N. 748 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo - 10 ottobre 1995

                                N. 748
 Ordinanza   emessa   il   20   marzo   1995   (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 10  ottobre  1995)  dal  pretore  di  Roma  sezione
 distaccata di Castelnuovo di Porto, nel procedimento penale carico di
 Salibra Lucrezia
 Ambiente  (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi eccedenti i limiti
    tabellari  previsti  dalla   legge   n.   319/1976   -   Lamentata
    depenalizzazione  -  Irragionevolezza  - Disparita' di trattamento
    rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con maggior severita'  -
    Lesione del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento alle
    norme  del  diritto  internazionale, in particolare a quelle CEE -
    Violazione del principio di riserva di legge in materia penale per
    reiterazione a catena dei decreti-legge - Conseguente  sottrazione
    del potere legislativo al Parlamento.
 (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3).
 (Cost., artt. 3, 10, 11, 25, 32 e 77).
(GU n.47 del 15-11-1995 )
                                IL PRETORE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale a
 carico di Salibra Lucrezia, imputata dei reati p. e  p.  dagli  artt.
 21,  terzo  comma,  legge 319/1976, 25 legge n. 319/1976 in relazione
 all'art. 6 legge regionale Lazio n. 41/1982;  alla  pubblica  udienza
 del  10  marzo  1995  ha  pronunciato  la  sotto  estesa ordinanza di
 rimessione degli atti alla Corte costituzionale per  il  giudizio  di
 costituzionalita'  dell'art. 3 del decreto-legge 16 gennaio 1995 n. 9
 in relazione agli artt. 3, 10, 11, 25, 32 e 77, Cost.
   Il primo e piu'  evidente  contrasto  denunciabile  e'  quello  tra
 l'impugnata  norma  e  l'art.  3  della  Costituzione  inteso nel suo
 essenziale  significato  di   limite   di   ragionevolezza   che   le
 disposizioni legislative devono sempre rispettare.
   Si  osserva  al  riguardo  che  in  forza della norma denunciata si
 realizza de facto e de iure, la  sostanziale  depenalizzazione  della
 condotta   di   inquinamento  collegata  al  superamento  dei  limiti
 tabellari previsti dalla legge (con la residua rilevanza  penalistica
 della  condotta  inquinante  di  chi  supera la soglia percentuale di
 inquinamento fissata al 20% dei valori  tabellari,  assoggettando  la
 relativa ipotesi alla sola sanzione dell'ammenda).
   Orbene, in conseguenza di tale novella, la condotta di inquinamento
 c.d.  sostanziale,  cosi'  definito perche' legato al superamento dei
 valori considerati inquinanti, riceve un trattamento difforme e  piu'
 favorevole  rispetto  ai  casi  di  inquinamento  c.d.  formale cosi'
 definito perche'  connesso  alla  sola  violazione  delle  competenze
 amministrative  dettate  dalla  legge  in  merito  al  rilascio della
 autorizzazione  allo  scarico,  indipendentemente,  quindi,  da   una
 lesivita' in atto dell'interesse sostanziale riguardante l'integrita'
 delle acque.
   Infatti  tali violazioni a carattere meramente formale sono rimaste
 assoggettate alla pena alternativa  dell'arresto  o  dell'ammenda  ex
 art.  21,  primo  comma legge n. 319 del  1976 laddove, per l'ipotesi
 del superamento dei limiti tabellari da parte di scarico  produttivo,
 con   la   norma   denunciata,   si   e'  realizzata  la  sostanziale
 depenalizzazione con il residuale ricorso alla sanzione  penale  solo
 in caso di superamento di una determinata soglia di inquinamento.
   Il  trattamento  differenziato  sopra  descritto  mostra evidenti i
 segni della incoerenza e della  disparita'  di  trattamento  che  non
 riesce a trovare alcuna valida giustificazione della diversita' delle
 situazioni di fatto disciplinate.
   Al   contrario,   proprio  confrontando  le  realta'  obiettive  da
 disciplinare emerge la violazione del limite di ragionevolezza atteso
 che e' stata introdotta, con la norma denunciata, una  disciplina  di
 maggiore  favore  per fatti (di inquinamento sostanziale) sicuramente
 piu' gravi di quelli (di inquinamento solo formale) per  i  quali  e'
 stata mantenuta inalterata la precedente disciplina; con il risultato
 abnorme  di  punire piu' gravemente l'inquinamento formale (arresto o
 ammenda)  rispetto  all'inquinamento  sostanziale  (solo  ammenda  o,
 persino,  al  di  sotto  della  ricordata  soglia  del  20%, assoluta
 irrilevanza personale.
   Altro profilo di contrasto denunciabile e' quello  riferibile  agli
 artt.  10  e  11  della Costituzione reclamanti l'obbligo dello Stato
 italiano di  conformarsi  agli  obblighi  internazionalmente  assunti
 consentendo  in  condizioni di parita' con gli atri Stati, anche alle
 necessarie limitazioni di sovranita'.
   Si  osserva  infatti  che  l'appartenenza  dell'Italia   all'Unione
 europea  impone  al  nostro  Paese  il pieno rispetto delle direttive
 comunitarie che, a seconda dei casi,  ricevono  diretta  applicazione
 nell'ordinamento   italiano   ovvero   vengono  applicate  attraverso
 l'intermediazione  di  leggi  di   attuazione   che   ne   assicurano
 l'esecuzione ed il rispetto.
   Nella  materia  che  qui interessa sussistono direttive comunitarie
 che impongono determinati  criteri  normativi  sulla  gestione  delle
 acque  e  sulla repressione dei contegni violativi. Per ben due volte
 la Corte europea di giustizia ha condannato il nostro  Paese  per  il
 riconosciuto  contrasto  tra  la "Legge Merli" e le vigenti direttive
 comunitarie (Corte di giustizia 13 dicembre 1990 e 28 febbraio  1991)
 tra  le altre ragioni perche' recante norme troppo permissive ai fini
 del rilascio delle autorizzazioni  ed  insufficientemente  repressive
 agli   effetti   sanzionatori  in  relazione  all'inosservanza  delle
 prescrizioni riportate nelle autorizzazioni medesime.
   Con la denunciata norma, che abbassa ulteriormente  il  livello  di
 risposta   penale,   gia'   ritenuto  insufficiente,  si  concretizza
 l'ulteriore  accentuazione  del  grado  in  adempienza  dello   Stato
 italiano  verso  le  direttive  comunitarie e veso le decisioni della
 Corte suprema di giustizia.
   Violato dalla norma denunciata ed, unitariamente, dal decreto-legge
 che la contiene e' altresi' il  principio  di  riserva  di  legge  in
 materia  penale  affermato dall'art. 25 Cost., letto in relazione con
 l'art.  77 Cost. sulla decretazione di urgenza da parte del Governo.
   Si osserva sul punto che la riserva  di  legge  in  materia  penale
 possiede  quale primo e fondamentale significato, quello secondo cui,
 le  scelte  di  politica  criminale,  sono  monopolio  esclusivo  del
 Parlamento.
   L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte
 attraverso  decreti-leggi  legislativi  e'  connessa alla circostanza
 che, in entrambi in casi,  si  realizza  ed  e'  assicurato  comunque
 l'intervento  del  Parlamento  in  posizione sovraordinata, ora quale
 organo delegante (art. 76 Cost.), ora quale organo cui e' rimesso  il
 potere  di conferire stabilita' e durevolezza, attraverso la legge di
 conversione a disposizioni normative precarie e soggette da decadenza
 in caso di inutile decorso del termine di 60 giorni dettato dall'art.
 77 ultimo comma, Cost.
   Nella specie, attraverso la reiterazione a catena di  decreti-legge
 non  convertiti disciplinanti l'identica materia penale - l'ultimo e'
 quello denunciato di incostituzionalita' con la presente ordinanza  -
 si  e'  di  fatto  realizzata  la sottrazione al Parlamento della sua
 esclusiva   competenza   a   disporre   in   materia   penale,    con
 l'inammissibile  assunzione  da  parte  dell'esecutivo,  del relativo
 potere di bilanciamento e  di  valutazione  degli  interessi  che  in
 materia  penale  e'  di  esclusiva competenza dell'organo assembleare
 rappresentativo della sovranita' popolare. In alte parole, attraverso
 il procedimento  indiretto  consistito  nella  ripetuta  adozione  di
 decreti-legge   non   convertiti  e  di  identico  contenuto,  si  e'
 realizzato il risultato contrastante con le precisazioni di cui  alla
 Corte Costituzionale che vuole assicurata la competenza esclusiva del
 Parlamento in materia penale.
   Da ultimo e' sussistente un evidente contrasto nella norma in esame
 con l'art. 32 della Costituzione.
   Infatti,  puo'  considerarsi  pacifico  che  nel concetto di salute
 pubblica, costituzionalmente garantito, debba ricomprendersi anche la
 salubrita'  dell'ambiente  naturale  ed  urbano  entro  cui  ciascuna
 persona viva.
   Questo  concetto viene pacificamente riconosciuto in giurisprudenza
 sicche' l'affievolita, ed in alcuni casi del  tutto  esclusa,  tutela
 penale  in  materia di inquinamento sostanziale comporta che la nuova
 normativa si pone in contrasto con le esigenze che  l'art.  32  Cost.
 vuole  assicurate, anche e soprattutto per via legislativa in materia
 di tutela della salute.
   La sollevata questione e' rilevante ai fini del  presente  giudizio
 atteso  che  investe la norma che direttamente incide sul trattamento
 sanzionatorio applicabile al caso concreto determinandone uno affatto
 diverso.
   Infatti, nella  validita'  e  vigenza  della  denunciata  norma  la
 condotta   dell'imputato  risulterebbe  priva  di  rilevanza  penale;
 opposta  ipotesi  ricadrebbe  sotto  i  rigori   della   preesistente
 disciplina  penale  di cui all'art. 21, secondo comma, della legge n.
 319/76.
                               P. Q. M.
   Vista la eccezione di incostituzionalita'  sollevata  dal  pubblico
 ministero  dell'art.  3  del  decreto-legge 16 gennaio 1995, n. 9, in
 relazione agli art. 3, 10, 11, 25 e 32 della Costituzione;
   Ritenuto  che  la  non  manifesta  infondatezza   delle   questioni
 prospettate    e    rilevati    d'ufficio    autonomi    profili   di
 incostituzionalita' dell'art.  3 del decreto-legge 16  gennaio  1995,
 n. 9, in relazione agli artt.  3, 25 e 77 della Costituzione;
   Ritenuta    la    rilevanza    della    superiore    questione   di
 costituzionalita' ai fini della definizione del presente giudizio;
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Solleva questione di costituzionalita' del richiamato  art.  3  del
 decreto-legge  16  gennaio 1995, n. 9, in relazione agli artt. 3, 10,
 11,  25,  32  e  77  della  Costituzione  disponendo   la   immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione sia
 notificata  alle parti in causa ed al p.m., nonche' al Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
   L'ordinanza verra' comunicata a cura del cancelliere ai  Presidenti
 delle due Camere;
   Sospende il presente giudizio.
     In Castelnuovo di Porto, addi' 20 marzo 1995.
                                                     Il pretore: Croce
 95C1362