N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 1995
N. 245 Ordinanza emessa il 26 settembre 1995 dal tribunale di Foggia nel procedimento civile vertente tra Viscillo Michele Donato ed altra e Di Sapio Vito ed altra Riforma fondiaria e agraria - Offerta in vendita di terreni dell'Ente regionale di sviluppo agricolo della Puglia (ERSAP), gia' riscattati, da parte dell'assegnatario - Categorie dei soggetti aventi diritto a prelazione nell'acquisto - Mancata inclusione dell'affittuario coltivatore diretto insediato sul fondo - Disparita' di trattamento rispetto alla disciplina della prelazione agraria ordinaria. (Legge 29 maggio 1967, n. 379, art. 4, quarto comma; legge regione Puglia 11 marzo 1988, n. 11, art. 19, primo comma). (Cost., art. 3, primo comma).(GU n.12 del 20-3-1996 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti; Letto l'art. 23 legge n. 87/1953; Rileva Con atto notificato in data 23 dicembre 1991 Viscillo Michele Donato e Martino Lucia convenivano in giudizio Di Sapio Vito e Libertazzi Gerarda chiedendo che il tribunale dichiarasse essi attori sostituiti di diritto ai convenuti nell'acquisto di un fondo agricolo di ha 6.11.65, sito in contrada "Farascuso", agro di Candela, (fg. 45, p.lle 105, 170, 171 C.R.), gia' facente parte di podere E.R.S.A.P. ed oggetto di riscatto da parte dell'assegnatario, Pignatiello Giuseppe. Tale acquisto, perfezionato con atto pubblico del 2 dicembre 1987, a firma del notaio Ada Ruo di Cerignola, e trascritto presso la conservatoria dei rr.ii. di Foggia in data 7 dicembre 1987 ai nn. 20296/230102, doveva essere considerato nullo, a detta degli istanti, perche' concluso in spregio palese del diritto di prelazione spettante ad essi confinanti in forza dell'art. 4 della legge n. 379/1967. Si costituivano i convenuti contestando le argomentazioni attoree, in quanto sussistente un analogo e prevalente diritto di prelazione a favore di esso Di Sapio, in forza della sua qualita' di affittuario-coltivatore diretto del podere. In particolare, i convenuti affermavano doversi estendere il diritto di prelazione previsto dall'art. 4, quarto comma, legge 29 maggio 1967 n. 379 (e dall'art. 19 della legge 11 marzo 1988 n. 11), a favore dell'E.R.S.A.P. e dei proprietari confinanti - per il caso di alienazione del fondo gia' oggetto di riscatto da parte dell'assegnatario - anche all'affittuario-coltivatore diretto del medesimo suolo. Tanto benche' il dettato legislativo non includa quest'ultima figura fra gli aventi diritto al beneficio e sul presupposto che: 1) il contratto con cui l'assegnatario, entro il limite dei trenta anni dall'assegnazione e senza l'autorizzazione dell'Ente preposto alla riforma fondiaria, conceda in affitto ad un terzo il fondo de quo non e' nullo, come erroneamente sembrerebbe desumersi dalla terminologia usata dal legislatore nell'ultimo comma dell'art. 4 l. cit., bensi' annullabile da chiunque vi abbia interesse entro il limite prescrizionale di cinque anni dalla stipula (art. 6, primo comma, legge n. 379/1967); 2) il mancato esercizio dell'azione di annullamento nel termine previsto rende legittima la posizione dell'affittuario insediato contra legem sul fondo, consolida l'efficacia e la tutelabilita' di un diritto di godimento originariamente non consentito dalla legge; 3) la previsione contenuta nell'art. 7, primo comma, n. 2, legge 14 agosto 1971 n. 817, modificativo dell'art. 8, legge 26 maggio 1965 n. 590, circa la prevalenza - in tema di prelazione agraria ordinaria - dell'affittuario-coltivatore diretto rispetto ai confinanti con terreni offerti in vendita, va estesa analogicamente anche alla ipotesi di prelazione agraria di terreni rientranti nella riforma fondiaria, essendo identica la logica ispiratrice dei due istituti, preordinata alla conservazione dell'unita' aziendale e fondiaria dei terreni agricoli. In sede di discussione dinanzi al Collegio i procuratori dei convenuti chiedevano, in via subordinata, al Tribunale - ove non fosse stato possibile ricorrere alla predetta operazione analogica - di sollevare la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, quarto comma, legge n. 379/1967 e 19, primo comma, legge regionale 11/1988. Entrambe le norme nella parte in cui non includono fra gli aventi diritto a prelazione, per il caso di offerta in vendita di terreni dell'E.R.S.A.P. da parte dell'assegnatario che abbia operato gia' il riscatto del fondo, anche l'affittuario insediato su quest'ultimo a seguito di autorizzazione dell'Ente, ovvero legittimato dall'omesso esercizio nei termini dell'azione di annullamento del contratto di concessione in godimento del bene. Tanto per la palese violazione degli artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione concernenti rispettivamente il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la liberta' di iniziativa econcomica, la tutela della proprieta' privata e l'obbligo delle Regioni di legiferare ni limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Osserva il Collegio che la questione vada impostata diversamente da come prospettato dai convenuti. Certamente, non poche perplessita' suscita nell'interprete la circostanza che il legislatore, dopo vare definito, all'art. 4, ultimo comma, legge n. 379/1967, "nulli" gli atti di affitto (o di cessione in uso totale o parziale) del fondo da parte dell'assegnatario - senza autorizzazione dell'Ente e comunque nei limiti del trentennio successivo alla assegnazione -, attribuisca, invece, nel successivo art. 6, primo comma, a chiunque vi abbia interesse, la possibilita' di esercitare una mera azione di annullamento nel termine prescrizionale di cinque anni. Nel contrasto fra la prima norma, ispirata all'inderogabile esigenza che non sia sottratta all'Ente la possibilita' di una destinazione delle terre di riforma diversa da quella prevista dalla legge, la seconda che, invece, attenua sensibilmente siffatta esigenza ammettendo soltanto l'annullabilita', l'interprete potrebbe essere indotto a ritenere tuttora valida la prima disposizione e frutto di una svista la seconda. Cio' in considerazione: 1) del fatto che non pare ammissibile l'indifferenza del legislatore di fronte alla differenza dei due istituti e, per di piu', nel medesimo testo legislativo, sicche' avrebbe dovuto parlare anche nell'art. 4 di annullabilita'; 2) del fatto che ai sensi dell'art. 18 della legge originaria 12 maggio 1950 n. 230 non si dubitava che si vertesse, in identica situazione, in una ipotesi di nullita' "di pieno diritto" (cfr Cass. 1 dicembre 1983, n. 7189, in Giust. Civ. mass. 1983, 2249. Contra Pret. Manduria 18 aprile 1987 n. 86, in cui si limita la sanzione della nullita' di cui al cit. art. 18 ai soli casi di fondo agricolo non ancora riscattato dall'assegnatario); 3) del fatto che la "nullita'" potrebbe essere stata riservata dal legislatore ai soli atti traslativi della proprieta' e l'annullabilita', invece, ai soli atti di concessione in godimento del fondo (affitto o diversa utilizzazione). Contro queste considerazioni vale pur sempre la lettera del testo di cui all'art. 6 della legge n. 379/1967. Quest'ultima, infatti, non si limita a parlare di azione di "annullamento" del contratto, ma addirittura ne determina anche il periodo di prescrizione in cinque anni, laddove l'azione di nullita' non e' prescrittibile, ne' soggetta a decadenza. Vien fatto, dunque, di ritenere che l'espressione "nullita'", di cui all'art. 4, sia stata usata in senso generico, postoche' con l'accoglimento della azione di annullamento viene ad essere pronunciata una dichiarazione letterale di nullita' del contratto, come se tale fosse de iure per contrasto con una norma inderogabile. Del resto, il tempo trascorso dalla legge del 1950, a tanti anni dall'inizio della riforma fondiaria, ben puo' spiegare il minor rigore del legislatore del 1967, quando era gia' in vigore la legge n. 590/1965 sulla prelazione agraria. Ove, peraltro, si escluda che il contrasto fra le due norme dell'art. 4 e dell'art. 6 legge n. 379/1967 sia frutto di una svista o di un errore (come pare logico ritenere), non si puo' non giungere alle stesse conclusioni suesposte (annullabilita' assoluta e non nullita' del contratto), poiche' qualsiasi disposizione deve essere interpretata in modo che abbia un senso ed un effetto, non in quella che non ne abbia alcuno. Come si verificherebbe adottando la interpretazione contraria e giungendo, cosi', a cancellare, addirittura, e a considerare inesistente la disposizione di cui all'art. 6. Una volta ammessa l'annullabilita' del contratto di concessione in godimento del fondo ad un coltivatore diretto, e' constatato il mancato esercizio della relativa azione nel termine prescrizionale di cinque anni, si finisce agevolmente per aderire all'orientamento giurisprudenziale (cfr Cass. sez. III, 7 novembre 1984 n. 5636, in Foro. It. 1985, I, 773; contra Cass., sez. III, 2 aprile 1984, n. 2157) secondo cui, in caso di offerta in vendita del fondo da parte dell'assegnatario (che lo abbia gia' riscattato) anteriormente alla scadenza del termine trentennale dalla assegnazione, il diritto di prelazione di cui al cit. art. 4 spetta, non solo all'E.R.S.A.P. ed ai confinanti, ma anche al coltivatore diretto insediato sul fondo in esecuzione di un contratto di affitto (o equipollente) non autorizzato dall'Ente, qualora quest'ultimo, o altro interessato, non abbia chiesto ed ottenuto l'annullamento di cui all'art. 6 l. cit. Ed, infatti, la formulazione letterale del primo e del secondo periodo del quarto comma dell'art. 4 legge n. 379/1967 attribuisce il diritto di prelazione all'Ente di riforma ed "ai coltivatori diretti proprietari dei terreni confinanti"; ma il terzo periodo, nel graduare i diritti di prelazione attribuiti alle varie categorie di soggetti, dopo avere statuito che "il diritto di prelazione dell'Ente prevale su quello dei confinanti", dispone che costoro "sono a loro volta preferiti nei confronti di ogni altro avente diritto a prelazione". Da tale disposizione si desume che il diritto di prelazione e' attribuito dalla legge, oltre che all'Ente di Riforma ed ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti, anche ad altre categorie di soggetti, sebbene non menzionate nella normativa di cui all'art. 4 l. cit. Ai fini della determinazione di tali categorie di soggetti deve tenersi conto della ratio cui si isprira quella normativa che attribuisce il diritto di prelazione, ed il succedaneo diritto di riscatto, in ipotesi di vendita del fondo da parte dell'assegnatario-propretario in favore di altri. Scopo della riforma fondiaria e' di agevolare la formazione della proprieta' contadina: attribuire la proprieta' della terra a chi vi esercita la attivita' imprenditoriale di coltivazione diretta. E' questa la ratio della normativa di cui all'art. 4 legge n. 379/1967, ratio identica a quella della normativa di cui all'art. 8 legge 26 maggio 1965 n. 590, modificata dalla legge 14 agosto 1971 n. 817, che disciplina anch'essa il diritto di prelazione, ed il succedaneo diritto di riscatto, in ipotesi di alienazione di fondi rustici, attribuendo quei diritti ai coltivatori insediati sul fondo in base ad un titolo ed ai coltivatori diretti proprietari di fondi confinanti. Se questa e' la ratio della normativa in esame, il riferimento ad "ogni altro avente diritto a prelazione" contenuto nell'ultimo periodo del quarto comma, dell'art. 4 legge n. 379/1967 deve essere valorizzato in relazione alla coesistente normativa di cui all'art. 8 legge n. 590/1965: nel senso che il diritto di prelazione, ed il succedaneo diritto di riscatto, sono attribuiti anche al coltivatore diretto insediato sul fondo in base ad un contratto di affitto (o equipollente), pure se non autorizzato dall'Ente di Riforma corrisponendo questa situazione di fatto e di diritto alla ratio dell'una e dell'altra normativa. I quali diritti, di prelazione e di riscatto, possono venir meno solo nella ipotesi in cui l'E.R.S.A.P., o chiunque altro interessato, esercitino l'azione di annullamento nel termine quinquennale di prescrizione, ottenendo la invalidazione del contratto di affitto o di concessione in uso. Peraltro, non e' pensabile che il legislatore, con l'espressione "ogni altro avente diritto a prelazione", si sia voluto riferire a soggetti diversi dall'affittuario, come ad esempio a coeredi nella ipotesi di cui all'art. 732 codice civile, oppure, ferma la esclusione del conduttore, abbia voluto rappresentare una previsione di mera tutela dell'Ente e dei confinanti, per ipotesi, non verificate, di altri aventi diritto. Tanto proprio in considerazione della gia' descritta identita' di ratio fra la normativa in materia di prelazione ordinaria e quella speciale prevista dalla legge n. 379/1967. Senza contare la previsione normativa circa la possibilita' - anche a voler accedere alla tesi della "nullita'" del contratto di affitto stipulato dall'assegnatario - che l'Ente di Riforma autorizzi l'atto di concessione in godimento del bene: non e' dunque, corretto pensare che il legislatore abbia scientemente escluso l'affittuario per il semplice fatto che avesse gia sanzionato l'inesistenza e l'inefficacia del relativo rapporto giuridico. Una volta ammessa, attraverso la interpretazione estensiva del dato letterale, la titolarita' del diritto di prelazione anche a favore dell'affittuario insediato sul fondo dall'assegnatario in mancanza della prescritta autorizzazione dell'Ente, seppure in subordine al concorrente diritto dei proprietari confinanti (art. 4, quarto comma, l. cit.), e' facile cogliere una palese disarmonia fra la legge n. 379/1967 e quella n. 590/1965 (integrata dalla legge n. 817/1971) proprio perche' la disciplina della prelazione agraria ordinaria attribuisce, al contrario, la prevalenza del diritto dell'affittuario (del mezzadro, del colono ecc.) su quello concorrente dei proprietari confinanti (art. 7, primo comma, legge n. 817/1971). In questo senso va ricostruita e proposta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, quarto comma, legge n. 379/1967 e dell'art. 19 legge regionale 11 marzo 1988 n. 11, la cui attuale formulazione non consente all'affittuario-coltivatore diretto, insediato legittimamente (per il mancato esercizio della azione di annullamento nel termine prescritto) sul fondo dell'assegnatario-riscattante prima della scadenza del trentennio dalla assegnazione e senza l'autorizzazione dell'Ente di Riforma, di esercitare il proprio diritto di prelazione a preferenza dei proprietari coltivatori-diretti confinanti, cosi' come, invece, prevede la normativa sulla prelazione agraria per terreni esclusi dalla riforma fondiaria. Tanto in violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione. Cosi' delineata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli summenzionati, se ne deve valutare la rilevanza nel presente giudizio, nonche' la sua non manifesta infondatezza. Quanto alla prima condizione ritiene il Collegio che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Infatti l'esame della documentazione acquisita agli atti di causa dimostra inequivocabilmente la sussistenza in capo ai convenuti di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalle leggi nn. 379/1967 e 590/1965 (richiamata quest'ultima dalla legge regionale n. 11/1988) per l'esercizio della prelazione e del succedaneo riscatto: sia per quanto riguarda la percentuale della forza lavorativa del nucleo familiare (cfr stati di famiglia, libretti UMA e domande di aiuto comunitario), sia per qanto riguarda il termine biennale di durata minima della detenzione del fondo. Dunque, solo la soluzione che la Corte costituzionale riterra' di dare alla questione sopra compiutamente delineata consentira' di accogliere o meno la domanda attorea concernente il riconoscimento della prevalenza del diritto di prelazione dei confinanti su quello dell'affittuario-coltivatore diretto. In ordine alla non manifesta infondatezza della questione si e' gia' detto della adesione del Collegio a quell'orientamento giurisprudenziale che, per giustificare l'inserimento dell'affittuario fra i soggetti titolari del diritto di prelazione sul fondo dell'Ente di Riforma, unitamente all'E.R.S.A.P. e ai confinanti - coltivatori diretti, si e' soffermato sulla identita' della ratio ispiratrice delle due discipline (cfr. Cass., sez. III, n. 1984/5636 cit.). Certamente, non si ignora quel filone dottrinario secondo cui, al di la' del generico fine di agevolare la formazione della proprieta' contadina, la istituzione in capo agli Enti di sviluppo di un generale diritto di prelazione circa le terre di riforma, non limitato nel tempo, apre per essi, in quanto operanti nelle "zone di riforma", importanti prospettive circa compiti di ricomposizione fondiaria ed interventi sul mercato fondiario. Cosi' come non puo' revocarsi in dubbio che il diritto di prelazione di cui all'art. 4 legge n. 379/1967 sia del tutto "speciale" rispetto a quello di cui all'art. 8 legge n. 590/1965, ove si pensi all'intervento dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura per la determinazione del prezzo di vendita del bene, oppure alla impossibilita' di ricorrere alla prelazione congiunta e al ruolo dell'Ente di Riforma nella scelta del proprietario confinante piu' idoneo. Senza contare che la stessa Suprema Corte (cfr Cass., sez. II, 30 marzo 1992 n. 3885), nell'escludere, quanto alla procedura di versamento del prezzo della vendita da parte del prelazionario, e nel silenzio sul punto della legge n. 379/1967, il ricorso per analogia della disciplina di cui alla legge n. 590/1965, ha espressamente affermato, in obiter, che fra le due normative esiste un chiaro rapporto di specialita' "... considerata la diversita' della ratio ispiratrice delle due disposizioni". Occorre, allora, individuare quali siano le esigenze pubbliche e sociali che - sanzionate dalla Carta costituzionale all'art. 44 - limitano la libera circolazione giuridica di quella particolare categoria di beni economici rappresentata dalla terra. La S.C., in particolare, ha osservato che, mentre la prelazione dell'affittuario (colono, mezzadro, ecc.) persegue lo scopo della concentrazione nelle mani dell'erogatore di lavoro agricolo della proprieta' del fattore produttivo terra, si da favorire la creazione di imprese diretto-coltivatrici stabili, la prelazione del proprietario-confinante trova la sua ratio specifica nella finalita' di favorire - attraverso l'accorpamento dei fondi - lo sviluppo di aziende diretto-coltivatrici efficienti sotto il profilo sia tecnico che economico (cfr Cass., sez. un., 18 ottobre 1986 n. 6123, in Foro It. 1987, I, 66). Cosi' stando le cose, non vi e' dubbio che entrambe le normative in esame, con il prevedere fra gli aventi diritto a prelazione sia l'affittuario che i confinanti-coltivatori diretti, si siano preposte entrambe la duplice finalita' di delimitare la circolazione del bene-terra entro una ristretta categoria di soggetti e di consentire il miglioramento delle dimensioni territoriali dell'azienda onde incrementarne la efficienza. Il tutto, pero', nell'ambito di quell'unica ratio, comune ad entrambe le discipline (supra Cass. 1984/5636), che e' quella di agevolare la formazione della proprieta' contadina e di attribuire la proprieta' della terra a chi vi esercita la attivita' imprenditoriale di coltivazione diretta. Non si capisce, allora, perche' l'affittuario di un fondo originariamente appartenente all'Ente di Riforma, cui, in forza della interpretrazione estensiva dell'art. 4, quarto comma, della legge n. 379/1967, spetti pure il diritto di prelazione sul bene (nel caso di offerta in vendita da parte dell'assegnatario), debba soccombere di fronte ai confinanti che esercitino lo stesso concorrente diritto; ed, invece, l'affittuario di un fondo privato debba prevalere, nelle stesse condizioni, sul diritto di questi ultimi ad essere privilegiati nell'acquisto. Quasi che in una disciplina si voglia immotivatamente propendere a dare preferenza alla efficienza ed alla organizzazione colturale, e nell'altra alla stabilita' ed alla concentrazione dell'unita' produttiva. Emergono, cosi', la palese disparita' di trattamento normativo di situazioni analoghe e la necessita' di ritenere che lo scopo della conservazione della unita' aziendale e fondiaria perseguito dalla legge n. 379/1967 sia, comunque, realizzato anche attraverso la prelazione del conduttore. La qualita' di soggetto socialmente piu' debole di quest'ultimo, che vede subordinata alla decisione del confinante la stessa permanenza del suo insediamento - destinata a venir meno per effetto dell'esercizio del diritto di ripresa (o per la cessazione del diritto alla proroga legale) - impone di considerare la sua posizione privilegiata quantomento verso i proprietari confinanti. Di qui il convincimento della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle norme citate per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Va ordinata conseguentemente la sospensione del presente giudizio.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, quarto comma, legge 29 maggio 1967 n. 379 e 19, primo comma, legge regionale 11 marzo 1988 n. 11, nel testo attualmente vigente; Ordina la sospensione del presente giudizio; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti, nonche' al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, al Signor Presidente della Giunta della Regione Puglia e ai Signori Presidenti delle due Camere del Parlamento; Manda alla Cancelleria per gli ulteriori adempimenti di legge. Foggia, addi' 26 settembre 1995 Il presidente f.f.: Infantini 96C0346