N. 70 SENTENZA 7 - 15 marzo 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Processo penale - Giudice del dibattimento che riconosca  la  propria
 incompetenza  per  territorio  -  Eccezione gia' sollevata e respinta
 nell'udienza preliminare - Rimessione degli atti al  p.m.  presso  il
 giudice territorialmente competente - Omessa previsione - Riferimento
 alla   sentenza   di   illegittimita'  costituzionale  n.  76/1993  -
 Limitazione al diritto di difesa - Illegittimita' costituzionale.
 
 (C.P.P., art. 23, primo comma).
 
 Processo penale - Annullamento della  sentenza  di  primo  grado  per
 incompetenza  per  territorio  -  Trasmissione  degli atti al giudice
 competente anziche' al p.m.  presso  quest'ultimo  -  Limitazione  al
 diritto di difesa - Illegittimita' costituzionale.
 
 (C.P.P., art. 24, primo comma).
(GU n.12 del 20-3-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici: prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  artt.  23,  primo
 comma,  e  24,  primo comma, del codice di procedura penale, promosso
 con ordinanza del il 7 aprile 1995 dalla Corte d'appello di Roma  nel
 procedimento penale a carico di Piscopo Giuseppe (detenuto), iscritta
 al  n.  452  del  registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 35,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1995;
   Visto  l'atto di costituzione di Piscopo Giuseppe nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nella udienza  pubblica  del  21  novembre  1995  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Udito  l'avv.  Angelo Miele per Piscopo Giuseppe e l'avvocato dello
 Stato Giovanni Lancia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                            Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  pubblico  ministero  presso  il  Tribunale  di  Velletri
 richiedeva  al  giudice  per  le  indagini  preliminari,  presso quel
 tribunale, il rinvio  a  giudizio  di  Piscopo  Giuseppe  e  Guaimare
 Romero,  entrambi  imputati  di  reati  in  materia  di  traffico  di
 stupefacenti. All'udienza del 4 febbraio  1993,  mentre  il  Guaimare
 sollecitava  il rito abbreviato, senza pero' ottenere il consenso del
 pubblico  ministero,  il  Piscopo  non ne faceva richiesta, in quanto
 eccepiva l'incompetenza per territorio del giudice adito,  sostenendo
 la  competenza  del  tribunale di Roma.  L'eccezione, tempestivamente
 sollevata, era rigettata dal giudice per le indagini preliminari, e i
 due imputati venivano rinviati a giudizio  davanti  al  Tribunale  di
 Velletri.
   Riproposta  innanzi  al Tribunale, l'eccezione trovava accoglimento
 con la contestuale dichiarazione della competenza  del  Tribunale  di
 Roma,  cui  si trasmettevano gli atti. All'esito del dibattimento, il
 Piscopo era condannato  alla  pena  di  nove  anni  di  reclusione  e
 sessanta  milioni di multa, con il rito ordinario, mentre al Guaimare
 - concessa la  diminuente  del  rito  abbreviato  per  aver  ritenuto
 ingiustificato  il  dissenso del pubblico ministero - veniva inflitta
 la pena di sei anni di reclusione e quaranta milioni di multa.
   Nei  motivi  d'appello,  il  Piscopo  eccepiva  la   illegittimita'
 costituzionale  della  normativa  processuale da cui discenderebbe il
 trattamento deteriore rispetto al coimputato, in quanto privato della
 possibilita' di avvalersi anch'egli del rito abbreviato.
   La Corte d'appello di Roma ha sollevato, in riferimento agli  artt.
 3,  24,  secondo  comma,  e  25,  primo  comma,  della  Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 23, primo comma,
 e 24, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui
 non prevedono, a seguito di declaratoria di nullita' del decreto  che
 dispone il giudizio, la restituzione degli atti al pubblico ministero
 presso il giudice competente per territorio.
   2.  -  In  base  all'art.  22, terzo comma, del codice di procedura
 penale, osserva il Collegio d'appello rimettente, qualora il  giudice
 per  le indagini preliminari riconosca la propria incompetenza, anche
 territoriale, deve dichiararla con sentenza e trasmettere gli atti al
 pubblico  ministero  (presso  il  giudice  competente),  che   dovra'
 esercitare ex novo l'azione penale, nelle forme ordinarie, in modo da
 non  precludere  all'imputato  l'esercizio  di  alcuna  sua  facolta'
 processuale; e qualora, invece, si consideri erroneamente  competente
 per  territorio,  ne  risulteranno  rilevanti  conseguenze nelle fasi
 ulteriori.
   In tal caso, si avra' un mero spostamento  del  processo  ad  altro
 giudice  del  dibattimento,  con la conseguenza che ne' il giudice di
 primo grado ne' quello di appello potranno ripristinare la situazione
 giuridica  violata,  rimettendo   l'imputato   davanti   al   giudice
 dell'udienza     preliminare    territorialmente    competente.    Si
 vanificherebbe, cosi', il diritto di difesa  garantito  dall'art.  24
 della   Costituzione,   rimanendo  priva  di  risultato  un'eccezione
 tempestivamente (e fondatamente) avanzata,  giacche'  l'imputato  non
 potrebbe  chiedere  il  giudizio  abbreviato davanti al "suo" giudice
 naturale, e sarebbe costretto a perdere tale possibilita' o  a  farla
 valere  davanti  a  un  giudice che sara' successivamente, in sede di
 gravame, riconosciuto incompetente.
   3. -  Chiamata  a  decidere  su  analoga  questione,  sollevata  in
 relazione  all'ipotesi  di  incompetenza per materia, questa Corte ha
 dichiarato, con  la  sentenza  n.  76  del  1993,  la  illegittimita'
 costituzionale  della  norma  in  esame  con  riguardo  soltanto alla
 competenza per territorio,  senza  pero'  estenderne  gli  effetti  a
 quella  per materia. Decisione, questa, che non convince il giudice a
 quo non potendosi  a  suo  avviso  differenziare  la  prima  ipotesi,
 rispetto  all'altra,  sulla  base  del rilievo secondo cui verrebbero
 pregiudicati  i  diritti,  e  gli  interessi,  dell'imputato.  Simili
 pregiudizi  difetterebbero,  infatti,  solo quando l'incompetenza per
 territorio sia stata eccepita, per la prima volta, davanti al giudice
 del dibattimento e non nell'udienza preliminare;  mentre  la  mancata
 previsione  d'una declaratoria di nullita' del decreto che dispone il
 giudizio pronunciato dal giudice incompetente e, quindi,  la  mancata
 previsione  del  conseguente  ritorno del processo davanti al giudice
 competente - nella stessa fase e senza preclusioni - verrebbe  invero
 a  determinare una situazione di palese illegittimita' costituzionale
 per violazione del principio del giudice naturale  e  di  quello  del
 diritto  di  difesa,  contenuti  rispettivamente  negli artt. 25 e 24
 della Costituzione.
   4. - Nella specie, l'imputato non ha  usufruito  dei  benefici  del
 rito  abbreviato,  diversamente  dal  coimputato, perche' ha eccepito
 l'incompetenza del giudicante, non avendo ritenuto di proporre in via
 subordinata la richiesta di giudizio abbreviato. Vi  sarebbe  invero,
 ad  avviso  del  rimettente,  inconciliabilita'  fra  l'eccezione  di
 incompetenza territoriale e  la  richiesta,  subordinata,  di  essere
 giudicato  con  il  rito  abbreviato  dal  medesimo  giudice  (che e'
 incompetente).  Solo  accogliendo  la  questione  potrebbe,   dunque,
 risolversi  il problema:   l'eccezione verrebbe trasformata in motivo
 di gravame, e il giudice di secondo grado avrebbe il potere, ai sensi
 dell'art. 24 del codice di procedura penale, di annullare la sentenza
 di primo grado, rimettendo gli atti  al  giudice  competente  per  un
 nuovo  giudizio  abbreviato.    Nell'attuale sistema non deriverebbe,
 infatti,    alcuna    conseguenza     dall'accertata     incompetenza
 tempestivamente  denunciata,  e  riconosciuta  in sede successiva. Il
 mero  spostamento  di   competenza   territoriale,   pronunciato   in
 quest'ultimo  caso dal giudice del dibattimento che riconosca fondata
 l'eccezione, non sarebbe un rimedio esaustivo,  e  costituzionalmente
 corretto,  giacche'  verrebbe  comunque  fatta salva la decisione del
 rinvio a giudizio, mentre il giudice naturale - quello effettivamente
 competente - avrebbe potuto non accogliere le richieste del  pubblico
 ministero  e  decidere  per  il  proscioglimento  o  per  una diversa
 soluzione in  ordine  alla  liberta'  personale  dell'imputato.    E,
 inoltre,   non   potendosi   retrocedere   alla   fase   dell'udienza
 preliminare, non si potrebbe  far  ricorso  al  giudizio  abbreviato,
 perche'   l'accoglimento   dell'eccezione   comporterebbe   la   mera
 trasmissione degli atti al giudice competente  per  il  dibattimento,
 con salvezza dell'udienza preliminare e connesse preclusioni.
   5.  -  Ne  discenderebbe, quindi, con riferimento agli artt. 3, 24,
 secondo  comma,  e  25,   primo   comma,   della   Costituzione,   la
 illegittimita'  costituzionale della disciplina stabilita dagli artt.
 23, primo comma, e 24, primo comma, del codice di  procedura  penale,
 nella parte in cui non prevedono - una volta riconosciuta dal giudice
 del  dibattimento  l'incompetenza per territorio - la declaratoria di
 nullita' del decreto che dispone il giudizio e la restituzione  degli
 atti,  per l'ulteriore corso, al pubblico ministero presso il giudice
 territorialmente competente.
   6. - Si e' costituita la parte privata osservando che la  questione
 sollevata  potrebbe  essere  risolta  con  una diversa e piu' congrua
 soluzione  additiva:  in   ossequio   ai   principi   di   speditezza
 dell'accertamento   penale   e   del  diritto  di  difesa,  gli  atti
 processuali,  anziche'  ritornare  al  pubblico ministero, secondo la
 previsione dell'art. 22, terzo comma, del codice di procedura penale,
 dovrebbero pervenire al  giudice  dell'udienza  preliminare;  e,  del
 resto,  gia'  con  l'interpretazione  sistematica  delle disposizioni
 vigenti sarebbe  possibile  la  regressione  degli  atti  al  giudice
 dell'udienza  preliminare. Le nozioni di "giudice competente", di cui
 all'art. 23 e di "giudice di primo grado competente"  non  sarebbero,
 infatti,  sinonimi  di "giudice dibattimentale competente", in quanto
 il nuovo codice ha introdotto la figura del "giudice per le  indagini
 preliminari",  in  capo  al  quale  e' prevista anche la competenza a
 definire il processo (con il giudizio  abbreviato,  il  giudizio  per
 decreto  e  l'applicazione  della pena su richiesta delle parti). Si'
 che ne deriverebbe la possibilita'  d'una  regressione  del  processo
 davanti  al  giudice  per  l'udienza  preliminare,  salvaguardando il
 principio del giudice naturale (che andrebbe riferito anche alla fase
 dell'udienza preliminare) e il diritto di difesa, che comporta  piena
 liberta'  delle scelte difensive, specie con riguardo a quell'effetto
 sostanziale che e' la riduzione di un terzo della pena in connessione
 con il rito abbreviato.
   7. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per la  infondatezza.  Sulla  base  della  considerazione
 secondo  cui  -  ove il giudice dell'udienza preliminare incompetente
 rinvii a giudizio l'imputato  -  si  determinerebbe  una  ipotesi  di
 nullita'  del  decreto  di  citazione  a giudizio che, se e in quanto
 rilevata dal giudice, produrra' come sua conseguenza,  giusta  l'art.
 185  del  codice  di  procedura  penale, l'adozione dei provvedimenti
 consequenziali  e  ripristinatori.  E,  dunque,   verra'   consentito
 all'imputato  di ottenere il giudizio abbreviato da parte del giudice
 competente.
   La  questione,  conclude  l'Avvocatura,  si  risolverebbe  in   via
 interpretativa.
                         Considerato in diritto
   1. - Viene richiesto a questa Corte, con riferimento agli artt.  3,
 24  e  25  della  Costituzione,  un  nuovo  scrutinio di legittimita'
 costituzionale dell'art. 23, primo comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  per  la  parte non modificata dalla sentenza n. 76 del 1993,
 la' dove non prevede che il  giudice  del  dibattimento  -  il  quale
 riconosca la propria incompetenza per territorio dopo che l'eccezione
 sia  stata  gia'  sollevata  e  respinta  nell'udienza  preliminare -
 rimetta gli atti, ai sensi  dell'art.  22  del  codice  di  procedura
 penale,  al  pubblico  ministero  presso  il giudice territorialmente
 competente; e viene richiesto, altresi', lo scrutinio  dell'art.  24,
 primo comma, dello stesso codice, nella parte in cui "non prevede che
 il  giudice  d'appello,  investito  della  questione  suddetta, debba
 annullare la sentenza di primo grado e rimettere gli  atti,  a  norma
 dell'art.  22  del  codice di procedura penale, al pubblico ministero
 presso il giudice territorialmente competente".
   In sintesi, le due disposizioni sono censurate nella parte  in  cui
 non  prevedono la declaratoria di nullita' del decreto che dispone il
 giudizio e la restituzione degli  atti,  per  l'ulteriore  corso,  al
 pubblico ministero presso il giudice territorialmente competente, per
 il contrasto con i seguenti parametri costituzionali:
     a)  il principio di ragionevolezza e della parita' di trattamento
 (art. 3  della  Costituzione),  con  riferimento  al  diverso  regime
 stabilito,  con  le  sentenze  di questa Corte nn. 76 e 214 del 1993,
 circa l'incompetenza per materia;
     b)  il  principio   del   giudice   naturale   (art.   25   della
 Costituzione),  che  nel caso dell'accertata incompetenza del giudice
 dell'udienza  preliminare  verrebbe  eluso,  da  parte  d'un  giudice
 successivo,  stante  il divieto di regressione del processo alla fase
 dell'udienza preliminare;
     c) il diritto di difesa  (art.  24  della  Costituzione)  per  la
 perdita  del beneficio del giudizio abbreviato quando, in mancanza di
 richiesta dello stesso, sia accertata in  una  fase  o  in  un  grado
 successivo,   stante   l'impossibilita'   di   recupero  dell'udienza
 preliminare.
   2. - Delle due questioni prospettate (che attengono a  disposizioni
 entrambe  espressione  del  principio  del divieto di regressione del
 processo) soltanto quella concernente l'art.  23,  primo  comma,  del
 codice  di procedura penale e' rilevante per la decisione del caso in
 esame, poiche' l'altra  riguarda  l'annullamento  della  sentenza  in
 seguito  al  riconoscimento  dell'incompetenza  del  giudice di primo
 grado. Nella specie, infatti, l'errore processuale e' stato  corretto
 dalla  decisione  del  Tribunale  di  Velletri,  cosicche'  e'  stato
 investito del processo quello  di  Roma,  competente.  La  violazione
 della  regola  sulla  competenza,  invece,  va  fatta  risalire  alla
 decisione del giudice dell'udienza preliminare,  e  la  questione  si
 palesa  rilevante  giacche' il Tribunale di Velletri - nel correggere
 l'errore del giudice dell'udienza preliminare - ha fatto applicazione
 della norma contenuta nell'art.   23,  primo  comma,  del  codice  di
 procedura penale, trasmettendo gli atti al Tribunale competente e non
 al pubblico ministero presso quest'ultimo.
   Di qui, l'incidente di costituzionalita'.
   3. - Posta nei termini indicati, la questione e' fondata.
   Con  sentenza  n.  76  del  1993,  questa  Corte ha gia' dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  23,  primo  comma,  nella
 parte  in  cui  dispone che il giudice - qualora abbia dichiarato con
 sentenza, nel dibattimento di primo grado, la propria incompetenza  -
 trasmetta  gli  atti  al  giudice  ritenuto  competente,  anziche' al
 pubblico ministero presso quest'ultimo.
   La declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  era  per  vero
 circoscritta,   in   tale   sentenza,  soltanto  alla  ipotesi  della
 incompetenza per  materia,  essendo  stata  dichiarata  infondata  la
 questione  in  ordine  alla  incompetenza territoriale per la mancata
 lesione dei parametri invocati (artt.  102, primo comma, e 112  della
 Costituzione). Sulla scia, si collocava, successivamente, la sentenza
 n.  214  del  1993,  con  riferimento all'art.   24, primo comma, del
 codice di procedura penale.
   Sebbene nella motivazione della sentenza n. 76 si faccia cenno alla
 mancata lesione del diritto di difesa dell'imputato circa  la  scelta
 del  rito,  e'  chiaro  che  quella reiezione aveva a presupposto una
 questione  basata,  oltre  che  su  parametri  inconferenti,  su  una
 situazione  di mero fatto - l'essere vincolato il pubblico ministero,
 e con  lui  l'imputato,  alle  risultanze  processuali  trasmesse  al
 giudice competente - sprovvista di tutela costituzionale, dal momento
 che  la  garanzia  del  giudice  naturale  non  riguarda  il pubblico
 ministero.
   4.  - La questione in esame non riflette una situazione di fatto ed
 e' prospettata diversamente, e piu' correttamente, con riferimento ai
 parametri costituzionali menzionati. Con cio' ponendosi  in  evidenza
 come,   a   causa   dell'erronea   individuazione   della  competenza
 territoriale da parte del primo  pubblico  ministero  e  del  giudice
 dell'udienza  preliminare,  uno  dei  due  imputati (quello che aveva
 eccepito l'incompetenza del giudice ratione loci)  non  abbia  potuto
 beneficiare  della  riduzione  di pena stabilita per la richiesta del
 rito abbreviato. Si' che non ha pregio, ai fini di questo  scrutinio,
 la   regola  giurisprudenziale  in  base  alla  quale  l'imputato  ha
 l'obbligo  di  fare  richieste  in  via  subordinata,  rispetto  alle
 preliminari  eccezioni,  e  queste  ultime  non  devono posporsi alle
 prime, perche'  le  questioni  inerenti  alla  giurisdizione  e  alla
 competenza  sono  (e  restano)  logicamente  precedenti  a ogni altra
 eccezione o questione di mero rito.
   L'imputato non era tenuto a formulare  una  richiesta  subordinata,
 perche'  dall'errore  del giudice non possono derivare limitazioni di
 sorta al diritto di difesa, valore costituzionale garantito  in  ogni
 tipo  di processo dall'art. 24 della Costituzione, che in questa sede
 e' opportunamente invocato.  Va  quindi  dichiarata  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  23,  primo  comma, del codice di procedura
 penale, anche per la parte riguardante l'annullamento della  sentenza
 di  primo grado per incompetenza per territorio, con l'effetto - pure
 per tale  ipotesi  -  dell'obbligo  di  trasmissione  degli  atti  al
 pubblico ministero presso il giudice competente.
   Restano  cosi' assorbite le doglianze relative agli altri parametri
 costituzionali.
   5. - In forza  dei  poteri  attribuiti  alla  Corte  costituzionale
 dall'art.    27  della  legge  n.  87  del 1953, la declaratoria deve
 estendersi conseguentemente all'altra disposizione denunciata, l'art.
 24, primo comma,  del  codice  di  procedura  penale:  sollevata  con
 riferimento  a detto articolo, la questione attiene, infatti, a norma
 perfettamente analoga a quella gia' dichiarata incostituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma,
 del codice di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui  prevede  la
 trasmissione  degli  atti  al giudice competente anziche' al pubblico
 ministero presso quest'ultimo  quando  il  giudice  del  dibattimento
 dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio;
   Dichiara  - in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87 - l'illegittimita' costituzionale dell'art.  24,  primo  comma,
 del  codice  di  procedura  penale, nella parte in cui dispone che, a
 seguito  dell'annullamento  della  sentenza  di   primo   grado   per
 incompetenza  per  territorio,  gli  atti  sono  trasmessi al giudice
 competente anziche' al pubblico ministero presso quest'ultimo.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.
                         Il Presidente:  Ferri
                         Il redattore:  Guizzi
                       Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.
               Il direttore della cancelleria:  Di Paola
 96C0383