N. 678 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 giugno 1995

                                N. 678
 Ordinanza emessa il 29 giugno 1995 dal pretore di Salerno,  sezione
 distaccata  di  Eboli  nel procedimento civile vertente tra la S.p.a.
 Banco di Napoli e Varrese Sabato Michele
 Processo civile - Competenza per valore del pretore - Modifica
    (aumento  fino   a   lire   cinquanta   milioni)   apportata   con
    decreto-legge - Lamentato abuso di tale strumento di legiferazione
    per   mancanza   dei   presupposti  di  necessita'  ed  urgenza  -
    Conseguente esautoramento del Parlamento - Lesione  del  principio
    del buon andamento dell'amministrazione della giustizia.
 (D.-L. 21 giugno 1995, n. 238, art. 2).
 (Cost., artt. 77, secondo comma, e 97, primo comma).
(GU n.43 del 18-10-1995 )
                              IL PRETORE
    Letto  il  ricorso  per decreto ingiuntivo avanzato nell'interesse
 del Banco di Napoli S.p.a. - filiale di Battipaglia, depositato il 27
 giugno 1995, con il quale si  chiede  a  questo  pretore  l'emissione
 dell'ingiunzione di pagamento, ai sensi degli artt. 633 e 641 c.p.c.,
 nei  confronti  del  sig.  Varrese  Sabato Michele, della complessiva
 somma  di  L.  48.803.441,  oltre  interessi   di   mora   al   tasso
 convenzionale del 27,50% a far data dall'8 giugno 1995;
    Rilevato  che  la domanda monitoria, depositata nel giorno innanzi
 indicato, risulta evidentemente proposta dinanzi a questo  giudicante
 in virtu' del contenuto dell'art. 2 del d.-l. 21 giugno 1995, n. 238,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 144 del 22 giugno 1995, ed
 entrato  in  vigore  nella  stessa  data,  alla  stregua  del  quale,
 sostituendosi  il primo comma dell'art. 8 del codice di rito civile -
 gia' a sua volta modificato dall'art. 3 della legge 26 novembre 1990,
 n. 353 -, viene stabilita, con un ampliamento considerevole  rispetto
 alla  norma  anteriormente  vigente,  l'attribuzione al pretore della
 comptenza "per le cause, anche se relative a beni immobili, di valore
 non  superiore  a  lire  cinquantamilioni,  in  quanto  non  siano di
 competenza del giudice di  pace";  Considerato  che,  ai  fini  della
 valutazione  della  sussistenza  delle  condizioni legittimatrici per
 l'emanazione   dell'invocato   provvedimento    monitorio,    ocorre,
 all'evidenza,  soffermarsi, pregiudizialmente, sulla ricorrenza della
 competenza (per valore, nella  fattispecie,  non  ponendosi  problemi
 dell'assegnazione  dell'affare  sotto il profilo della competenza per
 materia) del giudice adito, rappresentando essa - come e' noto  -  un
 requisito dell'attitudine del processo a pervenire alla pronuncia sul
 merito o, piu' in generale, - ossia con riferimento anche ai processi
 diversi  da  quelli  di  cognizione  - un presupposto processuale per
 l'emanazione del provvedimento finale; Ritenuta, preliminarmente,  la
 pacificita'   del  presupposto  secondo  cui  l'instaurazione  di  un
 procedimento monitorio (ancorche' la fase a contraddittorio pieno sia
 soltanto eventuale e differita,  ovvero  dipendente  dall'opposizione
 dell'ingiunto), con il quale si formuli l'istanza di accoglimento del
 ricorso  in  forza  dell'art. 641 c.p.c.  ed in relazione al quale la
 competenza per valore del giudice deve essere valutata al momento del
 suo deposito in cancelleria insieme con  i  documenti  giustificativi
 (cfr.  Cass.  n.  4374  del  1976  e n. 7292 del 1992), configuri gli
 estremi,   alla   stregua   del   criterio   combinato   (o    misto)
 soggettivo-oggettivo   (v.   Corte   cost.   n.   83   del   1966  e,
 successivamente, n.  132  del  1973,  n.  72  del  1975,  ecc.),  del
 presupposto  indefettibile  del "giudizio" imposto dall'art. 23 della
 legge n. 87 del 1953;  Considerato,  tuttavia,  che  la  disposizione
 indicata  inserita  in un atto avente forza di legge sembra collidere
 con  i  due  parametri  stabiliti  nell'art.  77,  comma  secondo,  e
 nell'art.  97,  comma  primo,  della  Costituzione; Opinato, sotto il
 primo prifilo, che  l'elevazione  della  competenza  per  valore  del
 pretore  fino al limite di lire cinquantamilioni (con una conseguente
 "decuplicazione"  della  stessa  nell'arco  di  un  brevissimo   arco
 temporale, ponendosi riferimento alla sola circostanza che, a seguito
 del d.-l. 7 ottobre 1994, n. 571, conv.  nella legge 6 dicembre 1994,
 n.  673,  essa era rimasta fissata, fino al 29 aprile 1995, al limite
 di lire cinquemilioni, per noi portarsi,  solo  a  decorrere  dal  30
 aprile  1995,  sulla  scorta  della  definitiva entrata in vigore del
 precedente art. 8 della legge n. 353/1990, a  ventimilioni  di  lire)
 sancita con l'approvazione di un decreto-legge appare sganciata dalla
 sussistenza  del  complessivo requisito della straordinaria urgenza e
 necessita'  di  cui  al  citato  art.  77,   comma   secondo,   della
 Costituzione,    poiche',   secondo   l'insegnamento   della   stessa
 giurisprudenza costituzionale,  deve  ritenersi  conferita  a  questa
 fonte  normativa  un carattere di assoluta eccezionalita', dovendosi,
 invero, far ricorso  ad  essa  per  fronteggiare  situazioni  appunto
 "fuori  dall'ordinario",  ovvero  tali da poter produrre inspiegabili
 vuoti normativi o, quantomeno, pericolose insufficienze di disciplina
 qualora si dovessero osservare le cadenze temporali e  procedimentali
 dell'iter formativo delle leggi ordinarie ad opera del Parlamento (la
 dottrina  prevalente, del resto, parla di una semplice "possibilita'"
 e non di competenza o potesta' giuridica del Governo ad adottare atti
 con forza di legge); Considerato, in altri  termini,  che  l'adozione
 dei   provvedimenti   governativi  con  forza  di  legge  in  materia
 disciplinabile con legge ordinaria e' giustificabile "sempre e  solo"
 che  si  provi  che  il  raggiungimento  delle finalita' che potrebbe
 proporsi  liberamente  una  legge  (e  che,  in  fatto,  si   propone
 liberamente  il  Governo)  non possa raggiungersi che seguendo la via
 del provvedimento con forza di legge adottato  dal  Governo  (sicche'
 necessitato  non  e'  il  fine  ma  solo  la  scelta del mezzo per il
 raggiungimento del fine liberamente scelto), onde una lettura, scevra
 da preconcetti di sorta, del primo capoverso dell'art. 77 della Carta
 fondamentale  implica  indiscutibilmente  che  tale  disposizione  si
 rivolge  a  situazioni "oggettivamente eccezionali", tali - infatti -
 da porsi al di fuori delle consuete  disponibilita'  del  legislatore
 ordinario,  difettando  le  quali  il  provvedimento  munito di forza
 normativa (ancorche' provvisoria)  equiparata  alla  legge  ordinaria
 incorrerebbe  nell'eccesso  di  potere,  senza potersi operare alcuna
 confusione tra la valutazione del requisito  della  "necessita'"  con
 quella   della  mera  "opportunita'  politica"  dell'atto;  Ritenuto,
 pertanto, alla luce di tale inquadramento generale, che, in relazione
 alla disposizione in esame ex art. 2 d.-l. n. 238 del 1995, non pare,
 affatto, che per il Governo - senza che il  legislatore  ordinario  a
 far data dall'approvazione delle leggi n. 353 del 1990 e 374 del 1991
 (quest'ultima sull'istituzione del giudice di pace) abbia minimamente
 inteso  incidere  sulle  attribuzioni  delle  sfere  di competenza ai
 giudici ordinari di primo grado a seguito della  novella  di  riforma
 parziale  del processo civile - insorgesse l'urgenza di far luogo, in
 tempo reale, all'integrazionedi vuoti normativi di qualsiasi  genere;
 Considerato,  invero,  che  -  ponendosi  riferimento all'antecedente
 formulazione  dell'art.  8  c.p.c.  con  gli  inserimenti  introdotti
 dall'art.  18  della legge 21 novembre 1991, n. 374, ed in vigore dal
 30 aprile 1995 -  il  pretore,  al  di  la'  dell'attribuzione  della
 competenza   funzionale  per  le  azioni  possessorie  e  per  quelle
 nunciatorie ante causam, risultava  gia'  competente  per  le  cause,
 anche  se  riguardanti  beni immobili, di valore non superiore a lire
 ventimilioni, in quanto non fossero  di  competenza  del  giudice  di
 pace,  onde,  per  le  controversie di valore superiore, residuava la
 competenza del tribunale, il quale - e'  opportuno  chiarirlo  -  era
 gia' stato alleggerito della competenza in materia di responsabilita'
 civile  derivante  dalla  circolazione  stradale  fino  al  tetto dei
 trentamilioni di lire (con attrazione della  gran  parte,  sul  piano
 quantitativo,  delle  relative  cause nella competenza del giudice di
 pace, sia in ipotesi di sinistri con danni alle  sole  cose  sia  nel
 caso di contestuale causazione di danni a cose e persone), oltre - si
 badi  -  che  di quella sulle controversie locative, di comodato e di
 affitto di azienda (che pure ricoprono una rilevante fetta  dell'area
 di  "litigiosita'"  nel contenzioso civile); Valutato, pertanto, che,
 di fronte ad un quadro normativo gia' sufficientemente circoscritto e
 delineato (anche sulla base dei lunghi e meditati lavori  preparatori
 delle  leggi  ordinarie  di  riferimento), oltre che obbediente ad un
 tendenziale  principio  di  equa  redistribuzione  delle   sfere   di
 competenza  tra  i  giudici  di  primo  grado  (con  una  valutazione
 comparata ed al contempo incrociata tra i diversi tipi di competenza,
 essenzialmente  "forti"  e  "deboli"),  anche   in   relazione   alla
 previsione   del  nuovo  modello  del  giudice  di  pace  ed  in  una
 prospettiva di auspicabile stabilita',  quantomeno  a  medio  termine
 (nelle  more  dell'approdo  finale,  dai  piu' predicato, al progetto
 dell'istituzione  del  giudice  unico  in  primo   grado),   non   si
 intravedono  (e non potevano intravedersi), in tutta obiettivita', le
 condizioni per  un  intervento  (oltretutto  nemmeno  sollecitato  da
 chicchesia   e  minimamente  adombrato  nei  precedenti  e  reiterati
 decreti-legge di proroga dell'entrata in vigore della novella n.  353
 del   1990)  integrativo,  nelle  forme  del  decreto-legge,  di  una
 progressiva previsione normativa, di per se'  appunto  sufficiente  e
 rispondente  a  principi  di  logica  legislativa  in  un contesto di
 politica giudiziaria, oltretutto rimasta "ibernata" per quasi quattro
 anni; Rilevato, inoltre, che il predetto intervento governativo  pare
 difettare  del  richiamato requisito legittimante di cui all'art. 77,
 comma secondo, Cost. laddove, pur muovendosi nella  direzione  di  un
 aggiuntivo  sgravio  del  carico  di  lavoro  del Tribunale, viene ad
 incidere notevolmente sulla sfera di competenza  del  pretore,  senza
 alcun  coordinamento  -  ed  anzi prescindendone in assoluto - con la
 necessariamente coeva previsione di una riforma organica  dei  cc.dd.
 criteri  di competenza verticali e di un disegno di razionalizzazione
 delle circoscrizioni giudiziarie, connotate, oltretutto, con riguardo
 agli  uffici  giudiziari  pretorili,  dalla  eccessiva  dislocazione,
 all'interno  dei  circondari,  di plurime sezioni distaccate, con gli
 ovvi disagi e la conseguente dispersione (o  sperequata  ripartizione
 sul   territorio)   delle   energie   lavorative  e  delle  strutture
 organizzative connesse, disegni tutti che, implicando l'adozione  del
 percorso   legislativo  ordinario  (vertendosi  in  tema  di  riforme
 organiche  di  respiro  generale),  non  possono  essere  superati  e
 compromessi  dall'emananzione  di  un decreto-legge che stravolge, in
 buona parte, i presupposti che  si  devono  porre  a  fondamento  dei
 disegni  medesimi;  Opinato,  tra l'altro, che l'adozione sistematica
 della descretazione d'urgenza - per cui da strumento eccezionale essa
 e' divenuta quasi una  forma  di  legiferazione  parallela  a  quella
 ordinaria  -  ha  ricevuto  ormai  le critiche di rilevanti indirizzi
 dottrinali, di ampie schiere di gruppi parlamentari  e,  di  recente,
 anche    dello   stesso   Presidente   della   Consulta,   il   quale
 autorevolmente, ha voluto sottolineare che,  legittimandosi  l'azione
 normativa  del  Governo al di fuori dei parametri rigorosi prescritti
 dalla Carta fondamentale, si  corre  il  rischio  di  imbattersi  nel
 pericolo  di un verosimile svuotamento della funzione legislativa del
 Parlamento, la quale, per molti versi, si  potrebbe  ridurre  ad  una
 sterile   attivita'   di  ratifica  (o  convalidazione)  dell'operato
 normativo del Governo; Rilevato, conseguentemente, che attraverso  la
 prassi  dei  cc.dd.    "decreti  di  riforma",  -  alla cui categoria
 appartiene  quello  in  esame  nel  quale  e'   inserito   in   senso
 peggiorativo l'art. 2 della cui legittimita' costituzionale si dubita
 -,  di  fatto, il Governo tende a progettare ed erigere, in non pochi
 casi, interi edifici normativi (ovvero anche a demolirli) destinati a
 permanere  nel  tempo,  in  tal  modo  sottraendoli  al  procedimento
 legislativo   ordinario,   senza   che  lo  imponga  nessuna  ragione
 oggettiva; Ritenuto, dunque, che,  per  i  motivi  innanzi  spiegati,
 l'art.  2 del d.-l. n. 238/1995 non si conforma ai canoni trasparenti
 dall'art. 77 c.p.v. Cost.;
    Considerato,  vieppiu',  che  la  disposizione  normativa   appena
 riferita pare collidere - come anticipato - anche contro il principio
 di   "buon   andamento"  della  pubblica  amministrazione,  racchiuso
 nell'art. 97, comma primo, Cost., dal momento che, con l'assegnazione
 della nuova rilevanza  competenza  al  pretore  -,  tenendo  presente
 l'organizzazione  delle  preture  circondariali  e  procedendo ad una
 comparazione sistematica con quella  degli  altri  giudici  di  primo
 grado,  anche  sulla  scorta della valutazione delle "forze in campo"
 oggettivamente disponibili e della produttivita' pregressa media  dei
 predetti  giudici  -,  non puo' escludersi il verificarsi del rischio
 che l'esplicazione della  giurisdizione  da  parte  dei  pretori  non
 riesca piu', in maniera prevalente, a realizzarsi, per difficolta' di
 ordine  oggettivo  e di "sopportabilita' umana" dei carichi di lavoro
 che sopravverranno, in funzione dell'osservanza, sempre effettiva, di
 un  principio  di  efficienza  e  congruita',   nel   soddisfacimento
 dell'interesse  collettivo  in  generale e di quelli da attuare nelle
 fattispecie  specifiche  in  relazione  alle   singole   controversie
 intentate  dinanzi  a tale figura di giudici; Rilevata, innanzitutto,
 al riguardo, la riferibilita'  del  richiamato  principio  del  "buon
 andamento" non soltanto agli organi della pubblica amministrazione in
 senso  stretto,  ma  anche  agli  organi  dell'amministrazione  della
 giustizia, per  come  ha  statuito  la  stessa  Corte  costituzionale
 affermando (cfr. le sentenze 7 maggio 1982, n.  86 e 13 gennaio 1989,
 n.  18)  che,  in linea generale, "sarebbe paradossale voler esentare
 l'organizzazione degli uffici giudiziari da  ogni  esigenza  di  buon
 andamento",  e  che,  di  fatto,  verrebbe  ad  essere vanificata nel
 momento  in  cui  si  preveda  normativamente  la  realizzazione   di
 procedimenti   implicanti   un   intralcio   costante   all'attivita'
 giudiziaria ovvero si adottino delle modifiche legislative  incidenti
 sull'apparato  istituzionale  (e, pertanto, anche sotto l'aspetto del
 riparto di competenze) che si prospettino incompatibili  in  concreto
 con  la  tendenziale  efficienza  dell'organizzazione  giudiziaria in
 senso stretto, inquadrata come apprestamento  di  mezzi  personali  e
 strumentali  per  rendere  possibile  nel  modo migliore l'attuazione
 della funzione giurisdizionale; Ravvisato, in merito, che la  cennata
 disposizione  di  cui  all'art.   2 del d.-l. cit. 21 giugno 1995, n.
 238,  nella  parte  in  cui  contempla  l'aumento  della   competenza
 pretorile   fino   a   lire   cinquantamilioni  rischia  di  incidere
 considerevolmente  (in  senso   negativo)   sull'esplicazione   della
 funzione  giurisdizionale  pretorile, se si tiene conto dell'elemento
 aggravatore  costituito  dalla  inopinata   e,   per   certi   versi,
 ingiustificata  (oltre  che  sorprendente) "restituzione" (e, quindi,
 riattribuzione) della competenza per materia al pretore  delle  cause
 di  opposizione  ad  ordinanza-ingiunzione  (in  toto e, dunque, pure
 nelle ipotesi in cui trattasi solo  dell'irrogazione  della  sanzione
 amministrativa  pecuniaria, di qualsiasi valore essa sia) ex legge 24
 novembre 1981, n. 689, nonche' di quelle di opposizione alle sanzioni
 di cui all'art. 75 del d.P.R.  n.  309  del  1990,  a  seguito  della
 previsione  di  cui  all'art.  1  dello  stesso  decreto-legge che si
 contesta, con derivante  sottrazione  delle  riferite  competenze  al
 giudice  di  pace  e  conseguente  ridimensionamento  di quest'ultima
 "fresca" (e con il vantaggio di partire senza arretrato)  istituzione
 giudiziaria,   che   si  vorrebbe  ulteriormente  "depotenziare"  con
 l'auspicata - da parte di alcuni versanti - eliminazione (quantomeno)
 anche della  competenza  sulle  cause  di  risarcimento  da  sinistro
 stradale  con  danni  alle  persone,  che  verrebbero, per la maggior
 parte, ad essere - ancora una volta -  riassorbite  nella  competenza
 pretorile,  con  evidente "svuotamento" di contenuti importanti dalla
 competenza del giudice onorario di primo grado e stravolgimento della
 ratio  ispiratrice  di  fondo  della  novella n. 353 del 1990 e della
 legge n. 374/1991; Considerato che la lesione del principio di  "buon
 andamento"  dell'amministrazione  giudiziaria pretorile, a seguito di
 questa sorta di "controriforma" in tema di competenze desumibile  dal
 combinato  disposto di cui agli artt. 1 e 2 del decreto-legge citato,
 si verrebbe, nella sostanza, a concretizzare sol che si pensi che, in
 dipendenza   dell'intervenuta   elevazione   della   competenza,   le
 sopravvenienze   civili  del  tribunale  si  ridurranno,  in  termini
 quantitativi (e presumibilmente approssimati per difetto), in  misura
 quantomeno aggirantesi intorno al 50%, con il conseguente accollo, da
 parte  dei  pretori,  di  oltre  200/250 mila cause nuove all'incirca
 all'anno e se queste si aggiungono alle sopravvenienze medie  annuali
 -  computabili  in  almeno  600/650 mila controversie circa (per come
 desumibili  dai  dati  evincibili   dalle   statistiche   giudiziarie
 pubblicate dall'ISTAT nel 1993 e riferite al triennio 1989/1991) - si
 perverra'   al   risultato  che  le  sopravvenienze  pretorili  (che,
 ovviamente, comporteranno anche l'aumento  del  "tasso  di  qualita'"
 delle controversie, con scontate conseguenze sui tempi di definizione
 dei  processi)  si aggireranno intorno a circa 900.000 nuovi processi
 per anno (ai quali - non bisogna  dimenticare  -  vanno  addizionate,
 allo  stato,  le  circa  900.000  cause  costituenti  l'arretrato del
 contenzioso pretorile accumulatosi quanto la  competenza  per  valore
 era  ancorata  al  tetto  dei cinquemilioni di lire, per le quali non
 sono state approntate diversificati  meccanismi  di  smaltimento  con
 ricorso  ad "istituzioni giudiziarie ausiliarie o di soccorso", come,
 invece, stabilito dall'art. 9, comma cinque, dello  stesso  d.-l.  n.
 238/1995  -  reiterativo  sul  punto di precedenti decreti-legge - in
 relazione all'esaurimento delle controversie civili pendenti  dinanzi
 ai tribunali al 30 aprile 1995); Opinato che, alla luce dei riportati
 dati  orientativi,  balza  evidente  agli  occhi che la insufficiente
 dotazione  organica  magistratuale  e  dei  personale  amministrativo
 ausiliario  dell'ufficio  del  pretore  si  trovera' ineluttabilmente
 nelle condizioni di non poter fronteggiare, in  tempi  accettabili  e
 con l'espletamento di un servizio efficiente, una cosi' considerevole
 mole  di  contenzioso,  e cio' risulta ancor piu' evidente laddove si
 ponga mente alla  circostanza  che,  malgrado  l'addizionale  sgravio
 della  competenza  del tribunale individuato dal d.-l. in discorso n.
 238/1995, ancora attualmente  il  numero  dei  giudici  assegnati  ai
 tribunali  civili  supera  di  quasi  il  50%  quello  dei magistrati
 destinati  alle  preture  civili   (1.300   contro   900),   restando
 essenzialmente  irrelevante la giustificazione che si volesse addurre
 ove ci  si  richiamasse  alla  connotazione  collegiale  dei  giudizi
 dinanzi  al  tribunale,  dal  momento che, ad accezione delle ipotesi
 (numericamente non elevate, ancorche' importanti)  attributive  della
 c.d.  "riserva  di  collegialita'" di cui all'art. 48, comma secondo,
 dell'ordinamento giudiziario (r.d.  30  gennaio  1941,  n.  12,  come
 modificato  dall'art.  88  della legge n.  353/1990), le controversie
 civili rientranti nell'orbita della competenza del tribunale  saranno
 decise  dal "giudice istruttore in funzione di giudice unico" secondo
 il dettato ricompreso nell'art.  190-bis c.p.c.;
    Ritenuto, conseguentemente, che il  rendimento  e  la  tendenziale
 adeguatezza   (anche   in   termini   di  speditezza)  dell'attivita'
 giurisdizionale pretorile rischia un prevedibile  (e,  comunque,  non
 irrilevante)  tracollo con l'attribuzione della nuova competenza fino
 a  cinquantamilioni  di lire e tanto non trascurandosi che i pretori,
 oggi  (o,  meglio,  fino  a  quando  la  competenza  per  valore  era
 agganciata  al  limite  dei  cinquemilioni  di  lire) pur dovendo far
 fronte a  sopravvenienze  annuali  mediante  raddoppiate  rispetto  a
 quelle  dei  tribunali, riescono (ovvero: riuscivano) a garantire una
 produttivita' individuale (quanto a sentenze pubblicate) praticamente
 doppia (nel 1991, 287 contro  141)  rispetto  a  quella  del  giudice
 superiore,  con  il  risultato  di  un  inferiore  numero assoluto di
 pendenze,  senza  dover  minimamente  accennare   a   quell'attivita'
 provvedimentale   "oscura"   non   equiparabile   ufficialmente  alla
 "produttivita' da sentenza" (basti pensare ai  molteplici,  e  spesso
 complicati,  provvedimenti possessori o di concessione dell'ordinanze
 provvisorie  di  rilascio)  che  pure  rientrano   nella   competenza
 pretorile, ne' alle innumerevoli attivita' che gravitano intorno alla
 figura  del  pretore,  quale giudice dell'esecuzione mobiliare, delle
 esecuzioni  in  forma  specifica,  delle  esecuzioni  speciali   (non
 mancando   di   osservare  che  l'espropriazione  immobiliare  si  va
 dirigendo verso una parziale demandazione ai  notai),  nonche'  della
 qualita' di giudice tutelare, di magistrato addetto istituzionalmente
 a  determinati  affari  amministrativi (cfr. verifiche periodiche dei
 registri dello stato civile e attivita' di presidente di  commissione
 - o sottocommissione - elettorale circondariale), che - non di rado -
 si  cumulano  in  un  unico  giudice-persona fisica (sintomatico puo'
 essere proprio il dato statistico della sezione distaccata di  Eboli,
 ove,  alla data del 31 marzo 1995, due pretori civili devono gestire,
 quanto a  pendenze,  2224  processi  di  cognizione  ordinaria,  1875
 procedimenti  esecutivi,  91  tutele,  e  un  pretore del lavoro 1262
 controversie  ex  art.  409  e  segg.  c.p.c.,  senza  calcolare  gli
 inimmaginabili   effetti   che   deriveranno   dall'attribuzionedella
 giurisdizione e, derivantemente,  della  competenza  sulle  cause  in
 materia di pubblico impiego ai giudici ordinari del lavoro e, quindi,
 in  primo  grado,  al  pretore,  a seguito dell'entrata in vigore sul
 punto, nel febbraio 1996, del decr. legisl. n. 29 del 1993);
    Constatato che non bisogna trascurare che una  recente  autorevole
 dottrina  ha  osservato  che  dal  momento che i giudici di pace sono
 (ovvero: dovrebbero  essere)  piu'  del  doppio  dei  giudici  togati
 addetti  al  civile in primo grado, bisognerebbe aver cura di affidar
 loro per lo meno il 50-60% delle cause civili - le  meno  importanti,
 ovviamente,  ma  quale  che  sia  il loro valore - solo cosi' essendo
 certi  che  non  si  riformi  l'arretrato  (impregiudicato  un   loro
 eventuale aumento);
    Rilevato, in definitiva, che la disposizione di cui all'art. 2 del
 d.-l.  n.  238  del 21 giugno 1995, non accompagnata dalla previsione
 dell'adeguamento dei ruoli organici secondo le varie,  impellenti  ed
 incisive  necessita' del "servizio giustizia" degli uffici pretorili,
 "in vista del perseguimento di un rapporto equilibrato tra  dotazione
 organica  e,  appunto,  servizi  indispensabili per il buon andamento
 dell'amministrazione" (cfr., per tali puntualizzazioni,  Corte  cost.
 n. 131 del 1974 e n 728 del 1988), implica, ove non si ricorra ad una
 rivisitazione  e  diversa  redistribuzione del carico di lavoro tra i
 giudici  di  primo  grado,  una  sicura  aggressione  del   principio
 enucleato nell'art. 97, comma primo, Costituzione;
    Ritenuta,  infine  - acclarata la non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2  d.-l.  cit.  -,
 anche  la  sua rilevanza nel procedimento di cui trattasi, poiche' la
 valutazione  (in  positivo  o  in  negativo)  sulla  sussistenza  del
 presupposto   processuale   della   competenza   e',   evidentemente,
 dipendente  dalla  risoluzione  della  questione  sollevata  che,  se
 accolta,  condurrebbe  alla  conseguenza  che questo pretore dovrebbe
 spogliarsi del procedimento stesso,  in  quanto  incompetente,  sulla
 scorta  del  combinato  disposto  di  cui al previgente art. 8, comma
 primo, c.p.c.  e  art.  63  c.p.c.,  essendo  invece,  competente  il
 presidente del tribunale;
    Conseguendo, inoltre, la sospensione del presente procedimento, in
 conformita' degli artt. 295 c.p.c. e 23 della legge 11 marzo 1953, n.
 87;
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, per violazione
 degli artt. 77, comma secondo, e 97, comma primo, della Costituzione,
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l.  21
 giugno  1995, n. 238 ("Interventi urgenti sul processo civile e sulla
 disciplina transitoria  della  legge  26  novembre  1990,  n.  353"),
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del  22  giugno  1995,  serie
 generale, n. 144;
    Dispone la sospensione del  presente  procedimento  e  l'immediata
 trasmissione dgli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata al procuratore del ricorrente istituto di credito,  ed  al
 Presidente   del   Consiglio  dei  Ministri,  nonche'  comunicata  al
 Presidente della Camera dei deputati  ed  al  Presidente  del  Senato
 della  Repubblica  e  che le prove di questi ultimi adempimenti siano
 accluse alla presente ordinanza al momento della  trasmissione  degli
 atti all'ecc.ma Corte costituzionale.
      Eboli, addi' 29 giugno 1995
                          Il pretore: CARRATO
 
 95C1282