N. 313 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 1996

                                N. 313
   Ordinanza emessa il 9 febbraio 1996 dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso il tribunale di Belluno nel procedimento penale a
 carico di Zanette Marte
 Processo penale - G.I.P. che abbia restituito gli atti  al  p.m.  per
    formulare  l'imputazione  ex  art.  409  del  cod.  proc.  pen.  -
    Incompatibilita'   dello   stesso   a   partecipare    all'udienza
    preliminare   -  Omessa  previsione  -  Lesione  dei  principi  di
    eguaglianza e di terzieta' del giudice - Compressione del  diritto
    di difesa - Richiamo ai principi espressi nelle sentenze nn. 401 e
    502 del 1991 e 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.15 del 10-4-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale n.
 263/1993 r.g. e n. 178/1995 g.i.p. a carico di Zanette Marte nato  il
 28  luglio  1947  a  Godega S. Urbano, imputato dei reati di cui agli
 artt. 61 n. 2, 479, 476, 368 e 323 del c.p.p.
                           Ritenuto in fatto
   In data 21 marzo 1995  il  p.m.  presso  il  tribunale  di  Belluno
 chiedeva l'archiviazione dell'indagine nei confronti di Zanette Marte
 senza precisare la qualificazione giuridica del fatto. Questo giudice
 richiedeva  quindi la qualificazione dei fatti sottoposti ad indagine
 con indicazioni delle parti offese  e,  a  seguito  dell'integrazione
 intervenuta    il  6 luglio 1995, fissava, con decreto 7 luglio 1995,
 l'udienza in camera di consiglio ex  art.  409,  comma  secondo,  del
 c.p.p.
   In  esito a tale udienza emetteva ordinanza 30 novembre 1995 con la
 quale chiedeva al p.m. di formulare le imputazioni e  con  decreto  2
 dicembre  1995  fissava  l'udienza  preliminare  alla quale convocava
 tutte le parti. Nel corso di tale udienza, tenuta il 25 gennaio  1996
 la   difesa  dell'imputato  ha  proposto  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 34 del c.p.p. nella parte in cui non prevede
 l'incompatibilita' del giudice per le  indagini  preliminari  che  ha
 pronunziato   ordinanza   ex   art.  409  del  c.p.p.  a  partecipare
 all'udienza preliminare per contrasto con l'art.  2  della  legge  di
 delega  per  il codice di procedura penale nonche' con gli artt. 76 e
 101 della Costituzione: il p.m.   ha chiesto rinvio  per  argomentare
 piu'  diffusamente sulla proposta eccezione chiedendo successivamente
 il rigetto della  stessa  perche'  manifestamente  infondata.  Questo
 giudice all'udienza 8 febbraio 1996 si riservava di decidere.
                        Considerato in diritto
   Con  sentenza  6-15  settembre  1995  la  Corte  costituzionale  ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.   34,   comma
 secondo,  del  c.p.p.  nella  parte  in cui non prevede che non possa
 partecipare al giudizio dibattimentale il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia  applicato una misura cautelare nei confronti
 dell'imputato.   Detta sentenza pero', nella  parte  motiva,  enuncia
 principi  generali  di ampiezza e portata tale da indurre il sospetto
 di illegittimita' anche in altri casi in cui lo stesso giudice per le
 indagini  preliminari  sia  chiamato  a  delibare   la   colpevolezza
 dell'imputato  anche  in  fasi  precedenti l'udienza dibattimentale e
 particolarmente nell'udienza preliminare.
   Infatti la Corte premesso che la legge 3 agosto  1995,  n.  332  ha
 accentuato ancor piu' il carattere eccezionale delle misure cautelari
 disposte  prima  della  condanna richiama all'esigenza che il giudice
 chiamato  a  giudicare  l'imputato   appaia   totalmente   privo   da
 condizionamenti derivanti da precedenti convinzioni espresse in altre
 fasi  del procedimento.  Precisa la Corte che "l'analisi del problema
 non si esaurisce nell'esame della differenza tra valutazioni di  tipo
 indiziario,  che il giudice compie in sede di indagini preliminari, e
 giudizio di merito dell'accusa all'esito del  dibattimento,  ma  deve
 anche  considerare,  piu'  specificamente, la possibilita' che alcuni
 apprezzamenti sui risultati delle  indagini  preliminari  determinino
 un'anticipazione  del giudizio suscettibile di minare l'imparzialita'
 del giudice". L'ipotesi che specificamente ha  occupato  la  sentenza
 richiamata  e'  equiparata  poi  a quella del giudice per le indagini
 preliminari che abbia richiesto il p.m. di formulare l'imputazione  e
 per   la   quale   la  Corte  si  espresse  nel  senso  di  ravvisare
 l'incompatibilita' a partecipare al giudizio  dibattimentale  nonche'
 al giudizio abbreviato con le sentenze 401 del 12 novembre 1991 e 502
 del  30  dicembre  1991 argomentando sulla portata altamente incisiva
 della richiesta operata dal g.i.p.
   Tuttavia ritiene  questo  giudice  che  se  la  ratio  del  sistema
 processuale,  come precisato dalla Corte, e' quella di evitare che il
 giudice possa  anche  solo  apparire  condizionato  da  convincimenti
 precedentemente  espressi nel corso delle indagini e se la diversita'
 delle previsioni normative attualmente vigenti non puo'  piu'  essere
 giustificata dal diverso tipo di valutazioni operate nella fase delle
 indagini  e  nel  dibattimento deve essere considerata ammissibile la
 questione di costituzionalita' dell'art. 34 del c.p.p. nella parte in
 cui non prevede l'incompatibilita' del giudice che ha chiesto al p.m.
 di formulare l'imputazione a tenere l'udienza preliminare.
   Infatti tale udienza, soprattutto a seguito della sentenza 8 aprile
 1993,  n.  105  di  codesta  Corte  che  ha  soppresso  il  requisito
 dell'evidenza  dalla  lettera  dell'art.  425  del c.p.p., implica da
 parte del giudice un giudizio completo sia pure su fonti di prova che
 non hanno ancora raggiunto il  rango  di  prova  processuale  vera  e
 propria.
   Il  giudice  dell'udienza  preliminare  infatti e' chiamato in ogni
 caso  a  valutare  la   ricorrenza   delle   condizioni   per      il
 proscioglimento  ex art. 129 del c.p.p. soprattutto in presenza della
 richiesta di applicazione pena ex art. 444  del c.p.p.
   Nel caso di specie essendo il giudice dell'udienza  preliminare  lo
 stesso  che,  in presenza di una richiesta di archiviazione del p.m.,
 ha dato  un  impulso  ex  officio  alla  procedura,  sicuramente  non
 apparira'    all'imputato   privo   del   condizionamento   derivante
 dall'essersi  gia'  espresso  sulla  necessita' del proseguimento del
 processo e pertanto agli occhi  dell'imputato  la  fase  dell'udienza
 preliminare  sara'  svilita  dal  ruolo  di  filtro  e dalla funzione
 deflattiva del  dibattimento  ad  una  mera  tappa  obbligatoria,  ma
 inutile, verso il dibattimento.
   In  buona  sostanza  si  ritiene  che  contrasti con le esigenze di
 apparenza di terzieta' del giudice la previsione che  sia  lo  stesso
 giudice  che  addirittura ha imposto la continuazione del processo al
 p.m.  che riteneva che l'indagine andasse archiviata  ad  operare  il
 giudizio  sull'insussistenza  della fattispecie criminosa contestata,
 giudizio innegabilmente richiesto al g.u.p., quando egli stesso si e'
 gia' espresso in tal senso chiedendo la formulazione dell'imputazione
 ed in considerazione del fatto che il materiale di indagine dal quale
 tale giudizio andra' ricavato e' lo stesso sul quale il  giudice  per
 le indagini preliminari ha chiesto la formulazione dell'imputazione.
   Non  si  ritiene  peraltro  che contrasto vi sia con l'art. 2 della
 legge 16 febbraio 1987, n.  81  di  delega  in  quanto  il  punto  67
 contempla   espressamente  le  ipotesi  di  incompatibilita'  con  le
 funzioni  del  giudice  del  dibattimento   bensi'   con   le   norme
 costituzionali  di  cui  agli artt. 3 e 24 della carta costituzionale
 per le motivazioni illustrate.
   La questione e' peraltro rilevante nel processo a carico di Zanette
 Marte essendosi effettivamente verificata la questione prospettata ed
 essendo attualmente l'imputato sottoposto al  giudizio  dello  stesso
 giudice  che ha richiesto il p.m. di formulare l'imputazione nei suoi
 riguardi.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante
 e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  34, comma secondo, del c.p.p. in relazione
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui  non  prevede
 l'incompatibilita'  del  giudice  per  le indagini preliminari che ha
 chiesto al p.m. di formulare l'imputazione a partecipare  all'udienza
 preliminare;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
   Ordina che a cura  della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente  del
 Senato ed al Presidente della Camera dei deputati.
     Belluno, addi' 9 febbraio 1996
       Il giudice per le indagini preliminari: Coniglio Giuliana
 96C0442