N. 504 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 1995

                                N. 504
 Ordinanza  emessa  il  16  giugno  1995  dal  pretore  di  Milano nel
 procedimento civile vertente tra Paderno Lidia ed altri e l'I.N.P.S.
 Pensioni - Pensioni previdenziali - Controversie  -  Sostituzione  al
    termine  di dieci anni per la proposizione dell'azione giudiziaria
    del piu' breve termine di tre anni  dalla  data  di  comunicazione
    della  decisione  del ricorso o dalla data di scadenza del termine
    stabilito per la pronuncia della decisione in sede  amministrativa
    -  Previsione  dello  stesso  a  pena  di  decadenza - Conseguente
    incisione sul diritto alle prestazioni  pensionistiche  -  Mancata
    previsione  di  un  diverso  regime  transitorio  che non solo non
    sopprima  i  diritti,  ma  non  ne  renda  neppure  eccessivamente
    difficoltoso l'esercizio - Incidenza sul diritto di difesa e sulla
    garanzia  previdenziale  -  Riferimenti  alle sentenze della Corte
    costituzionale nn. 246/1992 e 20/1994.
 (D.-L. 19 settembre 1982, n. 384 (recte: 19 settembre 1992)  art.  4,
    convertito  in  legge 14 novembre 1982, n. 438 (recte: 14 novembre
    1992)).
 (Cost., artt. 24 e 38, secondo comma).
(GU n.39 del 20-9-1995 )
                              IL PRETORE
   1. - Sciogliendo la riserva contenuta nel verbale di udienza del 14
 giugno  1995,  osserva:  l'I.N.P.S. ha eccepito la decadenza di parti
 attrici dalle azioni proposte, ex art.  4  d.-l.  n.  384  del  1982,
 convertito, con modificazioni, nella legge n. 438 dello stesso anno.
    Secondo  tale  norma, infatti, che ha sostituito i commi secondo e
 terzo dell'art. 47  d.P.R.  n.  639  del  1970,  opera  la  decadenza
 triennale   per   le   controversie   in   materia   di   trattamenti
 pensionistici, a decorrere:
       a) dalla data di  comunicazione  della  decisione  del  ricorso
 pronunziata dai competenti organi dell'istituto;
       b)  dalla  data  di  scadenza  del  termine  stabilito  per  la
 pronunzia della predetta decisione;
       c)  dalla  data  di  scadenza  dei   termini   prescritti   per
 l'esaurimento  del procedimento amministrativo, computati a decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
    2. - Ebbene, nella specie e' accaduto che al momento di entrata in
 vigore  del  decreto  citato  siffatto  termine  fosse  appunto  gia'
 decorso. Da un lato, infatti, il ricorso amministrativo non era stato
 proposto  (la proposizione e' infatti avvenuta il 27 luglio 1993); da
 un altro lato, come pure e' previsto nella norma su trascritta, erano
 ampiamente scaduti i  termini  (300  giorni)  per  l'esaurimento  del
 procedimento  amministrativo, computati, sempre secondo tale norma, a
 decorrere dalla data di presentazione della richiesta di  prestazione
 (28 maggio 1986).
    Ne', d'altra parte, puo' applicarsi alla specie la deroga prevista
 dall'ultimo  comma  dell'art.  4,  cit. per i procedimenti instaurati
 anteriormente alla data di entrata in vigore  del  decreto  stesso  e
 ancora  in  corso  alla  medesima data: siffatti procedimenti, pur se
 intesi come amministrativi secondo quanto ritenuto dal giudice  delle
 leggi  (che  nell'interpretazione  della  regola  ha tenuto conto del
 "ricorso amministrativo proposto anteriormente alla data  di  entrata
 in   vigore  del  decreto":  Corte  cost.  3  febbraio  1994  n.  20,
 (Paragrafo) 6), erano appunto gia' esauriti a tale momento; se intesi
 come giudiziari, non erano ancora stati instaurati.
    3. - Si pone pero' il problema della  legittimita'  costituzionale
 della  normativa  prima richiamata, naturalmente sotto il profilo del
 criterio della non manifesta infondatezza. La  questione  e'  infatti
 sicuramente rilevante nel caso in esame.
    Ed  invero,  l'art.  6,  primo  comma,  d.-l.  n.  103  del  1991,
 convertito con modificazioni nella legge 166 dello stesso anno recita
 testualmente:
    "1. - I termini previsti dall'art. 47, commi secondo e terzo,  del
 decreto  del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, sono
 posti  a  pena  di  decadenza  per  l'esercizio  del   diritto   alla
 prestazione  previdenziale.  La  decadenza determina l'estinzione del
 diritto  ai  ratei  pregressi  delle  prestazioni   previdenziali   e
 l'inammissibilita'  della  relativa  domanda  giudiziale.  In caso di
 mancata proposizione di ricorso amministrativo, i  termini  decorrono
 dall'insorgenza dei singoli ratei".
    E  Corte cost. 20 maggio 1992 n. 246, Foro it., 1992, I, 2601, nel
 dichiarare non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 della  norma, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 38 cost., l'ha
 interpretata sottolineando che la estinzione ivi prevista colpisce il
 diritto  ai  ratei  maturati, non quello alla pensione. Del resto, il
 prevalente e piu' recente indirizzo ha sostenuto che  il  termine  di
 cui  all'art.  47  cit. aveva semplicemente la funzione di delimitare
 l'efficacia  temporale  della  condizione  di  procedibilita'   della
 domanda giudiziale: cfr., da ult.  Cass. 26 aprile 1993 n. 4864, Dir.
 e pratica lav., 1993, 1844, (m.).
    Con la precedente normativa, quindi, i diritti vantati dalle parti
 ricorrenti  nell'ambito  del decennio precedente la istanza, ed anzi,
 per le ragioni illustrate nella memoria costitutiva,  dal  1981,  non
 sarebbero  estinti,  mentre  lo  sarebbero per effetto dell'eccezione
 preliminare di decadenza sollevata dall'istituto. Di qui la rilevanza
 della questione che attiene  alla  prima  domanda;  peraltro  potendo
 riflettersi  -  determinando  l'importo  da  "cristallizzare" - anche
 sull'altra.
    4. - Passando allora all'esame del requisito della  non  manifesta
 infondatezza,  al  pretore  la  nuova disciplina sembra collidere con
 l'art. 24  cost.  Essa  infatti,  si  risolve  in  questo  caso,  nel
 sacrificio  di diritti che sino al giorno della sua entrata in vigore
 esistevano e potevano essere azionati.
    In sostanza,  la  modifica  legislativa,  che  prevede  un  regime
 transitorio  limitatissimo  (v.  antea) e non comprendente situazioni
 come quella in questione - certo peraltro le piu' numerose - viene  a
 comportare  una  sorta di espropriazione di diritti patrimoniali, per
 di piu' di valenza costituzionale (art. 38, secondo comma, Cost.).
    Dubbio non manifestamente infondato di costituzionalita'  si  pone
 quindi anche con riferimento a tale norma.
    Diverso,  naturalmente, sarebbe stato se la legge avesse stabilito
 un regime transitorio diverso per le vecchie situazioni, che non solo
 non  sopprimesse  i  diritti,  ma  ne  rendesse  non   eccessivamente
 difficoltoso l'esercizio attraverso il giudizio.
    5. - In definitiva, il pretore ritiene di sollevare d'ufficio, per
 essere    non    manifestamente    infondata,    la    questione   di
 costituzionalita' dell'art. 4 d.-l. n. 384 del 1982, convertito,  con
 modificazioni, nella legge 438 dello stesso anno, in riferimento agli
 artt. 24 e 38, secondo comma, Cost.
                               P. Q. M.
    A   norma   dell'   art.   23   legge  n.  87/1953,  dichiara  non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
 4  del  d.-l.  n.  384 del 1982, convertito, con modificazioni, nella
 legge n. 438 dello stesso anno, in riferimento agli artt.  24  e  38,
 secondo  comma,  Cost.;  sospende  il presente procedimento, e ordina
 trasmettersi gli  atti  alla  Corte  costituzionale,  notificarsi  il
 provvedimento alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
 comunicarsi  lo  stesso ai Presidenti della Camera dei deputati e del
 Senato della Repubblica.
      Milano, addi' 6 giugno 1995
                        Il pretore: DE ANGELIS
 
 95C1080