N. 443 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 1996
N. 443 Ordinanza emessa il 22 febbraio 1996 dal giudice delle indaggini preliminari presso il tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di De Magni Augusto ed altri Processo penale - Indagini preliminari - Termini di durata massima - Ipotesi di trasmissione di atti per incompetenza territoriale - Impossibilita' per il pubblico ministero territorialmente competente di usufruire del termine massimo decorrente dalla data della nuova iscrizione nel registro degli indagati - Prospettata eventuale riduzione dell'attivita' di indagine a causa di un tardivo passaggio degli atti - Conseguente diseguaglianza tra uffici del p.m. - Lesione del principio di obbligatorieta' dell'azione penale. (C.P.P. 1988, art. 407). (Cost., artt. 3 e 112).(GU n.21 del 22-5-1996 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione atti alla Corte costituzionale premesso: che il 21 settembre 1995 il p.m. presso la procura della Repubblica di Roma chiedeva la proroga del termine per le indagini preliminari con riferimento al procedimento penale n. 15490/1993+10807/1994 p.m. trasmesso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Palmi per competenza territoriale ed iscritto nel registro delle notizie di reato della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma il 23 giugno 1994; che con provvedimento del 30 agosto 1995 il g.i.p. presso tribunale di Roma autorizzava una prima proroga, ritenendo irrilevanti le obiezioni avanzate da alcune difese sulla decorrenza dei termini per le indagini e testualmente sul punto motivando "rilevato, quanto al rilievo circa il dies a quo del termine previsto dall'art. 405 comma secondo, c.p.p. che secondo gli opponenti decorrerebbe dalla data dell'iscrizione del nominativo degli indagati nel registro delle notizie di reato della procura della Repubblica presso il tribunale di Palmi (che successivamente ha trasmesso gli atti per competenza territoriale alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma), che il dies a quo decorre nel caso di specie dalla data di iscrizione nel registro delle notizie di reato della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma; che infatti la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che "nel caso in cui, dopo nuove indagini ed emergenze, si sia proceduto legittimamente a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, e' dalla data relativa a quest'ultima che decorre il termine semestrale per il compimento delle indagini preliminari previsto dall'art. 405, secondo comma, c.p.p. e, conseguentemente, e' a tale data che occorre far riferimento al fine di valutare la tempestivita' (o non) della eventuale richiesta di proroga del suddetto termine ex art. 406, primo comma, stesso codice, essendo la precedente iscrizione superata dalle successive vicende processuali" (cfr. Cass. pen. sez. V 1992, I anni); che del resto una diversa interpretazione limiterebbe ingiustamente, dal punto di vista temporale ed anche sostanziale, il potere del p.m., successivamente ritenuto competente, di adottare le determinazioni circa l'esercizio dell'azione penale nel caso in cui sussistano giustificati motivi per chiedere la proroga delle indagini preliminari"; Rilevato che l'interpretazione adottata dal g.i.p. all'epoca procedente si fonda su una visione parziale del problema determinata dalla ambiguita' ed incompletezza della massima cui si fa riferimento nel testo dell'ordinanza; O s s e r v a Dalla lettura della sentenza nel suo complesso e di altra, ugualmente emessa dalla stessa sezione di cassazione ma da diverso collegio (cfr. sez. V penale del 25 ottobre 1991) emergono due diversi principi tra loro armonicamente collegati, proprio su di una fattispecie concreta del tutto identica a quella ora in esame, vale a dire l'ipotesi di una remissione di atti da una procura ritenutasi incompetente ad altra: il p.m. successivamente interessato aveva proceduto a nuova iscrizione nel proprio registro degli indagati e da questa data aveva richiesto al g.i.p. la proroga del termine per le indagini, richiesta dal g.i.p. rigettata perche' proposta dopo la scadenza dei sei mesi decorrenti - secondo il giudicante - dall'originaria iscrizione nel registro degli indagati del p.m successivamente dichiaratosi incompetente: ebbene la Cassazione sosteneva il principio che per valutare la tempestivita' della richiesta di proroga doveva aversi riguardo alla data nella quale il nominativo dell'indagato era stato iscritto nel registro del p.m. attualmente procedente per interpretazione sistematica dell'art. 405.2 e 335 c.p.p.: che appunto il registro delle notizie di reato di cui parla l'art. 405.2 evoca, evidentemente, la prescrizione di cui al precedente art. 335.1, volta al p.m., di iscrivere ogni notizia di reato, che gli pervenga o che abbia acquisito di propria iniziativa, "nell'apposito registro, custodito presso l'ufficio" da individuarsi in quello custodito presso l'ufficio che richiede la proroga, prevista dall'art. 406 c.p.p., sicche' nessuna rilevanza, al fine di valutare la tempestivita' della richiesta, dev'essere attribuita a precedenti iscrizioni in registri di diversi uffici. Prosegue la Corte che in favore di questa interpretazione milita l'argomento testuale ma anche argomenti di natura logica e sistematica, posto che, se e' stato conferito dalla legge al p.m. il potere di dedurre, a sostegno della richiesta di proroga, una giusta causa (ex art. 406 c.p.p.) questa non puo' riferirsi che all'ambito dell'ufficio cui appartiene il richiedente, potendo essere ignote a quest'ultimo ragioni e relative possibilita' di valutazione di oggettive inerzie o ritardi, verificatisi in altri uffici, prima che egli avesse cognizione della notizia di reato, con la conseguenza che il p.m. attualmente procedente subirebbe preclusioni per fatti non riconducibili al suo ufficio, come, invece, si verificherebbe se il termine di cui trattasi, dovesse farsi decorrere dalla data dell'iscrizione della notizia di reato, nel registro di uffici diversi da quello del p.m. richiedente la proroga. Questa inaccettabile opinione - sostiene ancora la Corte - condurrebbe ad esiti addirittura abnormi quante volte la trasmissione degli atti da un ufficio del p.m. ad un altro, ai sensi dell'art. 54, avvenga al limite della scadenza del termine di cui trattasi, cosi' derivandone che il p.m. che riceve gli atti, trovi temporalmente preclusa la possibilita' di richiedere la proroga in discorso. In applicazione di questo principio la corte di cassazione ritiene ad esempio che per un procedimento iscritto nel registro degli indagati della Procura X il 1 gennaio 1995 e poi trasmesso per competenza territoriale alla Procura Y ed iscritto nel registro degli indagati di quest'ultima il 1 marzo 1995, il termine tempestivo per proporre istanza di proroga decorre dal 1 marzo 1995. Questa interpretazione, tuttavia, non consente di ritenere un allungamento senza limiti dei termini delle indagini. La corte di cassazione, a questo proposito, si preoccupa di stabilire un secondo principio limitativo delle conseguenze logiche dell'applicazione dei criteri sopra enunciati in termini di tempestivita'. Testualmente la Corte "ne' dalla interpretazione qui adottata potrebbero derivare elusioni dell'intento affidato dal legislatore alla disciplina qui in esame, dovendosi esso ritenere congruamente salvaguardato - nella sua realizzazione - da quella che puo' ritenersi come "norma di chiusura" del sistema ordinato dal legislatore, ossia quella posta dal successivo art. 407.1, la quale, ponendo un limite invalicabile alla "jdurata delle indagini preliminari", ha riferimento alla vicenda processuale a questa relativa, vista nella sua globalita', cosi' consentendo di dar rilievo, a differenza dei disposti degli artt. 405 e 406 c.p.p., all'iscrizione della notizia di reato, precedentemente avvenuta in registri diversi da quello del p.m. che in atto procede" L'applicazione concreta di questo secondo principio comporta, nell'esempio prospettato precedentemente, che il termine globale massimo della vicenda processuale sara' di diciotto o ventiquattro mesi - a seconda del tipo di reato - decorrenti dal 1 gennaio 1995, data originaria di iscrizione, ma non dal 1 marzo 1995, data della nuova iscrizione che ha il suo valore limitatamente ai fini di valutare tempestivamente la richiesta di proroga. In sostanza la Suprema Corte ritiene che non puo' farsi carico al p.m. attualmente procedente dei ritardi o delle omesse o successive valutazioni del p.m. originariamente titolare del procedimento, con l'unico sbarramento rappresentato dall'art. 407 c.p.p. Il sistema cosi' delineato ha una sua coerenza, quanto meno dal punto di vista delle norme processuali. Ed infatti nessuna sanzione consegue ad una diversa e successiva valutazione di incompetenza per territorio. L'art. 26 c.p.p., al primo comma, prevede che l'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove gia' acquisite, cosi' che il p.m. successivamente procedente puo' utilizzare tutti gli elementi di indagine precedentemente raccolti senza preclusione alcuna. Ancora l'art. 30 c.p.p., al terzo comma precisa che l'ordinanza di rimessione alla corte di cassazione del giudice in caso di conflitto di competenza e la denuncia di conflitto del p.m., non hanno effetto sospensivo dei procedimenti in corso con l'ovvia conseguenza che entrambe le autorita' procedenti potranno contemporaneamente proseguire gli atti di indagine ed utilizzarne i risultati una volta risolto il conflitto di competenza. Ugualmente in caso di contrasti negativo e positivo tra pubblici ministeri (artt. 54 e 54-bis c.p.p.), gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione o della designazione indicate nei commi 1 e 2 degli stessi articoli, possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge. Resterebbe sanzionata quindi la mera ipotesi dell'inerzia del p.m. inizialmente procedente, preclusiva, per il decorso del termine, anche per il p.m. successivamente individuato come competente. Il problema non e' di poco conto ma ricadrebbe sull'indagato e sul suo diritto ad un tempo di indagine rispettoso delle prescrizioni di legge, non influenzato da condizioni soggettive del p.m. procedente - suscettibili caso mai di valutazioni disciplinari - o da erronee o tardive valutazioni sulla competenza territoriale che si trasformano in veri e propri atti di "prepotenza territoriale". Comunque anche per l'ipotesi di una inerzia del p.m., l'ordinamento processuale prevede dei rimedi. Un p.m. negligente non ha raccolto elementi di valutazione per consentire al p.m. successivamente individuato come competente un corretto e completo esercizio dell'azione penale. Ebbene, in caso di archiviazione del procedimento, il p.m. potra' richiedere la riapertura delle indagini motivata dall'esigenza di nuove investigazioni, procedendo a nuova iscrizione nel registro degli indagati, cosi' come puo' richiedere la revoca della sentenza di non luogo a procedere. L'unica interpretazione possibile dell'art. 407 c.p.p. per le considerazioni sopra esposte e per le indicazioni gia' fornite dalla corte di cassazione sembrerebbe dunque quella di una valutazione globale del termine massimo per le indagini preliminari, prescindendo dagli accadimenti legati agli spostamenti di competenza territoriale con conseguente rigetto della richiesta di proroga avanzata dal p.m. per avvenuto decorso dei termini massimi previsti per le indagini preliminari per la maggior parte degli indagati. Il p.m. procedente, in tale eventualita', ha chiesto di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, individuando il profilo di illegittimita' dell'art. 407 c.p.p.,nella parte in cui non consente al p.m. destinatario di un procedimento trasmesso per incompetenza territoriale da altro ufficio di procura, di usufruire dei tempi di indagine previsti dalla normativa sui termini ma - prevedendo termini comunque invalicabili a prescindere dalla concreta vicenda processuale - impedisce al p.m. presso il giudice territorialmente competente un corretto e meditato esercizio dell'azione penale. Non vi e' dubbio, infatti, che ad ogni p.m. territorialmente competente incombe l'obbligo di promuovere l'azione penale, non essendo nel nostro ordinamento prevista un procura nazionale cui faccia riferimento un unico registro degli indagati. Sotto questo profilo l'interpretazione dell'art. 407 c.p.p. nel senso della globalita' del termine pone dei problemi di costituzionalita' con riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione. La riduzione del tempo di indagine a causa di un tardivo passaggio di atti a seguito della rilevazione di incompetenza territoriale potrebbe ripercuotersi sulle modalita' di esercizio dell'azione penale, creare disuguaglianze tra uffici del p.m., autonomi nella loro competenza territoriale, con una vanificazione per il p.m. tardivamente individuato come competente dell'obbligo di esercitare l'azione penale nei termini a lui spettanti e da lui non utilizzati, per situazioni all'ufficio procedente del tutto estranee, con conseguente irrazionalita' di tutto il sistema, con un rischio di vanificazione dell'azione penale e con la possibile violazione dei prinicipi costituzionali contenuti negli artt. 3 e 112 della Costituzione L'eccezione sollevata e' rilevante nel presente procedimento giacche' dalle diverse interpretazioni date all'art. 407 c.p.p. discende il rigetto della richiesta di proroga senza valutazione del merito, oppure il passaggio alla valutazione del merito della richiesta di proroga dei termini ed alla possibilita' concreta del suo accoglimento. L'eccezione appare inoltre non manifestamente infondata per i rilievi sopra svolti con riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione e specificati nel senso della illegittimita' dell'art. 407 c.p.p. nella parte in cui non consente al p.m. destinatario di un procedimento a lui trasmesso per incompetenza territoriale di usufruire dei termini massimi decorrenti dalla data della nuova iscrizione nel registro degli indagati del p.m. successivamente individuato come competente.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante per la decisione e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale nei termini indicati in motivazione; Sospende il giudizio in corso nei confronti degli indagati di cui all'allegato elenco; Manda la cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa, al p.m., al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi', 22 febbraio 1996 Il giudice: Jannini 96C0645