N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 1995

                                N. 229
   Ordinanza  emessa  il 20 dicembre 1995 dal pretore di Benevento nel
 procedimento penale a carico di Barletta Luigi ed altro
 Alimenti e bevande - Produzione, commercio e  vendita  -  Ipotesi  di
    "frode  tossica  o comunque dannosa alla salute" - Reato di natura
    contravvenzionale - Non applicabilita', in caso di  condanna,  dei
    benefici  della  sospensione  condizionale  della pena e della non
    menzione della condanna nel certificato del casellario  giudiziale
    -  Disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  ipotesi  piu'  gravi
    qualificate dalla legge come delitti - Lesione del principio della
    finalita' rieducativa della pena.
 (Legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 6, quinto comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma).
(GU n.12 del 20-3-1996 )
                              IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva, ha pronuncaito la  seguente  ordinanza  nel
 processo  penale  nei  confronti di Barletta Luigi e Barletta Gerardo
 Giacomo.
   All'esito dell'istruttoria dibattimentale e prima della discussione
 il  pretore  ritiene  necessario  sollevare questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 6, quinto comma, della legge 30 aprile  1962
 n.  283.  Tale  norma  prevede che il giudice in caso di condanna per
 frode tossica o cumunque dannosa alla salute non possa  applicare  le
 disposizioni   degli   articoli   163   e   175   Codice  penale  che
 rispettivamente   disciplinano    gl'istituti    della    sospensione
 condizionale  della  pena  e  la  non  menzione  della  condanna  nel
 certificato del casellario giudiziale.  Si tratta, come  e'  noto  di
 due benefici, che in determinate condizioni il giudice puo' concedere
 all'imputato condannato.
   La questione di legittimita' costituzionale della norma e rilevante
 nel  giudizio  in  corso  ai  fini  della decisione poiche' se questo
 giudice  dovesse  ritenere  fondata  l'accusa   dovrebbe   condannare
 gl'imputati ad una pena detentiva (arresto) cumulata con una condanna
 pecuniaria  (ammenda)  essendo  il  reato di natura contravvenzionale
 senza poter accordare  i  detti  benefici.  A  tal  proposito  si  fa
 ulteriormente  rilevare  che  nel  caso  di  specie  in  due imputati
 potrebbero in  astratto  ottenere  i  suddeti  benefici  poiche'  uno
 risulta  incensurato  e  l'altro pur avendo un precedente penale puo'
 comunque godere parimenti della sospensione della pena  e  della  non
 menzione.   In   relazione  alla  non  manifesta  infondatezza  della
 questione, secondo questo pretore, la norma predetta viola l'art. 3/1
 e l'art. 27, della Costituzione.
   Sul punto e' bene evidenziare che il principio di eaguaglianza  non
 risulta  violato  solo  quando  situazione identiche vengono regolate
 irragionevolmente ed irrazionalmente in modo diverso secondo un ormai
 noto orientamento del giudce delle leggi, ma  anche,  secondo  questo
 giudicante,  quando  situazioni  diverrse (una piu' grave ed una meno
 grave) vengono disciplinate in modo non conforme ed adeguato  secondo
 razionalita' e ragionevolezza ovvero addirittura in modo opposto.  Si
 verifica  cio' quando la fattispecie meno grave riceve una disciplina
 meno favorevole di quella riservata alla fattispecie piu' grave  come
 nel caso che ci occupa.
   Difatti e' acquisizione pacifica sia sotto il profilo normativo che
 quello  giurisprundenziale  che  i  delitti  siano  piu'  gravi delle
 contravvenzioni. A tale proposito e' sufficiente,  a  tacer  d'altro,
 citare  l'art.  16/3  c.p.p.  dove  esplicitamente  e'  scritto che i
 delitti sono piu' gravi delle  contravvenzioni  o  la  giurisprudenza
 della  Cassazione  a  sezioni  unite  in  tema  di  reato continuato.
 Pertanto se il delitto e' piu' grave della contravvenzione il  regime
 complessivo  sia  in  relazione al trattamento sanzionatorio che alla
 possibilita' di accordare dei benefici puo' e deve essere commisurato
 a tale distinzione.
   Ebbene, invece, l'art. 6/5 legge n. 283/61 impedisce la concessione
 dei  benefici  previsti  dagli  articoli  163  e  1/5  ad  un   reato
 contravvenzionale  punito  nel  massimo  con  la  pena  di un anno di
 arresto e con l'ammenda di 60 milioni e nel minimo con una pena di  5
 giorni  di  arresto  e di L. 600.000 di ammenda. Tali benefici invece
 possono  essere  indistintamente  concessi  all'imputato  che   abbia
 commesso  dei  delitti  anche  gravi  soprattutto  se  puo' godere di
 circostanze  attenuanti  e/o  se  sceglie  un  rito  alternativo   al
 dibattimento che con la diminuzione prevista nella legge non comporti
 il  superamento  dei  due anni di arresto e di reclusione ex art. 163
 cp. Certamente il legislatore e' libero nella sua discrezionalita' di
 regolare  situazioni  speciali con norme speciali ma qui non siamo in
 presenza di una norma speciale ma di una norma eccezionale che deroga
 al diritto comune e che per  questa  ragione  deve  trovare  adeguata
 motivazione  e  giustificazione.  D'altra  parte  se  e' vero che gli
 istituti  della  sospensione  della  pena  e   della   non   menzione
 corrispondono   ad  un'istanza  di  commisurazione  della  pena  alla
 personalita'  del  reo   e'   altrettanto   indubitabile   che   tale
 personalita'  si  deve  ricavare  anche  dal  tipo di reato commesso.
 L'art. 164 cp. richiama l'art. 133 cp. e  in  quest'ultima  norma  e'
 fatto  esplicito  riferimento  alla  gravita'  del  reato.  Da  tener
 presente ai fini della quantificazione della pena. In  altri  termini
 la norma dell'art. 6/5 legge n. 283/62 fa una valutazione di gravita'
 del  reato  tale  da  inibire  al giudice qualsiasi valutazione sulla
 personalita' del reo ex art. 133 cp. al fine  della  concessione  dei
 benefici  pur  qualificando  il  reato come contravvenzionale e cioe'
 meno grave dei delitti  pe  i  quali  tali  benefici  possono  essere
 concessi. Ma la violazione del prinmcipio di eguaglianza rileva anche
 sotto  un altro profilo.  Nell'ambito dell'ordinamento penale vi sono
 altre norme poste a tutela  della  salute  alimentare  dei  cittadini
 ovvero  del  commercio  e  precisamente  gli  artt.  515 e 515 cp. In
 particolare l'art. 516 cp. punisce chiunque pone  in  vendita  ovvero
 mette  altrimenti  in  commercio come genuine sostanze alimentari non
 genuine. La Cassazione ha ritenuto nel suo piu' recente e  prevalente
 orientamento  che  fra  la norma di cui all'art.  516 cp. e quella di
 cui all'art. 5 legge n. 283/62 vi sia non  un  rapporto  di  concorso
 bensi'  di  sussidiarieta'  e  cioe'  l'ipotesi  contravvenzionale ha
 carattere sussidiario rispetto a quella delittuosa  poiche'  identico
 e'  l'oggetto  giuridico,  (Cass.  86/2909;  Cass.  85/9077;  Cass. 7
 febbraio 1985).  Di  conseguenza  puo'  accadere  che  per  l'ipotesi
 delittuosa  vi  sia  la possibilita', di ottenere i benefici previsti
 dagli articoli 163 e 175  cp.  mentre  per  quella  contravvenzionale
 avente  ad  oggetto  la tutela dello stesso bene, interesse di quella
 delittuosa, piu' grave, tali benefici non possano  essere  accordati.
 Per   questa  ragione  per  l'imputato  sarebbe  piu'  favorevole  la
 contestazione  e  la  condanna  per  il  delitto  che  non   per   la
 contravvenzione e cio' e' chiaramente in contrasto con i principi del
 diritto penale in materia di gravita' delle pene e dei reati.
   La  norma  in  questione e' censurabile per un'altra violazione del
 dettato costituzionale e precisamente  per  la  violazione  dell'art.
 27/3.  La  precitata  norma  stabilisce che la pena deve tendere alla
 rieducazione  del  condannato.  Senza  entrare  nel  noto   dibattito
 dottrinario  e  giurisprudenziale circa l'interpretazione della norma
 citata e sul suo inquadramento all'interno delle varie  teorie  sulla
 natura  della pena e sulla sua funzione e' oppurtuno qui rilevare che
 la sospensione della pena tende a impedire che un soggetto condannato
 a  pene  detentive  di  breve  durata  possa  andare  incontro   agli
 inconvenienti del carcere e che nei suoi confronti sia sufficiente il
 deterrente della condanna e della minaccia dell'esecuzione della pena
 in  futuro.    La  sospensione  condizionale della pena risponde alle
 esigenze prima enunciate che pero' sarebbero del tutto  frustrate  se
 per reati non eccessivamente gravi puniti con pene detentive di breve
 durata  il  soggetto dovesse scontare comunque la pena in carcere. In
 questo caso anche le  finalita'  rieducative  della  pena  verrebbero
 compromesse  poiche'  sarebbe difficile per il soggetto condannato ad
 una pena detentiva di breve durata,  per  un  reato  certamente  meno
 grave di altri, accettare di scontare la pena in carcere a differenza
 di   altri  soggetti  che  abbiano  commesso  reati  ben  piu'  gravi
 soprattutto se avente lo  stesso  bene-interesse  tutelato.  E'  gia'
 l'immediata  esecuzione  della  pena  per  tale  reato  ad  avere una
 funzione diseducativa. Parimenti  con  il  negare  all'imputato,  che
 possa   goderne,  il  beneficio  della  non  menzione  per  un  reato
 contravvenzionale  punito  con  pena  detentiva  breve  impedisce  la
 risocializzazione  dello  stesso,  scopo cui tende l'art. 175 e anche
 l'art. 27/3 della Costituzione.
                               P. Q. M.
   Letto l'art. 23/2 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 6/5 della legge 30 aprile 1962
 n. 283, in riferimento agli articoli 3/1 e 27/3  della  Costituzione,
 nella  parte  in  cui prevede che il giudice nell'irrogare la pena in
 caso di condanna per i reati di frode tossica o comunque dannosi alla
 salute  non  possa  concedere  all'imputato,  che  possa  goderne,  i
 benefici  della  sospensione  condizionale  della  pena  e  della non
 menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale;
   Dispone la sospensione del giudizio  in  corso  e  la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Manda  alla  cancelleria  di  notificare la presente ordinanza alle
 parti,  al  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri   e   per   la
 comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento;
   Dispone  la  pubblicazione  sulla Gazzetta Ufficiale della presente
 ordinanza.
     Benevento, addi' 20 dicembre 1995
                        Il pretore:  Di Pietro
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