N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 1995

                                N. 245
   Ordinanza  emessa  il 26 settembre 1995 dal tribunale di Foggia nel
 procedimento civile vertente tra Viscillo Michele Donato ed  altra  e
 Di Sapio Vito ed altra
 Riforma fondiaria e agraria - Offerta in vendita di terreni dell'Ente
    regionale   di   sviluppo  agricolo  della  Puglia  (ERSAP),  gia'
    riscattati, da parte dell'assegnatario -  Categorie  dei  soggetti
    aventi  diritto  a  prelazione  nell'acquisto - Mancata inclusione
    dell'affittuario  coltivatore  diretto  insediato  sul   fondo   -
    Disparita'   di   trattamento   rispetto   alla  disciplina  della
    prelazione agraria ordinaria.
 (Legge 29 maggio 1967, n. 379, art. 4, quarto  comma;  legge  regione
    Puglia 11 marzo 1988, n. 11, art. 19, primo comma).
 (Cost., art. 3, primo comma).
(GU n.12 del 20-3-1996 )
                             IL  TRIBUNALE
   Letti gli atti;
   Letto l'art. 23 legge n. 87/1953;
                                 Rileva
   Con  atto  notificato  in  data  23  dicembre 1991 Viscillo Michele
 Donato e Martino Lucia  convenivano  in  giudizio  Di  Sapio  Vito  e
 Libertazzi Gerarda chiedendo che il tribunale dichiarasse essi attori
 sostituiti di diritto ai convenuti nell'acquisto di un fondo agricolo
 di  ha  6.11.65,  sito in contrada "Farascuso", agro di Candela, (fg.
 45,  p.lle  105,  170,  171  C.R.),  gia'  facente  parte  di  podere
 E.R.S.A.P.    ed  oggetto  di  riscatto  da  parte dell'assegnatario,
 Pignatiello Giuseppe.  Tale acquisto, perfezionato con atto  pubblico
 del  2  dicembre  1987,  a  firma  del notaio Ada Ruo di Cerignola, e
 trascritto presso la conservatoria dei rr.ii. di  Foggia  in  data  7
 dicembre 1987 ai nn. 20296/230102, doveva essere considerato nullo, a
 detta  degli  istanti, perche' concluso in spregio palese del diritto
 di prelazione spettante ad essi confinanti in forza dell'art. 4 della
 legge  n.  379/1967.  Si  costituivano  i  convenuti  contestando  le
 argomentazioni attoree, in quanto sussistente un analogo e prevalente
 diritto  di  prelazione a favore di esso Di Sapio, in forza della sua
 qualita' di affittuario-coltivatore diretto del podere.
   In  particolare,  i  convenuti  affermavano  doversi  estendere  il
 diritto  di  prelazione  previsto dall'art. 4, quarto comma, legge 29
 maggio 1967 n. 379 (e dall'art. 19 della legge 11 marzo 1988 n.  11),
 a  favore  dell'E.R.S.A.P. e dei proprietari confinanti - per il caso
 di  alienazione  del  fondo  gia'  oggetto  di  riscatto   da   parte
 dell'assegnatario  -  anche  all'affittuario-coltivatore  diretto del
 medesimo suolo. Tanto benche'  il  dettato  legislativo  non  includa
 quest'ultima  figura  fra  gli  aventi  diritto  al  beneficio  e sul
 presupposto che:
     1) il contratto con  cui  l'assegnatario,  entro  il  limite  dei
 trenta  anni  dall'assegnazione  e  senza  l'autorizzazione dell'Ente
 preposto alla riforma fondiaria, conceda in affitto ad  un  terzo  il
 fondo  de  quo  non e' nullo, come erroneamente sembrerebbe desumersi
 dalla terminologia usata dal legislatore nell'ultimo comma  dell'art.
 4 l. cit., bensi' annullabile da chiunque vi abbia interesse entro il
 limite  prescrizionale  di  cinque  anni dalla stipula (art. 6, primo
 comma, legge n. 379/1967);
     2) il mancato esercizio dell'azione di annullamento  nel  termine
 previsto  rende  legittima  la  posizione  dell'affittuario insediato
 contra legem sul fondo, consolida l'efficacia e la  tutelabilita'  di
 un diritto di godimento originariamente non consentito dalla legge;
     3)  la previsione contenuta nell'art. 7, primo comma, n. 2, legge
 14 agosto 1971 n. 817, modificativo dell'art. 8, legge 26 maggio 1965
 n. 590, circa la prevalenza - in tema di prelazione agraria ordinaria
 - dell'affittuario-coltivatore diretto  rispetto  ai  confinanti  con
 terreni  offerti  in  vendita,  va  estesa  analogicamente anche alla
 ipotesi di prelazione agraria di  terreni  rientranti  nella  riforma
 fondiaria,  essendo  identica la logica ispiratrice dei due istituti,
 preordinata alla conservazione dell'unita' aziendale e fondiaria  dei
 terreni agricoli.
   In  sede  di  discussione  dinanzi  al  Collegio  i procuratori dei
 convenuti chiedevano, in via subordinata,  al  Tribunale  -  ove  non
 fosse  stato possibile ricorrere alla predetta operazione analogica -
 di sollevare la questione di legittimita' costituzionale degli  artt.
 4, quarto comma, legge n. 379/1967 e 19, primo comma, legge regionale
 11/1988.   Entrambe le norme nella parte in cui non includono fra gli
 aventi diritto a prelazione, per il caso di  offerta  in  vendita  di
 terreni  dell'E.R.S.A.P. da parte dell'assegnatario che abbia operato
 gia'  il  riscatto  del  fondo,  anche  l'affittuario  insediato   su
 quest'ultimo   a   seguito   di   autorizzazione   dell'Ente,  ovvero
 legittimato  dall'omesso  esercizio  nei   termini   dell'azione   di
 annullamento  del  contratto  di  concessione  in godimento del bene.
 Tanto per la palese violazione degli artt. 3,  41,  42  e  117  della
 Costituzione  concernenti rispettivamente il principio di eguaglianza
 di tutti i cittadini di fronte alla legge, la liberta' di  iniziativa
 econcomica,  la  tutela  della  proprieta'  privata e l'obbligo delle
 Regioni di legiferare ni limiti dei principi  fondamentali  stabiliti
 dalle leggi dello Stato.
   Osserva il Collegio che la questione vada impostata diversamente da
 come  prospettato  dai  convenuti. Certamente, non poche perplessita'
 suscita nell'interprete la circostanza che il legislatore, dopo  vare
 definito,  all'art.  4,  ultimo comma, legge n. 379/1967, "nulli" gli
 atti di affitto (o di cessione in uso totale o parziale) del fondo da
 parte dell'assegnatario - senza autorizzazione dell'Ente  e  comunque
 nei   limiti   del   trentennio   successivo   alla  assegnazione  -,
 attribuisca, invece, nel successivo art. 6, primo comma,  a  chiunque
 vi  abbia interesse, la possibilita' di esercitare una mera azione di
 annullamento nel termine prescrizionale di cinque anni. Nel contrasto
 fra la prima norma, ispirata all'inderogabile esigenza  che  non  sia
 sottratta all'Ente la possibilita' di una destinazione delle terre di
 riforma  diversa  da  quella  prevista  dalla  legge, la seconda che,
 invece, attenua sensibilmente siffatta esigenza  ammettendo  soltanto
 l'annullabilita',  l'interprete  potrebbe  essere  indotto a ritenere
 tuttora valida la prima  disposizione  e  frutto  di  una  svista  la
 seconda. Cio' in considerazione:
     1)   del  fatto  che  non  pare  ammissibile  l'indifferenza  del
 legislatore di fronte alla differenza dei  due  istituti  e,  per  di
 piu',  nel medesimo testo legislativo, sicche' avrebbe dovuto parlare
 anche nell'art.  4 di annullabilita';
     2)  del fatto che ai sensi dell'art. 18 della legge originaria 12
 maggio 1950 n. 230 non si  dubitava  che  si  vertesse,  in  identica
 situazione,  in una ipotesi di nullita' "di pieno diritto" (cfr Cass.
 1 dicembre 1983, n. 7189, in Giust. Civ.  mass.  1983,  2249.  Contra
 Pret.  Manduria  18  aprile  1987 n. 86, in cui si limita la sanzione
 della nullita' di cui al cit. art. 18 ai soli casi di fondo  agricolo
 non ancora riscattato dall'assegnatario);
     3)  del  fatto  che la "nullita'" potrebbe essere stata riservata
 dal  legislatore  ai  soli  atti  traslativi   della   proprieta'   e
 l'annullabilita',  invece,  ai  soli atti di concessione in godimento
 del fondo (affitto o diversa utilizzazione).
   Contro queste considerazioni vale pur sempre la lettera  del  testo
 di cui all'art. 6 della legge n. 379/1967. Quest'ultima, infatti, non
 si  limita  a  parlare  di azione di "annullamento" del contratto, ma
 addirittura ne determina anche il periodo di prescrizione  in  cinque
 anni,  laddove  l'azione  di  nullita'  non  e'  prescrittibile,  ne'
 soggetta  a  decadenza.  Vien  fatto,   dunque,   di   ritenere   che
 l'espressione "nullita'", di cui all'art. 4, sia stata usata in senso
 generico,  postoche'  con l'accoglimento della azione di annullamento
 viene ad essere pronunciata una dichiarazione letterale  di  nullita'
 del contratto, come se tale fosse de iure per contrasto con una norma
 inderogabile.  Del  resto, il tempo trascorso dalla legge del 1950, a
 tanti anni dall'inizio della riforma fondiaria, ben puo' spiegare  il
 minor  rigore  del legislatore del 1967, quando era gia' in vigore la
 legge n. 590/1965 sulla prelazione agraria. Ove, peraltro, si escluda
 che il contrasto fra le due norme dell'art. 4 e dell'art. 6 legge  n.
 379/1967  sia  frutto  di una svista o di un errore (come pare logico
 ritenere), non si puo' non giungere alle stesse conclusioni suesposte
 (annullabilita' assoluta  e  non  nullita'  del  contratto),  poiche'
 qualsiasi  disposizione deve essere interpretata in modo che abbia un
 senso ed un effetto, non in quella che non ne abbia alcuno.  Come  si
 verificherebbe  adottando  la  interpretazione contraria e giungendo,
 cosi', a cancellare, addirittura,  e  a  considerare  inesistente  la
 disposizione di cui all'art. 6.
   Una  volta ammessa l'annullabilita' del contratto di concessione in
 godimento del fondo ad  un  coltivatore  diretto,  e'  constatato  il
 mancato esercizio della relativa azione nel termine prescrizionale di
 cinque  anni,  si  finisce  agevolmente  per aderire all'orientamento
 giurisprudenziale (cfr Cass. sez. III, 7 novembre 1984  n.  5636,  in
 Foro.  It.  1985,  I,  773; contra Cass., sez. III, 2 aprile 1984, n.
 2157) secondo cui, in caso di offerta in vendita del fondo  da  parte
 dell'assegnatario  (che  lo abbia gia' riscattato) anteriormente alla
 scadenza del termine trentennale dalla assegnazione,  il  diritto  di
 prelazione  di cui al cit. art. 4 spetta, non solo all'E.R.S.A.P.  ed
 ai confinanti, ma anche al coltivatore diretto insediato sul fondo in
 esecuzione  di  un  contratto  di  affitto   (o   equipollente)   non
 autorizzato dall'Ente, qualora quest'ultimo, o altro interessato, non
 abbia chiesto ed ottenuto l'annullamento di cui all'art. 6 l. cit.
   Ed,  infatti,  la  formulazione  letterale  del primo e del secondo
 periodo del quarto comma dell'art. 4 legge n. 379/1967 attribuisce il
 diritto di prelazione all'Ente di riforma ed "ai coltivatori  diretti
 proprietari  dei  terreni  confinanti";  ma  il  terzo  periodo,  nel
 graduare i diritti di prelazione attribuiti alle varie  categorie  di
 soggetti, dopo avere statuito che "il diritto di prelazione dell'Ente
 prevale  su  quello dei confinanti", dispone che costoro "sono a loro
 volta  preferiti  nei  confronti  di  ogni  altro  avente  diritto  a
 prelazione".    Da  tale  disposizione  si  desume  che il diritto di
 prelazione e' attribuito dalla legge, oltre che all'Ente  di  Riforma
 ed ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti, anche ad
 altre  categorie  di soggetti, sebbene non menzionate nella normativa
 di cui all'art. 4 l. cit.
   Ai fini della determinazione di tali  categorie  di  soggetti  deve
 tenersi  conto  della  ratio  cui  si  isprira  quella  normativa che
 attribuisce il diritto di prelazione, ed  il  succedaneo  diritto  di
 riscatto,    in    ipotesi    di   vendita   del   fondo   da   parte
 dell'assegnatario-propretario in favore di altri. Scopo della riforma
 fondiaria e' di agevolare la formazione della  proprieta'  contadina:
 attribuire  la  proprieta' della terra a chi vi esercita la attivita'
 imprenditoriale di coltivazione diretta. E'  questa  la  ratio  della
 normativa  di  cui  all'art.  4  legge  n. 379/1967, ratio identica a
 quella della normativa di cui all'art.   8 legge 26  maggio  1965  n.
 590,  modificata  dalla  legge  14 agosto 1971 n. 817, che disciplina
 anch'essa il diritto di  prelazione,  ed  il  succedaneo  diritto  di
 riscatto,  in  ipotesi  di  alienazione di fondi rustici, attribuendo
 quei diritti ai coltivatori insediati sul fondo in base ad un  titolo
 ed ai coltivatori diretti proprietari di fondi confinanti.
   Se  questa  e' la ratio della normativa in esame, il riferimento ad
 "ogni  altro  avente  diritto  a  prelazione"  contenuto  nell'ultimo
 periodo  del  quarto comma, dell'art. 4 legge n. 379/1967 deve essere
 valorizzato in relazione alla coesistente normativa di  cui  all'art.
 8  legge  n.  590/1965: nel senso che il diritto di prelazione, ed il
 succedaneo diritto di riscatto, sono attribuiti anche al  coltivatore
 diretto  insediato  sul  fondo  in base ad un contratto di affitto (o
 equipollente),  pure  se  non  autorizzato   dall'Ente   di   Riforma
 corrisponendo  questa  situazione  di  fatto  e di diritto alla ratio
 dell'una e dell'altra normativa. I quali diritti, di prelazione  e di
 riscatto, possono venir meno solo nella ipotesi in cui  l'E.R.S.A.P.,
 o chiunque altro interessato, esercitino l'azione di annullamento nel
 termine  quinquennale di prescrizione, ottenendo la invalidazione del
 contratto di affitto o di concessione in uso.
   Peraltro, non e' pensabile che il  legislatore,  con  l'espressione
 "ogni  altro  avente  diritto a prelazione", si sia voluto riferire a
 soggetti diversi dall'affittuario, come ad esempio  a  coeredi  nella
 ipotesi   di  cui  all'art.  732  codice  civile,  oppure,  ferma  la
 esclusione del conduttore, abbia voluto rappresentare una  previsione
 di   mera  tutela  dell'Ente  e  dei  confinanti,  per  ipotesi,  non
 verificate, di altri aventi diritto. Tanto proprio in  considerazione
 della  gia'  descritta identita' di ratio fra la normativa in materia
 di prelazione ordinaria e quella speciale  prevista  dalla  legge  n.
 379/1967. Senza contare la previsione normativa circa la possibilita'
 -  anche a voler accedere alla tesi della "nullita'" del contratto di
 affitto stipulato dall'assegnatario - che l'Ente di Riforma autorizzi
 l'atto di concessione in godimento del bene: non e' dunque,  corretto
 pensare  che  il legislatore abbia scientemente escluso l'affittuario
 per il semplice fatto  che  avesse  gia  sanzionato  l'inesistenza  e
 l'inefficacia del relativo rapporto giuridico.
   Una volta ammessa, attraverso la interpretazione estensiva del dato
 letterale,  la  titolarita'  del diritto di prelazione anche a favore
 dell'affittuario insediato sul fondo  dall'assegnatario  in  mancanza
 della  prescritta  autorizzazione  dell'Ente, seppure in subordine al
 concorrente diritto dei proprietari confinanti (art. 4, quarto comma,
 l. cit.), e' facile cogliere una palese disarmonia fra  la  legge  n.
 379/1967  e  quella  n. 590/1965 (integrata dalla legge n.  817/1971)
 proprio perche' la  disciplina  della  prelazione  agraria  ordinaria
 attribuisce, al contrario, la prevalenza del diritto dell'affittuario
 (del mezzadro, del colono ecc.) su quello concorrente dei proprietari
 confinanti (art. 7, primo comma, legge n. 817/1971).
   In   questo  senso  va  ricostruita  e  proposta  la  questione  di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  quarto  comma,  legge  n.
 379/1967  e dell'art.  19 legge regionale 11 marzo 1988 n. 11, la cui
 attuale   formulazione   non   consente   all'affittuario-coltivatore
 diretto,  insediato  legittimamente  (per  il mancato esercizio della
 azione  di   annullamento   nel   termine   prescritto)   sul   fondo
 dell'assegnatario-riscattante  prima  della  scadenza  del trentennio
 dalla assegnazione e senza l'autorizzazione dell'Ente di Riforma,  di
 esercitare   il  proprio  diritto  di  prelazione  a  preferenza  dei
 proprietari  coltivatori-diretti  confinanti,  cosi'  come,   invece,
 prevede  la  normativa  sulla  prelazione agraria per terreni esclusi
 dalla riforma fondiaria.  Tanto  in  violazione  dell'art.  3,  primo
 comma, della Costituzione.
   Cosi'  delineata  la questione di legittimita' costituzionale degli
 articoli summenzionati, se ne deve valutare la rilevanza nel presente
 giudizio, nonche' la sua non manifesta infondatezza.
   Quanto alla prima condizione ritiene il Collegio  che  il  giudizio
 non  possa  essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale.
   Infatti l'esame della documentazione acquisita agli atti  di  causa
 dimostra  inequivocabilmente  la  sussistenza in capo ai convenuti di
 tutti i requisiti oggettivi e soggettivi  previsti  dalle  leggi  nn.
 379/1967 e 590/1965 (richiamata quest'ultima dalla legge regionale n.
 11/1988)  per l'esercizio della prelazione e del succedaneo riscatto:
 sia per quanto riguarda la percentuale  della  forza  lavorativa  del
 nucleo  familiare  (cfr  stati di famiglia, libretti UMA e domande di
 aiuto comunitario), sia per qanto riguarda  il  termine  biennale  di
 durata minima della detenzione del fondo.
   Dunque,  solo  la soluzione che la Corte costituzionale riterra' di
 dare alla questione  sopra  compiutamente  delineata  consentira'  di
 accogliere  o  meno  la domanda attorea concernente il riconoscimento
 della prevalenza del diritto di prelazione dei confinanti  su  quello
 dell'affittuario-coltivatore diretto.
   In  ordine  alla  non  manifesta infondatezza della questione si e'
 gia'  detto  della  adesione  del   Collegio   a   quell'orientamento
 giurisprudenziale     che,     per     giustificare     l'inserimento
 dell'affittuario fra i soggetti titolari del  diritto  di  prelazione
 sul  fondo  dell'Ente  di  Riforma,  unitamente  all'E.R.S.A.P.  e ai
 confinanti - coltivatori diretti, si e'  soffermato  sulla  identita'
 della  ratio  ispiratrice delle due discipline (cfr. Cass., sez. III,
 n. 1984/5636 cit.).
   Certamente, non si ignora quel filone dottrinario secondo  cui,  al
 di  la' del generico fine di agevolare la formazione della proprieta'
 contadina, la istituzione  in  capo  agli  Enti  di  sviluppo  di  un
 generale  diritto  di  prelazione  circa  le  terre  di  riforma, non
 limitato  nel tempo, apre per essi, in quanto operanti nelle "zone di
 riforma", importanti  prospettive  circa  compiti  di  ricomposizione
 fondiaria  ed  interventi  sul mercato fondiario. Cosi' come non puo'
 revocarsi in dubbio che il diritto di prelazione di  cui  all'art.  4
 legge  n.  379/1967 sia del tutto "speciale" rispetto a quello di cui
 all'art.    8  legge  n.  590/1965,  ove  si   pensi   all'intervento
 dell'Ispettorato  provinciale  dell'agricoltura per la determinazione
 del prezzo  di  vendita  del  bene,  oppure  alla  impossibilita'  di
 ricorrere  alla  prelazione congiunta e al ruolo dell'Ente di Riforma
 nella scelta del proprietario confinante piu' idoneo.  Senza  contare
 che  la  stessa  Suprema  Corte (cfr Cass., sez. II, 30 marzo 1992 n.
 3885), nell'escludere, quanto alla procedura di versamento del prezzo
 della vendita da parte del prelazionario, e nel  silenzio  sul  punto
 della  legge n. 379/1967, il ricorso per analogia della disciplina di
 cui alla legge n. 590/1965, ha espressamente  affermato,  in  obiter,
 che  fra  le  due  normative esiste un chiaro rapporto di specialita'
 "... considerata la diversita'  della  ratio  ispiratrice  delle  due
 disposizioni".
   Occorre,  allora,  individuare  quali siano le esigenze pubbliche e
 sociali che - sanzionate dalla Carta  costituzionale  all'art.  44  -
 limitano  la  libera  circolazione  giuridica  di  quella particolare
 categoria di beni economici rappresentata dalla terra.  La  S.C.,  in
 particolare,  ha osservato che, mentre la prelazione dell'affittuario
 (colono, mezzadro, ecc.) persegue lo scopo della concentrazione nelle
 mani dell'erogatore di lavoro agricolo della proprieta'  del  fattore
 produttivo   terra,   si   da   favorire   la  creazione  di  imprese
 diretto-coltivatrici      stabili,      la       prelazione       del
 proprietario-confinante  trova la sua ratio specifica nella finalita'
 di favorire - attraverso l'accorpamento dei fondi -  lo  sviluppo  di
 aziende  diretto-coltivatrici efficienti sotto il profilo sia tecnico
 che economico (cfr Cass., sez. un., 18 ottobre 1986 n. 6123, in  Foro
 It. 1987, I, 66).
   Cosi' stando le cose, non vi e' dubbio che entrambe le normative in
 esame,  con  il  prevedere  fra  gli  aventi diritto a prelazione sia
 l'affittuario che i confinanti-coltivatori diretti, si siano preposte
 entrambe la duplice  finalita'  di  delimitare  la  circolazione  del
 bene-terra  entro una ristretta categoria di soggetti e di consentire
 il miglioramento  delle  dimensioni  territoriali  dell'azienda  onde
 incrementarne   la   efficienza.  Il  tutto,  pero',  nell'ambito  di
 quell'unica ratio, comune ad  entrambe  le  discipline  (supra  Cass.
 1984/5636), che e' quella di agevolare la formazione della proprieta'
 contadina e di attribuire la proprieta' della terra a chi vi esercita
 la attivita' imprenditoriale di coltivazione diretta. Non si capisce,
 allora,   perche'   l'affittuario   di   un   fondo   originariamente
 appartenente   all'Ente   di   Riforma,   cui,   in    forza    della
 interpretrazione  estensiva dell'art. 4, quarto comma, della legge n.
 379/1967, spetti pure il diritto di prelazione sul bene (nel caso  di
 offerta  in  vendita da parte dell'assegnatario), debba soccombere di
 fronte ai confinanti che esercitino lo  stesso  concorrente  diritto;
 ed,  invece, l'affittuario di un fondo privato debba prevalere, nelle
 stesse  condizioni,  sul  diritto  di   questi   ultimi   ad   essere
 privilegiati  nell'acquisto.  Quasi  che  in una disciplina si voglia
 immotivatamente propendere a dare preferenza alla efficienza ed  alla
 organizzazione  colturale,  e  nell'altra  alla  stabilita'  ed  alla
 concentrazione dell'unita' produttiva.
   Emergono, cosi', la palese disparita' di trattamento  normativo  di
 situazioni  analoghe  e  la necessita' di ritenere che lo scopo della
 conservazione della unita' aziendale  e  fondiaria  perseguito  dalla
 legge  n.  379/1967  sia,  comunque,  realizzato  anche attraverso la
 prelazione del conduttore.
   La qualita' di soggetto socialmente piu'  debole  di  quest'ultimo,
 che   vede  subordinata  alla  decisione  del  confinante  la  stessa
 permanenza del suo insediamento - destinata a venir meno per  effetto
 dell'esercizio  del  diritto  di  ripresa  (o  per  la cessazione del
 diritto alla proroga legale) - impone di considerare la sua posizione
 privilegiata quantomento verso i proprietari confinanti.
   Di qui il convincimento  della  non  manifesta  infondatezza  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme  citate per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
   Va ordinata conseguentemente la sospensione del presente giudizio.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante
 nel presente giudizio e non manifestamente  infondata,  in  relazione
 all'art.   3,  primo  comma,  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 4,  quarto  comma,  legge  29
 maggio  1967  n. 379 e 19, primo comma, legge regionale 11 marzo 1988
 n. 11, nel testo attualmente vigente;
   Ordina la sospensione del presente giudizio;
   Dispone  la  immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti, nonche' al Signor Presidente del Consiglio dei
 Ministri, al Signor Presidente della Giunta della Regione Puglia e ai
 Signori Presidenti delle due Camere del Parlamento;
   Manda alla Cancelleria per gli ulteriori adempimenti di legge.
     Foggia, addi' 26 settembre 1995
                    Il presidente f.f.:  Infantini
 96C0346