nella procedura.  Ne' puo' giustificare la norma regionale
 impugnata la previsione di carattere  generale,  contenuta  nell'art.
 25,  comma  2,  della  legge  n.  47  del 1985, che consente forme di
 silenzio-assenso nell'approvazione, con  procedure  semplificate,  di
 varianti    agli    strumenti   urbanistici   generali.   Difatti   -
 indipendentemente dalla considerazione che la previsione  legislativa
 di  cui  sopra e' riferita agli "strumenti attuativi in variante agli
 strumenti urbanistici generali" ovvero  a  "varianti  ..  finalizzate
 all'adeguamento degli standard urbanistici" e quindi ad un ambito ben
 individuato  di  provvedimenti  di  carattere attuativo di previsioni
 urbanistiche generali  preesistenti  e  non  invece  a  provvedimenti
 programmatori con elevato tasso di discrezionalita' - cio' che rileva
 ai  fini  della  soluzione  della  questione  proposta, e' che questa
 Corte, con la citata sentenza n. 393 del 1992, ha gia' ritenuto detto
 istituto inapplicabile ai programmi integrati. Relativamente a questi
 ultimi, pertanto, in sede di legislazione regionale non  possono  che
 valere  i  principi  fondamentali  riguardanti  specificamente quello
 strumento, come desumibili dalla sentenza di questa Corte.
    9.2. - La legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede la
 forma del silenzio-assenso ai fini  dell'approvazione  regionale  dei
 programmi  integrati  difformi  dagli strumenti urbanistici generali,
 viola pertanto, come denunziato  dal  ricorrente,  l'art.  117  della
 Costituzione,  per inosservanza del principio fondamentale ricavabile
 dalla legislazione dello Stato  dopo  l'intervento  della  Corte.  La
 previsione   censurata   neppure   potrebbe   ritenersi  giustificata
 dall'esigenza  di  superare  l'inerzia  della  regione  che   dovesse
 protrarsi  oltre ragionevoli tempi tecnici: in questo caso rimarrebbe
 pur sempre al comune di adire la sede giurisdizionale competente  per
 rimuovere   l'inerzia   ingiustificata  e  di  sollecitare  i  poteri
 sostitutivi del giudice qualora essa persista pur dopo  il  giudicato
 che ne dichiari l'illegittimita'.
    10.  - Fondata e', altresi', la censura rivolta all'art. 10, commi
 9 e 10, della legge regionale, nella parte  in  cui  -  obbligando  i
 comuni  ad  adottare,  alla  scadenza  del  decennio di efficacia del
 programma integrato, un nuovo programma relativo alla parte inattuata
 del precedente ed all'uopo introducendo il potere  sostitutivo  della
 regione in caso di inerzia del comune - consente in via di principio,
 come  rilevato  nel  ricorso,  di protrarre indefinitamente i vincoli
 derivanti dall'originario programma.  Questa previsione dettata a re-
 gime viola appunto il  principio,  piu'  volte  affermato  da  questa
 Corte,  secondo  cui  i  vincoli urbanistici debbono avere una durata
 certa (sentt. nn. 6 del 1966, 55 del 1968, 82 e 92 del 1982, 575  del
 1989).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale:
      dell'art.  9,  comma  1,  della  legge  della  regione Campania,
 riapprovata il 12 ottobre 1994, concernente "Programmi  integrati  di
 riqualificazione  urbanistica,  edilizia  e  ambientale in attuazione
 della legge 17 febbraio 1992 n. 179", nella parte in cui  prevede  il
 silenzio-assenso  ai  fini  dell'approvazione regionale dei programmi
 integrati difformi dagli strumenti urbanistici generali;
      dell'art. 10, commi 9 e  10,  della  medesima  legge  regionale,
 nella  parte in cui consente, alla scadenza del decennio di efficacia
 del programma  integrato,  di  protrarre  indefinitamente  i  vincoli
 derivanti dalla parte inattuata di esso;
    Dichiara  non  fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 degli articoli 2, comma 6, 7, comma 5, 9, commi 4 e 5, 10,  commi  2,
 3,  4,  5, 6 e 12, e 13 della medesima legge regionale, sollevate, in
 riferimento agli articoli  5,  117  e  128  della  Costituzione,  dal
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C1011