N. 665 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 1994- 13 settembre 1995

                                N. 665
 Ordinanza   emessa   il   18  novembre  1994  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 13 settembre 1995) dal Consiglio di Stato,  sezione
 sesta  giurisdizionale, sui ricorsi riuniti proposti da Archetti Rosa
 ed altri contro l'E.N.P.A.S.
 Impiego pubblico - Dipendenti dell'E.N.P.A.S. - Computo
    dell'indennita'   integrativa   speciale   nella    determinazione
    dell'indennita' di buonuscita - Prevista automatica estinzione dei
    giudizi  in  corso con declaratoria di compensazione delle spese -
    Compressione della funzione giurisdizionale  -  Limitazione  della
    garanzia giurisdizionale contro gli atti illegittimi della p.a.
 Impiego pubblico - Computo dell'indennita' integrativa speciale
    nell'indennita'  di buonuscita - Obbligo della presentazione della
    domanda - Mancata esclusione per i  dipendenti  gia'  cessati  dal
    servizio  i  quali abbiano promosso azione giudiziaria al fine del
    computo predetto - Irrazionalita' e disparita' di trattamento.
 Impiego pubblico - Computo dell'indennita' integrativa speciale -
    Somme dovute -  Corresponsione  di  interessi  e  rivalutazione  -
    Prevista  esclusione  -  Disparita'  di trattamento tra dipendenti
    collocati in pensione in passato e quelli pensionati nel  corrente
    anno  (1994)  -  Incidenza sul principio della retribuzione (anche
    differita) proporzionata ed adeguata.
 Impiego pubblico - Computo dell'indennita' integrativa speciale nella
    determinazione dell'indennita' di buonuscita - Limitazione  al  60
    per  cento  della  indennita'  integrativa  speciale  della  quota
    computabile ai fini del calcolo della indennita' di  buonuscita  -
    Incidenza  sul principio di uguaglianza nonche' sui principi della
    retribuzione  (anche  differita)  proporzionata  ed   adeguata   -
    Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 243/1993.
 (Legge 29 gennaio 1994, n. 87, art. 1, lett. b); legge 29 gennaio
    1994,  n.  87,  art.  1,  quarto comma, in relazione agli artt. 3,
    terzo comma, e 4).
 (Cost., artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 103
 e 113).
(GU n.43 del 18-10-1995 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui  ricorsi  in  appello
 proposti rispettivamente:
      I  -  ric.  n.  399 del 1987: da Archetti Rosa in Riva, Albanese
 Giuseppina, Guizzetti Ermas Giovanna Laura in Maffessanti,  Collavini
 Edda  in  Franceschini,  Perdoncin  Costantino,  Terreni  Giovanna in
 Azzoni, Pocar Valerio quale  procuratore  di  Andreoletti  Annamaria,
 Bernasconi  Mariagrazia  in  Labrina,  Zanchi Alessandra in Albanese,
 Bordogna Annamaria in Sacchi, Rottigni  Carla  in  Marchesi,  Moretti
 Vanda  in Gilberti, Bonifaccio Raffaello, Testa Ambrosina, Bolandrina
 Cecilia in Poli, Pandini Alessia in Cologni, Zucchelli Giuseppina  in
 Zucchelli, Goffi Fernando, Savoldelli Giancarla in Morstabilini;
      II  -  ric. n. 400 del 1987: da Pinacoli Antonio, Caldara Amelia
 in Bellotti, Carminati  Emenegilda,  Gritti  Antonietta  in  Rossato,
 Raunacher  Editta  in Lugiato, Cacciamali Luigia in Gelmi, Salvi Anna
 Maria in Beretta, Brunetti  Faustina  Teresa  in  Breviario,  Lorenzi
 Mansueto,  Leandri  Mirella  in  Lorenzi,  Mattioli Lida in Capolino,
 Pesenti Udilia ved.   Rovelli, Jannone Maria  Costanza  ved.  Pagani,
 Chioffi  Amalia in Pizzigalli, Milesi Giuseppina in Marconi, Faccioli
 Annamaria, Rota Claudia  in  Borgonzoni,  Manella  Alberta,  Morlotti
 Maria  in  Cattaneo, Contardo Olga ved. Gambardella, Floridi Roberta,
 Rindi Igina Anna Maria, Sirtoli Adriana, Prestini Anna Maria, Martina
 Angela in  Guerini,  Chiereghin  Fernanda,  Induni  Maria  Teresa  in
 Bertolani,  Plebani Elisa in Faga, Gusmini Teresa, Mazzoleni Maria in
 Fraschini,  Raffaelli  Pietro,  Cologni  Francesco,  Breno   Amerigo,
 Sonnino Argia ved. Cervo, Licini Elena;
      III  -  ric. n. 401 del 1987: da Filippini Zemira Maria, Puerari
 Caterina in Marciano', Pellegrini Luciana in  Ciatto,  Noris  Chiorda
 Mario,   Capoferri   Maria  in  Pusterla,  Confalonieri  Emiliana  in
 Barbieri,  Curnis  Angela  in  Cantoni,  Rocco  Amelia  in   Comolli,
 Rebuzzini  Margherita,  Guerini  Giovanni,  Ghirardi Teresa in Dolci,
 Cortinovis Adriana, Romei Primo, Salaroli Attilio,  Chiesa  Francesca
 in  Ravasio,  Rovelli  Teresa Maria, Marchesi Giuseppina in Ghidelli,
 Colombo  Zeffinetti  Vittorina  in  Goggia,  Geti   Giuseppina   ved.
 Vendramin  Mosca,  Mancini Diana ved. Baschenis, Gamba Ermanno; tutti
 rappresentati e difesi dall'avv. Carlo Rienzi, presso il  quale  sono
 elettivamente   domiciliati  in  Roma,  viale  delle  Milizie  n.  9,
 appellanti contro l'Ente nazionale di previdenza ed  assistenza  agli
 impiegati  dello  Stato  (E.N.P.A.S.)  in  persona  del presidente in
 carica, costituito in  giudizio  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura
 generale  dello  Stato  presso cui e' per legge domiciliato, in Roma,
 via dei Portoghesi n. 12,  appellato  resistente  per  l'annullamento
 delle   sentenza   del   tribunale   amministrativo  regionale  della
 Lombardia, sezione di Brescia nn. 612, 613  e  614  del  31  dicembre
 1985;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data per letta alla pubblica  udienza  del  18  novembre  1994  la
 relazione  del  Consigliere  Chiarenza  Millemaggi  Cogliani e udito,
 altresi', l'avv. Rienzi per gli appellanti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                                 FATTO
    1. - Con tre separati ricorsi, gli  appellanti,  tutti  dipendenti
 dello   Stato   collocati   a  riposo,  avevano  adito  il  tribunale
 amministrativo regionale della Lombardia,  sezione  di  Brescia,  per
 vedersi riconoscere il diritto al computo, ai fini dell'indennita' di
 buonuscita  a  carico  dell'E.N.P.A.S.,  oltre  che  dello stipendio,
 dell'indennita' integrativa  speciale  e  di  ogni  altra  indennita'
 avente carattere di continuita', obbligatorieta' e predeterminazione,
 lamentando  la violazione degli artt. 1 e segg. della legge 27 maggio
 1959, n. 324, in quanto abrogata dall'art. 38 del d.P.R. 29  dicembre
 1973,  n.  1032,  per incompatibilita' e del citato art. 36 d.P.R. 29
 dicembre   1973,   n.   1032,   e,   in  subordine,  l'illegittimita'
 costituzionale delle norme che escludono il  computo  dell'indennita'
 integrativa  speciale  ai  fini  ai dell'indennita' di buonuscita per
 contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,  in  quanto  la  legge  7
 luglio  1980,  n.  299,  ha previsto il computo di tale indennita' ai
 fini del premio di fine servizio per i dipendenti degli enti  locali,
 e  per  contrasto  con l'art. 36 della Costituzione in tema di giusta
 retribuzione.
    Con le sentenze impugnate questa sede il  tribunale  respingeva  i
 ricorsi  ritenendo  fra l'altro manifestamente infondata la questione
 di  legittimita'  costituzionale   delle   norme   preclusive   della
 computabilita'  dell'indennita'  integrativa  speciale  ai fini della
 liquidazione dell'indennita' buonuscita.
    2. - Avverso le anzidette sentenze gli interessati hanno  proposto
 autonomi  atti  di appello notificati il 14 gennaio 1987, con i quali
 hanno reiterato con ulteriori argomenti la  gia'  dedotta  violazione
 del  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.  1032, e, in via subordinata, la
 questione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  lett.  d),
 della  legge  27  maggio  1959,  n. 324, e dell'art. 38 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1032, in relazione agli  art.  3,  36  e  38  della
 Costituzione.
    Nei  giudizi  di  appello  si e' costituito l'E.N.P.A.S. eccependo
 l'esclusione  dell'indennita'  in  parola   dal   computo   ai   fini
 dell'indennita'   di   buonuscita  e  la  manifesta  infondatezza  di
 illegittimita' costituzionale della questione, con  riferimento  alla
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 220 del 25 febbraio 1988 e
 successive ordinanze dichiarative della manifesta infondatezza.
    3. - Chiamate le cause alla pubblica udienza del 15 novembre  1991
 e  trattenute  in  decisione con ordinanza n. 39 del 25 gennaio 1992,
 riuniti i  ricorsi,  si  riteneva  non  manifestamente  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, terzo comma,
 lettere b) e c), della piu' volte citata legge n. 324  del  1959  nel
 testo  sostituito  dall'art. 1, primo comma della legge 3 marzo 1960,
 n. 185, nonche' degli artt. 3, 37 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 in
 relazione agli art. 3, 36, primo comma, e 38,  secondo  comma,  della
 Costituzione e, per l'effetto sospeso il giudizio, rimetteva gli atti
 alla Corte costituzionale.
    4.  -  Sopravvenuta  la sentenza della Corte costituzionale n. 243
 del 19 maggio  1993,  con  cui,  fra  l'altro,  e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  dei combinati disposti dell'art. 1,
 terzo comma, lett. b) e c) della legge 27 maggio 1959,  n.  324,  con
 gli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nella parte in
 cui   non   prevedono,   per  i  trattamenti  di  fine  rapporto  ivi
 considerati,  meccanismi  legislativi  di   computo   dell'indennita'
 integrativa  speciale  secondo  i  principi  ed  i  tempi indicati in
 motivazione, ed emanata, a seguito della sentenza anzidetta, la legge
 29 gennaio 1994, n. 87, gli appellanti, con memoria notificata il  17
 giugno 1994, depositata il successivo 9 luglio, hanno proposto motivi
 aggiunti  sollevando nuova questione di illegittimita' costituzionale
 di specifici articoli della citata legge n. 87  del  1994,  e  cioe',
 dell'art.  1, lettera b), con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della
 Cost., dell'art. 3, primo e terzo comma, per violazione  dell'art.  3
 della Cost., dell'art. 4, primo comma, anche in relazione all'art. 2,
 quarto  comma, ed all'art. 1, per violazione degli artt. 24, 103, 104
 e 113 della Cost.
    I  ricorrenti,  i  quali  non  ritengono  satisfattiva  delle loro
 pretese la legge sopravvenuta, di cui anzi non sarebbero  destinatari
 per   essere,   la   domanda  avanzata,  ben  piu'  ampia  di  quanto
 riconosciuto dalle disposizioni contenute nella legge n. 87 del 1994,
 avanzano innanzitutto il sospetto  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  4 della legge suddetta, in relazione agli artt. 102, 108 e
 24 della Cost., ove sia da interpretare nel senso di  non  consentire
 ai ricorrenti di coltivare le loro pretese in giudizio, pure a fronte
 di  una  disciplina  legislativa assolutamente non satisfattiva della
 domanda proposta in giudizio.
    In ogni caso, nel merito, le disposizioni della legge  n.  87  del
 1994  sarebbero  sospettabili  d  illegittimita' costituzionale per i
 seguenti aspetti:
      1) l'art. 1 nella  parte  in  cui  comporta,  per  i  dipendenti
 statali,  la  mancata  valutazione dell'intera indennita' integrativa
 speciale nella base di computo per  l'indennita'  di  buonuscita,  si
 porrebbe  in  contrasto  sia  con la sentenza n. 243/1993 della Corte
 costituzionale, sia, direttamente, con gli artt. 3,  36  e  38  della
 Costituzione,  dal  momento che la disposizione, lungi dal realizzare
 l'obiettivo di complessiva omogeneizzazione delle prestazioni di fine
 rapporto, manterrebbe e riprodurrebbe sostanzialmente una  situazione
 di sperequazione in danno dei lavoratori pubblici, considerato che il
 trattamento  di  fine rapporto dei lavoratori privati viene calcolato
 assumendo a base la retribuzione annua, la quale, a  norma  dell'art.
 2120  del  Codice civile, nel testo novellato dall'art. 1 della legge
 n. 29 maggio 1982, n.  297,  comprende  tutte  somme  corrisposte  in
 dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale;
      2)  l'art.  3,  comma  1,  e'  illegittimo  per  avere  limitato
 l'applicabilita' della riliquidazione ai soli dipendenti collocati  a
 riposo  dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti; la fissazione
 di tale data urterebbe contro il principio  di  ragionevolezza  nella
 parte  in  cui  fosse da intendere nel senso che il legislatore abbia
 voluto beneficiare i dipendenti cessati  dal  servizio  nel  decennio
 anteriore  alla  entrata  in  vigore  della legge in esame, in quanto
 lascerebbe tagliati fuori una larga fascia di lavoratori, cessati dal
 servizio nel periodo compreso  fra  il  6  febbraio  1984  ed  il  30
 novembre  1994,  con  particolare  danno fra l'altro per il personale
 scolastico  cui  la  normativa  vigente,  impone  comunque   che   la
 decorrenza  della  cessazione  dal  servizio  coincida  con  l'inizio
 dell'anno scolastico;
      3) lo stesso art. 3, comma 3, e l'art. 2, comma 4, sarebbero poi
 illegittimi per violazione  degli  artt.  24,  36,  38  e  113  della
 Costituzione,  nella  parte in cui dispongono lo scaglionamento delle
 riliquidazioni senza prevedere la corresponsione di rivalutazione  ed
 interessi, escludendo dunque ogni ristoro per il ritardato pagamento.
    Pur  consapevoli  della  estraneita'  della  questione al presente
 giudizio, i ricorrenti  richiamano  poi  l'attenzione  sull'ulteriore
 profilo  di  illegittimita'  costituzionale,  che sarebbe rinvenibile
 nella disposizione che prevede lo scaglionamento della riliquidazione
 anche  nei  confronti   di   dipendenti   da   collocare   a   riposo
 successivamente  alla  entrata  in  vigore della legge, prevedendo la
 liquidazione immediata secondo le nuove misure soltanto in favore  di
 coloro  che  saranno  collocati  a  riposo a fare data dal 1 dicembre
 1994,  evidenziando  l'irragionevolezza  di tale sperequazione basata
 soltanto   sul   fattore   temporale,   la   quale   si   rivelerebbe
 particolarmente  vessatoria per il personale scolastico, costretto al
 rispetto del collocamento a riposo coincidente con l'inizio dell'anno
 scolastico.
    Concludono  quindi  gli  interessati,  in  via   principale,   per
 l'accoglimento del ricorso indipendentemente dalla sopravvenuta legge
 n.   87   del  1994  ed  in  subordine,  ritenuta  la  non  manifesta
 infondatezza   delle   sollevate    questioni    di    illegittimita'
 costituzionale,   per   la   remissione   delle   stesse  alla  Corte
 costituzionale,  con  le  conseguenze  di  legge,  al   fine   ultimo
 dell'accoglimento dei ricorsi.
    Su  istanza  degli interessati e' stata fissata l'udienza pubblica
 del 18 novembre 1994 ed in quella sede le cause sono state trattenute
 in decisione.
                                DIRITTO
    1. - I giudizi gia' riuniti in occasione dell'ordinanza n. 39  del
 1992 di rimessione alla Corte costituzionale, devono essere mantenuti
 tali,  per  la  coincidenza  delle  controversie concernenti tutte la
 computabilita' dell'indennita' integrativa  speciale  nella  base  di
 calcolo  dell'indennita'  di  buonuscita dovuta ai dipendenti statali
 cessati dal servizio, e delle questioni sollevate, anche  per  quanto
 concerne  il  sospetto  di illegittimita' costituzionale, prospettato
 con i motivi aggiunti.
    Essi ritornano all'esame dopo  l'entrata  in  vigore  (in  data  6
 febbraio  1994)  della  legge  29 gennaio 1994, n. 87, recante "Norme
 relative al  computo  della  indennita'  integrativa  speciale  nella
 determinazione  della buonuscita dei pubblici dipendenti" (pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1994),  la  quale,  "in
 attesa   della   omogeneizzazione   dei   trattamenti  retributivi  e
 pensionistici per i  lavoratori  dei  vari  comparti  della  pubblica
 amministrazione    e    per    i   lavoratori   privati   conseguente
 all'applicazione del d.lgs. 3 febbraio  1993,  n.  29,  e  successive
 modificazioni  e ferma la disciplina del trattamento di fine servizio
 in essere per i dipendenti degli enti locali (art. 1), dispone che, a
 decorrere dal 1 dicembre 1994, l'indennita' integrativa speciale,  di
 cui  alla  legge  27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni,
 viene computata nella base di calcolo dell'indennita' di buonuscita e
 di analoghi trattamenti di fine servizio determinati in  applicazione
 della  norme gia' vigenti con riferimento allo stipendio ed gli altri
 elementi  retributivi  considerati  utili"  nella   misura,   per   i
 dipendenti  delle amministrazioni statali e nelle altre indicate alla
 lett. b) del citato art. 1, "di  una  quota  pari  al  60  per  cento
 dell'indennita'  integrativa  speciale  annua  in godimento alla data
 della cessazione dal servizio con riferimento agli utili ai fini  del
 calcolo  dell'indennita'  di  buonuscita o analogo trattamento, per i
 dipendenti degli enti di cui alla legge  20  marzo  1975,  n.  70,  e
 successive  modificazioni,  nella  misura di una quota pari al 30 per
 cento dell'indennita' integrativa speciale annua  in  godimento  alla
 data della cessazione del servizio con riferimento agli anni utili ai
 fini del calcolo dell'indennita' di anzianita'".
    La  stessa  legge  dispone all'art. 4 che "i giudizi pendenti alla
 data di entrata in vigore della presente legge aventi ad  oggetto  la
 riliquidazione  del  trattamento di fine servizio comunque denominato
 con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati
 estinti  d'ufficio  con compensazione delle spese fra le parti" e che
 "i provvedimenti giudiziali non ancora passati in  giudicato  restano
 privi di effetto".
    Inoltre  l'art. 3 della legge in esame precisa (al comma 1) che il
 trattamento fissato dalla legge viene "applicato .. ai dipendenti che
 siano cessati dal servizio dopo  il  30  novembre  1984  ed  ai  loro
 superstiti"  con esclusione conseguentemente di quanti siano venuti a
 cessare dal servizio anteriormente a tale  data,  salva  la  clausola
 contenuta  nello  stesso  articolo  secondo  cui  il  trattamento  in
 questione si applica anche a coloro "per i  quali  non  siano  ancora
 esauriti  i  rapporti  attinenti alla liquidazione dell'indennita' di
 buonuscita o analogo trattamento".
    Lo stesso art.  3,  dopo  avere  posto,  al  successivo  comma  2,
 l'obbligatorieta',   ai   fini   dell'applicazione   della  legge  ai
 dipendenti  gia'  cessati  dal  servizio,  della   presentazione   di
 specifica  domanda su apposito modello, nel termine perentorio del 30
 settembre 1994, dispone, al comma 3 che "la prestazione  deve  essere
 corrisposta  entro  il 1995 per coloro che siano cessati dal servizio
 dal 1 dicembre 1984 al 31 dicembre 1986; entro il 1996 per coloro che
 siano cessati dal servizio nel triennio 1  gennaio  1987-31  dicembre
 1989;  entro  il  1997  per coloro che siano cessati dal servizio nel
 triennio 1 gennaio 1990-31 dicembre 1992 ed entro il 1998 per  coloro
 che  siano  cessati dal servizio nel periodo dal 1 gennaio 1993 al 30
 novembre 1994".
    Contrariamente  a  quanto  ritenuto  in   via   principale   dagli
 appellanti, la legge in esame trova applicazione alle controversie in
 esame.
    Giova  ricordare,  al riguardo che gia' la sezione, con precedenti
 ordinanze nn. 664 del 3 maggio 1994, 953 dell'8 giugno 1994 (ed altre
 in  corso  di  pubblicazione)  relative  a  differente  categoria  di
 dipendenti  collocati  a  riposo  (i  dipendenti di cui alla legge 20
 marzo 1975, n. 70, cessati dal servizio dopo o prima il  30  novembre
 1984)  ha  rimesso  alla  Corte  costituzionale  questioni analoghe a
 quelle sollevate dagli attuali interessati  con  i  ricordati  motivi
 aggiunti.
    Coerentemente  con  l'orientamento  gia'  espresso  con  le citate
 ordinanze,  e  con  riguardo  specifico  alle   fattispecie   portate
 all'esame del giudice di appello con i ricorsi riuniti in questa sede
 relativi   motivi   aggiunti  deve  ritenersi  che  tutte  le  citate
 disposizioni assumono evidenza nel presente giudizio e pongono  dubbi
 di   loro   incostituzionalita',   secondo   quanto  dedotto  in  via
 subordinata, con i motivi aggiunti,  dagli  stessi  appellanti  e  le
 considerazioni   ulteriori   gia'   svolte  nelle  precedenti  citate
 ordinanze di rimessione ed adattabili ai casi in esame.
    2.1. - L'art. 4 della legge considerata determina la dichiarazione
 di estinzione d'ufficio del giudizio, con compensazione fra le  parti
 delle spese relative.
    In  tale suo disposto esso sembra porsi in contrasto con gli artt.
 3, 24, primo e secondo comma,  25,  primo  comma,  103  e  113  della
 Costituzione  e  la  questione  relativa  non  appare  manifestamente
 infondata.
    2.2.  -  La legge in esame, nel prescrivere che il trattamento con
 essa previsto si applica anche ai  dipendenti  cessati  dal  servizio
 dopo  il 30 novembre 1984 ed ai loro supersiti nonche' a quelli per i
 quali non siano ancora giuridicamente esauriti i  rapporti  attinenti
 alla liquidazione dell'indennita' di buonuscita o analogo trattamento
 (art.  3, comma 1), dispone poi che l'applicazione del trattamento ai
 dipendenti gia' cessati dal servizio  avviene  a  domanda,  che  deve
 essere  presentata all'ente erogatore su apposito modello nel termine
 perentorio del 30 settembre 1994 (art. 3, comma 2).
    In tale contesto normativo la disposizione contenuta  nell'art.  4
 successivo  incide direttamente sul diritto di difesa quale garantito
 dall'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione. Se  e'  vero
 infatti  che  i precetti quivi sanciti non vietano che il legislatore
 ordinario possa variamente disciplinare il diritto di  difesa,  quale
 espressione  della  tutela  giurisdizionale, in funzione di superiori
 interessi di  giustizia,  eventualmente  condizionandone  l'esercizio
 all'esperimento  di  una  procedura  amministrativa,  cio' non toglie
 tuttavia che sussistono limiti ad una siffatta discrezionalita',  fra
 cui  il  principale e' rappresentato dalla condizione che l'esercizio
 del diritto di difesa sia garantito in  modo  effettivo  ed  adeguato
 alle circostanze. In relazione a tale principio, piu' volte affermato
 dalla  Corte  costituzionale,  il limite anzidetto risulta ampiamente
 superato allorche', come  nella  specie,  il  legislatore  intervenga
 successivamente all'esercizio dell'azione con disposizioni preclusive
 intese  a  vanificare la tutela giurisdizionale, specie se questa sia
 stata gia' sperimentata, essendosi resa necessaria  -  come  e'  reso
 evidente  dalla  intervenuta  pronuncia  di  incostituzionalita'  - a
 seguito di puntuali inadempienze legislative a  fronte  di  posizioni
 soggettive,  che la Corte costituzionale ha poi ritenuto direttamente
 garantite dalla Costituzione.
    E'  appena  il  caso  infatti  di  ricordare  che  la   disciplina
 legislativa  sopravvenuta,  che  consente  ora,  sia pure entro certi
 limiti,  il  computo   dell'indennita'   integrativa   speciale   nel
 trattamento di fine rapporto, fra l'altro dei dipendenti dello Stato,
 e'  solo  in  parte frutto della scelta discrezionale del legislatore
 ordinario, dal momento che consegue alla pronuncia di  illegittimita'
 costituzionale   delle  norme  previgenti  e  nasce  dalla  esigenza,
 sottolineata  dalla  stessa  Corte,  di   provvedere   con   adeguata
 tempestivita' a "reintegrare l'ordine costituzionale violato".
    E'  dunque chiaro che, quanto meno sul piano della sussistenza del
 diritto, non puo' riconoscersi alla legge in  esame  alcun  carattere
 innovativo e che, con riguardo alla posizione sostanziale dedotta nei
 giudizi,  soltanto  la  determinazione  della  misura, dei modi e dei
 tempi di computo dell'indennita' di anzianita' trova  risposta  nella
 nuova  legge,  essendo nella previgente legislazione statale, siccome
 emendata dalla  pronuncia  costituzionale,  il  riconoscimento  della
 titolarita'  del  diritto  ad  un  adeguato  computo  dell'indennita'
 medesima.
    Sul piano della  razionalita',  non  si  sottrae  al  sospetto  di
 violazione  dall'art. 3 della Costituzione la disposizione normativa,
 che imponendo la dichiarazione  di  estinzione,  si  risolve  appunto
 nella   vanificazione  di  quegli  stessi  giudizi,  che  hanno  reso
 possibile   la   proposizione   incidentale   della   questione    di
 illegittimita'   costituzionale  e  che  dunque  seppure  ancora  non
 definitivamente decisi dal giudice naturale con sentenza  passata  in
 cosa   giudicata,   pur   tuttavia   hanno   consentito  di  incidere
 sull'ordinamento generale attraverso la pronuncia suddetta.
    Ne' puo' essere sottratto al sospetto  di  incostituzionalita'  la
 stessa  norma  sotto  il  profilo della compromissione del diritto di
 difesa derivante dalla estinzione dei giudizi pendenti, in  relazione
 ai  tempi  lunghi  previsti  per la realizzazione della pretesa e, in
 definitiva, per il riconoscimento del diritto, dal momento  che  tale
 estinzione  potrebbe  consentire alla amministrazione di rimettere in
 discussione, caso per caso, l'esistenza stessa del diritto, anche  in
 relazione  a  quelle  ipotesi  che  per  tale aspetto potrebbero gia'
 pervenire a pronta soluzione.
    2.3. - L'illegittimita' della norma e' ancor piu' aggravata  dalla
 previsione di una domanda da proporsi entro un determinato termine di
 decadenza da parte di quei soggetti che avevano gia' proposto la loro
 pretesa  in sede giurisdizionale, si da attrarre nello stesso profilo
 di illegittimita'  costituzionale  anche  la  disposizione  contenuta
 nell'art.  3,  comma  2,  della  stessa legge, nella parte in cui non
 esonera dalla proposizione della domanda in sede amministrativa  tali
 soggetti, abbiano o meno essi gia' ottenuto una sentenza favorevole.
    2.4.  -  La  violazione  delle garanzie costituzionali poste dagli
 artt. 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, della Costituzione,
 investe l'art. 4 della legge n. 87 del 1994, non solo per la parte in
 cui dispone l'estinzione dei giudizi pendenti e priva  di  effetto  i
 provvedimenti  giudiziali  non  ancora passati in giudicato, ma anche
 la'  dove  dispone  la  compensazione  delle  spese   del   giudizio,
 sottraendo  al  giudice naturale della pretesa sostanziale dedotta in
 giudizio tale parte accessoria della controversia, che per  principio
 costituzionale non puo' esserne distolta.
    2.5. - ll sospetto di illegittimita' dell'art. 4 della legge n. 87
 del   1994  si  estende  poi  alla  violazione  dell'art.  113  della
 Costituzione, in un ambito  che  vede  come  giudice  naturale  delle
 relative controversie il giudice amministrativo.
    2.6.  -  Vi e' da rilevare altresi' che la lesione delle posizioni
 soggettive costituzionalmente garantite si  accompagna  nella  specie
 all'illegittima  interferenza  dell'esercizio  del potere legislativo
 nella sfera di attribuzioni del potere  giurisdizionale,  per  quanto
 spettante  al  giudice  amministrativo  a  norma  dell'art. 103 della
 Costituzione, ampliando il sospetto di illegittimita'  costituzionale
 della norma anche per tale profilo.
    2.7. - Non puo' trascurarsi del resto che la Corte costituzionale,
 con   sentenza  n.  123  del  10  aprile  1987,  ha  gia'  dichiarato
 incostituzionale una norma di identico contenuto della legge  n.  425
 del 1984.
    3.  - L'incostituzionalita' dell'art. 4, se dichiarata dalla Corte
 costituzionale,   pone   in   evidenza,   poi,   il    sospetto    di
 incostituzionalita'  dell'art.  3, comma 1, nella parte in cui limita
 l'applicabilita'   delle   disposizioni   favorevoli    al    computo
 dell'indennita'  integrativa  speciali ai soli dipendenti cessati dal
 servizio dopo il 30 novembre 1984, e non la estende  invece  a  tutti
 quanti  siano  cessati  dal  servizio  anteriormente a tale data, non
 sussistendo elementi per ritenere  giustificabile,  sul  piano  della
 razionalita',  il  differente  trattamento fatto agli interessati, in
 relazione  al  principio  di  eguaglianza  posto  dall'art.  3  della
 Costituzione.
    Come  correttamente  posto in evidenza dagli interessati, la norma
 fra l'altro pone, nell'ambito dei  dipendenti  dello  Stato  i  quali
 siano   cessati   dal   servizio   nell'anno   1984  una  particolare
 discriminazione in danno dei dipendenti scolastici, nessuno dei quali
 potrebbe essere ricompreso fra i destinatari della disposizione,  per
 cio'  che  riguarda  il  suo  limite  iniziale  in considerazione del
 vincolo posto agli  stessi  dalla  disciplina  di  settore  circa  la
 decorrenza   del   collocamento   a   riposo   dall'inizio  dell'anno
 scolastico.
    4. - Analogamente l'incostituzionalita' dell'art. 4, se dichiarata
 dalla Corte costituzionale, pone in evidenza,  poi,  il  sospetto  di
 incostituzionalita'  dell'art.  1,  comma  1,  lett. b), della stessa
 legge nella  parte  in  cui  stabilisce  che  per  i  dipendenti  ivi
 contemplati  il  computo  dell'indennita'  integrativa  speciale deve
 essere fatto  nella  misura  di  una  quota  pari  al  60  per  cento
 dell'indennita'  integrativa  speciale  annua  in godimento alla data
 della cessazione dal servizio (con riferimento  agli  anni  utili  ai
 fini   del   calcolo   dell'indennita'   di   buonuscita   o  analogo
 trattamento).
    Pur tenendo presente l'indicazione della Corte costituzionale,  la
 quale   non   ha   escluso   la   possibilita'   che  la  complessiva
 omogeneizzazione delle prestazioni  di  fine  rapporto  possa  essere
 realizzata  secondo  moduli  improntati  al principio di gradualita',
 appare irrazionale il  criterio  che  ha  indotto  il  legislatore  a
 contenere  nella  misura  del  60  per  cento  anzidetto  la quota di
 computabilita' della indennita' integrativa speciale  nella  base  di
 calcolo   dell'indennita'   di  anzianita'  spettante  ai  dipendenti
 statali, in rapporto  al  trattamento  riservato  ai  dipendenti  del
 settore  privato,  ma  anche  in  rapporto  alla misura di ogni altro
 elemento  retributivo  computabile  nella  base  di   calcolo   della
 indennita'  di  buonuscita,  in relazione all'art. 3 del t.u. n. 1032
 del  1973,  a  norma  del  quale  la   base   contributiva   per   la
 determinazione  dell'indennita'  di buonuscita e' costituita dall'80%
 dello stipendio integralmente percepito al momento  della  cessazione
 dal servizio.
    Il  sospetto di incostituzionalita' appare ancor piu' evidente ove
 si consideri che  la  stessa  Corte  costituzionale,  nel  dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale,  fra l'altro degli artt. 3 e 38 del
 t.u. n. 1032 del 1973, ha tenuto conto delle difficolta'  conseguenti
 alla  predisposizione  di  meccanismi  di omogeneizzazione, ma non ha
 ritenuto affatto giustificato, sul piano dei precetti costituzionali,
 la predisposizione di un sistema sostanzialmente rivolto a mantenere,
 sia pure in modo temperato, le riscontrate differenze con il  settore
 privato    del   lavoro   subordinato,   senza   che   esse   trovino
 giustificazione nella specialita' delle situazioni.
    La discrezionalita' del legislatore ordinario nella determinazione
 della base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto non si
 puo' ritenere estesa alla previsione di ingiustificate commisurazioni
 sperequative e inidonee a  soddisfare  l'esigenza  di  adeguatezza  e
 proporzionalita',  cui la riforma avrebbe dovuto ispirarsi secondo le
 indicazioni contenute nella sentenza n.  243  del  1993  della  Corte
 costituzionale,  con  la conseguenza che l'art. 1, comma 1, lett. b),
 della legge n. 87 del 1994 appare in violazione  dei  principi  posti
 dagli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    5. - La pretesa dedotta nel presente giudizio e' stata posta anche
 con  riguardo  alla  rivalutazione monetaria delle somme riconosciute
 dovute  in  integrazione  della  indennita'  di  buonuscita  ed  agli
 interessi  su  di essi. Tale parte della pretesa diviene preclusa dal
 comma 4 dell'art. 1 della legge fin qui esaminata, in quanto  dispone
 che  le  somme  dovute in conseguenza del computo nella indennita' di
 fine servizio dell'indennita' integrativa speciale "non danno luogo a
 corresponsione di interessi ne' a rivalutazione monetaria".
    Sembra evidente la violazione, per effetto di una norma  siffatta,
 sia  dell'art.  3 che dell'art. 36 della Costituzione, in quanto essa
 espone:  da  un  lato  i  crediti  considerati,  per  le  conseguenze
 dell'inadempimento   ai   debiti   correlativi,   ad  un  trattamento
 risarcitorio deteriore rispetto a  quello  previsto  per  ogni  altro
 credito  di qualsiasi genere ed anche da lavoro dipendente, senza che
 sussistano  peculiarita'  differenzianti;   dall'altro   lato,   tale
 specifico  credito, nel suo carattere di retribuzione differita ormai
 legislativamente stabilita, alla sminuizione conseguente  al  decorso
 del  tempo,  che  ne  svilisca  la  proporzionalita'  alla qualita' e
 quantita' del lavoro prestato e la sufficienza alla esistenza  libera
 e dignitosa del lavoratore.
    Ne  risulta la non manifesta infondatezza anche di tale questione,
 anche in relazione alla previsione dell'art. 3, comma 3, della stessa
 legge, cosi' come precisato dagli appellanti.
    6. - Tutte le questioni  di  illegittimita'  costituzionale  cosi'
 delineate  riguardo  alla  legge n. 87 del 1994 sono rilevanti a fini
 della definizione dei giudizi riuniti. Quella concernente  l'art.  4,
 perche'  dalla  sua risoluzione in un senso e nell'altro dipende se i
 giudizi stessi possano pervenire a conclusioni di  merito  od  essere
 dichiarati   estinti.   Tutte   le   altre,   perche',  nel  caso  di
 incostituzionalita' dichiarata dell'art. 4, sulla  risoluzione  delle
 stesse  dovra'  conformarsi in un senso o nell' altro il giudizio nel
 merito delle pretese dedotte.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134   della   Costituzione,   1   della   legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87;
    Riunisce  i  ricorsi  in  epigrafe, sospende il giudizio ed ordina
 l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per  la
 risoluzione di legittimita' costituzionale:
       a)  dell'art.  4  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87, per
 contrasto con gli artt. 3, 24,  primo  e  secondo  comma,  25,  primo
 comma, 103 e 113 della Costituzione;
       b)  dell'art.  3  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87, per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in  cui  limita
 l'applicazione dalla legge ai dipendenti cessati dal servizio dopo il
 30 novembre 1984 e non esclude dall'obbligo della presentazione della
 domanda  i  dipendenti  gia'  cessati  dal  servizio  i quali abbiano
 promosso azione per il computo dell'indennita'  integrativa  speciale
 nella base di calcolo del trattamento di fine servizio;
       c)  dell'art.  1, lett. b), della legge 29 gennaio 1994, n. 87,
 nella parte in cui limita al 60 per cento dell'indennita' integrativa
 speciale annua in godimento alla data della cessazione  dal  servizio
 la  quota  computabile nella base di calcolo ai fini della indennita'
 di anzianita', per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione;
       d) dell'art. 1, comma 4, della legge 29 gennaio 1994, n. 87, in
 relazione  anche  a  quanto  disposto  dall'art. 3, terzo comma della
 stessa legge, in quanto esclude che  le  somme  dovute  a  titolo  di
 prestazioni   a   norma  della  legge  medesima  non  danno  luogo  a
 corresponsione  di  interessi  ne'  a  rivalutazione  monetaria,  per
 contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata alle parti in
 causa ed al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi' ordinato in Roma il 18 novembre 1994.
                      Il presidente: IMPERATRICE
                         Il consigliere estensore: MILLEMAGGI COGLIANI
 95C1269