N. 454 ORDINANZA 18 - 24 ottobre 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 IVA  (imposta  sul  valore  aggiunto)  -  Annotazioni  -  Fatture   -
 Violazioni   in   materia  -  Trattamento  sanzionatorio  commisurato
 all'effettiva entita'  oggettiva  e  soggettiva  delle  violazioni  -
 Prospettazione  della  questione  viziata  in radice dalla erroneita'
 delle  premesse  interpretative  -  Discrezionalita'  legislativa   -
 Manifesta infondatezza.
 
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 42).
 
 (Cost., artt. 3 e 76).
(GU n.45 del 2-11-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Vincenzo CAIANIELLO;
 Giudici:  avv.  Mauro  FERRI,  prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
    dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare
    MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
    Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 42  del  d.P.R.
 26  ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'IVA) promosso
 con ordinanza emessa il 6 giugno 1994 dalla Commissione tributaria di
 primo grado di Trapani sul ricorso proposto dalla Banca Sicula s.p.a.
 contro l'Ufficio IVA di  Trapani  iscritta  al  n.  60  del  registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  4  ottobre  1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  6 giugno 1994, la Commissione
 tributaria di primo grado di Trapani  ha  sollevato,  in  riferimento
 agli  artt.  3  e  76  della  Costituzione,  questione incidentale di
 legittimita'  dell'art.  42  del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  633
 (Istituzione  e  disciplina  dell'IVA),  che  punisce  "chi omette le
 annotazioni  prescritte  negli  artt.  23  e  24,  in  relazione   ad
 operazioni  imponibili"  (le  annotazioni, cioe', di fatture emesse e
 corrispettivi incassati) "con la pena pecuniaria in misura da  due  a
 quattro volte l'imposta relativa alle operazioni stesse";
      che  la  riferita  denuncia si fonda sostanzialmente sul rilievo
 che la disposizione indicata "non distingue tra i  soggetti  che  non
 hanno  versato  l'imposta  dovuta  e  quelli  che (come nella specie)
 l'hanno invece versata e che,  quindi,  non  hanno  perseguito  alcun
 disegno evasivo";
      che,  cio',  appunto, comporterebbe la violazione, per un verso,
 del  precetto  dell'eguaglianza  per  l'irragionevole  identita'  del
 trattamento  sanzionatorio cosi' riservato a violazioni sostanziali e
 violazioni soltanto formali, e, nel contempo, il contrasto con l'art.
 76  della  Costituzione  in  relazione  ai  criteri  direttivi  posti
 dall'art.  10,  primo  e  secondo comma, della legge delega 9 ottobre
 1971, n. 825, secondo cui le norme da emanare per  la  prevenzione  e
 repressione  dell'evasione  avrebbero  dovuto  perseguire la migliore
 commisurazione  delle  sanzioni  all'effettiva  entita'  oggettiva  e
 soggettiva delle violazioni;
    Considerato  che  la questione, cosi' sollevata, e' manifestamente
 infondata sotto ogni aspetto;
      che la prospettazione del giudice a quo e'  infatti  viziata  in
 radice  dalla  erroneita' della premessa (posta a base di entrambe le
 ipotizzate violazioni) della supposta irrilevanza, nella fattispecie,
 dell'assolvimento dell'imposta e della conseguente sussistenza o meno
 di un danno all'erario;
      che, viceversa, proprio a tale circostanza l'art. 49  -  che  fa
 sistema  con  il  precedente  art.  42  del  d.P.R. n. 633 del 1972 -
 attribuisce espresso rilievo  "per  la  determinazione  della  misura
 della  pena  pecuniaria", cosi' consentendo di conformare, nel quadro
 della pena edittale,  l'entita'  della  sanzione  alla  gravita'  del
 fatto;
      che,  cio',  all'evidenza,  esclude  sia l'ipotizzata violazione
 dell'art. 3, sia quella dell'art. 76  della  Costituzione,  sotto  il
 profilo  dell'assolvimento  dei riferiti criteri della delega in tema
 di commisurazione della sanzione alla effettiva entita' del fatto;  e
 cio'  a  prescindere  dall'ulteriore  pur decisiva considerazione che
 rientra nella discrezionalita' del legislatore tributario configurare
 anche infrazioni di pericolo, anticipando la sanzione a comportamenti
 omissivi di condotte ritenute  -  come  nella  specie  -  strumentali
 all'obiettivo  di  facilitare  la  rilevazione  dell'imponibile  ed a
 quello ulteriore di "prevenire" l'evasione fiscale;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  42  del  d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 633
 (Istituzione e disciplina dell'IVA), sollevata, in  riferimento  agli
 artt.  3  e  76  della  Costituzione, dalla Commissione tributaria di
 primo grado di Trapani, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 1995.
                       Il Presidente: CAIANIELLO
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 ottobre 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C1377