N. 674 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio - 14 settembre 1995
N. 674 Ordinanza emessa il 9 febbraio 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale il 14 settembre 1995) dal pretore di Ferrara nei procedimenti penali riuniti a carico di D'Alessandro Vincenzo ed altro Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi di pubbliche fognature provenienti da depuratore con parametri superiori ai limiti di accettabilita' previsti dalla tabella A) allegata alla legge n. 319/1976 - Modifica della disciplina degli scarichi recapitanti o meno in pubbliche fognature effettuata con decreto-legge ripetutamente reiterato anche di contenuto diverso - Denunciato abuso di tale forma di legiferazione per la mancanza del presupposto della "necessita' ed urgenza" - Conseguente sottrazione alle assemblee parlamentari della loro competenza in materia penale - Possibile disparita' di trattamento tra cittadini giudicati per fattispecie identiche ma sotto la vigenza di diversi decreti-legge - Violazione del principio della riserva di legge in materia penale. (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3). (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, e 77).(GU n.43 del 18-10-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di D'Alessandro Vincenzo, nato a Casoli (Chieti) il 15 dicembre 1932, residente a Ferrara, via Concordia n. 6, e Graldi Ivano, nato ad Argenta (Ferrara) il 13 gennaio 1952, residente a Ferrara, via dei Frutteti n. 242, elettivamente domiciliati presso Acosea, via Marconi n. 39, Ferrara, entrambi imputati: del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Argenta in canale superficiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: azoto nitrico, coliformi totali, coliformi fecali. In Argenta il 4 dicembre 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Chiesa Nuova in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: mercurio, coliformi totali, coliformi fecali. In Chiesa Nuova il 5 dicembre 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Coronella in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: materiali sedimentabili, coliformi totali, coliformi fecali. In Coronella il 4 dicembre 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore di Casaglia in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: coliformi totali, coliformi fecali. In Casaglia il 28 novembre 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Argenta in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: azoto nitrico, materiali in sospensione, coliformi totali, coliformi fecali. In Argenta il 24 aprile 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Portomaggiore in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: COD, BOD 5, tensioattivi, coliformi totali, coliformi fecali. In Portomaggiore il 28 marzo 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Gambulaga in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: azoto nitroso, azoto nitrico, coliformi totali, coliformi fecali. In Gambulaga il 3 luglio 1991; del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 perche', D'Alessandro quale presidente, Graldi quale direttore generale dell'Acosea, effettuavano scarico di acque provenienti dal depuratore comunale di Sandolo di Portomaggiore in canale superificiale, con superamento dei parametri di cui alla tabella a) della legge citata quanto a: azoto nitroso, coliformi totali, coliformi fecali. In Sandolo il 6 agosto 1991. O S S E R V A Che il p.m. d'udienza dott. Pierguido Soprani ha richiesto la pronuncia di questo pretore in ordine all'ipotesi di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' del d.-l. 16 gennaio 1995 n. 9, nell'intero suo testo, per violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Osserva il pretore che la richiesta e' fondata e ritiene, pertanto, di dover dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, nell'intero suo testo, in particolare in relazione all'art. 3 dello stesso. A tale proposito, si rileva quanto segue: nella fattispecie concreta e' applicabile il d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, in particolare l'art. 3, "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 1995. Esso reitera, nella sostanza, precedenti decreti-legge non convertiti, l'ultimo dei quali e' il d.-l. 16 novembre 1994, n. 629. L'art. 25 cpv. della Costituzione fissa, tra gli altri, il principio della riserva di legge in materia penale. E' implicito in tale principio il fatto che tutte le scelte di politica criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in quanto la rappresentativita' del medesimo si impone quale garanzia contro la commissione di arbitri. Il potere legislativo e', infatti, un centro dialettico della maggioranza e delle minoranze e le decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli critici. L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte attraverso decreti legislativi o decreti-legge e' connessa alla circostanza che, in entrambi i casi, si realizzi e sia assicurato l'intervento del Parlamento in posizione sovraordinata. Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso la delegazione, la prerogativa dell'iniziativa e delle fondamentali scelte politiche, con controllo della Corte costituzionale anche sulla conformita' di tali atti normativi ai criteri della delegazione. I decreti-legge sono, invece, provvedimenti provvisori, destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77, ultimo comma, Cost., ad essere convertiti in legge o a perdere efficacia ex tunc. In materia penale cio' significa che ai reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge non convertito, si applica la normativa precedente, in quanto un decreto-legge non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio. La Corte costituzionale, con sentenza 19 febbraio 1985, n. 51, ha, infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto comma dell'art. 2 del c.p., nella parte in cui rendeva applicabili alle ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata conversione di un decreto-legge recante norme piu' favorevoli) le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale questione rileva poiche' il decreto-legge in oggetto potrebbe non essere convertito. Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge in materia penale oltre che talora inopportuno in relazione alla complessita' e alla delicatezza delle questioni trattate, presenta dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre, essendo in una posizione precaria, puo' far venir meno le garanzie della certezza del diritto. Si osserva che, nella materia in questione, invece, i decreti-legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza dei requisiti della "necessita' ed urgenza". Ora, se puo' essere opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono venuti meno ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria. Inoltre, con la continua ed ininterrotta reiterazione di vari decreti-legge mai convertiti si e' realizzata, di fatto, la sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza a disporre in materia penale, con l'inammissibile assunzione da parte dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di valutazione degli interessi che, in materia penale, e' di esclusiva competenza dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare. Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti-legge in materia penale, ha, come nella specie, la conseguenza di sottrarre al Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, Cost. di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. E' evidente che, se la reiterazione dei decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si potranno determinare effetti definitivi quale il giudicato, non modificabili in sede giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva dalla disparita' di trattamento che potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche, ma commesse e/o giudicate sotto la vigenza di un diverso decreto-legge, vengono diversamente giudicate. Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non puo' essere definito, allo stato e vigenti i principi del d.-l. n. 9/1995 in esame, in modo indipendente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, concernente "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature", nell'intero suo testo, in particolare in relazione all'art. 3, con riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione; Sospende il processo in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata agli imputati, e ai difensori, al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Ferrara, addi' 9 febbraio 1995 Il pretore: CANU 95C1278