N. 753 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 1995

                                N. 753
 Ordinanza  emessa  il  20  luglio  1995 dal pretore di Padova sezione
 distaccata di Monselice sul ricorso proposto dalla S.p.a.  Cementeria
 di Monselice contro a S.p.a. Strumet
 Processo  civile  -  Competenza  per  valore  del  pretore - Modifica
    (aumento  fino   a   lire   cinquanta   milioni)   apportata   con
    decreto-legge - Lamentato abuso di tale strumento di legiferazione
    per   mancanza   dei   presupposti  di  necessita'  ed  urgenza  -
    Conseguente esautoramento del Parlamento - Lesione  del  principio
    di buon andamento dell'amministrazione della giustizia.
 Legge  in  genere  -  Decreto-legge - Lamentata omessa previsione del
    divieto  di  reiterazione  dei  decreti-legge  gia'  decaduti  per
    mancata  conversione  -  Violazione dei principi costituzionali in
    materia.
 (D.-L. 21 giugno 1995, n. 238, art. 2; legge 23 agosto 1988, n.  400,
    art.  15, secondo comma, in relazione al  d.-l. 21 giugno 1995, n.
    238, art. 2).
 (Cost., artt. 72, quarto comma, 76, 77 e 97).
(GU n.47 del 15-11-1995 )
                                IL PRETORE
   Letto il ricorso che precede;
   Rileva quanto segue:
   La Cementeria di Monselice S.p.a. chiede a questo giudice di  voler
 emettere  decreto ingiuntivo nei confronti della ditta Strumet S.p.a.
 per la somma di L. 21.391.002 , oltre agli  interessi  dalle  singole
 scadenze  al  saldo,  importo  dovuto  per  il  mancato  pagamento di
 forniture di cemento.
   La  domanda,  depositata  in  cancelleria  il 10 luglio 1995, trova
 supporto normativo nel  d.-l.  21  giugno  1995,  n.  238  (pubb.  in
 Gazzetta  Ufficiale  22  giugno 1995, data di entrata in vigore) che,
 modificando l'art. 8 del codice di procedura civile (gia'  modificato
 dall'art.    3  della legge n. 353/1990) ha elevato la competenza del
 pretore  fino  alle  cause  di   valore   (non   superiore   a   lire
 cinquantamilioni).
   Appare   necessario,   pertanto,   esaminare   preliminarmente   la
 competenza  del  giudice  adito  -  presupposto  processuale  la  cui
 sussistenza e'
  condizione  indefettibile  per poter pronunciare - onde decidere sul
 merito della domanda, sia pure nei limiti della fase monitoria.
   Ritiene questo pretore che su  tale  profilo  sussistano  dubbi  in
 merito  alla  legittimita'  costituzionale  del  d.-l. n. 238 cit. In
 particolare:
   1) Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
   Si deve osservare, in  primo  luogo,  che  in  un  lasso  temporale
 brevissimo  (meno  di due mesi: dal 30 aprile 1995 al 22 giugno 1995)
 la competenza del pretore e' stata piu' che decuplicata  passando  da
 1-5 milioni a 5-50 milioni;
   Tale "riforma" - operata con il d.-l. n. 238 cit. - e', in realta',
 idonea  a  produrre  effetti  dirompenti sul piano del buon andamento
 degli uffici di pretura,  con  grave  lesione  dei  principi  sanciti
 dall'art.  97 Cost.
   L'attuale  competenza  -  pari a cinquanta milioni di lire contro i
 venti previsti dall'art. 18 della legge  n. 374/1991 - si accompagna,
 infatti,  alla  indiscriminata  "restituzione"   al   pretore   della
 competenza  per  materia  in  ordine  alle  cause di opposizione alle
 ingiunzioni di cui alla legge 24 novembre 1981,  n.  689,  nonche'  a
 quelle  di  opposizione alle sanzioni amministrative irrogate ex art.
 75 d.P.R. n. 309/1990, come stabilito dall'art. 1 del   d.-l. n.  238
 cit.  che ha sottratto al giudice di pace detta competenza, abrogando
 tout court l'art.  7, commi terzo e quarto, n. 4 c.p.c.
   Si  puo'  facilmente  prevedere  che,  in  ragione  di   cio',   le
 sopravvenienze  civili  del tribunale si ridurranno quantitativamente
 in misura non minore del 60-65% e che, di  conseguenza,  sui  pretori
 verranno  a  gravare  circa  300.000 cause nuove in piu' all'anno, in
 precedenza trattate dal giudice superiore.
   Ora, queste cause aggiungendosi alle sopravvenienze medie annuali -
 stimabili in via prudenziale in almeno 650.000 controversie,  secondo
 dati  estrapolati  dalle statistiche giudiziarie edite dall'ISTAT nel
 1993 per il triennio 1989-1991 e validi, comunque, per  i  limiti  di
 competenza   fino   a   5  milioni)  -  finirebbero  per  portare  le
 sopravvenienze pretorili a sfiorare (e, piu' facilmente, a  superare)
 il milione di nuovi processi annui.
   Si  tenga  conto,  poi,  della grave situazione di insufficienza di
 organico e di personale amministrativo degli  uffici  pretorili,  del
 tutto  inadeguati  per  far  fronte in tempi accettabili ad una cosi'
 imponente mole di competenze. Giova  osservare,  sul  punto,  che  il
 numero  dei  magistrati destinati alla pretura civile ammonta a circa
 900 unita' contro le 1.300 in carico ai tribunali.
   Tale  divario,  poi,  non trova piu' una forte argomentazione nella
 natura collegiale del giudice superiore,  atteso  che  anche  per  il
 tribunale  la decisione e', di norma, presa dal giudice istruttore in
 funzione di giudice unico (fanno eccezione solo  le  controversie  ex
 art.  48 r.d. n. 12/1941 come modificato dall'art. 881 della legge n.
 353/1990, sicuramente non di rilevante quantita').
   In   questo   contesto,   quindi,   appare   inevitabile   che   lo
 "straripamento"  della competenza del pretore di fronte ad una pianta
 organica immutata (e concepita  per  una  competenza  di  gran  lunga
 inferiore)  ed  eliminando  meccanismi  acceleratori  del giudizio e,
 comunque, non introducendo forme di  "sommarizzazione",  finira'  per
 paralizzare totalmente questo ufficio e, in prospettiva, a travolgere
 il complesso della giurisprudenza civile.
   2) Violazione dell'art. 77 della Costituzione.
   L'abnorme  incremento  della  competenza  pretorile,  poi, e' stato
 perseguito con le forme della  decretazione  d'urgenza  del  Governo,
 strumento  sempre  piu'  utilizzato  (o,  forse,  sovrautilizzato)  e
 caratterizzato da frequenti  e  ripetute  reiterazioni  del  medesimo
 provvedimento  normativo  (ognuna  associata  a  piu' o meno profonde
 riorganizzazioni dell'assetto normativo oggetto della  disciplina)  e
 da lunghissimi tempi di sviluppo
  (ad esempio in materia di scarichi, solamente in data 17 maggio 1995
 (ossia  dopo  circa  un  anno  e  mezzo) la disciplina ha assunto una
 connotazione apparentemente stabile con la conversione nella legge n.
 172/1995 del d.-l. n. 79/1995).
   Contro l'abuso  di  questo  strumento  si  sono  levate,  anche  di
 recente,  le  voci  critiche della migliore dottrina, di ampi settori
 del Parlamento ed  infine,  con  piena  autorevolezza,  dello  stesso
 Presidente della Consulta, consapevoli del pericolo di un sostanziale
 svuotamento   della   funzione   legislativa  delle  Camere,  qualora
 venissero ridotte a mero strumento di ratifica dell'operato normativo
 del Governo.
   Va poi ricordato che la prassi dei c.d. "decreti di riforma" - come
 e' quello in esame - e' stato oggetto di  severe  critiche  da  parte
 degli  studiosi,  i  quali  hanno  evidenziato  che  e'  "quanto meno
 opinabile che simili atti corrispondano,  nel  complesso  delle  loro
 disposizioni,  a  casi  straordinari  di  necessita' ed urgenza... In
 concreto, attorno ad un nucleo costituito da una decisione  realmente
 urgente...  il  Governo  progetta  ed  erige interi edifici normativi
 destinati  a  durare  nel   tempo,   sottraendoli   al   procedimento
 legislativo   ordinario,   senza   che  lo  imponga  nessuna  ragione
 oggettiva".
   Nel caso in esame, ad avviso di questo giudicante, l'emanazione del
 d.-l.  n.  328/1995  e'   avvenuta   in   assenza   dei   presupposti
 costituzionali di necessita' e d'urgenza di cui all'art. 77 Cost.
   Va  dato  atto, innanzitutto, che nel "preambolo" del decreto-legge
 non sono state minimamente indicate  -  in  totale  inottemperanza  a
 quanto  imposto  dall'art. 15, primo comma, della legge n. 400 del 23
 agosto 1988 -  "le  circostanze  straordinarie  di  necessita'  e  di
 urgenza che ne giustificano l'adozione".
   Secondo un acuto orientamento dottrinale la necessita' e l'urgenza,
 peraltro,  vanno  riferite  non  gia'  al contenuto del provvedimento
 adottato, ma al provvedere in se'.
   Cio'  non  significa, tuttavia, che qualunque tipo di provvedimento
 sia idoneo a soddisfare la necessita'  di  provvedere:  e'  evidente,
 infatti,  che  l'attivita'  di  legiferazione deve essere commisurata
 alle esigenze e alle finalita' che postulano l'intervento necessitato
 nonche', piu' in particolare, all'insieme dei  valori  costituzionali
 coinvolti.
   Tale  rilievo  postula,  quindi,  un duplice esame: per un verso si
 deve esaminare se  l'intervento  del  Governo  sia  stato  rivolto  a
 fronteggiare  gravi  vuoti  normativi  o,  comunque, insufficienze di
 regolamentazione; per altro verso,  invece,  si  deve  verificare  se
 l'azione  -  in  relazione  ad  un  piu'  ampio contesto di valori ed
 esigenze,  comunque  rapportate  ai  valori  costituzionali   -   era
 indispensabile.
   a)   E'   subito  evidente,  in  primo  luogo,  che  l'art.  2  del
 decreto-legge cit. non persegue la finalita' di colmare  -  in  tempi
 reali  - vuoti normativi: secondo la formulazione del previgente art.
 8 c.p.c., come risultante dalla  modifica  introdotta  a  seguito  di
 approfondite  valutazioni con l'art. 18 della legge 21 novembre 1991,
 n. 374, il pretore era competente per le cause, anche se  relative  a
 beni  immobili,  di  valore  non  superiore  a lire venti milioni, in
 quanto non di competenza del giudice di pace.
   Per le cause di valore superiore restava la competenza in  capo  al
 tribunale, il quale, peraltro, era gia' stato opportunamente sgravato
 delle  controversie in materia di circolazione strdale, nonche' delle
 controversie locative, di comodato e di affitto d'azienda.
   In  tale  contesto,  quindi,  la  sottrazione  al  tribunale  delle
 controversie  sino  a  50  milioni non pare rispondere minimamente ad
 esigenze di reale e pronta razionalizzazione del sistema processuale,
 nonostante che le medesime esigenze siano state  poste  a  fondamento
 dello spirito dell'intera novella.
   E'  evidente, infatti, che la modifica della competenza pretorile -
 estremamente importante ed ampia - e'  rivolta  principalmente  nella
 direzione di un ulteriore sgravio del carico giudiziale dei tribunali
 al  di  fuori  di  ogni  disegno organico di revisione dei criteri di
 competenza verticali (nella auspicata prospettiva del  giudice  unico
 di  primo grado) e senza alcuna previsione di razionalizzazione delle
 circoscrizioni   giudiziarie,   avuto   particolare   riguardo   alla
 situazione delle preture e al grave stato di disagio - organizzativo,
 patrimoniale    e    personale   -   determinato   dalla   ridondante
 frammentazione in numerose sezioni distaccate.
   b) Sotto il secondo profilo (ossia  in  relazione  all'esigenza  di
 provvedere  in  se'),  il  d.-l.  n.  238  cit.  puo'  apparentemente
 rinvenire una giustificazione nel contesto in cui e' sorto.
   E' ben noto, infatti, che il d.-l.  n.  238  si  inserisce  -  come
 parziale  e  provvisorio epilogo - nel fenomeno della c.d. astensione
 dalle  udienze  proclamata  a   livello   nazionale   dal   Consiglio
 dell'Ordine degli avvocati e procuratori.
   Tale  agitazione,  con riguardo al processo civile, si e' protratta
 per circa due mesi (ossia dal 22 aprile 1995 al  24 giugno  1995)  ed
 e'  stata  condotta  al  fine  di  modificare radicalmente la novella
 (eliminazione  sostanziale  delle   preclusioni   e   aumento   della
 competenza  pretorile  a  lire  50 milioni) e di abolire o, comunque,
 ridimensionare fortemente la figura del  giudice  di  pace,  esigenze
 entrambe fortemente avvertite da componenti del Foro.
   In  via meramente incidentale, si puo' osservare che il fenomeno in
 oggeto  puo'  -  per  contenuto  e  modalita'  -   venire   accostato
 all'esercizio    del   diritto   di   sciopero   (la   stessa   Corte
 costituzionale, infatti, ha esplicitamente richiamato la legge n. 146
 per sollecitare l'intervento regolatore del legislatore: sent. n. 114
 del 23-31 marzo 1994).
   Ad avviso di questo pretore, la condotta va ricondotta, in realta',
 ad una estrinsecazione della liberta'  di  associazione  riconosciuta
 dall'art.  18  Cost.:  la  situazione,  infatti,  e' quella in cui un
 gruppo di persone dopo essersi assegnato fini ed obiettivi agisce per
 dare concreta attuazione a determinate proposte mediante  l'indizione
 di  forme  di  protesta  e di agitazione, con particolare riguardo al
 proprio settore di attivita'.
   In altri termini,  quindi,  i  presupposti  costituzionali  di  cui
 all'art.    77  Cost. potevano essere individuati nella necessita' di
 provvedere per conservare "la pace sociale" di fronte  alle  esigenze
 del Foro, rappresentante - al di la' delle specifiche richieste - nel
 desiderio  di ottenere un processo rispettoso delle parti e di rapido
 sviluppo.
   Questo rilievo, peraltro, ha validita' nella misura in cui il d.-l.
 n. 238 era in grado di soddisfare - eventualmente  contemperandole  -
 il  complesso  delle  esigenze  in  gioco  nel  rispetto  dei  valori
 costituzionali coinvolti.
   In realta' - come sopra evidenziato - l'assetto  disegnato  con  la
 "controriforma"  di  cui  al  d.-l.  n.  238 e' gravemente lesivo del
 principio di buon andamento della amministrazione  statuito  all'art.
 97 Cost.  (sulla applicabilita' del principio agli uffici giudiziari:
 sent.    Corte  cost.  n.  86/1982),  lesione  che - in via meramente
 conseguenziale - finisce con il danneggiare tutti  gli  utenti  della
 giustizia  -  cittadini, magistrati, avvocati e operatori del settore
 in genere - poiche' la preponderante massa del contenzioso civile che
 ricadra'  inevitabilmente  sul  pretore  ne  paralizzera'  il  lavoro
 determinando   un   anomalo  allungamento  dei  tempi  processuali  e
 realizzando, quindi, un sostanziale diniego di giustizia.
   3) Appare necessario,  infine,  considerare  l'eventualita'  che  -
 nelle  more  della  procedura  qui avviata - il decreto contenente la
 norma  impuganta  venga  a  decadere  per  essere,   contestualmente,
 sostituito  da  altro  decreto,  secondo  la evidenziata prassi della
 reiterazione.
   Possono  essere  evidenziati  due   profili,   uno   di   carattere
 particolare e l'altro di portata generale.
   A)  La  norma  non  subisce  sostanziali  modifiche  nonostante  la
 perenzione dello specifico testo di recepimento.
   In tal caso i rilievi esposti restano  intatti,  per  cui  dovrebbe
 essere pienamente ammissibile l'esame delle questioni sollevate, come
 affermato  recentemente  dalla stessa Consulta (v. da ultimo ord.  n.
 279 del 15-27 giugno 1995 in Gazzetta Ufficiale 5 luglio 1995).
   B) A prescindere dalla omogeneita' delle norme riprodotte, si  deve
 ritenere che l'attivita' legiferativa del Governo sia stata spinta al
 di  la' di ogni ragionevole spazio temporale poiche' la "decretazione
 d'urgenza" - con efficacia per un periodo di gran lunga superiore  al
 periodo  massimo di vigenza precaria (60 giorni) indicato dalla norma
 costituzionale e con rimessione  alla  totale  autonomia  del  potere
 esecutivo  della determinazione della disciplina delle regole poste a
 fondamento  della  giurisdizione civile - non puo' piu', ad avviso di
 questo pretore, essere ricondotta all'art. 77 Cost.
   Il  fenomeno,  invece,  da'  forma   ad   un'anomala   ipotesi   di
 "autodelegazione",  ossia  di  esercizio  da  parte del Governo della
 funzione legislativa fuori dai limiti ex art. 77 Cost. e in  mancanza
 di apposita legge di delegazione.
   La    potesta'   normativa   del   Governo,   invero,   trova   una
 regolamentazione nella legge n. 400 del 23 agosto 1988.
   L'art. 15, secondo comma, in  particolare,  individua  i  limiti  -
 aventi  valore  di  legge  ordinaria  ma direttamente incidenti anche
 sotto il profilo giuridico sulla  attivita'  del  Governo  attesa  la
 previsione  di  cui  all'art.  78,  terzo  comma, del Regolamento del
 Senato ("...qualora la 1ΓΏ Commissione... esprima parere contrario per
 difetto dei presupposti richiesti dall'art. 77, secondo comma Cost. o
 dei   requisiti   stabiliti   dalla   legislazione   vigente...")   -
 all'utilizzo dei decreti-legge.
   La  lettera  a)  -  piu'  specificamente - fa divieto al Governo di
 "conferire  deleghe  legislative  ai   sensi   dell'art.   76   della
 Costituzione".
   La  disposizione  appare  diretta  - in ossequio ai principi di cui
 agli artt. 76 e 72, quarto comma, della Costituzione  -  ad  impedire
 che  con  la  strumento  della  decretazione  d'urgenza il Governo si
 attribuisca la potesta' di regolamentare settori o materie (in genere
 relative ad aspetti  importanti  dall'Ordinamento  e  della  societa'
 civile)  stabilendo  autonomamente  e  in  via  preventiva i tempi, i
 principi regolatori della materia e le direttive da seguire.
   Nulla dice, peraltro, in merito ai limiti  sulla  reiterazione  dei
 decreti-legge: la lettera c) dell'art. 15, secondo comma, della legge
 n.  400  cit.,  vieta  solamente  di  "rinnovare  le disposizioni dei
 decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge". Ne
 consegue che - a contrario  -  e'  ammissibile  la  reiterazione  dei
 decreti-legge in tutte le altre ipotesi.
   Questo  fenomeno, tuttavia, risulta pienamente sovrapponibile - pur
 non venendo ad esistenza con  un  atto  del  Parlamento  -  a  quello
 derivante  dal  conferimento  di  delega, dimostrandosi, anzi, ancora
 piu' incisivo poiche' sviluppa i suoi effetti in tempo reale.
   Da tutto cio', quindi, consegue che non e' manifestamente infondata
 la questione di legittimita' dell'art. 15, secondo comma, della legge
 n. 400 del 23 agosto 1988 in rapporto al d.-l. n.  238  cit.  (e,  in
 ispecie,  all'art.  2  dello stesso) per contrasto con il disposto di
 cui agli artt. 72, quarto comma, e 76 Cost. in relazione all'art.  77
 Cost. nella parte in cui non fa divieto al  Governo  di  reiterare  i
 decreti-legge non convertiti entro 60 giorni.
   La  questione,  infatti,  e'  pertinente poiche' il d.-l. n. 238 in
 esame costituisce reiterazione, sia pure con modifiche, del d.-l.  n.
 121 del 21 aprile 1995 e, conseguentemente, resterebbe travolto dalla
 eventuale declaratoria di illegittimita'.
   Il rilievo, poi, vale  a  maggior  ragione  nell'ipotesi  di  nuova
 reiterazione   con   regolamentazione  della  competenza  civile  del
 pretore.
   Non sembra, peraltro, che l'eccezione si risolva in  una  richiesta
 di  sentenza  additiva:  il divieto, infatti, e'   gia' esistente con
 riguardo all'esplicito conferimento di legge di delegazione  mediante
 decreto-legge (v. lett. a)  art. 15 cit.).
   La norma, semplicemente, trascura di considerare lo stesso identico
 fenomeno  solo  perche'  viene  ottenuto  per  altra  via,  la quale,
 peraltro, e' idoena a provocare effetti sicuramente piu' dirompenti.
   Sotto il  profilo  della  rilevanza,  infine,  giova  ulteriormente
 osservare  che  l'eventuale  accoglimento  delle  questioni sollevate
 comporterebbe - evidentemente  -  il  difetto  della  competenza  per
 valore    dell'odierno    giudicante,   con   conseguente   reiezione
 dell'istanza monitoria.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 21 giugno 1995, n.
 238  (interventi  urgeni  nel  processo  civile  e  sulla  disciplina
 transitoria  della  legge  26  novembre  1990,  n.  353,  relativa al
 medesimo processo) in relazione agli artt. 77 e 97 Cost.;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 15, secondo comma, della legge
 n. 400 del 23 agosto 1988 in rapporto all'art. 2 del d.-l.  21 giugno
 1995, n. 238, in relazione agli artt. 72,  quarto  comma,  76  e  77,
 Cost.;
   Sospende il giudizio in corso;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Dispone che, a  cura  della  cancelleria,  gli  atti  del  presente
 giudizio vengano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e
 che la presente ordinanza venga notificata - a cura della cancelleria
 -  alla  parte  e  venga  trasmessa  al  Presidente del Consiglio dei
 Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei  deputati
 e al Presidente del Senato della Repubblica.
     Monselice, addi' 20 luglio 1995
                                          Il pretore: Fuochi Tinarelli
 95C1394