N. 482 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 1996

                                N. 482
  Ordinanza emessa il 28 dicembre 1996  dal  pretore  di  Cremona  nel
 procedimento penale a carico di Parmelli Massimo
 Circolazione  stradale  -  Divieto  di inversione del senso di marcia
 sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli  delle  autostrade  e
 delle  strade  extraurbane  principali  -  Violazione  -  Trattamento
 sanzionatorio  -   Applicabilita'   della   sanzione   amministrativa
 accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da
 sei a ventiquattro mesi, anche se non sussista un pericolo concreto e
 attuale - Eccessiva durata della sanzione - Ingiustificata disparita'
 di  trattamento  rispetto  ad  altre violazioni commesse negli stessi
 spazi, dalle quali derivino lesioni personali o omicidio colposo.
 (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 176, ventiduesimo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.22 del 29-5-1996 )
                              IL PRETORE
                             O s s e r v a
   In data 11 agosto 1993, Parmelli  Massimo  mentre  era  alla  guida
 dell'autovettura  tg.  CR/238609  eseguiva  l'inversione del senso di
 marcia nell'area antistante il casello autostradale di Cremona.
   Il procuratore della Repubblica presso la locale pretura,  ricevuta
 la  notitia  criminis,  richiedeva decreto di citazione a giudizio di
 Parmelli Massimo, perche' rispondesse del reato  p.  e  p.  dall'art.
 176, commi 1 e 19 del codice stradale.
   Questo   pretore,  in  via  preliminare,  rileva  che  la  condanna
 eventuale per la  contravvenzione  suindicata  comporta  la  sanzione
 amministrativa  accessoria  della  sospensione della patente di guida
 per un periodo da sei mesi a due anni, anche in assenza di  qualsiasi
 pericolo  concreto per gli altri utenti, laddove per la violazione di
 ogni altra norma della circolazione, commessa su carreggiata, rampe e
 svincoli e dalla quale derivino danni alle persone (lesioni personali
 colpose e omicidio colposo), la durata della sanzione puo' variare da
 quindici giorni a un anno (art. 222 del  codice  stradale).  Siffatta
 disciplina non sembra conforme all'art. 3 della Costituzione.
   In  proposito  si  osserva  che l'art. 176, commi 1 e 19 del codice
 stradale, vieta, sulle carreggiate,  sulle  rampe  e  sugli  svincoli
 delle autostrade, di invertire il senso di marcia, di attraversare lo
 spartitraffico  e  di  percorrere  la carreggiata o parte di essa nel
 senso di marcia opposto a quello consentito.
   La  ratio  della  norma e' di garantire che la circolazione in quei
 punti critici si svolga in condizioni di  sicurezza,  impedendo  agli
 utenti  una condotta idonea a mettere in pericolo l'incolumita' delle
 persone e delle cose.
   Il divieto ha un valore assoluto, poiche' tali manovre sono  sempre
 proibite,  salvi  i  casi  previsti  da specifiche disposizioni (art.
 176,  commi  12  e  14),  che  devono  essere  interpretate  in  modo
 restrittivo e sono insuscettibili di applicazione analogica (art. 14,
 disp. sulla legge in generale).
   La  contravvenzione  in esame e' reato di pericolo, che puo' essere
 commesso con dolo o colpa, essendo, pero',  necessario  che  l'azione
 sia  cosciente  e volontaria, secondo la regola fissata dall'art. 42,
 quarto comma del codice penale.
   Nel caso sottoposto al vaglio giudiziale,  la  manovra  vietata  fu
 compiuta  nell'area  antistante  il  casello  autostradale, dove pure
 opera il divieto penalmente sanzionato.
   Al fine di verificare la correttezza di quest'ultimo assunto  (cio'
 rientra  nei  compiti  di  questo  giudice, ai sensi dell'art. 444 in
 relazione all'art. 129 del c.p.p., ma il discorso consente  anche  di
 inquadrare  il problema nelle sue coordinate essenziali, per cogliere
 i profili di incostituzionalita' della norma), si precisa che  l'art.
 2,  terzo  comma,  lett.  a)  del  codice  stradale,  nel  fissare le
 caratteristiche minime di un'autostrada, cosi' la definisce:  "strada
 extraurbana  o  urbana  a  carreggiate  indipendenti  o  separate  da
 spartitraffico  invalicabile,  ciascuno  con  almeno  due  corsie  di
 marcia, eventuale banchina pavimentata a destra priva di intersezioni
 a  raso  e  di  accessi privati, dotata di recinzioni e di sistemi di
 assistenza  all'utente  lungo  l'intero  tracciato,  riservata   alla
 circolazione   di   talune   categorie   di   veicoli   a   motore  e
 contraddistinta da appositi segnali di inizio  e  fine.  Deve  essere
 attrezzata  con  apposite  aree  di  servizio  ed aree di parcheggio,
 entrambe  con  accessi  dotati   di   corsie   di   decelerazone   ed
 accelerazione".  La  definizione  amplia  quella del codice abrogato,
 attraverso numerosi dettagli, ma lascia sostanzialmente invariato  il
 concetto  di  arteria  riservata  alla  circolazione di autoveicoli e
 motoveicoli, cioe' a particolari categorie di utenti.
   Da un punto di vista  meramente  descrittivo,  i  dati  strutturali
 dell'autostrada  sono  i lunghi rettilinei con curve ad ampio raggio,
 le limitate pendenze, l'eliminazione completa  delle  intersezioni  a
 raso,  mediante  la  creazione  di  soprapassaggi  o sottopassaggi in
 corrispondenza  di  incroci  con  ferrovie  e  strade  ordinarie,  la
 larghezza   delle   carreggiate,  adeguate  alle  particolarita'  del
 traffico, l'installazione di rifornimenti, l'assistenza  in  caso  di
 infortuni.
   L'uso  dell'arteria  in  esame  e'  subordinato  al pagamento di un
 pedaggio,  ma  questa  circostanza  non   costituisce   un   elemento
 essenziale  dell'autostrada,  poiche'  alcuni  tratti, attesa la loro
 finalita' di interesse pubblico, sono percorribili gratuitamente.  E'
 bene   evidenziare  che  nessun  utente,  per  il  solo  fatto  della
 prestazione del pedaggio, acquista la possibilita'  di  un  uso  piu'
 ampio rispetto a quello di ogni altro utente.
   Tutti,  pur  pagando il pedaggio, fruiscono della strada secondo la
 sua normale destinazione e l'uso del bene rimane "uso  comune  e  non
 uso speciale".
   Il  versamento del pedaggio avviene nelle stazioni esistenti "sulle
 autostrade" - cosi' testualmente l'art. 176,  undicesimo  comma,  del
 codice  stradale  -  all'altezza  delle  quali  i  conducenti  devono
 arrestarsi in corrispondenza delle apposite barriere.  Codesti  punti
 di  esazione  sono  preceduti  e  seguiti (in entrata e in uscita) da
 un'area  di  ampiezza  variabile,  il  cui  scopo  e'  di  consentire
 l'ordinario  incolonnamento  e  il  deflusso  dei veicoli, secondo le
 indicazioni date dalla segnaletica o dal personale addetto. Gli spazi
 de quibus appartengono alla sede autostradale.  Siffatta  conclusione
 si  basa  non  solo  sull'argomento letterale fornito dal citato art.
 176, undicesimo comma,  ma  trova  un  equivoco  riscontro  normativo
 nell'art.  2,  terzo  comma,  lett.  a) del codice stradale, il quale
 prevede che l'autostrada "e' contraddistinta da appositi  segnali  di
 inizio e fine".
   L'importanza   di   siffatta   precisazione   non   puo'   sfuggire
 all'interprete,  essendo  indiscutibile  che  la   disciplina   della
 circolazione  trovi  la  sua  fonte  nella  legge e nei provvedimenti
 emessi dalle  autorita'  competenti  resi  manifesti  dagli  appositi
 segnali. Orbene, in corrispondenza di ogni accesso autostradale, dove
 cioe'  iniziano  a  valere  le  speciali  regole,  e'  installato, in
 conformita' al disposto degli articoli  39  e  seguenti,  del  codice
 stradale,  e  135  del  d.P.R.  16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento
 esecuzione  codice  stradale),  un   cartello   che   comprende   due
 segnalazioni:  quella  di  "inizio  autostrada"  e  il  riepilogo dei
 divieti di transito connessi con il regime autostradale.
   Il cartello "fine autostrada" e'  posto,  invece,  al  termine  del
 nastro  autostradale,  e  comunque  oltre  la stazione di uscita, per
 indicare che da quel punto cessa  la  vigenza  di  quelle  regole  di
 circolazione.    Poiche'  i  segnali  rappresentano la manifestazione
 visibile   della   volonta'   dell'autorita'   competente,   i    cui
 provvedimenti amministrativi sono conosciuti dagli utenti solo quando
 siano resi noti mediante quei simboli esteriori, deriva una inferenza
 particolare  in  ordine  al  problema  che  ne  occupa:  su  tutto il
 tracciato compreso idealmente tra i due segnali  indicati  (inizio  e
 fine  autostrada)  e,  percio',  sulle aree che precedono e seguono i
 caselli nei due sensi, operano le norme  proprie  della  circolazione
 autostradale.
   Bisogna tener presente che l'inversione del senso di marcia, per il
 disposto  dell'art.  176,  primo comma, e' vietata sulle carreggiate,
 sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all'art. 175,  primo
 comma,  il quale contempla non solo le autostrade, ma anche le strade
 extraurbane principali e le altre strade individuate con decreto  del
 Ministro  dei  lavori pubblici, su proposta dell'ente proprietario, e
 da indicare con apposita segnaletica d'inizio e fine.
   E' facile da cio' arguire che gli utenti di queste  ultime  arterie
 hanno  la  possibilita'  di  apprendere gli obblighi imposti solo dai
 segnali, onde una conferma ulteriore delle argomentazioni esposte.
   D'altronde, il principio in base al quale l'utente della strada  ha
 ragione  di fare affidamento sull'inesistenza di pericoli (intendendo
 per pericolo la situazione potenzialmente causativa di un  evento  di
 danno)  e'  valido  anche in questi spazi, dove spesso la presenza di
 numerosi veicoli in arrivo e in partenza impone  cautele  non  minori
 rispetto a quelle adottate in altri tratti del percorso.
   E'  appena  il  caso  di  osservare che la mancanza di un eventuale
 spartitraffico nulla prova, quando si pensi che l'area, attesa la sua
 conformazione, e' suscettibile di essere utilizzata  da  parte  degli
 addetti   ai  servizi  dell'autostrada,  di  polizia  stradale  e  di
 soccorso, per esigenze peculiari indicate dalla legge.
   Lo spazio indicato dev'essere, inoltre, qualificato  "carreggiata",
 ai sensi dell'art. 3, primo comma, n. 7 del codice stradale, il quale
 indica   la  carreggiata  come  parte  della  strada  destinata  allo
 scorrimento dei veicoli.
   Siffatta definizione, che  costituisce  un  dato  intrinseco  della
 norma  di  cui  deve  chiarire  il  senso  e vincola l'interprete nel
 procedimento logico diretto a cogliere la volonta' della legge,  puo'
 essere  compitamente  intesa  solo  se  venga  correlata  a quella di
 circolazione, che esprime l'idea centrale della  fenomenologia  della
 viabilita'.  In  proposito,  si ricorda che, sotto l'aspetto tecnico,
 circolare e' "il susseguirsi  di  alternate  fasi  di  accelerazione,
 traslazione,  rallentamento  o  arresto"  che  non si esaurisce nello
 spostamento dei veicoli da un luogo all'altro  (non  si  parla  delle
 persone  e  degli  animali,  di  cui  in  autostrada  e'  vietata  la
 circolazione, eccezion fatta per le aree di servizio e di sosta (art.
 175, sesto comma)).
   La circolazione, ai sensi dell'art. 3, primo comma, n. 9 del codice
 stradale, e' "il movimento, la fermata  e  la  sosta  dei  veicoli...
 sulla  strada",  per  cui  comprende  anche  momento  ed  episodi che
 rappresentano la temporanea sospensione della marcia.  La  norma  non
 include  l'arresto, vale a dire l'interruzione della marcia dovuta ad
 esigenze di circolazione  (art.  157,  primo  comma,  lett.  a)),  ma
 l'omissione  e'  priva di particolare significato, non essendo dubbio
 che  tale   circostanza   influisce   sull'evolversi   del   fenomeno
 circolatorio.   Tenendo  presenti  le  suesposte  considerazioni,  il
 concetto giuridico di carreggiata si specifica in una  significazione
 tipica  e riguarda la parte della sede autostradale non riservata ne'
 alla fermata ne' alla sosta ne' all'arresto,  ma  allo  "scorrimento"
 dei  veicoli,  inteso  come  movimento  o  spostamento  lineare degli
 stessi, secondo un percorso tracciato, e che puo'  avvenire  in  modo
 piu  o  meno veloce, purche' non si creino intralci o pericoli per la
 circolazione.    Questa  interpretazione,  lungi  dall'estendere   il
 contenuto del termine "scorrimento", gli attribuisce il carattere suo
 proprio  e  lo  tipizza  sotto  il  profilo  dinamico, permettendo di
 affermare che lo spazio esistente nei pressi dei caselli,  il  quale,
 in  via  eccezionale  e  nei  casi  consentiti,  svolge  una funzione
 polivalente, dev'essere inteso  come  "carreggiata"  nel  senso  piu'
 compiuto, perche' destinato allo scorrimento dei veicoli prima e dopo
 il pagamento del pedaggio.
   La  manovra  di  inversione  di  marcia  in tale spazio e', percio'
 vietata ai sensi dell'art. 176, primo  e  diciannovesimo  comma,  del
 codice  della  strada. Infatti, il conducente pone in essere un grave
 fattore di turbamento della circolazione, dal momento che  gli  altri
 utenti,   percorrendo  una  strada  con  direzione  obbligatoriamente
 orientata:  contano su un assetto di  marcia  conforme  a  quanto  le
 norme della circolazione impongono.
   Non rileva piu' di tanto che la velocita' sia ridotta nelle aree in
 questione,  volta  che  l'intensita'  della  velocita' incide in modo
 notevole nella scelta punitiva, ma non rappresenta il presupposto  di
 applicazione  della  disposizione, la cui operativita' e' subordinata
 solo  alla sussistenza del pericolo di danni a persone o cose. Avendo
 acquisito codesti concetti di fondo, e' possibile sviluppare, con  la
 disponibilita'  di  adeguati  strumenti  valutativi,  il  discorso in
 ordine al trattamento sanzionatorio della violazione.
   Pare opportuno precisare che il vigente codice della  strada,  allo
 scopo  di  assicurare l'osservanza delle norme della circolazione, ha
 predisposto un impianto repressivo composito, con larga prevalenza di
 sanzioni amministrative, e il  ricorso  alle  pene  criminali  in  un
 limitato numero di casi.
   La  soluzione  parapenalistica  e' soddisfacente, poiche' sembra in
 linea con i moderni orientamenti di politica criminale, che  vogliono
 circoscrivere   l'impiego  dello  strumento  penale  alle  situazioni
 ritenute piu' significative sotto il profilo sociale.
   Il momento piu' orignale  della  normativa  codicistica  si  coglie
 nell'ampliato    numero   di   sanzioni   accessorie   di   carattere
 interdittivo, che si affiancano alle  sanzioni  principali  penali  e
 amministrative.
   Questo  sistema  binario  si  rivela  particolarmente  afflittivo e
 consente l'attuazione delle strategie impiegate dai  pubblici  poteri
 per  rendere  piu'  sicura  la  circolazione  e  offrire una risposta
 efficace contro i  comportamenti  pericolosi  dovuti  a  inosservanza
 delle  norme  stradali.   L'infrazione del divieto previsto dall'art.
 176,  primo  e  diciannovesimo  comma,  oltre  alla  pena  principale
 congiunta   dell'arresto   e   dell'ammenda,   comporta  la  sanzione
 amministrativa accessoria della sospensione della  patente  di  guida
 (art.  176,  ventiduesimo  comma), ma non v'e' dubbio che le condotte
 incriminate possono, in talune circostanze, essere  realizzate  senza
 che  sussista  un pericolo concreto e attuale, in quanto non vi sono,
 ad esempio, altri veicoli nella zona interessata alla manovra.
   Pure in questa evenienza, la patente del contravventore  dev'essere
 sospesa per un periodo non inferiore a mesi sei. L'esperienza insegna
 che gli automobilisti paventano, ancor piu' della pena principale, la
 sanzione   amministrativa  accessoria  in  esame  che  "comprime  con
 inevitabile danno economico  la  liberta'  di  circolazione  -  tanto
 sentita  da  questa societa' - e reprime in maniera piu' acconcia, lo
 scorretto esercizio di essa" (Cass. pen. ss. uu.  19  dicembre  1990,
 ric. Capelli, in Foro it., II, 205 e segg.).
   Occorre,  tuttavia,  evidenziare  che,  quando  dalla violazione di
 altre norme della circolazione, commessa negli stessi spazi, derivano
 danni alle persone, la sospensione della patente, ai sensi  dell'art.
 222 del codice stradale e' cosi' fissata: a) da quindici giorni a tre
 mesi in caso di lesione personale colposa lieve; b) da uno a sei mesi
 nel  caso di lesione colposa grave o gravissima; c) da due mesi ad un
 anno nel caso di omicidio colposo.
   La  disarmonia  rispetto  all'art.  176  e'  evidente  e  non  pare
 giustificabile  rispetto  all'art.  3  della Costituzione, poiche' il
 pericolo  del   danno,   che   la   disposizione   stradale   intende
 neutralizzare,  viene  sanzionato  in  maniera  piu'  grave del danno
 stesso.  Trattasi  di  un  esempio  di  palese  arbitrarieta'   della
 soluzione  normativa,  un vizio che puo' essere censurato dalla Corte
 costituzionale, la quale, pur affermando di non essere abilitata,  ai
 sensi   dell'art.  3  della  Costituzione,  a  esercitare  scelte  di
 spettanza esclusiva del legislatore, ammette di avere il  potere  "di
 ricondurre  le  deroghe ingiustificate e le arbitrarie eccezioni alle
 regole  gia'  stabilite  dalla  legge  ovvero  ai  principi  generali
 univocamente  desumibili dalla legge" (Corte costituzionale18 ottobre
 1983, n. 314).
   Orbene, il  principio  di  sistematicita'  del  diritto,  come  non
 contraddizione  delle  parti  che lo compongono, non esclude, secondo
 l'insegnamento  di   autorevole   dottrina,   "la   possibilita'   di
 differenziazioni,  ma  esclude  soltanto  quelle incompatibili con la
 logica del sistema".    Ogni  differenziazione  richiede,  pero',  di
 essere riconducibile ad un proprio criterio giustificativo.
   Il  legislatore, dunque, ha il dovere di "equiparare il trattamento
 giuridico delle situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare
 il trattamento delle situazioni diverse".
   Nell'ipotesi considerata cio' non si verifica,  poiche'  chi  opera
 un'inversione  di  marcia,  che  magari  non determini alcun pericolo
 effettivo, subisce  la  sospensione  della  patente  per  un  periodo
 maggiore  rispetto  a  chi,  violando  altra  norma di comportamento,
 cagioni  danni  alle  persone,  con  lesione  di  beni  aventi  rango
 costituzionale primario, come quelli della salute e della vita.
   Siffatta  disciplina,  caratterizzata da intrinseca irrazionalita',
 per  contrasto  con  l'art.   3   della   Costituzione,   rende   non
 manifestamente infondata la questione di legittimita' prospettata.
   La  rilevanza della questione e' indiscutibile, poiche' l'imputata,
 ove la  censura  fosse  condivisa,  vedrebbe  migliorata  la  propria
 posizione   sanzionatoria  complessiva,  anche  partendo  dal  minimo
 edittale previsto per la piu' grave delle ipotesi dell'art. 222,  che
 ben  puo' costituire un parametro di comparazione, tenuto presente il
 disvalore giuridico dell'infrazione  del  divieto  fissato  dall'art.
 176,  commi  1 e 19 e graduando la sanzione amministrativa accessoria
 in base agli indici di cui all'art. 218.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con  riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.176, comma 22,  del  codice  stradale,  nella
 parte  in  cui prevede che il periodo di sospensione della patente di
 guida, nel caso di inversione del senso di marcia sulle  carreggiate,
 sulle  rampe  e  sugli  svincoli  delle  autostrade, non possa essere
 inferiore a mesi sei, anche quando non sussiste alcuna situazione  di
 pericolo,  mentre  la  sanzione amministrativa accessoria suindicata,
 nel caso di violazione di altre norme  della  circolazione,  commessa
 negli  stessi spazi, dalla quale derivino danni alle persone (lesioni
 personali colpose e omicidio colposo) e'  applicata  per  un  periodo
 inferiore (art. 222 del codice stradale);
   Dispone  la  sospensione  del  procedimento e la trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale;
   Dispone che l'ordinanza sia notificata alle parti e  al  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami
 del Parlamento.
     Cremona, addi' 28 febbraio 1996
             Il giudice per le indagini preliminari: Nuzzo
 96C0707