N. 353 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 1996
N. 353 Ordinanza emessa il 23 gennaio 1996 dalla corte d'appello di Napoli nel procedimento penale a carico di Barbella Vincenzo ed altri Processo penale - Udienza preliminare - Giudice delle indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato - Incompatibilita' ad esercitare le proprie funzioni in detta udienza - Omessa previsione - Disparita' di trattamento rispetto al coimputato dello stesso reato nel medesimo procedimento nei confronti del quale il g.i.p. non si e' in alcun modo pronunciato - Lesione del diritto di difesa e della garanzia costituzionale di imparzialita' del giudice - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995 - Eccezione di illegittimita' costituzionale prospettata dalla corte di appello nel corso di procedimento di ricusazione. (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 25).(GU n.17 del 24-4-1996 )
LA CORTE DI APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di ricusazione del giudice per l'udienza preliminare, ufficio XI, presso il tribunale di Napoli dott. Luigi Picardi, per incompatibilita', ai sensi dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. a partecipare a detta udienza, avendo in precedenza emesso ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere. FATTO E DIRITTO Barbella Vincenzo, Barbato Giovanni e Busiello Antonio - a seguito di richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei loro confronti dal p.m. presso il tribunale di Napoli - depositavano in data 11 dicembre 1995 distinte dichiarazioni di ricusazione del g.i.p. dott. Luigi Picardi, motivate dal fatto che questi aveva emesso a loro carico, nello stesso procedimento, ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere: eccepivano l'incompatibilita' del giudice a partecipare all'udienza preliminare, ai sensi dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., trattandosi di ipotesi analoga a quella decisa con la sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 6-15 settembre 1995, dichiarativa della incompatibilita' a partecipare al dibattimento del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale e, gradatamente, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare all'udienza preliminare il giudice per le indagini preliminari, che abbia adottato la misura della custodia cautelare nei confronti dell'imputato. procedutosi con le forme di cui all'art. 127 c.p.p., all'esito dell'odierna udienza in camera di consiglio osserva la corte: 1) l'istanza e' ammissibile in quanto proposta da Barbella Vincenzo, Barbato Giovanni e Busiello Antonio nei termini e con le forme dell'art. 38 c.p.p., nell'ambito del procedimento penale pendente a carico loro e di altri presso l'ufficio XI del g.i.p. (n. 9807/95); 2) non sussiste la ragione di incompatibilita' sollevata dagli imputati, atteso il carattere tassativo delle cause di incompatibilita' previste dall'art. 34 c.p.p., che rende la norma stessa insuscettibile di interpretazione estensiva ed analogica, e non potendo la stessa farsi discendere dalla sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995, per l'assenza di disposizioni che consentono di estendere la dichiarata incostituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. in fattispecie diversa da quella esaminata; 3) va invece ritenuta, conformemente all'orientamento da altre sezioni di questa corte, la rilevanza ai fini del procedimento di ricusazione in corso e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., come sollevata dagli imputati, per le seguenti considerazioni: a) la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 432/1995, ha affermato il principio che il giudice per le indagni preliminari, nel disporre una misura cautelare di qualsiasi tipo, deve compiere valutazioni comportanti la formulazione di un giudizio non di mera legittimita', ma di merito - sia pure prognostico ed allo stato degli atti - sulla colpevolezza dell'indagato; una valutazione sul merito della res iudicanda. A tale conclusione conduce anche l'intervenuto mutamento del quadro normativo per effetto della legge 8 agosto 1995 n. 332 che impone al giudice, per l'applicazione di una misura cautelare personale, un pregnante apprezzamento degli elementi a carico ed a favore dell'indagato, emersi dall'attivita' di indagine del p.m., e l'obbligo di dar conto dei motivi per i quali ritiene che assumano rilevanza, pena la nullita' del provvedimento applicativo; b) nell'udienza preliminare l'accertamento che il giudice e' tenuto a compiere, pur essendo di ordine processuale per la finalita' di introduzione o meno del giudizio, non puo' prescindere da una valutazione di merito di tutti gli elementi probatori; la legge 8 aprile 1993 n. 105, abrogatrice del criterio dell'"evidenza" richiesto dall'art. 425 c.p.p., ha ampliato i poteri decisori del g.u.p., tenuto ora a valutare la ricorrenza di cause di proscioglimento non piu' con esclusivo riferimento al parametro della evidente infondatezza dell'accusa, bendi' utilizzando piu' ampie regole di giudizio attraverso il controllo di merito degli elementi probatori. Detti poteri valutativi in quanto non piu' limitati al mero controllo di legittimita' e correttezza delle fonti di prova, possono essere assimilati a quelli attribuiti al giudice del dibattimento, allorche' rimanga immutato il quadro probatorio; la diversita' di apprezzamento di quest'ultimo, nel caso di acquisizione di ulteriori prove, e' del resto solo di ordine quantitativo, e non qualitativo; c) consegue che il g.i.p. il quale abbia applicato una misura cautelare personale, cosi' compiendo una prima valutazione contenutistica dei risultati delle indagini, ha adottato una pronuncia suscettibile di influenzare lo svolgimento della sua successiva attivita' da g.u.p. e, in particolare, di condizionare la valutazione circa la sussistenza delle condizioni per assoggettare l'imputato al giudizio di merito, che andra' ad affermare in sede di emissione del provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare; d) cio' posto, appare in contrasto con gli articoli 3, 24, 25 della Costituzione l'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede detto caso di incompatibilita'. La diversita' di trattamento e' ravvisabile nei confronti di coimputato dello stesso reato nel medesimo procedimento, non raggiunto da misure cautelari personali, rispetto al quale la decisione del g.u.p. sara' frutto di un approccio valutativo non pregiudicato. La lesione del diritto di difesa e' conseguenza inevitabile del possibile condizionamento che puo' inquinare il convincimento di detto giudice per la ridotta valenza che assumono le argomentazioni difensive di fronte alla naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso. L'identita' soggettiva tra il g.i.p. che ha dispoto l'applicazione di una misura cautelare personale, esprimendosi in termini di valutazione di alta probabilita' di fondamento dell'accusa, ed il g.u.p. chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio e' idonea a determinare (o far paventare) un pregiudizio atto a minare la garanzia costituzionale di imparzialita' del giudice, riflessa nel presidio della precostituzione del giudicenaturale.
P. Q. M. Visti gli art. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nalla parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice dell'udienza preliminare del giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato; Sospende il procedimento di ricusazione in corso; Ordina che il giudice per l'udienza preliminare ricusato, dott. Luigi Picardi, sospenda ogni attivita' processuale nei confronti degli imputati ricusanti Barbella Vincenzo, Barbato Giovanni e Busiello Antonio, ad eccezione degli atti urgenti; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza venga notificata, a cura della cancelleria, al giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale di Napoli, ufficio XI, agli imputati Barbella Vincenzo, Barbato Giovanni e Busiello Antonio, al p.g. in sede ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli il 23 gennaio 1996 Il presidente: De Cristofaro I consiglieri: Del Bene - Ionata 96C0489