N. 678 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 giugno 1995
N. 678 Ordinanza emessa il 29 giugno 1995 dal pretore di Salerno, sezione distaccata di Eboli nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Banco di Napoli e Varrese Sabato Michele Processo civile - Competenza per valore del pretore - Modifica (aumento fino a lire cinquanta milioni) apportata con decreto-legge - Lamentato abuso di tale strumento di legiferazione per mancanza dei presupposti di necessita' ed urgenza - Conseguente esautoramento del Parlamento - Lesione del principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia. (D.-L. 21 giugno 1995, n. 238, art. 2). (Cost., artt. 77, secondo comma, e 97, primo comma).(GU n.43 del 18-10-1995 )
IL PRETORE Letto il ricorso per decreto ingiuntivo avanzato nell'interesse del Banco di Napoli S.p.a. - filiale di Battipaglia, depositato il 27 giugno 1995, con il quale si chiede a questo pretore l'emissione dell'ingiunzione di pagamento, ai sensi degli artt. 633 e 641 c.p.c., nei confronti del sig. Varrese Sabato Michele, della complessiva somma di L. 48.803.441, oltre interessi di mora al tasso convenzionale del 27,50% a far data dall'8 giugno 1995; Rilevato che la domanda monitoria, depositata nel giorno innanzi indicato, risulta evidentemente proposta dinanzi a questo giudicante in virtu' del contenuto dell'art. 2 del d.-l. 21 giugno 1995, n. 238, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 22 giugno 1995, ed entrato in vigore nella stessa data, alla stregua del quale, sostituendosi il primo comma dell'art. 8 del codice di rito civile - gia' a sua volta modificato dall'art. 3 della legge 26 novembre 1990, n. 353 -, viene stabilita, con un ampliamento considerevole rispetto alla norma anteriormente vigente, l'attribuzione al pretore della comptenza "per le cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquantamilioni, in quanto non siano di competenza del giudice di pace"; Considerato che, ai fini della valutazione della sussistenza delle condizioni legittimatrici per l'emanazione dell'invocato provvedimento monitorio, ocorre, all'evidenza, soffermarsi, pregiudizialmente, sulla ricorrenza della competenza (per valore, nella fattispecie, non ponendosi problemi dell'assegnazione dell'affare sotto il profilo della competenza per materia) del giudice adito, rappresentando essa - come e' noto - un requisito dell'attitudine del processo a pervenire alla pronuncia sul merito o, piu' in generale, - ossia con riferimento anche ai processi diversi da quelli di cognizione - un presupposto processuale per l'emanazione del provvedimento finale; Ritenuta, preliminarmente, la pacificita' del presupposto secondo cui l'instaurazione di un procedimento monitorio (ancorche' la fase a contraddittorio pieno sia soltanto eventuale e differita, ovvero dipendente dall'opposizione dell'ingiunto), con il quale si formuli l'istanza di accoglimento del ricorso in forza dell'art. 641 c.p.c. ed in relazione al quale la competenza per valore del giudice deve essere valutata al momento del suo deposito in cancelleria insieme con i documenti giustificativi (cfr. Cass. n. 4374 del 1976 e n. 7292 del 1992), configuri gli estremi, alla stregua del criterio combinato (o misto) soggettivo-oggettivo (v. Corte cost. n. 83 del 1966 e, successivamente, n. 132 del 1973, n. 72 del 1975, ecc.), del presupposto indefettibile del "giudizio" imposto dall'art. 23 della legge n. 87 del 1953; Considerato, tuttavia, che la disposizione indicata inserita in un atto avente forza di legge sembra collidere con i due parametri stabiliti nell'art. 77, comma secondo, e nell'art. 97, comma primo, della Costituzione; Opinato, sotto il primo prifilo, che l'elevazione della competenza per valore del pretore fino al limite di lire cinquantamilioni (con una conseguente "decuplicazione" della stessa nell'arco di un brevissimo arco temporale, ponendosi riferimento alla sola circostanza che, a seguito del d.-l. 7 ottobre 1994, n. 571, conv. nella legge 6 dicembre 1994, n. 673, essa era rimasta fissata, fino al 29 aprile 1995, al limite di lire cinquemilioni, per noi portarsi, solo a decorrere dal 30 aprile 1995, sulla scorta della definitiva entrata in vigore del precedente art. 8 della legge n. 353/1990, a ventimilioni di lire) sancita con l'approvazione di un decreto-legge appare sganciata dalla sussistenza del complessivo requisito della straordinaria urgenza e necessita' di cui al citato art. 77, comma secondo, della Costituzione, poiche', secondo l'insegnamento della stessa giurisprudenza costituzionale, deve ritenersi conferita a questa fonte normativa un carattere di assoluta eccezionalita', dovendosi, invero, far ricorso ad essa per fronteggiare situazioni appunto "fuori dall'ordinario", ovvero tali da poter produrre inspiegabili vuoti normativi o, quantomeno, pericolose insufficienze di disciplina qualora si dovessero osservare le cadenze temporali e procedimentali dell'iter formativo delle leggi ordinarie ad opera del Parlamento (la dottrina prevalente, del resto, parla di una semplice "possibilita'" e non di competenza o potesta' giuridica del Governo ad adottare atti con forza di legge); Considerato, in altri termini, che l'adozione dei provvedimenti governativi con forza di legge in materia disciplinabile con legge ordinaria e' giustificabile "sempre e solo" che si provi che il raggiungimento delle finalita' che potrebbe proporsi liberamente una legge (e che, in fatto, si propone liberamente il Governo) non possa raggiungersi che seguendo la via del provvedimento con forza di legge adottato dal Governo (sicche' necessitato non e' il fine ma solo la scelta del mezzo per il raggiungimento del fine liberamente scelto), onde una lettura, scevra da preconcetti di sorta, del primo capoverso dell'art. 77 della Carta fondamentale implica indiscutibilmente che tale disposizione si rivolge a situazioni "oggettivamente eccezionali", tali - infatti - da porsi al di fuori delle consuete disponibilita' del legislatore ordinario, difettando le quali il provvedimento munito di forza normativa (ancorche' provvisoria) equiparata alla legge ordinaria incorrerebbe nell'eccesso di potere, senza potersi operare alcuna confusione tra la valutazione del requisito della "necessita'" con quella della mera "opportunita' politica" dell'atto; Ritenuto, pertanto, alla luce di tale inquadramento generale, che, in relazione alla disposizione in esame ex art. 2 d.-l. n. 238 del 1995, non pare, affatto, che per il Governo - senza che il legislatore ordinario a far data dall'approvazione delle leggi n. 353 del 1990 e 374 del 1991 (quest'ultima sull'istituzione del giudice di pace) abbia minimamente inteso incidere sulle attribuzioni delle sfere di competenza ai giudici ordinari di primo grado a seguito della novella di riforma parziale del processo civile - insorgesse l'urgenza di far luogo, in tempo reale, all'integrazionedi vuoti normativi di qualsiasi genere; Considerato, invero, che - ponendosi riferimento all'antecedente formulazione dell'art. 8 c.p.c. con gli inserimenti introdotti dall'art. 18 della legge 21 novembre 1991, n. 374, ed in vigore dal 30 aprile 1995 - il pretore, al di la' dell'attribuzione della competenza funzionale per le azioni possessorie e per quelle nunciatorie ante causam, risultava gia' competente per le cause, anche se riguardanti beni immobili, di valore non superiore a lire ventimilioni, in quanto non fossero di competenza del giudice di pace, onde, per le controversie di valore superiore, residuava la competenza del tribunale, il quale - e' opportuno chiarirlo - era gia' stato alleggerito della competenza in materia di responsabilita' civile derivante dalla circolazione stradale fino al tetto dei trentamilioni di lire (con attrazione della gran parte, sul piano quantitativo, delle relative cause nella competenza del giudice di pace, sia in ipotesi di sinistri con danni alle sole cose sia nel caso di contestuale causazione di danni a cose e persone), oltre - si badi - che di quella sulle controversie locative, di comodato e di affitto di azienda (che pure ricoprono una rilevante fetta dell'area di "litigiosita'" nel contenzioso civile); Valutato, pertanto, che, di fronte ad un quadro normativo gia' sufficientemente circoscritto e delineato (anche sulla base dei lunghi e meditati lavori preparatori delle leggi ordinarie di riferimento), oltre che obbediente ad un tendenziale principio di equa redistribuzione delle sfere di competenza tra i giudici di primo grado (con una valutazione comparata ed al contempo incrociata tra i diversi tipi di competenza, essenzialmente "forti" e "deboli"), anche in relazione alla previsione del nuovo modello del giudice di pace ed in una prospettiva di auspicabile stabilita', quantomeno a medio termine (nelle more dell'approdo finale, dai piu' predicato, al progetto dell'istituzione del giudice unico in primo grado), non si intravedono (e non potevano intravedersi), in tutta obiettivita', le condizioni per un intervento (oltretutto nemmeno sollecitato da chicchesia e minimamente adombrato nei precedenti e reiterati decreti-legge di proroga dell'entrata in vigore della novella n. 353 del 1990) integrativo, nelle forme del decreto-legge, di una progressiva previsione normativa, di per se' appunto sufficiente e rispondente a principi di logica legislativa in un contesto di politica giudiziaria, oltretutto rimasta "ibernata" per quasi quattro anni; Rilevato, inoltre, che il predetto intervento governativo pare difettare del richiamato requisito legittimante di cui all'art. 77, comma secondo, Cost. laddove, pur muovendosi nella direzione di un aggiuntivo sgravio del carico di lavoro del Tribunale, viene ad incidere notevolmente sulla sfera di competenza del pretore, senza alcun coordinamento - ed anzi prescindendone in assoluto - con la necessariamente coeva previsione di una riforma organica dei cc.dd. criteri di competenza verticali e di un disegno di razionalizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, connotate, oltretutto, con riguardo agli uffici giudiziari pretorili, dalla eccessiva dislocazione, all'interno dei circondari, di plurime sezioni distaccate, con gli ovvi disagi e la conseguente dispersione (o sperequata ripartizione sul territorio) delle energie lavorative e delle strutture organizzative connesse, disegni tutti che, implicando l'adozione del percorso legislativo ordinario (vertendosi in tema di riforme organiche di respiro generale), non possono essere superati e compromessi dall'emananzione di un decreto-legge che stravolge, in buona parte, i presupposti che si devono porre a fondamento dei disegni medesimi; Opinato, tra l'altro, che l'adozione sistematica della descretazione d'urgenza - per cui da strumento eccezionale essa e' divenuta quasi una forma di legiferazione parallela a quella ordinaria - ha ricevuto ormai le critiche di rilevanti indirizzi dottrinali, di ampie schiere di gruppi parlamentari e, di recente, anche dello stesso Presidente della Consulta, il quale autorevolmente, ha voluto sottolineare che, legittimandosi l'azione normativa del Governo al di fuori dei parametri rigorosi prescritti dalla Carta fondamentale, si corre il rischio di imbattersi nel pericolo di un verosimile svuotamento della funzione legislativa del Parlamento, la quale, per molti versi, si potrebbe ridurre ad una sterile attivita' di ratifica (o convalidazione) dell'operato normativo del Governo; Rilevato, conseguentemente, che attraverso la prassi dei cc.dd. "decreti di riforma", - alla cui categoria appartiene quello in esame nel quale e' inserito in senso peggiorativo l'art. 2 della cui legittimita' costituzionale si dubita -, di fatto, il Governo tende a progettare ed erigere, in non pochi casi, interi edifici normativi (ovvero anche a demolirli) destinati a permanere nel tempo, in tal modo sottraendoli al procedimento legislativo ordinario, senza che lo imponga nessuna ragione oggettiva; Ritenuto, dunque, che, per i motivi innanzi spiegati, l'art. 2 del d.-l. n. 238/1995 non si conforma ai canoni trasparenti dall'art. 77 c.p.v. Cost.; Considerato, vieppiu', che la disposizione normativa appena riferita pare collidere - come anticipato - anche contro il principio di "buon andamento" della pubblica amministrazione, racchiuso nell'art. 97, comma primo, Cost., dal momento che, con l'assegnazione della nuova rilevanza competenza al pretore -, tenendo presente l'organizzazione delle preture circondariali e procedendo ad una comparazione sistematica con quella degli altri giudici di primo grado, anche sulla scorta della valutazione delle "forze in campo" oggettivamente disponibili e della produttivita' pregressa media dei predetti giudici -, non puo' escludersi il verificarsi del rischio che l'esplicazione della giurisdizione da parte dei pretori non riesca piu', in maniera prevalente, a realizzarsi, per difficolta' di ordine oggettivo e di "sopportabilita' umana" dei carichi di lavoro che sopravverranno, in funzione dell'osservanza, sempre effettiva, di un principio di efficienza e congruita', nel soddisfacimento dell'interesse collettivo in generale e di quelli da attuare nelle fattispecie specifiche in relazione alle singole controversie intentate dinanzi a tale figura di giudici; Rilevata, innanzitutto, al riguardo, la riferibilita' del richiamato principio del "buon andamento" non soltanto agli organi della pubblica amministrazione in senso stretto, ma anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, per come ha statuito la stessa Corte costituzionale affermando (cfr. le sentenze 7 maggio 1982, n. 86 e 13 gennaio 1989, n. 18) che, in linea generale, "sarebbe paradossale voler esentare l'organizzazione degli uffici giudiziari da ogni esigenza di buon andamento", e che, di fatto, verrebbe ad essere vanificata nel momento in cui si preveda normativamente la realizzazione di procedimenti implicanti un intralcio costante all'attivita' giudiziaria ovvero si adottino delle modifiche legislative incidenti sull'apparato istituzionale (e, pertanto, anche sotto l'aspetto del riparto di competenze) che si prospettino incompatibili in concreto con la tendenziale efficienza dell'organizzazione giudiziaria in senso stretto, inquadrata come apprestamento di mezzi personali e strumentali per rendere possibile nel modo migliore l'attuazione della funzione giurisdizionale; Ravvisato, in merito, che la cennata disposizione di cui all'art. 2 del d.-l. cit. 21 giugno 1995, n. 238, nella parte in cui contempla l'aumento della competenza pretorile fino a lire cinquantamilioni rischia di incidere considerevolmente (in senso negativo) sull'esplicazione della funzione giurisdizionale pretorile, se si tiene conto dell'elemento aggravatore costituito dalla inopinata e, per certi versi, ingiustificata (oltre che sorprendente) "restituzione" (e, quindi, riattribuzione) della competenza per materia al pretore delle cause di opposizione ad ordinanza-ingiunzione (in toto e, dunque, pure nelle ipotesi in cui trattasi solo dell'irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, di qualsiasi valore essa sia) ex legge 24 novembre 1981, n. 689, nonche' di quelle di opposizione alle sanzioni di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, a seguito della previsione di cui all'art. 1 dello stesso decreto-legge che si contesta, con derivante sottrazione delle riferite competenze al giudice di pace e conseguente ridimensionamento di quest'ultima "fresca" (e con il vantaggio di partire senza arretrato) istituzione giudiziaria, che si vorrebbe ulteriormente "depotenziare" con l'auspicata - da parte di alcuni versanti - eliminazione (quantomeno) anche della competenza sulle cause di risarcimento da sinistro stradale con danni alle persone, che verrebbero, per la maggior parte, ad essere - ancora una volta - riassorbite nella competenza pretorile, con evidente "svuotamento" di contenuti importanti dalla competenza del giudice onorario di primo grado e stravolgimento della ratio ispiratrice di fondo della novella n. 353 del 1990 e della legge n. 374/1991; Considerato che la lesione del principio di "buon andamento" dell'amministrazione giudiziaria pretorile, a seguito di questa sorta di "controriforma" in tema di competenze desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 1 e 2 del decreto-legge citato, si verrebbe, nella sostanza, a concretizzare sol che si pensi che, in dipendenza dell'intervenuta elevazione della competenza, le sopravvenienze civili del tribunale si ridurranno, in termini quantitativi (e presumibilmente approssimati per difetto), in misura quantomeno aggirantesi intorno al 50%, con il conseguente accollo, da parte dei pretori, di oltre 200/250 mila cause nuove all'incirca all'anno e se queste si aggiungono alle sopravvenienze medie annuali - computabili in almeno 600/650 mila controversie circa (per come desumibili dai dati evincibili dalle statistiche giudiziarie pubblicate dall'ISTAT nel 1993 e riferite al triennio 1989/1991) - si perverra' al risultato che le sopravvenienze pretorili (che, ovviamente, comporteranno anche l'aumento del "tasso di qualita'" delle controversie, con scontate conseguenze sui tempi di definizione dei processi) si aggireranno intorno a circa 900.000 nuovi processi per anno (ai quali - non bisogna dimenticare - vanno addizionate, allo stato, le circa 900.000 cause costituenti l'arretrato del contenzioso pretorile accumulatosi quanto la competenza per valore era ancorata al tetto dei cinquemilioni di lire, per le quali non sono state approntate diversificati meccanismi di smaltimento con ricorso ad "istituzioni giudiziarie ausiliarie o di soccorso", come, invece, stabilito dall'art. 9, comma cinque, dello stesso d.-l. n. 238/1995 - reiterativo sul punto di precedenti decreti-legge - in relazione all'esaurimento delle controversie civili pendenti dinanzi ai tribunali al 30 aprile 1995); Opinato che, alla luce dei riportati dati orientativi, balza evidente agli occhi che la insufficiente dotazione organica magistratuale e dei personale amministrativo ausiliario dell'ufficio del pretore si trovera' ineluttabilmente nelle condizioni di non poter fronteggiare, in tempi accettabili e con l'espletamento di un servizio efficiente, una cosi' considerevole mole di contenzioso, e cio' risulta ancor piu' evidente laddove si ponga mente alla circostanza che, malgrado l'addizionale sgravio della competenza del tribunale individuato dal d.-l. in discorso n. 238/1995, ancora attualmente il numero dei giudici assegnati ai tribunali civili supera di quasi il 50% quello dei magistrati destinati alle preture civili (1.300 contro 900), restando essenzialmente irrelevante la giustificazione che si volesse addurre ove ci si richiamasse alla connotazione collegiale dei giudizi dinanzi al tribunale, dal momento che, ad accezione delle ipotesi (numericamente non elevate, ancorche' importanti) attributive della c.d. "riserva di collegialita'" di cui all'art. 48, comma secondo, dell'ordinamento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'art. 88 della legge n. 353/1990), le controversie civili rientranti nell'orbita della competenza del tribunale saranno decise dal "giudice istruttore in funzione di giudice unico" secondo il dettato ricompreso nell'art. 190-bis c.p.c.; Ritenuto, conseguentemente, che il rendimento e la tendenziale adeguatezza (anche in termini di speditezza) dell'attivita' giurisdizionale pretorile rischia un prevedibile (e, comunque, non irrilevante) tracollo con l'attribuzione della nuova competenza fino a cinquantamilioni di lire e tanto non trascurandosi che i pretori, oggi (o, meglio, fino a quando la competenza per valore era agganciata al limite dei cinquemilioni di lire) pur dovendo far fronte a sopravvenienze annuali mediante raddoppiate rispetto a quelle dei tribunali, riescono (ovvero: riuscivano) a garantire una produttivita' individuale (quanto a sentenze pubblicate) praticamente doppia (nel 1991, 287 contro 141) rispetto a quella del giudice superiore, con il risultato di un inferiore numero assoluto di pendenze, senza dover minimamente accennare a quell'attivita' provvedimentale "oscura" non equiparabile ufficialmente alla "produttivita' da sentenza" (basti pensare ai molteplici, e spesso complicati, provvedimenti possessori o di concessione dell'ordinanze provvisorie di rilascio) che pure rientrano nella competenza pretorile, ne' alle innumerevoli attivita' che gravitano intorno alla figura del pretore, quale giudice dell'esecuzione mobiliare, delle esecuzioni in forma specifica, delle esecuzioni speciali (non mancando di osservare che l'espropriazione immobiliare si va dirigendo verso una parziale demandazione ai notai), nonche' della qualita' di giudice tutelare, di magistrato addetto istituzionalmente a determinati affari amministrativi (cfr. verifiche periodiche dei registri dello stato civile e attivita' di presidente di commissione - o sottocommissione - elettorale circondariale), che - non di rado - si cumulano in un unico giudice-persona fisica (sintomatico puo' essere proprio il dato statistico della sezione distaccata di Eboli, ove, alla data del 31 marzo 1995, due pretori civili devono gestire, quanto a pendenze, 2224 processi di cognizione ordinaria, 1875 procedimenti esecutivi, 91 tutele, e un pretore del lavoro 1262 controversie ex art. 409 e segg. c.p.c., senza calcolare gli inimmaginabili effetti che deriveranno dall'attribuzionedella giurisdizione e, derivantemente, della competenza sulle cause in materia di pubblico impiego ai giudici ordinari del lavoro e, quindi, in primo grado, al pretore, a seguito dell'entrata in vigore sul punto, nel febbraio 1996, del decr. legisl. n. 29 del 1993); Constatato che non bisogna trascurare che una recente autorevole dottrina ha osservato che dal momento che i giudici di pace sono (ovvero: dovrebbero essere) piu' del doppio dei giudici togati addetti al civile in primo grado, bisognerebbe aver cura di affidar loro per lo meno il 50-60% delle cause civili - le meno importanti, ovviamente, ma quale che sia il loro valore - solo cosi' essendo certi che non si riformi l'arretrato (impregiudicato un loro eventuale aumento); Rilevato, in definitiva, che la disposizione di cui all'art. 2 del d.-l. n. 238 del 21 giugno 1995, non accompagnata dalla previsione dell'adeguamento dei ruoli organici secondo le varie, impellenti ed incisive necessita' del "servizio giustizia" degli uffici pretorili, "in vista del perseguimento di un rapporto equilibrato tra dotazione organica e, appunto, servizi indispensabili per il buon andamento dell'amministrazione" (cfr., per tali puntualizzazioni, Corte cost. n. 131 del 1974 e n 728 del 1988), implica, ove non si ricorra ad una rivisitazione e diversa redistribuzione del carico di lavoro tra i giudici di primo grado, una sicura aggressione del principio enucleato nell'art. 97, comma primo, Costituzione; Ritenuta, infine - acclarata la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 d.-l. cit. -, anche la sua rilevanza nel procedimento di cui trattasi, poiche' la valutazione (in positivo o in negativo) sulla sussistenza del presupposto processuale della competenza e', evidentemente, dipendente dalla risoluzione della questione sollevata che, se accolta, condurrebbe alla conseguenza che questo pretore dovrebbe spogliarsi del procedimento stesso, in quanto incompetente, sulla scorta del combinato disposto di cui al previgente art. 8, comma primo, c.p.c. e art. 63 c.p.c., essendo invece, competente il presidente del tribunale; Conseguendo, inoltre, la sospensione del presente procedimento, in conformita' degli artt. 295 c.p.c. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 77, comma secondo, e 97, comma primo, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 21 giugno 1995, n. 238 ("Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353"), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 giugno 1995, serie generale, n. 144; Dispone la sospensione del presente procedimento e l'immediata trasmissione dgli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al procuratore del ricorrente istituto di credito, ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica e che le prove di questi ultimi adempimenti siano accluse alla presente ordinanza al momento della trasmissione degli atti all'ecc.ma Corte costituzionale. Eboli, addi' 29 giugno 1995 Il pretore: CARRATO 95C1282