N. 878 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 1995

                                N. 878
  Ordinanza  emessa  il  18  ottobre  1995 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Roma  nel  procedimento  penale  a
 carico di Pannella Marco ed altri
 Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  -  Canapa indiana e derivati -
 Repressione penale delle condotte diverse dalla  detenzione  per  uso
 personale (nel caso di specie, cessione), ma a questa propedeutiche -
 Lamentata   irragionevolezza   in  considerazione  della  intervenuta
 depenalizzazione della detenzione per uso  personale  -  Comparazione
 con  la  libera  commercializzazione  di  altre  sostenza  (tabacchi,
 alcool, psicofarmaci) di pari  nocivita'  -  Asserita  disparita'  di
 trattamento - Violazione del principio di offensivita' del reato.
 (D.P.R.  9  ottobre  1990,  n.  309, artt. 73, quarto comma, e quinto
 comma, ultimo periodo, e 14, lett. b), nn. 1 e 2).
 (Cost., artt. 3, 13 e 25).
(GU n.52 del 20-12-1995 )
 IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Premesso:
     che con verbale di arresto del 27 agosto 1995 la  p.g.  procedeva
 all'arresto  in  flagranza  del reato di cessione a terzi di sostanze
 stupefacenti  di  cui  alle  tab.  II  e  IV   dell'art.   14   legge
 stupefacenti, di Marco Pannella ed altri;
     che,  all'udienza  di convalida, preliminarmente, la difesa degli
 indagati eccepiva  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
 artt. 73, comma quarto, comma quinto, ultima parte e 14, lett. b) nn.
 1 e 2 d.P.R. 309 del 9 ottobre 1990, nella parte in cui includono, ai
 fini  della prevista sanzione penale, i derivati della canapa indiana
 tra le "sostanze stupefacenti  e  psicotrope"  per  violazione  degli
 artt. 3, 13, 25 comma secondo e 32 della Costituzione;
   Considerato che il complesso delle norme costituenti il testo unico
 d.P.R.  9  ottobre  1990  n.  309  ha  subito importanti modifiche in
 seguito al d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171, attuativo del referendum  18
 aprile 1993;
   Premesso:
     che  l'ammissibilita'  del  quesito referendario era per la Corte
 fondata  sulla  considerazione  che  l'iniziativa  referendaria   "e'
 oggettivamente  diretta  a  depenalizzare  ma  non  ad  eliminare  la
 illiceita' della detenzione per  uso  personale  di  tali  sostanze",
 tanto  che  non era richiesta l'abrogazione delle disposizioni da cui
 deriva  la   punibilita'   di   tali   comportamenti   con   sanzioni
 amministrative;
     che, peraltro, la scelta della depenalizzazione secondo la Corte,
 non  era in contrasto ne' con la Convenzione di New York del 1961 ne'
 con la Convenzione di Vienna del 20 dicembre 1988,  la  quale  ultima
 lascia espressamente alla scelta discrezionale degli Stati contraenti
 la  possibilita'  di  prevedere,  per  reati di natura minore, misure
 diverse  dalla  sanzione  penale  e  cio'  in  perfetta  aderenza  al
 principio  di  rilievo  costituzionale per cui il sistema penale deve
 essere considerato l'extrema ratio di tutela dei beni giuridici (cfr.
 le sentenze nn.   291 del 1992, 282 del 1990,  487  e  409  del  1985
 etc.);
     che,  dunque,  nell'ammettere  il  quesito referendario, la Corte
 riconosceva la possibilita' di diversa e piu' mite sanzione;
   Tutto cio' premesso e rilevato che, con il d.P.R. 5 giugno 1993  n.
 171,  attuativo  del  referendum  18  aprile  1993, sono state dunque
 sottratte  alla  sanzione  penale  le  norme  relative:  1)   all'uso
 personale  di qualsiasi sostanza stupefacente; 2) ai comportamenti di
 cui all'art.    75  legge  stupefancenti  relativi  all'importazione,
 acquisto,  detenzione  di  sostanze stupefacenti o psicotrope per uso
 personale;
     che, con riferimento alle  c.d.  droghe  leggere  (oggetto  della
 presente  eccezione),  al cui nocivita' e' paragonabile o addirittura
 inferiore a sostanze  non  vietate  ma  addirittura  commercializzate
 dallo  Stato, come il tabacco, vengono invece punite quelle attivita'
 di  cessione,  logicamente  e  necessariamente   propedeutiche   alla
 detenzione per uso personale e ad essa finalizzate;
     che  contraddittoria  appare dunque la scelta operata dal sistema
 penale di consentire la detenzione di sostanze "proibite"  in  virtu'
 di  referendum avente vera e propria forza di legge ordinaria, ma non
 la loro "cessione", in virtu' della normativa precedente;
     ritenuto   che   la   Corte,   nel   riaffermare   il   principio
 dell'insindacabilita'  delle scelte legislative in materia penale, ha
 pero'   individuato   i   limiti   dell'arbitrarieta'   o   manifesta
 irragionevolezza del precetto quando si determina discriminazione tra
 i soggetti interessati o si ledono altri limiti costituzionali;
     che  se  la  discrezionalita'  legislativa in materia penale puo'
 comprendere anche finalita' politico-criminali contingenti che  vanno
 al   di  la'  della  tutela  dei  beni  giuridici,  cosi'  come  puo'
 individuare condotte a presunzione assoluta di pericolo, tuttavia non
 puo'   comunque   superare   i   limiti   della   irrazionalita'   ed
 arbitrarieta';
     che  dunque un comportamento penalmente sanzionato, per sottrarsi
 al   sindacato   dell'irragionevolezza    ed    arbitrarieta'    deve
 corrispondere   necessariamente  ad  una  valutazione  di  offensita'
 necessaria e dunque all'individuazione del  bene  giuridico  tutelato
 dalla norma;
     che,  sotto  questo  aspetto, la normativa in tema di cessione di
 sostanze stupefacenti ricomprese tra quelle di cui alla tab. II n.  1
 e  2  dell'art.  14   legge   stupefacenti   appare   arbitraria   ed
 irragionevole:
      1)  perche'  sanziona  penalmente  i comportamenti diversi dalla
 detenzione, di quelle sostanze la cui  nocivita'  e'  paragonabile  o
 addirittura  inferiore a sostanze non vietate, commercializzate dallo
 Stato ma dichiaratamente nocive, come il tabacco o in libera  vendita
 come   l'alcool  e  gli  psicofarmaci  dai  quali  certamente  deriva
 dipendenza  ed  assuefazione,  come  riconosciuto  espressamente  dal
 legislatore  nell'art.  2 lett. a), c) e g) d.P.R. n. 309/1990 e, con
 riferimento   all'alcool,   equiparando   l'alcooldipendenza   e   la
 tossicodipendenza ai fini di cui all'art. 94 d.P.R. n. 309/1990;
      2)   perche',  a  seguito  di  referendum  abrogativo  e'  stata
 sottratta alla sanzione penale, la detenzione per  uso  personale  di
 tali   sostanze   con   evidente  valutazione  di  irrilevanza  della
 protezione  della  salute  dei  consumatori,  mentre   sono   rimaste
 penalmente  rilevanti  condotte  quali quelle contestate agli attuali
 indagati, identificabili  nella  cessione  di  modesti  quantitativi,
 anche   a   titolo   gratuito,  che  della  detenzione  costituiscono
 presupposto logico e necessario, di talche' non e' infrequente  nella
 prassi  giudiziaria che l'acquirente di sostanze stupefacenti leggere
 (non punibile) ceda poi a titolo gratuito ed occasionale parte  delle
 sostanze  detenute  ad altri con conseguenze devastanti (pregiudizi e
 precedenti penali)  che  rischiano  di  incidere  pesantemente  nello
 sviluppo  della  personalita' e nel successivo inserimento sociale di
 un soggetto, a  ragione  dei  precedenti  penali  da  cui  risultera'
 gravato;
     che  questa disparita' di trattamento non puo' fondarsi ne' nella
 tutela  della  salute  e  dunque  nella  nocivita'  delle   sostanze,
 diversamente  sarebbero  vietate anche le condotte della detenzione e
 del consumo delle sostanze di cui alle citate tabelle e di altre allo
 stato non vietate, ne' in ragioni di ordine  pubblico  in  quanto  il
 consumatore di sostanze ricomprese nella tab. 14, lett. b), nn. 1 e 2
 legge  stupefacenti il cui comportamento di detenzione non e' punito,
 deve pero' rivolgersi  per  soddisfare  i  suoi  bisogni  al  mercato
 clandestino con tutte le conseguenze che questo comporta;
   Ritenuta  dunque  la questione rilevante in quanto investe la norma
 di diritto sostanziale la cui flagrante violazione ha determinato  la
 polizia  giudiziaria  a  procedere  all'arresto  oggetto del presente
 giudizio di convalida, con conseguente pregiudizialita' dell'invocato
 sindacato di costituzionalita' rispetto al giudizio di convalida  cui
 questo g.i.p. e' chiamato a procedere;
   Ritenuta  peraltro  la  non  manifesta  infondatezza per violazione
 degli artt. 3, 13 e 25  della  Costituzione,  degli  artt.  73  comma
 quarto,  comma  quinto,  ultima parte, e 14, lettera b, nn. 1 e 2 del
 d.P.R.  n. 309 del 9 ottobre 1990 nella  parte  in  cui  dette  norme
 includono,  ai  fini della prevista sanzione penale, i derivati della
 canapa indiana  tra  le  "sostanze  stupefacenti  e  psicotrope"  con
 riferimento  alle  condotte  di lieve entita' riconducibili al quinto
 comma art. 73 legge stupefacenti.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale;
   Sospende  il  giudizio  in  corso  nei confronti di Pannella Marco,
 Vigevano Paolo, Pinto Domenico, Bernardini  Rita,  Pezzuto  Vittorio,
 Della Vedova Benedetto tutti proponenti la medesima eccezione;
   Manda la cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti
 in  causa,  al  p.m.,  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e di
 comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Roma, addi' 18 ottobre 1995
           Il giudice per le indagini preliminari:  Iannini
 95C1553