N. 661 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 giugno 1995
N. 661 Ordinanza emessa il 20 giugno 1995 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra condominio via Volvinio 34 e Manfredi Luigina ed altro Processo civile - Procedimenti cautelari ed urgenti - Astensione del difensore dall'attivita' di udienza per adesione ad una protesta di categoria - Non applicabilita' ai lavoratori autonomi della legge che disciplina lo sciopero nei servizi pubblici essenziali - Impossibilita' per il giudice di adottare provvedimenti cautelari ed urgenti - Violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa. (Legge 12 giugno 1990, n. 146, artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma; c.p.c., artt. 669-duodecies, septies e octies). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.43 del 18-10-1995 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva adottata nell'udienza 23 maggio 1995, pronuncia la seguente ordinanza. FATTO Nella causa iscritta al n. 13600/1994 r.g., promossa da condominio via Volvinio 34 nei confronti di Manfredi Luigina e Mangone Mario, avente per oggetto un ricorso ex art. 669, dodicesimo comma, c.p.c., all'udienza del 23 maggio 1995 (fissata - con ordinanza 9 maggio 1995 - per consentire al procuratore della ricorrente di chiarire il fondamento normativo della sua richiesta di rinvio), si e' verificata la seguente situazione: la dott. proc. A. Mameli (difensore del condominio ricorrente), avendo dichiarato alla precedente udienza di aderire alla agitazione forense in corso, e avendo espressamente termine per approfondire la questione, dichiarava di ritenere inapplicabile, alla presente fattispecie, e segnatamente alla presente causa, i limiti previsti dalla legge n. 146/1990 per lo sciopero in materia di servizi pubblici; l'avv. Correale, difensore dei resistenti, dopo aver dichiarato di astenersi dall'udienza al pari del procuratore del ricorrente, per adesione all'agitazione proclamata dal CNF, dichiarava di rimettersi. Il pretore deve ora decidere se provvedere senz'altro sulle istanze gia' svolte dalle parti, oppure se fissare altra udienza per consentire alle medesime di discutere oralmente le rispettive posizioni (tenendo conto comunque che le parti non risultano presenti, nel fascicolo di ufficio, i fascicoli di parte, i quali non risultano mai ritirati, sicche' sara' la cancelleria a doverli ricercare ed acquisire). DIRITTO Il pretore prende atto che, secondo il procuratore del ricorrente, alla protesta forense sarebbero inapplicabili i limiti fissati dalla legge n. 146/1990. Se cosi' e', pero', la menzionata legge deve ritenersi affetta da illegittimita' costituzionale. Trattandosi di norma avente, per le ragioni meglio illustrate appresso, immediata e diretta rilevanza ai fini della decisione del presente subprocedimento, ritiene infatti il pretore di non poter effettuare una valutazione meramente incidentale, come in altra ordinanza di remissione pronunciata da questo stesso giudice, della esistenza di una possibile interpretazione che faccia salva la legittimita' costituzionale della norma, sicche' si reputa inevitabile devolvere tale sindacato al giudice delle leggi. Si noti, infatti, che il subprocedimento in cui e' stata resa la dichiarazione di astensione di tutti i procuratori delle parti costituite, e' un procedimento ex art. 669-duodecies c.p.c. conseguente ad una ordinanza di accoglimento di una denunzia di nuova opera ex art. 1171 c.c. (proc. iscritto al n. 14321/1993, cui venne riunito il n. 15743/1993, deciso con provvedimento 28-29 giugno 1994 dott. Matacchioni). Orbene, appare indiscutibile che abbia natura cautelare ed urgente il procedimento principale (quello introdotto coi ricorsi 13 ottobre 1993, contro Manfredi e 10 novembre 1993, contro Mangano), disciplinato dagli artt. 688, 669-ter e ss.; 669-quaterdecies, c.p.c. Ma, allora, anche il subprocedimento, regolato dall'art. 669-duodecies c.p.c. concernente cioe' l'attuazione delle misure cautelari (adottate in forza dei precedenti artt. 669-ter e ss. del c.p.c.), non puo', per riflesso, non possedere la medesima natura cautelare ed urgente. Cio' significa che, per i lavoratori dipendenti coinvolti nel servizio pubblico essenziale dell'amministrazione della giustizia, la trattazione di tale (sub) procedimento rientra di certo tra i "provvedimenti .. cautelari ed urgenti" menzionati dall'art. 1, secondo comma, lett. A legge n. 146/1990 tra le prestazioni indispensabili, delle quali la legge intende garantire l'effettivita' allo scopo di contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona (art. 1, secondo comma, prima parte). Se, pero', l'effettivita' del diritto della persona, che la norma indicata vuole tutelare, risulta minacciata dalla protesta di lavoratori autonomi, della cui opera la parte titolare del diritto protetto non puo' non servirsi, risulta palese la illegittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma, prima parte e lett. A, nonche' 2, terzo comma, legge n. 146/1990 e 669-septies, octies, duodecies, c.p.c., nella parte in cui, in presenza di cotale astensione, impediscono al giudice di provvedere d'ufficio, sulla scorta degli elementi di valutazione gia' acquisiti, ponendosi cosi' in contrasto cogli artt. 3 e 24 della Costituzione. Infatti, la tutela dei diritti costituzionali della persona, che, come emerge dal titolo della legge, essa intende assicurare tout court, e dunque non solo per il caso di protesta qualificabile come sciopero, e comunque non solo per il caso di protesta da parte di lavoratori dipendenti (l'uso della congiunzione "e", nel ridetto titolo, appare illuminante al riguardo), ne risulta assolutamente monca ed inefficace, e dunque frustrata nella sua stessa realizzabilita', giacche', per quanto qui interessa, nei casi dell'amministrazione della giustizia non si pone la questione delle perturbazioni e pregiudizi che, a quegli stessi diritti della persona, vengono concretamente arrecati da forme di protesta da parte di soggetti che lavoratori dipendenti non sono, e nondimeno con modalita' non meno devastanti e perniciose di quelle che un qualunque sciopero potrebbe pervenire ad assumere (col che, resta assorbita la eventuale obiezione che, invece, la protesta in corso costituisca davvero una forma di sciopero, dacche' in tal caso vi sarebbe applicazione diretta, e non estensiva o analogica, della disciplina in esame). In proposito, non e' inutile richiamare le considerazioni e le preoccupazioni gia' espresse da codesta onorevole Corte nella sentenza n. 114/1994, laddove si paventa il verificarsi in concreto de "la paralisi dell'esercizio della funzione giurisdizionale, con conseguente grave compromissione di fondamentali principi che il costituente ha inteso affermare". In quella stessa sentenza (23-31 marzo 1994, n. 114), codesta onorevole Corte ha pure definito piu' volte come "manifestazioni di protesta", "forme di protesta collettiva che, al pari dello sciopero sono in grado di impedire il pieno esercizio di funzioni che assumono, come quella giurisdizionale, un risalto primario nell'ordinamento dello Stato" le astensioni dall'attivita' di udienza poste in essere dai difensori, univocamente quindi escludendo dalla nozione, per quanto ampia, di sciopero, la manifestazione di cui si tratta. Cio' esimerebbe, quindi, dall'ulteriore argomentare circa la potenzialita' lesiva della protesta collettiva di cui si discetta. Ma forse non e' inutile sottolineare che la struttura normativa che si ricava dalla attuale limitazione della legge n. 146/1990, ritenuta dal procuratore del ricorrente affatto inapplicabile alla propria protesta, risulta assolutamente paradossale. Paradossale, si dice, in quanto tale non puo' non essere un diritto che, come quello invocato dal procuratore attoreo, siccome non riceve disciplina espressa ne' dalla Carta fondamentale ne' dalla legge ordinaria, viene di fatto a beneficiare di una posizione sovraordinata ad ogni altro diritto tipizzato, giacche', proprio per l'essere, questo ultimo tipo di diritto, tutelato espressamente, lo e' entro precisi limiti, e con specifiche modalita', di talche' soccombe inevitabilmente rispetto a un diritto che, come il primo, e' invece assolutamente incontrollabile e illimitato. La legge n. 146/1990, nelle parti sopra precisate, risulta dunque lesiva dell'art. 3 della Costituzione giacche' essa esclude che, per gli stessi servizi essenziali e procedimenti cautelari ai quali essa si deve applicare direttamente, valgano, per lavoratori autonomi (professionisti intellettuali), necessariamente e legalmente coinvolti nella erogazione del servizio, le modalita' e limitazioni da essa stessa stabilite per i lavoratori subordinati. E la stessa legge risulta violare pure l'art. 24 della Costituzione in quanto consente di escludere la difesa delle parti anche per cio' che attiene i diritti costituzionali della persona, relativi all'adozione di provvedimenti cautelari ed urgenti, dalla medesima legge ritenuti meritevoli di tutela, ma evidentemente solo in caso che a minacciarli sia la condotta di lavoratori dipendenti. Tale esclusione, invero, impone di ritenere la legge in esame affetta da inaccettabile irragionevolezza, intollerabile incoerenza coll'ordinamento, incongruenza coi propri dichiarati fini, non sanata e priva di giustificazione (Corte cost. sentenze nn. 10/1980, 204/1982; 193/1973, 1331/1979, 80/1966, 67/1960, 121/1961). Appare infatti innegabile che i limiti, posti soltanto ad alcune delle possibili fonti di pregiudizio per i diritti che la legge intende salvaguardare in quanto tali (e non a seconda della fonte del pericolo alla loro realizzazione), risultano affatto vani rispetto al dichiarato scopo, potendo agevolmente, quegli stessi diritti, venir lesi o comunque pregiudicati dalla condotta di altri soggetti, pure chiamati ad esplicare funzioni necessarie nel servizio esaminato. Analoghe considerazioni debbono esser svolte in riferimento agli artt. 669 XII, VII e VIII c.p.c., nella parte in cui, in ipotesi di astensione da parte dei difensori, escludono che il giudice investito del procedimento cautelare ed urgente possa comunque provvedere allo stato degli atti. La questione della illegittimita' costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma, legge n. 146/1990, 669-duodecies, septies ed octies c.p.c. appare rilevante ai fini del decidere, poiche' solo qualora codesta onorevole Corte decidesse nel senso della illegittimita', il pretore potrebbe provvedere nel merito sulle istanze delle parti, senza necessita' di fissare altra udienza per la discussione orale da parte dei rispettivi procuratori.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, e 11 della legge n. 87/1953; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo comma, e dell'art. 2, terzo comma, legge 12 giugno 1990, n. 146, nonche' degli artt. 669-duodecies, 669-septies e 669-octies c.p.c. nella parte in cui tali norme impediscono al giudice, investito di un procedimento cautelare ed urgente, di decidere allo stato degli atti nel caso di astensione dei procuratori delle parti, motivata da adesione ad una protesta collettiva indetta senza il rispetto delle prescrizioni dettate dalla ridetta legge n. 146/1990; in riferimento ai parametri costituzionali rappresentati dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, per gli argomenti meglio illustrati in motivazione, e in particolare per la irragionevolezza della disparita' di trattamento che ne discende, quanto alla tutela dei diritti costituzionali della persona, in quanto la medesima legge n. 146/1990 intende tutelare tali diritti soltanto contro le eventuali minacce che su essi possano incombere a seguito dello sciopero di lavoratori dipendenti, e non anche a seguito della protesta collettiva attuata da lavoratori autonomi, ancorche' professionisti intellettuali; nonche' per la lesione che ne deriva al diritto di difesa delle parti sostanziali dei procedimenti cautelari ed urgenti; Sospende pertanto il processo in corso; Dispone che tutti gli atti del presente giudizio siano tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che ne venga data comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati della Repubblica, oltre che alle parti personalmente ed ai loro rispettivi difensori. Milano, addi' 20 giugno 1995 Il pretore: PERTILE 95C1265