N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 novembre 1995

                                N. 131
   Ordinanza  emessa  il  3  novembre 1995 dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di  Lecce  nel  procedimento  penale  a
 carico di De Pandis Vincenzino ed altro
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Inquinamento  -  Scarichi  di pubbliche
    fognature senza autorizzazione ed  eccedenti  i  limiti  tabellari
    previsti  dalla  legge  n.  319/1976 e della normativa regionale -
    Lamentata depenalizzazione - Disparita'  di  trattamento  rispetto
    alla  disciplina  relativa  agli  scarichi di singoli insediamenti
    produttivi, nonche' rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite  con
    maggior  severita'  - Violazione del principio di riserva di legge
    in materia penale per reiterazione a catena dei  decreti  legge  -
    Conseguente  sottrazione  del  potere  legislativo al Parlamento -
    Carenza dei presupposti costituzionali di necessita' ed urgenza.
 (D.-L. 17 marzo 1995, n. 79, art. 6, secondo comma,  convertito,  con
    modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172).
 (Cost., artt. 3 e 25).
(GU n.8 del 21-2-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Provvedendo  in camera di consiglio sulla richiesta di applicazione
 della pena formulata da De Pandis Vincenzino, nato a  Trepuzzi  il  5
 aprile  1964, e Trevisi Giuseppe, nato a Trepuzzi il 2 dicembre 1955,
 imputati "del reato di cui agli artt. 21  legge  n.  319/1976  e  110
 c.p.,  per  avere effettuato, senza autorizzazione ed in concorso con
 altri, lo scarico sul suolo di acque provenienti da fognature private
 poste al servizio di civili abitazioni. Acc. in agro di  Trepuzzi  il
 30 maggio 1995".
   Premesso in
                               F A T T O
   Su  informativa  dei C.C. di Trepuzzi, che procedevano al sequestro
 dell'autocarro tgt. BR 388670, venivano attivate indagini preliminari
 nei confronti di De Pandis Vincenzino,  Rucco  Gianfranco  e  Trevisi
 Giuseppe per il reato di cui in epigrafe.
   Convalidato dal p.m. il sequestro eseguito d'iniziativa della p.g.,
 il Trevisi ed il De Pandis, a ministero del loro procuratore speciale
 avv.  Samuele  Leo, formulavano richiesta di applicazione della pena,
 cui il p.m. prestava il consenso.
   Il bene in sequestro veniva medio tempore restituito.
   All'odierna  udienza camerale, cui non presenziavano gli imputati e
 la parte offesa, sebbene ritualmente citati, il difensore, assente il
 p.m., condudeva come da verbale in atti.
   All'esito, il giudicante pronunciava ordinanza, dandone lettura.
   Osserva in
                             D I R I T T O
   Con l'art. 6, comma secondo, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito,
 con modificazioni, con legge 17 maggio 1995  n.  172,  all'art.    21
 legge  n.  319/1976  e'  stato  aggiunto, in fine, il seguente comma:
 "chiunque apra o comunque effettui scarichi civili e delle  pubbliche
 fognature,  servite o meno da impianti pubblici di depurazione, nelle
 acque indicate nell'art. 1, sul suolo  o  nel  sottosuolo,senza  aver
 richiesto l'autorizzazione di cui al tredicesimo comma dell'art.  15,
 ovvero  continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che la
 citata autorizzazione sia stata negata o revocata, e' punito  con  la
 sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni".
   Con  essa,  e  con  le  connesse,  ulteriori modifiche dell'art. 21
 citato e del successivo art. 22, apportate dagli  artt.  3  e  4  del
 richiamato decreto-legge, il sistema sanzionatorio della piu' grave -
 siccome    immediatamente    incidente   sull'ambiente   -   condotta
 dell'apertura od effettuazione dello scarico che superi i  limiti  di
 accettabilita'  ovvero  senza la previa richiesta dell'autorizzazione
 amministrativa od ancora senza  l'osservanza  delle  prescrizioni  in
 quest'ultima contenute risulta radicalmente modificato.
   Ed  invero,  tutte  le  su  descritte  condotte, sin qui penalmente
 rilevanti,  configurano  ora,   in   relazione   agli   scarichi   da
 insediamenti   civili   e   da  pubbliche  fognature,  meri  illeciti
 amministrativi.
   Solo per gli scarichi da insediamenti produttivi  (che  superino  i
 limiti  di  accettabilita'  o che siano aperti od effettuati senza la
 previa richiesta di autorizzazione) e' stata mantenuta la  previsione
 contravvenzionale,  peraltro punita ora con pena alternativa (arresto
 od ammenda), con conseguente possibilita' per  il  contravventore  di
 estinguere il reato mediante oblazione (art. 162-bis c.p.).
   L'intervenuta  depenalizzazione,  oltre  che  a degradare sul piano
 dell'illecito amministrativo  condotte  incidenti  negativamente  sul
 patrimonio idrico e territoriale del Paese - e cio' inopportunamente,
 ove  si  tenga  conto  che gia' la Corte di giustizia della Comunita'
 europea (sentenza 28 febbraio 1991, in Foro It. 1991, IV,  321),  nel
 dichiarare  il  nostro  Stato  inadempiente  agli  obblighi  che  gli
 incombono in forza del trattato CEE, per non aver adottato  entro  il
 termine  prescritto  tutti  i provvedimenti necessari per conformarsi
 alle disposizioni della direttiva  del  Consiglio  17  dicembre  1979
 (80/68/CEE),   concernente  la  protezione  delle  acque  sotterranee
 dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose, ha reputato
 che "...le sanzioni penali comminate dall'art. 22 legge  n.  309/1976
 sono  insufficienti  a garantire il rispetto delle disposizioni della
 direttiva, dal momento che la stessa legge trascura  di  tener  conto
 delle disposizioni precise e dettagliate di quest'ultima...", sicche'
 "...i  provvedimenti  adottati  dalla  Repubblica  italiana  non sono
 sufficienti  per  ottemperare  alle  specifiche  prescrizioni   della
 direttiva  sia per quanto riguarda la vigilanza sull'osservanza delle
 condizioni prescritte dalle autorizzazioni rilasciate, sia per quanto
 riguarda  la  vigilanza  sugli  effetti  degli  scarichi  sulle acque
 sotterranee..." -, facendo con cio' venir meno l'efficacia deterrente
 della sanzione penale  (depotenziata,  quanto  all'ipotesi  residuale
 penale   per   gli   scarichi   da   insediamenti  produttivi,  dalla
 sopravvenuta  oblabilita'  delle  contravvenzioni),  presenta  talune
 incongruenze   che   fanno  seriamente  dubitare  della  legittimita'
 costituzionale della stessa per contrasto, innanzi tutto, con  l'art.
 3   Cost.,   sotto   il   profilo  della  violazione  del  limite  di
 ragionevolezza cui ogni singola disposizione normativa e' soggetta.
   In primis va osservato  che  lo  scarico  di  cui  e'  titolare  il
 pubblico amministratore, nel quale vengono convogliati anche scarichi
 da  insediamenti produttivi, non ha, evidentemente, una potenzialita'
 inquinante minore dello scarico diretto, facente capo al privato,  da
 insediamento  produttivo;  purtuttavia,  l'attivazione  dello scarico
 senza autorizzazione od il superamento dei limiti di  accettabilita',
 nel  primo  caso,  espone  a  sanzione pecuniaria amministrativa; nel
 secondo, a sanzione penale, eventualmente anche di natura detentiva.
   Il decreto-legge in esame,  inoltre,  inoltre,  non  ha  modificato
 l'art.  23  della  citata  Legge  Merli,  di  tal  che  l'apertura  o
 l'effettuazione di nuovi scarichi - di qualsiasi natura -  prima  che
 l'autorizzazione richiesta sia stata concessa rimane reato.
   E' agevole constatare l'irrazionalita' delle conseguenze cui in tal
 modo  si  perviene:  chi  apre  un  nuovo  scarico  senza  richiedere
 l'autorizzazione od, ancor peggio, concretamente "inquina" scaricando
 (ipotesi di superamento dei limiti  tabellari)  e'  punito,  in  base
 all'ultimo   comma   aggiunto  all'art.  21,  con  la  sola  sanzione
 amministrativa;   chi,   invece,   ha   richiesto    la    prescritta
 autorizzazione, ma ha attivato lo scarico prematuramente, vale a dire
 prima  che  la  stessa  gli  sia  stata  rilasciata,  e'  punito piu'
 severamente, con sanzione penale.
   Ancora, sul piano parallelo delle sanzioni  amministrative,  devesi
 rilevare  come  l'apertura  dello  scarico  civile  o  della pubblica
 fognatura senza autorizzazione (c.d. inquinamento formale) sia punito
 con la sanzione amministrativa da L.  10.000.000  a  L.  100.000.000;
 l'effettivo  inquinamento  delle acque, con il superamento dei limiti
 imposti dalla regione (c.d.  inquinamento  sostanziale),  sia  invece
 soggetto alla piu' lieve sanzione amministrativa da L. 3.000.000 a L.
 30.000.000 (art. 3, comma primo, decreto-legge citato).
   Anche  in  tal  caso,  dunque,  a violazione piu' grave corrisponde
 trattamento sanzionatorio piu' favorevole, e viceversa.
   Risulta cosi' evidente la violazione del principio  di  uguaglianza
 posto dall'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento non sorretta da
 valide  giustificazioni  riferite alla diversita' delle situazioni di
 fatto disciplinate.
   Sotto il profilo della correttezza  istituzionale,  poi,  la  norma
 denunciata,  unitamente  all'intero  decreto-leggge  che la contiene,
 appare in contrasto con  il  principio  della  riserva  di  legge  in
 materia penale contenuto nell'art. 25 Cost., in relazione all'art. 77
 Cost.  sulla decretazione d'urgenza da parte del Governo.
   Il  cennato principio della riserva di legge, infatti, comporta che
 l'introduzione di nuove norme in materia penale ed in  definitiva  le
 scelte  di  politica  criminale  siano  riservate in via esclusiva al
 Parlamento.
   L'ammissibilita' dell'intervento dell'esecutivo con il ricorso agli
 strumenti  del  decreto  legge o del decreto legislativo e' correlata
 alla  garanzia  dell'intervento,  in  posizione  sovraordinata,   del
 Parlamento, comunque assicurata o con la delega (art. 76 Cost.) o con
 la  conversione  in  legge  nel  termine  di sessanta giorni (art. 77
 Cost.).
   Con la reiterazione a  catena  di  decreti  legge  non  convertiti,
 aventi  ad  oggetto  la  medesima materia, s'e' invece verificata, di
 fatto, la sottrazione al Parlamento  del  potere,  costituzionalmente
 riservatogli  in  via esclusiva, di valutazione e bilanciamento degli
 interessi  in  materia  penale,  per  tale  via   indirettamente   ed
 indebitamente assunto dall'esecutivo.
   In  ordine  alla  rilevanza  della questione nel presente giudizio,
 premesso che alla stregua dell'art. 1, lett.  a)  legge  n.  319/1976
 rientra   nel   concetto   di   "scarico"   sottoposto  a  preventiva
 autorizzazione   anche   lo   scarico   indiretto,   effettuato   non
 direttamente  dal  soggetto  titolare  dell'insediamento,  ma tramite
 autospurgo  od   autobotti,   donde   l'assoggettamento   del   fatto
 dell'autotrasportatore che effettui senza autorizzazione sul suolo od
 altro  corpo  ricettore  lo  scarico  di  reflui prodotti da terzi al
 trattamento sanzionatorio di cui all'art. 21 legge citata (cfr. Cass.
 27 maggio 1991, Lombardi, in Foro It. 1993, II, 90),  va  evidenziato
 come il Giudice, dovendo fare applicazione della norma qui sospettata
 d'illegittimita'   costituzionale,   dovrebbe   mandare  assolti  gli
 imputati ex art.  129  c.p.p.  perche'  il  fatto  loro  in  concorso
 ascritto (effettuazione, mediante autobotte, di uno scarico sul suolo
 di  acque  provenienti  da  fogne private poste al servizio di civili
 abitazioni senza autorizzazione) non e'  previsto  dalla  legge  come
 reato.
   In  ipotesi  di  declaratoria  d'incostituzionalita' della norma de
 qua,  invece,  potrebbe  essere  accolta   la   richiesta   di   c.d.
 patteggiamento,  ricadendo la condotta degli imputati sotto il rigore
 della preesistente disciplina penale.
   Il processo, pertanto, non e' allo  stato  definibile  prescindendo
 dalla risoluzione della questione qui sollevata.
                                P. Q. M.
   Solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  6, comma secondo, d.-l. 17 marzo 1995 n.  79,  convertito,
 con modificazioni, con legge 17 maggio 1995 n. 172, in relazione agli
 artt. 3 e 25 della Costituzione;
   Sospende  il  giudizio in corso, e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale.
   Ordina che a cura  della  Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata,  oltre  che alle parti ed al difensore, al Presidente del
 Consiglio, nonche' ai Presidenti della  Camera  dei  Deputati  e  del
 Senato.
    Lecce, addi' 3 novembre 1995
            Il Giudice per le indagini preliminari:  SCARDIA
 96C0194