N. 656 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 luglio 1995

                                N. 656
 Ordinanza emessa il 24  luglio  1995  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il tribunale di Torino nel procedimento penale a
 carico di Ruggeri Francesco (arresti domiciliari)
 Processo penale - Misure cautelari - Divieto della custodia cautelare
    in carcere e rinvio obbligatorio della esecuzione della  pena  per
    la  persona  affetta  da  HIV  e  nei  casi  di  AIDS conclamata -
    Irrazionalita' - Mancata tutela della salute della collettivita' -
    Disparita'  di  trattamento  rispetto  ai  detenuti   affetti   da
    patologie  altrettanto  gravi,  irreversibili  ed  ingravescenti -
    Lesione dei diritti inviolabili, in particolare,  dell'incolumita'
    e  della  sicurezza  collettiva  - Riferimento alle sentenze della
    Corte costituzionale nn. 70 e 308 del 1994.
 (C.P.P. 1988, art. 286-bis).
 (Cost., artt. 2, 3, 27 e 32).
(GU n.43 del 18-10-1995 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale per giudizio di legittimita'.
    Letti gli atti del procedimento penale  in  oggetto  a  carico  di
 Ruggeri  Francesco,  nato  a  Carini  (Palermo)  l'8  dicembre  1961,
 residente a Torino, corso Taranto, 174, ivi agli arresti domiciliari,
 difeso di fiducia dall'avv.   Wilmer Perga,  indagato  in  ordine  ai
 reati  di cui agli artt. 10, 12 e 14, legge 14 gennaio 1974, n. 497 e
 23, legge 18 aprile 1975, n. 110, perche'  illecitamente  deteneva  e
 portava  la  pistola  tamburo  marca  Lawman MK III Magnum 357 avente
 matricola abrasa.
    Fatto accertato in Settimo Torinese il 13 luglio 1995.
    Con la recidiva reiterata infraquinquennale.
   Rilevato  che  il  p.m.,  in sede di richieste scritte a seguito di
 arresto in flagranza, di cui chiedeva la  convalida,  evidenziava  la
 sussistenza  -  in  misura  macroscopica - dell'esigenza cautelare di
 impedire la reiterazione di analoghi reati,  ravvisando  il  pericolo
 concreto desumibile dai numerosi precedenti penali del Ruggeri e che,
 in   ossequio   al   dettato  dell'art.  286-bis  c.p.p.,  richiedeva
 l'emissione della misura  cautelare  degli  arresti  domiciliari,  in
 quanto il prevenuto risulta affetto da A.I.D.S. conclamata;
    Rilevato   altresi'   che   il   p.m.  ha  proposto  la  questione
 dell'illegittimita'costituzionale dello stesso art.  286-bis  c.p.p.,
 in relazione agli artt. 2, 3, 27 e 32 della Costituzione, richiamando
 integralmente  le  motivazioni  di cui al provvedimento di rimessione
 alla Corte datato 10 giugno 1995 della dott.ssa Rossotti dell'Ufficio
 g.i.p., presso il tribunale di Torino, allegato alla richiesta;
                           OSSERVA IN FATTO
    Verso le  ore  19  del  13  luglio  1995  giungeva  alla  Stazione
 Carabinieri  di Settimo Torinese una telefonata anonima che segnalava
 la presenza di due individui sospetti a bordo dell'autovettura Lancia
 Delta TO 01414M, ferma nei  pressi  del  centro  commerciale  di  via
 Torino, 118.
    Sul  posto veniva inviata una pattuglia che procedeva al controllo
 degli occupanti il veicolo, identificati per Solimena Rocco e Ruggeri
 Francesco:  questi,  a  seguito  di  perquisizione  personale  veniva
 trovato in possesso della pistola a tamburo Lawman MK III tipo Magnum
 357,  con  matricola  abrasa,  contenente  sei proiettili, che teneva
 celata tra la cinta dei pantaloni.
    Veniva pertanto tratto in arresto per il reato di cui in epigrafe:
 in sede di convalida, il prevenuto si avvaleva della facolta' di  non
 rispondere  ed  esibiva documentazione medica afferente allo stato di
 affezione da A.I.D.S. conclamata, situazione parimenti  segnalata  al
 p.m. dalla Direzione della casa circondariale delle Vallette.
    All'esito  dell'udienza,  in  data 15 luglio 1995, veniva altresi'
 disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari, richiesta dal
 p.m. in  ossequio  al  disposto  dell'art.  286-bis  c.p.p.,  essendo
 ravvisabile  concreto pericolo di reiterazione della condotta, tenuto
 conto dei numerosi precedenti anche specifici correlato  al  possesso
 di  una  potente arma clandestina con munizioni, elementi inquietanti
 per la sicurezza della collettivita' ed essendo ostativa alla  misura
 della  detenzione  in  carcere  -  imposta ex lege dall'art. 275, III
 comma,  c.p.p.  in  relazione  alla  fattispecie  contestata   -   la
 condizione  di  soggetto  affetto  da infezione da HIV allo stadio di
 A.I.D.S. conclamata.
    L'ordinanza,  in   considerazione   della   necessita'   di   cure
 giornaliere  presso il day hospital dell'ospedale Amedeo di Savoia di
 Torino nonche' di quella di approvigionarsi,  in  quanto  il  Ruggeri
 abita  da  solo,  concedeva  l'autorizzazione  a recarsi senza scorta
 presso il tale nosocomio  dalle  ore  8  alle  ore  12  per  le  cure
 quotidiane.
    Nel  contempo, il giudice si riservava in merito alla questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 286-bis  c.p.p.  sollevata  dal
 p.m.
    Nelle  more  della  redazione  della  presente ordinanza perveniva
 comunicazione dalla casa circondariale delle Vallette da cui  risulta
 che Ruggeri, in data 18 luglio 1995 e' stato riarrestato per il reato
 di  rapina aggravata - gli atti relativi all'arresto sono allegati in
 copia al fascicolo e si  tratta  di  una  rapina  in  banca  con  due
 complici  - evenienza che imporrebbe l'aggravamento della misura meno
 afflittiva applicata, strumento non attuabile nel caso  di  specie  a
 cio'  ostando  la condizione di malato di A.I.D.S. del prevenuto, che
 verra' indagato a piede libero per il reato di evasione.
                                DIRITTO
    La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale di cui
 si discute nel procedimento in oggetto appare di tutta  evidenza:  la
 fattispecie di reato commessa dal Ruggeri - porto di arma clandestina
 -  risulta nell'elencazione delle fattispecie previste dall'art. 275,
 III comma, c.p.p., in ordine alle quali e' lo stesso legislatore  che
 impone   l'applicazione   della  misura  maggiormente  rigorosa,  con
 l'alternativa  secca  "custodia  in  carcere-liberta'",  qualora   si
 verifichino  due  condizioni: da un lato, che sussistano gravi indizi
 di colpevolezza, dall'altro, che non  siano  acquisiti  elementi  dai
 quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
    Nel  caso di specie, appare chiara la sussistenza dei gravi indizi
 di colpevolezza, posto che il prevenuto e' stato colto  in  flagranza
 con   un'arma  clandestina  che  risulta  sequestrata.  Parimenti  e'
 evidente - in positivo - la presenza di  esigenze  cautelari,  tenuto
 conto  della natura, per cosi' dire prodromica, del reato rispetto ad
 ipotizzabili reati contro il patrimonio e la  persona,  in  relazione
 alla  valutazione  della personalita' del soggetto, prognosi negativa
 che - tra l'altro -  ha  trovato  piena  conferma  nel  comportamento
 successivo  di  Ruggeri, che appena tre giorni dopo l'ammissione agli
 arresti domiciliari e' stato arrestato per rapina aggravata.
    Orbene, qualsiasi altro detenuto ammesso agli arresti  domiciliari
 che  li  violasse  per  commettere un delitto ovvero approfittasse di
 eventuali autorizzazioni ad allontanarsi senza scorta  dal  domicilio
 per  commettere  reati, su richiesta del p.m., vedrebbe sanzionato il
 suo comportamento con l'inasprimento  del  provvedimento  restrittivo
 della  liberta'  (v.  artt.  276  e  299 c.p.p.), efficace meccanismo
 previsto dal legislatore  per  garantire  l'esecuzione  delle  misure
 diverse   dalla   custodia   in   carcere.  Inoltre,  ricorrendone  i
 presupposti, violando la prescrizione di non allontanarsi dal proprio
 domicilio il prevenuto verrebbe indagato per evasione.
    Questi meccanismi rimangono  lettera  morta  in  caso  di  persone
 affette  da  A.I.D.S.  conclamata  nei  confronti dei quali il potere
 intimidatorio della sanzione a comportamenti penalmente  rilevanti  e
 dei  provvedimenti  cautelari  e' stato, per effetto di questa norma,
 svuotato  di  contenuto  dallo   stesso   legislatore,   in   quanto,
 "automaticamente"  tutti  coloro che risultano affetti dalla sindrome
 sono sottratti all'effettivita' dell'ordinamento penale.
    Invero, il giudice per le indagini preliminari e' preposto a tutte
 le questioni circa lo status  libertatis  nel  corso  delle  indagini
 preliminari,   fase   per   cui  e'  competente,  onde  la  rilevanza
 dell'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  permane  fino  allo
 sbocco  naturale  del  processo  all'esito  dell'udienza  preliminare
 (rilevanza  che  continuera'  a  permanere  per  le  ulteriori   fasi
 processuali,  fino  a quella dell'esecuzione dell'eventuale pena, ove
 va riguardata sotto il profilo del rinvio di detta esecuzione ex art.
 146, n. 3 c.p. - v. anche ordinanza di rimessione 13 ottobre 1994 del
 tribunale di sorveglianza di Palermo in Gazzetta Ufficiale 1 febbraio
 1995).
    Parimenti, la questione non appare manifestamente infondata.
    Codesta  suprema  Corte, chiamata a valutare analoghe questioni di
 costituzionalita' attinenti all'art. 146, comma 1, n. 3) c.p.,  norma
 presieduta  dalla  stessa  ratio di quella dell'art. 286-bis c.p. (v.
 sentenze 21 febbraio-3 marzo 1994, n. 70 e 6-15 luglio 1994, n.  308)
 ha  affermato  che il bene tutelato dalle disposizioni che vietano la
 restrizione in carcere per  i  soggetti  in  situazione  di  A.I.D.S.
 conclamata o di grave immunodeficienza e' costituito non dalla salute
 individuale  del  singolo  detenuto,  bensi'  dalla salute collettiva
 nello specifico contesto carcerario, ritenendo quindi che  la  stessa
 sia  messa  in  pericolo dal rischio di contagio ai danni delle altre
 persone presenti nella sede  carceraria,  ossia,  principalmente,  il
 personale penitenziario e gli altri detenuti.
    Se  questa  e'  la ratio sottesa alla norma in esame, ne appare in
 tutta evidenza l'irragionevolezza, tenuto conto  che  il  rischio  di
 contagio  deriva  non  solo  dai  malati con A.I.D.S. conclamata, che
 costituiscono tra l'altro una minoranza, ma anche da tutti i detenuti
 sieropositivi  in   numero   assai   maggiore,   atteso   che   dalla
 sieropositivita'  dipende  il  contagio  del virus H.I.V. e non dallo
 stadio della malattia o dal numero di linfociti.
    La norma dell'art. 286-bis c.p. ha posto in preminenza,  pertanto,
 il  bene  della  salute  collettiva  carceraria  tutelato  in  quanto
 rientrante nel bene generale  della  salute  collettiva  garantita  a
 livello    costituzionale    dall'art.   32   Cost.,   sacrificandovi
 irragionevolmente altri  interessi  di  rango  costituzionale,  senza
 provvedere  ad  un loro bilanciamento, che sarebbe possibile mediante
 una valutazione caso per caso  della  compatibilita'  o  non  con  la
 detenzione  carceraria,  come  avviene  per tutte le altre situazioni
 patologiche mediante i meccanismi previsti dal  codice  di  procedura
 vigente.
    La  statuizione che vieta la carcerazione per i malati di A.I.D.S.
 conclamata o con  grave  immunodeficienza  appare  in  contrasto  con
 l'art. 2 Cost. che prevede tra i diritti inviolabili dell'uomo quello
 di   essere  tutelati  nei  confronti  di  chi  aggredisca  i  propri
 interessi, con le forme ed  i  mezzi  che  si  addicono  al  tipo  di
 aggressione.  Costituiscono  esplicazione  di tale principio le norme
 incriminatrici  penali,  le  quali  sanciscono  quali   comportamenti
 assumano rilevanza penale e siano dal sistema penale sanzionati anche
 con la limitazione della liberta' personale a titolo cautelare.
    Peraltro la collettivita' - e non solo il singolo soggetto vittima
 di  aggressione ai propri interessi da parte di un malato di A.I.D.S.
 conclamata o affetto da immunodeficienza - per effetto  del  disposto
 dell'art.  286-bis  c.p.p. appare sfornita di tutela nei confronti di
 chi si trovi nelle condizioni di salute sancite dalla norma. Nel caso
 concreto  che  ci  interessa,   il   diritto   costituzionale   della
 collettivita'  ad  essere  protetta  contro i comportamenti lesivi di
 Ruggeri  Francesco,  che  circolava   armato   di   potente   pistola
 clandestina  carica  -  all'evidente scopo di commettere una rapina o
 altro analogo reato contro il  patrimonio  e/o  la  persona  -  viene
 obliterato  dal  disposto  dell'art.  286-bis  c.p.p. che ne vieta la
 segregazione carceraria (ove peraltro gli verrebbero somministrate le
 adeguate  cure)  ed  impone  al  giudice  di  applicare  gli  arresti
 domiciliari con facolta' di recarsi quotidianamente all'ospedale  per
 le   terapie,  misura  che  si  e'  rivelata  del  tutto  inidonea  a
 salvaguardare i cittadini dalla spinta criminosa del  prevenuto,  che
 infatti  ha  puntualmente  portato  a compimento una rapina in cui e'
 stato colto in flagranza, appena tre giorni dopo essere stato ammesso
 agli arresti domiciliari. Per inciso si osserva  come  tale  episodio
 avrebbe  potuto  verificarsi  in  caso  di detenzione carceraria, con
 risparmio di energie e di spese per la "ricattura" del prevenuto e  -
 soprattutto  -  ed  evitando  la brutta esperienza alle vittime della
 rapina, il cui diritto inviolabile all'incolumita' ed alla  sicurezza
 e' risultato sfornito, in concreto, di tutela.
    Altro  principio  con cui collide l'art. 286-bis c.p.p. e l'art. 3
 Cost. e cioe' il principio di eguaglianza,  non  essendo  ravvisabile
 alcuna  ragione  ne' logica ne' scientifica per riservare ai soggetti
 affetti da  A.I.D.S.  conclamata  o  con  grave  immunodeficienza  un
 trattamento  -  in  punto  liberta'  personale  -  diverso  da quello
 previsto per altri soggetti affetti da patologie gravi, irreversibili
 o ingravescenti, in ordine ai  quali  l'art.  275,  comma  4,  c.p.p.
 prevede  una valutazione caso per caso circa la compatibilita' o meno
 dello stato di salute con la detenzione in carcere. In considerazione
 della varieta' e  dinamicita'  delle  situazioni  caratterizzanti  in
 quadro  clinico  delle infezioni da H.I.V., non appare ragionevole il
 sacrificio  degli  interessi  sopra  evidenziati  facenti  capo  alla
 collettivita'   generale   a   favore   di   quello  delle  ristrette
 collettivita' che  vivono  nelle  carceri,  laddove  da  un  lato  la
 compatibilita'  soggettiva ed oggettiva con la restrizione carceraria
 puo' essere facilmente accertata in concreto  -  e  non  mediante  un
 meccanismo  automatico che crea sostanziale disparita' di trattamento
 -; dall'altro appare possibile e -  sicuramente  opportuno  -  creare
 apposite  strutture  di  detenzione,  all'interno  delle carceri gia'
 esistenti per tali soggetti.
    Si noti al proposito che spesso gli arresti domiciliari  non  sono
 appicabili  perche' i familiari rifiutano la presenza in casa di tali
 individui,   ne'   sono   praticabili   presso   le   comunita'   per
 tossicodipendenti  che,  oltre a essere sature, non accettano persone
 che  presentano  tali  problemi  di  gestione,  oltre  a  non  essere
 attrezzate  per  garantire  la  sorveglianza  del detenuto, e nemmeno
 presso le strutture  ospedaliere  i  cui  "repartini  detenuti"  sono
 sempre  congestionati  e  che non possono ricoverare - com'e' ovvio -
 malati che non necessitino cure ospedaliere, onde il piu' delle volte
 il Giudice  si  vede  costretto  a  rimettere  in  liberta'  soggetti
 altamente  pericolosi,  sia per le loro condizioni personali di vita,
 sia perche' consapevoli di non avere nulla  da  perdere  violando  la
 legge penale.
    La scelta effettuata dal legislatore e' stata quella di evitare di
 affrontare  il problema degli istituti di pena, trasferendo il malato
 di A.l.D.S. dal carcere  all'ambiente  libero  o  quasi  tale,  cosi'
 esponendo  la collettivita' generale al rischio di contagio (si pensi
 alle ricorrenti rapine con la minaccia di siringa infetta)  da  parte
 di  persone  che  hanno sancita una sorta di licenza a delinquere ben
 sapendo di essere sottratti all'effettivita' della sanzione penale ed
 in cio' emerge palese il contrasto con l'art. 32 della Costitzione.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  dell'art. 286-bis c.p.p., in relazione agli artt. 2, 3,
 27 e 32 della Costituzione nei sensi di cui in motivazione;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  e  la
 sospensione del procedimento in corso;
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata  all'indagato,  al p.m. ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei
 deputati.
      Torino, addi' 24 luglio 1995
             Il giudice per le indagini preliminari: NASI
 
 95C1260