N. 523 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 1995
N. 523 Ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dalla Corte di cassazione sui ricorsi riuniti proposti dalla S.p.a. Impresa generale affissioni pubblicita' contro il comune di Napoli e dal comune di Napoli contro l'Impresa generale affissioni pubblicita' Tributi in genere - Imposta sulla pubblicita' e sulle pubbliche affissioni - Attribuzione ad apposita commissione arbitrale delle controversie relative alla misura dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenuti nei contratti di concessione per l'accertamento e la riscossione dell'imposta in questione - Incidenza sul principio della riserva della funzione giurisdizionale ai giudici ordinari e sul diritto di difesa - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 35/1958, 2/1963, 127/1977, 488/1991, 49, 206 e 232 del 1994. (D.-L. 13 settembre 1991, n. 299, art. 4-bis, primo comma, convertito in legge 18 novembre 1991, n. 363). (Cost., artt. 24, primo comma, e 102, primo comma).(GU n.39 del 20-9-1995 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dall'Impresa generale affissioni pubblicita' S.p.a. - IGAP, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Tacito n. 7, presso l'avv. Stefano Varvesi che la rappresenta e difende giusta procura speciale per notaio Alberto Roncoroni di Milano rep. 100517 del 12 novembre 1993, ricorrente, contro il comune di Napoli, intimato; e sul secondo ricorso 25/1994 proposto dal comune di Napoli, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via G.D. Romagnosi n. 1/B, presso l'avv. Ugo Iaccarino che lo rappresenta e difende giusta mandato in calce al ricorso originale, controricorrente e ricorrente incidentale contro la S.p.a. Impresa generale affissioni pubblicita' - IGAP, intimata; avverso la decisione della Commissione arbitrale di cui al r.d.-l. 25 gennaio 1931 n. 36 istituita presso Intendenza di Finanza Napoli; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 marzo 1995 dal Cons. rel. dott. Luccioli; Udito per il ricorrente l'avv. Varvesi che chiede la rimessione alla Corte costituzionale; Udito per il resistente e ricorrente incidentale l'avv. Ridolfi con delega che chiede la rimessione alla Corte costituzionale; Udito il p.m. in persona del sost. proc. gen. dott. Buonajuto che ha concluso per la rimessione della causa alla Corte costituzionale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto notificato il 1 dicembre 1992 il comune di Napoli promuoveva il procedimento arbitrale ai sensi dell'art. 4-bis del d.-l. 13 settembre 1991 n. 299, convertito in legge 18 novembre 1991 n. 363, nei confronti della S.p.a. Impresa generale affissioni pubblicita' - IGAP, esponendo che con convenzione del 28 agosto 1987 era stata rinnovata a detta societa', con decorrenza dal 1 ottobre 1987 e per la durata di nove anni, la concessione del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche affissioni, con l'aggio sulle riscossioni pari al 39,45% e dal 1 gennaio 1988 pari al 43,29 e con il minimo garantito di L. 2.100.000.000; che in applicazione dell'art. 18 del d.-l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987 n. 440, la commissione arbitrale costituita ai sensi del r.d. 25 gennaio 1931 n. 36, cui si era fatto ricorso per il mancato accordo tra le parti, con decisione dell'11 novembre 1991 aveva revisionato la misura dell'aggio al 35,09% a decorrere dal 1 gennaio 1988, al 34,34% per il 1989 ed al 36,50% per il 1990 ed aveva fissato il minimo garantito in L. 4.500.000.000; che avverso tale pronuncia arbitrale era stata proposta impugnazione sia dinanzi a questa Suprema Corte che alla Corte di Appello; che successivamente il medesio comune di Napoli, poiche' ai sensi dell'art. 4-bis innanzi richiamato erano state aumentate del 30%, con effetto dal 1 gennaio 1992, le tariffe in tema di imposta comunale sulla pubblicita' e diritti sulle pubbliche affissioni, con conseguente obbligo di revisione della misura dell'aggio e del minimo garantito, aveva comunicato alla S.p.a. IGAP l'intendimento di rivedere i termini contrattuali della concessione, proponendo la misura dell'aggio, a decorrere da detta data, del 22,50% e l'elevazione del minimo garantito a L. 6.000.000.000. Tutto cio' premesso, e ritenuto che la S.p.a. IGAP non aveva aderito a tale proposta, chiedeva che la commissione arbitrale effettuasse la revisione prevista dalla legge. Nel corso del procedimento la S.p.a. IGAP chiedeva agli arbitri di sospendere il giudizio ai sensi degli artt. 295 e 819 c.p.c. per la pregiudizialita' della decisione delle impugnazioni del precedente lodo in data 11 novembre 1991. Con ordinanza del 16 aprile 1993 la commissione arbitrale respingeva la richiesta di sospensione, osservando che gli elementi posti dall'art. 4-bis a base della revisione erano autonomamente accertabili, indipendentemente dalla misura dell'aggio determinato dal primo lodo. Con lodo depositato il 19 luglio 1993 il collegio arbitrale determinava, a decorrere dal 1 gennaio 1992, l'aggio nella misura del 30,95% ed il minimo garantito nell'importo di L. 4.900.000.000. Avverso tale pronuncia la S.p.a. IGAP ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Ha resistito con controricorso il comune di Napoli, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su tre motivi. Entrambe le parti hanno depositato memorie. M O T I V I Va innanzi tutto disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, in quanto concernenti la medesima pronuncia, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. L'eccezione di inammissibilita' del ricorso proposta dal comune di Napoli deve essere disattesa, essendo stato il ricorso stesso proposto ai sensi dell'art. 1, comma 2, del r.d.-l. 25 gennaio 1931 n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931 n. 460, il quale prevede che le decisioni della commissione arbitrale disciplinata nel primo comma - competente in forza del richiamo contenuto nell'art. 4-bis del d.-l. 13 settembre 1991 n. 299, convertito in legge 18 novembre 1991, n. 363, alla revisione della misura dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenute nei contratti di concessione del servizio per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche affissioni - non siano soggette ad appello o ad azione di nullita', ma siano soltanto ricorribili per cassazione. In sede di memoria illustrativa la S.p.a. IGAP ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale del primo comma del citato art. 4-bis, nella parte in cui demanda la revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso alla commissione arbitrale di cui al r.d-l. n. 36 del 1931, convertito nella legge n. 460 del 1931, per contrasto con gli artt. 24 e 102 Cost. La questione e' rilevante per la decisione del presente giudizio, poiche' ha per oggetto la disposizione che costituisce il fondamento mormativo della potestas iudicandi di cui il provvedimento impugnato in questa sede e' espressione, cosi' che l'eventuale caducazione della norma sospettata di incostituzionalita' farebbe venir meno la decisione avverso la quale e' stato proposto il ricorso per cassazione. La questione stessa appare non manifestamente infondata. Come e' noto, la norma in esame riproduce testualmente, per la parte che qui interessa, l'art. 18, quinto comma, del d.-l. n. 359 del 1987, convertito nella legge n. 440 del 1987, il quale disponeva che in caso di mancato accordo tra le parti la revisione fosse demandata alla commissione arbitrale di cui al r.d.-l. n. 36 del 1931. Analogamente, l'art. 14, comma 3, del d.-l. n. 318 del 1986, convertito nella legge n. 488 del 1986, attraverso il rinvio all'art. 25 comma 2 del d.-l. n. 55 del 1983, convertito nella legge n. 131 del 1983, demandava alla commissione arbitrale in discorso la revisione in relazione ai contratti in corso al 1 gennaio 1986. E prima ancora l'art. 26, settimo comma, del d.-l. n. 153 del 1980, convertito nella legge n. 299 del 1980, affidava alla medesima commissione arbitrale la revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenuta ni contratti in corso. E' altrettanto noto che con sentenza n. 232 del 1994 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, quinto comma, del d.-l. n. 359 del 1987, convertito nella legge n. 440 del 1987, nella parte in cui demandava la revisione alla commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del r.d.-l. n. 36 del 1931, convertito in legge n. 460 del 1931, ritenendolo in contrasto con l'art. 102, primo comma, Cost., con connesso pregiudizio del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.; che con sentenza n. 206 del 1994 la medesima Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, terzo comma, del d.-l. n. 318 del 1986, convertito nella legge n. 488 del 1986, nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo comma, del d.-l. n. 55 del 1983, convertito nella legge n. 131 del 1983, demandava detta revisione alla commissione arbitrale suindicata, nonche', conseguentemente, l'illegittimita' costituzionale del richiamato art. 25, secondo comma, del d.-l. n. 55 del 1983; che ancora con sentenza n. 49 del 1994 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 26 comma 7 del d.-l. n. 153 del 1980, convertito nella legge n. 299 del 1980. La sanzione di incostituzionalita' delle citate disposizioni sulla base del rilievo che esse affidano un determinato tipo di controversie ad una commissione arbitrale stabilita dalla legge, prescindendo da ogni eventuale avviso difforme di una o di entrambe le parti interessate, costituisce riaffermazione del principio, piu' volte emunciato dalla Corte costituzionale (sentenze n. 35 del 1958, n. 2 del 1963, n. 127 del 1977, n. 488 del 1991) che il fondamento dell'arbitrato, sulla base del combinato disposto degli artt. 24, primo comma, Cost. (diritto di agire in giudizio e correlativo esercizio) e 102 primo comma Cost. (riserva della funzione giurisdizionale ai giudici ordinari) risiede nella libera scelta delle parti, perche' soltanto la scelta dei soggetti coinvolti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all'art. 24, primo comma, Cost.) puo' derogare al precetto contenuto nell'art. 102, primo comma, Cost. Il principio affermato nei ripetuti interventi della Corte costituzionale trova peraltro riscontro nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale devono ritenersi non conformi al dettato costituzionale gli arbitrati resi obbligatori o necessari dalla legge, e non anche quelli obbligatori per volonta' delle parti, cosi' che ove si configuri un arbitrato obbligatorio per legge occorre rimettere la questione, in quanto non manifestamente infondata, alla Corte costituzionale (v. S.U. 1992, n. 1458; 1981 n. 1112). Le suesposte ragioni inducono a dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis del d.-l. n. 299 del 1991, convertito nella legge n. 363 del 1991, atteso che attraverso l'attribuzione della revisione alla commissione arbitrale di cui al r.d.-l. n. 36 del 1931, convertito nella legge n. 460 del 1931, tale disposizione impone direttamente una deroga al fondamentale principio della statualita' della giurisdizione, negando ancora una volta alle parti la facolta' di esprimere la propria autonomia in ordine alla soluzione di quel tipo di controversie. Deve pertanto sollevarsi la questione di illegittimita' costituzionale della norma in esame per contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, Cost.
P. Q. M. Riunisce i ricorsi; solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, del d.-l. 13 settembre 1991 n. 299, convertito nella legge 18 novembre 1991 n. 363, nella parte in cui rende applicabile il r.d.-l. 25 gennaio 1931 n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931 n. 460, per contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione; Rimette gli atti alla Corte costituzionale e sospende il processo in corso; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti, al p.m. ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile il 30 marzo 1995. Il presidente: MONTANARI VISCO 95C1099