N. 411 SENTENZA 20 - 27 luglio 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati in genere - Animali - Maltrattamenti - Maltrattamento non seguito da morte e uccisione ingiustificata del proprio animale - Disparita' di trattamento quanto alla sanzione penale - Richiesta di pronuncia additiva volta all'introduzione di nuove norme incriminatrici - Non spettanza alla Corte - Riserva al legislatore la creazione di nuove fattispecie penali in forza del principio di legalita' - Inammissibilita'. (C.P., art. 727). (Cost., artt. 3 e 10).(GU n.35 del 23-8-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 727 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1994 dal Pretore di Grosseto nel procedimento penale a carico di Bertocci Danilo, iscritta al n. 81 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 31 maggio 1995 il Giudice relatore Antonio Baldassarre. Ritenuto in fatto 1. - Nel giudicare della responsabilita' penale di Danilo Bertocci, imputato del reato previsto dall'art. 727 cod. pen., per aver arrecato, senza giustificato motivo, gravi sofferenze fisiche al cane di sua proprieta' fino a provocarne la morte, colpendolo con un bastone, il Pretore di Grosseto ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 727 cod. pen., per contrasto con gli artt. 3 e 10 della Costituzione. Il giudice a quo osserva che nel nostro ordinamento l'uccisione immotivata dell'animale da parte del proprietario, non e' sanzionata penalmente, se non nel caso in cui questa segua all'esercizio di crudelta' e sevizie nei confronti dell'animale, mentre, nel caso in cui si uccida l'animale di altri, tale condotta costituisce il contenuto di uno specifico reato di danneggiamento punito dall'art. 638 cod. pen. e previsto a tutela del patrimonio. Ad avviso del giudice rimettente, cio' sarebbe lesivo dei principi costituzionali espressi dagli invocati artt. 3 e 10 della Costituzione. In particolare, risulterebbe violato il principio di uguaglianza, poiche', mentre il maltrattamento di animali, ancorche' non seguito da morte, sarebbe assoggettato a sanzione penale dall'impugnato art. 727 cod. pen., nessuna conseguenza penale si configurerebbe per la piu' grave condotta consistente nell'uccisione ingiustificata del proprio animale. Inoltre, un ulteriore profilo di incostituzionalita', con riferimento all'art. 3 della Costituzione, si determinerebbe anche rispetto al sistema complessivo della normativa di tutela degli animali, poiche' la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'affermazione, contenuta nell'art. 1 della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), secondo la quale "lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudelta' contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e dell'ambiente". Infine, si realizzerebbe la violazione di obblighi internazionali derivanti al nostro paese dall'appartenenza all'Unione Europea, come quelli che discendono dall'adesione a convenzioni internazionali, che abbiano la finalita' di tutelare gli animali da sofferenze e patimenti ingiustificati. La questione di legittimita' costituzionale in oggetto sarebbe rilevante nel caso nel quale e' tenuto a pronunciarsi il giudice a quo, in quanto, pur essendo certa l'uccisione del cane da parte del proprietario, mancherebbe la prova delle gravi sofferenze arrecate all'animale e, pertanto, applicando la norma impugnata, l'imputato dovrebbe andare assolto. 2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito in giudizio, chiedendo una pronuncia di inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale in oggetto. La difesa erariale osserva che il giudice rimettente, per sostenere l'incostituzionalita' dell'art. 727 cod. pen., avrebbe preso le mosse da una interpretazione errata della stessa norma che, a suo dire, non contemplerebbe come comportamento sanzionabile l'uccisione immotivata di animali. Al contrario, poiche', in conseguenza della modifica operata dalla legge 22 novembre 1993, n. 473 (Nuove norme contro il maltrattamento degli animali), il fatto di cagionare la morte dell'animale maltrattato costituisce circostanza aggravante della contravvenzione base, ne deriverebbe che la condotta oggetto del giudizio a quo non sarebbe sprovvista di sanzione penale, bensi' rientrerebbe, secondo l'opinione espressa dall'Avvocatura dello Stato, nella fattispecie del novellato art. 727 cod. pen. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale in oggetto risulterebbe inconferente rispetto alla risoluzione del giudizio penale. Considerato in diritto 1. - Oggetto del giudizio di legittimita' costituzionale e' l'art. 727 cod. pen. , nella parte in cui tale norma non assoggetta a sanzione penale colui che uccide l'animale di sua proprieta', sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 10 della Costituzione. Per quanto concerne l'art. 3 della Costituzione, l'omissione denunziata determinerebbe una non giustificata disparita' di trattamento nei confronti di coloro che sono sottoposti a sanzione penale per aver adoperato sevizie e maltrattamenti nei confronti degli animali e, quindi, per aver posto in essere una condotta meno grave; sotto il profilo dell'art. 10 della Costituzione, invece, l'omissione denunziata sarebbe in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in materia di tutela degli animali domestici. 2. - La questione di legittimita' costituzionale e' inammissibile. Il Pretore di Grosseto si propone, nel sottoporre a questa Corte il dubbio di costituzionalita' in oggetto, di introdurre nell'ordinamento penale una nuova norma diretta ad assoggettare a sanzione penale l'uccisione immotivata dell'animale da parte del proprietario dello stesso animale. Tuttavia, una pronuncia additiva, dalla quale consegua l'inserimento nell'impugnato art. 727 cod. pen. di una norma incriminatrice della condotta posta in essere da colui che provoca la morte di un animale di sua proprieta', non rientra fra i poteri costituzionalmente spettanti a questa Corte. Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "al giudice costituzionale non e' dato di pronunciare una decisione dalla quale possa derivare la creazione - esclusivamente riservata al legislatore - di una nuova fattispecie penale: e cio' in forza del principio di legalita' sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione" (v., ad esempio, ordinanze n. 25 del 1995 e n. 146 del 1993; sentenze n. 108 del 1981 e n. 42 del 1977). Per tali ragioni, va dichiarata l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 727 cod. pen., nella parte in cui non assoggetta a sanzione penale la condotta di chi uccide l'animale di sua proprieta'.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 727 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 10 della Costituzione, dal Pretore di Grosseto, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1995. Il Presidente e redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 27 luglio 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 95C1014