N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 1995

                                N. 210
   Ordinanza emessa il 17 novembre 1995 dalla corte d'assise di Reggio
 Calabria nel procedimento penale a carico di Iamonte Natale ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Richiesta di applicazione di  misura
    cautelare  personale  nei  confronti di un imputato - Accoglimento
    del giudice del dibattimento sulla base  di  materiale  probatorio
    acquisito   dal  p.m.  nel  corso  delle  indagini  preliminari  -
    Incompatibilita' ad esercitare, nel prosieguo, le proprie funzioni
    -  Omessa  previsione  -  Irragionevole  disparita' di trattamento
    rispetto  a  situazioni  analoghe  gia'  esaminate   dalla   Corte
    costituzionale   -   Lesione  del  principio  di  imparzialita'  e
    obiettivita' del giudice - Richiamo  ai  principi  espressi  nella
    sentenza n. 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma).
(GU n.11 del 13-3-1996 )
                           LA CORTE D'ASSISE
   Ha  emesso  la  seguente ordinanza sciogliendo la riserva di cui al
 verbale di udienza dibattimentale del 14 novembre 1995;
   Preso atto delle richieste delle parti;
   Esaminati gli atti;
                           Premesso in fatto
     Che  questa  Corte  nell'attuale   composizione   personale,   su
 richiesta del p.m., presso la D.D.A. di Reggio Calabria, ha emesso in
 data  18-27  ottobre  1995 ordinanza di custodia cautelare in carcere
 nei confronti di Pascone Francesco, siccome imputato, nell'ambito del
 procedimento penale n. 19/94 r.g. Assise, del delitto di cui all'art.
 416-bis, commi 1, 2, 3 e 4 c.p., meglio indicato in rubrica;
     che il Pascone, nel corso delle  indagini  preliminari,  per  gli
 stessi   fatti   era   stato   attinto   dalla  medesima  misura,  su
 provvedimento del g.i.p. distrettuale in sede del 12 luglio 1994;
     che la richiesta del p.m. a  questa  Corte  traeva  spunto  dalla
 caducazione  della  misura custodiale applicata al Pascone dal g.i.p.
 per effetto della pronunzia del tribunale del riesame che, in data 11
 ottobre  1995,  ne  aveva  dichiarato  l'inefficacia  per  violazione
 dell'art. 309, comma 9, c.p.p.;
     che nel corso dell'udienza dibattimentale del 13 novembre 1995 la
 difesa dell'imputato ha sollecitato la Corte a sollevare la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui
 non  prevede  che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il
 giudice che ha irrogato al medesimo imputato nei confronti del  quale
 si svolge il giudizio una misura coercitiva;
     che  il p.m. ha dedotto l'infondatezza della questione ed in ogni
 caso ha richiesto  che,  in  caso  di  accoglimento  delle  deduzioni
 difensive,   la  Corte  provveda  alla  separazione  della  posizione
 processuale del Pascone proseguendo il  giudizio  nei  confronti  dei
 restanti imputati;
                             O s s e r v a
   Preliminarmente   e'  da  rilevare  che  l'emissione  della  misura
 cautelare in carcere nei confronti dell'imputato Pascone Francesco e'
 da ritenersi provvedimento assolutamente doveroso per  questa  Corte,
 una  volta  riscontrata la ricorrenza dei presupposti di legge per la
 sua emissione, atteso l'inequivoco disposto dell'art. 279 c.p.p., che
 individua nel giudice che procede quello competente all'emissione  (o
 alla revoca) del titolo custodiale.
   La  difesa partendo da questo dato fattuale assume, pur senza farne
 questione  di  ricusazione  di  questo  collegio  (pero'   adombrando
 l'obbiettiva sussistenza di un obbligo di astensione), che sebbene la
 situazione  rappresentata  non sia annoverata dall'art. 34 c.p.p. tra
 quelle danti luogo ad una incompatibilita' del giudice dibattimentale
 ad esercitare le proprie funzioni, tuttavia il fatto  che  lo  stesso
 sia  stato  posto  in  condizione  di  conoscere per il tramite della
 richiesta del p.m.   materiale probatorio che  avrebbe  dovuto  avere
 legittimo  ingresso soltanto attraverso l'istruzione dibattimentale e
 soprattutto abbia, sulla base di tale materiale  cognitivo,  espresso
 un  giudizio  sui  medesimi  fatti  ascritti all'imputato e sui quali
 sara' chiamato a rendere  una  pronuncia  di  merito,  determina  una
 obbiettiva  situazione  di dubbia compatibilita' costituzionale dello
 stesso art. 34 c.p.p.   sulla scorta  delle  argomentazioni  espresse
 nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 1995.
   Sebbene  la  sentenza citata faccia riferimento al caso del giudice
 per le indagini  preliminari  che,  dopo  aver  applicato  la  misura
 cautelare nei confronti di un indagato, si trovi a dover giudicare il
 medesimo   soggetto   in  veste  di  imputato  in  sede  di  giudizio
 abbreviato,  nel  caso  in  esame  si  sarebbe  in  presenza  di  una
 irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato che, a seguito
 della  pronuncia  della  Corte  costituzionale,  veda riconosciuto il
 proprio diritto a  non  essere  giudicato  nel  merito  dal  medesimo
 giudice  che  gli  abbia  applicato  una misura cautelare nell'ambito
 delle indagini  preliminari  e  quello  che  invece  si  trovi  nella
 medesima  situazione,  pero'  nella  successiva  fase dibattimentale,
 cosi' come in atto il Pascone.
   Osserva la  Corte  che  la  questione  sollevata  dalla  difesa  e'
 rilevante e non manifestamente infondata.
   Invero,   non   pare  darsi  oggettivamente  margine  per  ritenere
 distinguibili l'ipotesi contemplata dalla citata pronuncia n.  432/95
 e  quella  in cui oggi si versa. Cio' anche perche' questo giudice ha
 applicato al Pascone la misura custodiale non gia'  sulla  scorta  di
 emergenze   probatorie  derivanti  dall'istruzione  dibattimentale  e
 quindi acquisite nel pieno contraddittorio tra le parti ed in  regime
 di  totale  discovery  processuale,  bensi' sulla base di atti, nella
 specie  dichiarazioni  accusatorie  provenienti   da   collaboratori,
 assunti  nella  fase  delle  indagini preliminari dal p.m. e posti da
 questi nella  cognizione  e  disponibilita'  di  questo  giudice  nei
 medesimi   termini   in  cui  gli  stessi  erano  stati  posti  nella
 disponibilita' e cognizione del giudice per le  indagini  preliminari
 che  aveva  applicato all'imputato la misura della quale questa corte
 ha disposto la reiterazione.
   Si osserva incidentalmente che la  trasmissione  di  tali  atti  da
 parte  del  p.m.  e'  certamente  da considerarsi dovuta ed opportuna
 giacche' diversamente la Corte non avrebbe avuto,  al  di  la'  della
 inaccettabile  prospettiva  dell'acritica recezione del provvedimento
 custodiale gia' emesso dal g.i.p., alcuna possibilita'  di  conoscere
 gli elementi su cui la richiesta si basava, di cui e' obbligatoria la
 rappresentazione  ex  art.  291, comma 1, c.p.p.; e che tuttavia tali
 atti non rientrano nel novero di quelli trasmissibili ex  art.    431
 c.p.p.   e   quindi   legittimamente   conoscibili  dal  giudice  del
 dibattimento anteriormente all'avvio dell'istruzione dibattimentale.
   Sulla  base  della  riscontrata  oggettiva  assimilabilita'   della
 situazione tenuta presente dalla sentenza n. 432/95 a quella in esame
 deve  rimarcarsi,  allo  scopo  di  evidenziare  la  rilevanza  della
 questione, come il  legislatore  allorche'  ha  posto  la  disciplina
 dell'art.  279  c.p.p. individuando il giudice competente a conoscere
 delle situazioni cautelari in quello procedente, ha anche predisposto
 un sistema di garanzie dell'autonomia e terzieta' del giudice che  ha
 il  suo  cardine  nell'art.  34 del codice di rito, il quale e' stato
 oggetto di numerose sentenze additive della Corte costituzionale  che
 hanno    progressivamente    esteso   l'ambito   delle   ipotesi   di
 incompatibilita' del giudicante.
   Cio' testimonia l'estrema importanza della questione dedotta per la
 diretta incidenza sul legittimo interesse dell'imputato a non  essere
 giudicato  da  un giudice che abbia gia' avuto modo di esprimere, sia
 pure doverosamente, una valutazione sui medesimi  fatti  oggetto  del
 giudizio ed insieme la virtuale inconfigurabilita' di un principio di
 tassativita'  delle ipotesi di incompatibilita' tenute presenti dalla
 norma, la quale e' si insuscettibile di interpretazione  estensiva  o
 analogica,  ma  ovviamente  nella  limitata  misura  in cui non se ne
 contesti la costituzionalita'.
   Che del resto anche il giudizio in ordine alla situazione cautelare
 sia assimilabile ad un giudizio di merito e' testimoniato  dai  passi
 della sentenza n. 432/95, che di seguito si riportano:
   "  ...  nella  sentenza  n.  502  del 1991 questa Corte ... ritenne
 fondata la questione rilevando che  i  provvedimenti  sulla  liberta'
 personale  (e tra essi il riesame di misure cautelari) non comportano
 una valutazione sul merito della res judicanda idonea  a  determinare
 un  pregiudizio  che  mini l'imparzialita' della decisione conclusiva
 del giudice.
   Successivamente questa Corte ... ha avuto  occasione  di  enucleare
 alcuni   principi  di  base  -  i  quali  unitamente  all'intervenuto
 mutamento del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto
 1995, n. 332 ... - consentono di pervenire ora a diversa conclusione"
   " ... analisi del  problema  ...  deve  anche  considerare  ...  la
 possibilita'  che  alcuni  apprezzamenti sui risultati delle indagini
 preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile  di
 minare l'imparzialita' del giudice ... "
   "  ...  detta  attivita' comporta la formulazione di un giudizio di
 non mera legittimita' ma di merito (sai pure prognostico e allo stato
 degli atti) sulla colpevolezza ... "
   " ... una valutazione di merito circa l'idoneita' delle  risultanze
 delle  indagini  preliminari a fondare un giudizio di responsabilita'
 dell'imputato vale a radicare l'incompatibilita' ... una  valutazione
 non  formale  ma di contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa,
 cui si aggiunge una valutazione anch'essa di merito sull'esistenza di
 condizioni legittimanti il proscioglimento "allorche' il materiale da
 esaminare sia costituito dai  "medesimi elementi probatori  che  solo
 all'esito del dibattimento verranno o meno ritenuti prove ..."
   "  ...  l'art.  34  mira  ad impedire che la valutazione conclusiva
 sulla  responsabilita'   dell'imputato   sia,   o   possa   apparire,
 condizionata  dalla  forza  della  prevenzione,  e  cioe'  da  quella
 naturale  tendenza  a  mantenere  un  giudizio  gia'  espresso  o  un
 atteggiamento  gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso
 procedimento".
   Va  quindi  sollevata   e   rimessa   al   giudizio   della   Corte
 costituzionale  in quanto rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  34  c.p.p.  per
 contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  della  Costituzione nei termini
 ampiamente illustrati in precedenza  e  per  conseguenza  sospeso  il
 giudizio in corso.
   Tale  sospensione  a  giudizio della Corte non deve essere relativa
 alla  sola  posizione  dell'imputato  Pascone  Francesco,  per   come
 richiesto in via gradata dal p.m., bensi' all'intero giudizio.
   Ad  onta  infatti  della  lett.  b)  dell'art.  18 c.p.p., il quale
 postula la separazione dei giudizi nel caso in cui nei  confronti  di
 uno  o  piu' imputati o per una o piu' imputazioni sia stata disposta
 la  sospensione  del  procedimento,   pare   ovvio   rimarcare   come
 l'eventuale  accoglimento  da  parte della Corte costituzionale della
 questione che qui si deduce darebbe  luogo  all'emenda  dell'art.  34
 c.p.p. introducendo una causa di incompatibilita' originariamente non
 prevista   che,   al   pari   di   quelle  preesistenti,  rileverebbe
 direttamente ai fini  dell'astensione  e  della  ricusazione  per  il
 tramite  degli artt. 36, comma 1, lett.  g), e 37, comma 1, lett. a),
 c.p.p.
   E' quindi il caso di far rilevare come qualora si  dia  luogo  alla
 dichiarazione    di    astensione    o    di   ricusazione   consegua
 l'impossibilita'  per  il  giudice  di  "compiere  alcun   atto   del
 procedimento"  (art.  42,  comma 1, c.p.p.), senza che vi sia margine
 per distinguere il caso che esso riguardi uno o piu' imputati.
   Si osserva altresi' che la preclusione sopra evidenziata  oltre  ad
 essere  insuperabile sulla base del dato letterale della norma appare
 in concreto opportuna nel caso di specie giacche'  sulla  scorta  del
 tenore  dell'imputazione  (associativa)  la  posizione del Pascone e'
 evidentemente connessa a quella degli  altri  imputati  asseritamente
 aderenti  al medesimo sodalizio criminoso oggetto di cui si occupa il
 presente procedimento.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 della legge n. 87/1953, 3, comma 1, e 24,  comma
 2, della Costituzione;
   Dispone  la  rimessione  degli  atti  alla Corte costituzionale per
 l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma 2, del c.p.p. come in motivazione individuata;
   Sospende il giudizio relativo al procedimento penale n. 19/94  r.g.
 Assise;
   Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
     Reggio Calabria, addi' 17 novembre 1995
                         Il presidente: Pedone
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