N. 485 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 marzo 1996

                                N. 485
  Ordinanza emessa il  6  marzo  1996  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di  Prato nel procedimento penale a
 carico di Cambi Piero
 Ambiente (tutela  dell')  -  Inquinamento  -  Scarichi  di  pubbliche
 fognature  senza  autorizzazione  ed  eccedenti  i  limiti  tabellari
 previsti dalla legge  n.  319/1976  -  Lamentata  depenalizzazione  -
 Disparita'  di  trattamento  rispetto  alla  disciplina relativa agli
 scrichi  di  singoli  insediamenti  produtivi,  nonche'  rispetto  ad
 ipotesi meno gravi, ma puniti con maggiore severita' - Violazione dei
 principi  di  tutela  dell'ambiente  e  della  salute,  della riserva
 assoluta di legge in materia  penale  -  Abuso  dello  strumento  del
 decreto-legge, in assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza.
 (Legge  17  maggio 1995, n. 172, art. 1; d.-l. 17 maggio 1995, n. 79,
 art. 6, secondo comma; legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 21,  quinto
 comma).
 (Cost., artt. 3, 9, 25, 32 e 77).
(GU n.22 del 29-5-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Vista la richiesta formulata dal p.m. dott. Pietro Lamberti con cui
 si  chiede l'archiviazione del procedimento penale con cui si procede
 nei confronti di Cambi Piero per il reato di cui all'art.  21,  primo
 comma,  legge n. 319/1976; rilevato che il p.m. ha altresi' formulato
 istanza di proposizione di questione di  legittimita'  costituzionale
 delle norme applicabili nel caso di specie;
   Premesso  che  il  procedimento  e'  stato  iscritto  nei confronti
 dell'indagato, nella sua qualita' di sindaco di Poggio a Caiano,  per
 la gestione senza autorizzazione del depuratore di tale comune, e che
 la  responsabilita'  dell'indagato  risulta  provata  agli  atti,  in
 particolare dalla relazione di sopralluogo effettuata dal servizio di
 sanita' pubblica e tutela del territorio dell'USL n. 9  Area  Pratese
 in data 15 febbraio 1994;
   Rilevato che la situazione di illiceita' permane immutata alla data
 del 4 dicembre 1995, come emerge dall'esito delle indagini svolte dal
 N.A.S.  dei  C.C.  di  Firenze,  comunicato  alla  procura in data 12
 dicembre 1995, in cui  si  riferisce  che  l'impianto  risulta  privo
 dell'autorizzazione  e  del  registro di carico e scarico dei rifiuti
 speciali e che lo stesso e' stato riattivato a far data dal 21 luglio
 1995;
   Ritenuto che in base al testo  originario  dell'art.  21  legge  n.
 319/1976 il fatto costituiva reato;
   Considerato  che  il  testo dell'art. 21 citato e' stato modificato
 dalla legge n. 172/1995, che ha convertito il d.-l. n. 79/1995  (nono
 di  una  lunga  serie  di  decreti  susseguitisi nel tempo attraverso
 continue  reiterazioni),  e  che  l'attuale  dettato   normativo   ha
 espressamente  depenalizzato  l'ipotesi di mancanza di autorizzazione
 allo scarico in pubbliche fognature (cfr. quinto comma  dell'art.  21
 legge n. 319 predetto);
   Rilevato   che,  allo  stato  della  legislazione,  le  fattispecie
 concrete  oggetto  del  presente  procedimento  non  risultano   piu'
 previste  come reato e pertanto per tale ragione il p.m. ha richiesto
 l'archiviazione ai sensi degli artt. 411 e 554 c.p.p.;
   Rilevato che  contestualmente  ha  sottoposto  al  giudice  i  vari
 profili di incostituzionalita', qui di seguito ripresi e fatti propri
 da  questo giudice che viziano la legge n. 172/1995 nel suo complesso
 e nelle parti che specificamente modificano l'art. 21,  primo  comma,
 legge  n.  319/1976,  affinche'  il  giudice investa della questione,
 previa verifica della non manifesta infondatezza  e  della  rilevanza
 della stessa, la Corte costituzionale;
                             O s s e r v a
   Oggetto  dell'eccezione  di  illegittimita' costituzionale proposta
 con la presente ordinanza e' l'art. 1 legge n. 172/1995 (nella  parte
 in cui converte in legge l'art. 6 secondo comma del d.-l. n. 79/1995)
 e  conseguentemente il nuovo art. 21, quinto comma, legge n. 319/1976
 come modificato dalle predette norme. La  disciplina  cosi'  prevista
 risulta  essere  incostituzionale per violazione degli artt. 3, primo
 comma; 9, secondo comma e 32, primo comma; 25, secondo  comma  e  77,
 secondo comma della Costituzione
   A) Quanto alla non manifesta infondatezza:
     1. - Incostituzionalita' per contrasto con l'art. 3, primo comma,
 della Costituzione.
   Il nuovo testo dell'art. 21, comma 5, della legge n. 319/1976, come
 modificato   dall'art.   6   secondo  comma  legge  n.  172/1995,  ha
 depenalizzato l'effettuazione di  scarichi  civili  e  fognari  senza
 autorizzazione o con autorizzazione negata o revocata.
   A   seguito   di  tale  modifica  sussiste  oggi  una  evidente  ed
 irragionevole disparita' di trattamento tra le  ipotesi  disciplinate
 dal  menzionato  quinto comma dell'art. 21 legge n. 319/1976 ed altre
 norme poste a tutela dell'ambiente in materia di  inquinamento  delle
 acque.
   In particolare:
     1.  1.  -  Disparita'  di trattamento tra la norma impugnata e il
 comma 1 dell'art. 21; legge n. 319/1976.
   E' del tutto evidente come la recente modifica legislativa porti  a
 distinguere  irragionevolmente  sotto  il  profilo sanzionatorio, due
 fattispecie: la prima  (art.  21,  quinto  comma),  qualificata  come
 illecito amministrativo e quindi meno gravemente sanzionata, concerne
 la  effettuazione  di  scarichi  civili  e delle pubbliche fognature,
 servite o meno da  impianti  di  depurazione,  nelle  acque  indicate
 nell'art.  1,  sul  suolo  o  nel  sottosuolo,  senza  aver richiesto
 l'autorizzazione, la seconda (art. 21, primo comma), qualificata come
 illecito penale (contravvenzione) e quindi piu' gravemente sanzionata
 (arresto o ammenda), concerne l'apertura o l'effettuazione  di  nuovi
 scarichi nelle acque indicate nell'art. 1 della legge n. 319/1976 sul
 suolo   o   nel   sottosuolo,  senza  aver  richiesto  la  prescritta
 autorizzazione.
   Per cogliere in tutta la sua evidenza la  lamentata  disparita'  di
 trattamento, va preliminarmente ricordato che l'art. 21, quinto comma
 dalla    legge   n.   172/1995   sanziona   la   condotta   di   chi,
 indifferentemente,  effettua,  senza  autorizzazione,   scarichi   da
 insediamenti  civili ovvero scarichi di pubbliche fognature. Per cio'
 che  concerne  le  pubbliche  fognature  -  questo  e'   il   profilo
 significativo  -  e'  del  tutto irrilevante che le stesse convoglino
 esclusivamente reflui di origine civile, ovvero esclusivamente reflui
 provenienti da  insediamenti  produttivi,  ovvero  ancora  convoglino
 reflui di origine mista, civile e produttiva.
   Alla  luce  di  quanto  appena  ricordato, non sfugge come il nuovo
 quinto comma dell'art. 21 se  raffrontato  con  il  primo  comma  del
 medesimo  articolo consenta di rilevare una disparita' di trattamento
 tra chi effettui scarichi  autorizzati  provenienti  direttamente  da
 insediamenti   produttivi  e  chi  effettui,  sempre  in  difetto  di
 autorizzazione, scarichi di pubbliche fognature. Cio' anche nel  caso
 in  cui  queste  ultime convoglino reflui provenienti da insediamenti
 produttivi (ed a prescindere dalla esistenza e dal  funzionamento  di
 un impianto di depurazione a servizio della pubblica fognatura).
   Orbene,   se   e'   agevole  ravvisare,  nell'oggettiva  diversita'
 qualitativa e nella conseguente differenza di  capacita'  inquinante,
 le  ragioni del trattamento differenziato e piu' favorevole riservato
 dal legislatore agli  scarichi  degli  insediamenti  civili  e  delle
 pubbliche  fognature  convoglianti  esclusivamente  reflui di origine
 civile), rispetto agli scarichi aventi invece origine produttiva, non
 e' invece in alcun modo giustificabile razionalmente  il  trattamento
 differenziato   tra   i   vari  scarichi  aventi  ad  oggetto  reflui
 provenienti da insediamenti produttivi specie laddove  si  discrimina
 sulla  base  della  circostanza  (del  tutto ininfluente per cio' che
 attiene alle caratteristiche qualitative ed alla capacita' inquinante
 dello scarico) che i reflui pervengano direttamente in uno dei  corpi
 recettori  elencati  nell'art.    1, lett. a) legge n. 319/1976 o che
 essi vi giungano invece tramite una publica fognatura del cui scarico
 costituiscano parte.
   Quest'ultimo  e' infatti il risultato a cui conduce inevitabilmente
 l'applicazione delle modifiche normative introdotte  dalla  legge  n.
 172/1995 che sottopongono a diverso regime sanzionatorio gli scarichi
 "da insediamenti produttivi" e quelli "delle pubbliche fognature" che
 convoglino   (anche   o  solo)  reflui  provenienti  da  insediamenti
 produttivi.
   Si tratta - come e' evidente - di  scarichi  che  hanno  origini  e
 carattenstiche  oggettive analoghe, composizioni qualitative simili e
 potenzialita' inquinanti identiche, di scarichi cioe' che pongono  in
 pericolo  o  offendono  nello  stesso modo l'ambiente, che e' il bene
 giuridico tutelato dalle norme in questione. Tuttavia,  a  fronte  di
 situazioni  di  fatto  identiche il legislatore ha adottato soluzioni
 sanzionatorie    ingiustificatamente    differenziate,    e    quindi
 irrazionali,  in violazione del fondamentale principio di eguaglianza
 sancito  dall'art.     3   della   Costituzione   come   interpretato
 costantemente dalla Corte costituzionale.
   Con  cio'  si  realizza  un  effetto  evidentemente  irragionevole.
 Difatti mentre l'assenza  di  autorizazione  relativa  agli  scarichi
 produttivi  costituisce  sempre  reato,  anche nel caso di un singolo
 scarico di modesta portata inquinante, la stessa assenza, se relativa
 a pubblica fognatura,  costituisce  sempre  illecito  amministrativo,
 anche  quando  nella  pubblica  fognatura  affluiscano anche - se non
 soltanto reflui di origine produttiva autorizzati o meno che siano.
   Il recapito in pubblica fognatura  ha  cosi  l'effetto  di  rendere
 illeciti  sotto  il profilo amministrativo una massa di comportamenti
 che, ove isolatamente considerati, costituiscono reati.
   1. 2. - Disparita' di trattamento tra la norma impugnata  e  l'art.
 23 della legge n. 319/1976.
   Una  ulteriore ingiustificata disparita' di trattamento conseguente
 alle recenti modifiche in materia di inquinamento delle acque viene a
 porsi confrontando le ipotesi regolate dal quinto comma dell'art.  21
 con  quelle  dell'art.  23  della  medesima  legge.  A  fronte  della
 depenalizzazione delle prime, rimane infatti sanzionato penalmente il
 comportamento  -  ictu  oculi  meno  grave  -  di  chi effettua nuovi
 scarichi dello stesso tipo prima che l'autorizzazione richiesta nelle
 forme prescritte sia stata concessa (art. 23 della legge n. 319/1976,
 rimasto invariato).  Il risultato, del tutto paradossale,  e'  dunque
 che  la  condotta  di  chi  effettua  scarichi in pubbliche fognature
 avendo richiesto, ma non ancora ottenuto la prescritta autorizzazione
 risulta penalmente illecito, mentre cessa di  esserlo,  degradando  a
 mero  illecito amministrativo quando tale autorizzazione venga negata
 o addirittura revocata.
   Ma  anche  prescindendo  da  tale  ipotesi  in  cui  una   evidente
 progressione criminosa segna una regressione della tutela, non sfugge
 l'irragionevolezza  di  una disciplina che prevede la sanzione penale
 per chi comunque segue le prescritte procedure amministrative (almeno
 formulando  la   richiesta   di   autorizzazione)   e   la   sanzione
 amministrativa  per  chi  si  muove in totale spregio delle procedure
 medesime. Rispetto a quanto da ultimo sottolineato,  si  osserva  che
 risulta  manifesto  l'attrito  tra  la  disciplina  delineata  ed  il
 principio generale di proporzione delle sanzioni,  stante  l'evidente
 minor colpevolezza del soggetto che pur tenta di seguire la procedura
 autorizzativa   e   quello  che  da  tale  disciplina  amministrativa
 prescinde del tutto.
   2. - L'incostituzionalita' per violazione degli  artt.  9,  secondo
 comma, e 32, primo comma, della Costituzione.
   L'introduzione  del regime sanzionatorio differenziato in relazione
 a scarichi  aventi  le  medesime  caratteristiche  qualitative  e  le
 medesime   potenzialita'   inquinanti,   tenuto  conto  della  minore
 efficacia sia preventiva che repressiva delle sanzioni amministrative
 alle quali restano sottoposti gli scarichi delle pubbliche fognature,
 si traduce inevitabilmente in una riduzione della complessiva  tutela
 accordata  dall'ordinamento al paesaggio (inteso - conformemente alla
 interpretazione datane dalla giurisprudenza  costituzionale  -  quale
 ambiente  naturale  nel  suo  complesso) ed alla salute individuale e
 collettiva (nel suo significato  piu'  pregnante  di  diritto  ad  un
 ambiente  naturale  ed urbano salubre), beni la cui tutela e' imposta
 dalle richiamate norme costituzionali.
   E' infatti evidente come la modifica dell'art. 21  della  legge  n.
 319/1976,  con  l'introduzione  del quinto comma operata dall'art. 6,
 secondo comma citato, determini l'affievolimento della possibilita' -
 da parte dell'ordinamento  -  di  contrastare  in  modo  effettivo  e
 comunque   incisivo   le  lesioni  all'ambiente  e  alla  salute  che
 deriveranno dall'effettuazione, da parte di pubbliche  fognature,  di
 scarichi  non  autorizzati,  e  quindi  sottratti  ad  ogni  forma di
 controllo  e  conseguentemente  di  prevenire,  in  modo  congruo   e
 dissuasivo, simili lesioni a beni costituzionalmente protetti.
   Una  simile "perdita" di tutela non trova alcuna giustificazione in
 esigenze riconnettibili all'esigenza di dare prevalente protezione  a
 beni  costituzionalmente  privilegiati  rispetto all'ambiente ed alla
 salute e le norme che la determinano devono pertanto essere  valutate
 come costituzionalmente illegittime.
   3.  -  Incostituzionalita'  per  violazione degli artt. 25, secondo
 comma e 77, secondo comma, della  Costituzione.
   Costituisce  principio  costituzionale  fondamentale  il  principio
 della   riserva  assoluta  di  legge  in  materia  penale:  e'  cioe'
 attribuita - come noto - alla competenza  esclusiva  del  legislatore
 ordinario  la potesta' normativa in materia penale, con esclusione di
 altre fonti primarie o comunque con il controllo diretto delle Camere
 sulle stesse, o in sede di  delega  dal  potere  normativo  (art.  76
 Cost.)   o all'atto del controllo e delle recezioni di norme precarie
 - giustificabili  solo  dalla  effettiva  e  concreta  (e  come  tale
 motivata) sussistenza di "casi straordinari di necessita' ed urgenza"
 - e soggette, in caso contrario, a rapida decadenza (art. 77 Cost.).
   Non  e' possibile apprezzare se sussistano e quali siano le ragioni
 di straordinarie  necessita'  ed  urgenza  che  abbiano  giustificato
 l'adozione  del  d.-l.  n.  79/1995  e  che  abbiano  giustificato la
 conversione in legge del medesimo. Nel preambolo del d.-l. in parola,
 infatti,  la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza   e'   meramente
 enunciata,  ma  non  esplicitata.  Ne' appare altrove rinvenibile una
 qualsiasi  ragione  che  giustificasse  l'adozione  dello   strumento
 prescelto.
   Bastera'   in  proposito  evidenziare  come  il  d.-l.  n.  79/1995
 rappresenti il nono di una lunga serie di decreti legge  reiterati  a
 partite  dal  d.-l. 15 novembre 1993 n. 454 (per l'elenco completo si
 rinvia alla lettura  dell'art.  2  legge  n.  172/1995)  e  come  sia
 difficile  anche  solo  ipotizzare ragioni di necessita' e di urgenza
 che si protraggano per un periodo di circa  un  anno  e  mezzo  senza
 l'intervento di alcuna legge di conversione.
   Si  ricorda  infine  la recente sentenza n. 29/1995 con la quale la
 Corte costituzionale riconosciuto  la  possibilita'  di  valutare  la
 sussistenza  dei  requisiti  di  necessita'  ed  urgenza  anche  dopo
 l'approvazione della legge di conversione.
   B) Quanto alla rilevanza:
   E' agevole evidenziare come  l'applicazione  dell'attuale  disposto
 dell'art.   21,   quinto  comma,  legge  n.  319/1976  determinerebbe
 l'accoglimento della richiesta di archiviazione del procedimento  con
 trasmissione    degli    atti    all'autorita'   amministrativa   per
 l'irrogazione delle sanzioni di sua competenza.
   Dipendono dalla questione di costituzionalita' della norma, e dalle
 decisioni che la Corte prendera', le successive scelte procedimentali
 di  questo  giudice,  in  particolare  le  ragioni  della  disponenda
 archiviazione,  cioe' per infondatezza della notizia di reato perche'
 il fatto e'  sanzionatorio  in  via  amministrativa,  in  ipotesi  di
 rigetto,  ovvero l'archiviazione dei fatti pregressi, in applicazione
 dell'art. 2, primo comma, del  c.p.,  con  possibilita'  di  disporre
 l'accertamento,  in  caso di accoglimento, della permanenza del fatto
 illecito in quanto penalmente rilevante e  perseguibile  a  far  data
 dalla  pronuncia  della sentenza della Corte. Resta per conto esclusa
 ad avviso di questo giudice la possibilita', prospettata dal p.m., in
 caso di accoglimento, di disporre l'esercizio dell'azione penale  per
 i fatti pregressi.
   Si  rileva a tal proposito come, sotto il profilo della rilevanza e
 della ammissibilita' della questione,  non  possa  avere  rilievo  la
 circostanza  che  la  norma sospettata di incostituzionalita' sia una
 norma penale di favore.  Valga  a  tal  proposito  il  richiamo  alla
 sentenza  della  Corte  costituzionale  3  giugno  1983 n. 148 che ha
 ammesso la rilevanza del sindacato costituzionale sulle norme  penali
 di  favore potendo l'eventuale accoglimento incidere sulle formule di
 proscioglimento e modificare la ratio  decisoria.  Peraltro  in  piu'
 occasioni   la   Corte   costituzionale   ha   gia'   dichiarato   la
 incostituzionalita' di norme di questa natura ed  in  particolare  di
 norme  regionali  che  escludevano  obblighi penalmente sanzionati da
 norme di leggi  statali  (si  vedano,  ad  esempio,  le  sentenze  n.
 370/1989 e n. 43/1990).
                               P. Q. M.
   Visto ed applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87,
   Dichiara  rilevante  nel  presente  giudizio  e  non manifestamente
 infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
 della  legge  17 maggio 1995, n. 172, dell'art. 6, secondo comma, del
 d.-l. 17 marzo  1995,  n.  79,  convertito  dalla  legge  predetta  e
 dell'art.  21,  quinto comma, legge n. 319/1976 come modificato dalla
 predetta disposizione, per contrasto con gli artt.3 primo  comma,  9,
 primo  comma;  32,  25  secondo  comma;  e  77,  secondo comma, della
 Costituzione;
   Sospende il procedimento in corso e dispone la  trasmissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  al  p.m.,
 all'indagato  e  al difensore e comunicata al Presidente della Camera
 dei deputati e al Presidente del Senato
     Prato, addi' 6 marzo 1996
          Il giudice per le indagini preliminari: Governatori
 96C0710