N. 497 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 1996
N. 497 Ordinanza emessa il 7 febbraio 1996 dal giudice di pace di Roma sul ricorso dalla Deutsche Bank S.p.a. contro Rosati Massimo ed altra Processo civile - Procedimento per ingiunzione - Incompetenza per territorio - Rilevabilita' ex officio da parte del giudice adito - Mancata previsione - Compressione del diritto di difesa - Violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge - Lesione dei principi di eguaglianza e di solidarieta'. (C.P.C., artt. 637, primo comma, 38, secondo comma, 18, 19, 20, 28 e 30). (Cost., artt. 2, 3, secondo comma, 24, primo e secondo comma e 25, primo comma).(GU n.23 del 5-6-1996 )
IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale designato nel procedimento di ingiunzione promosso dalla Deutsche Bank S.p.a., ricorrente, rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Palladino e presso di lui elett.te domiciliata in Roma a p.zza Cola di Rienzo n. 69, contro Rosati Massimo e Silveri Nadia. Con ricorso depositato il 14 ottobre 1995 e iscritto al ruolo generale col. n. 13442/1995, la Deutsche Bank ha chiesto emettersi decreto ingiuntivo in relazione ad un credito vantato nei confronti di Rosati Massimo e Silveri Nadia per residue rate scadute di un "prestito". Rilevato (art. 17 delle Condizioni generali di pagamento) che, espressamente sottoscritto, veniva indicato foro esclusivo quello sotto la cui giurisidizione e' competente la filiale della Banca che ha concesso il prestito, non potendo al limite nemmeno far ricorso al foro generale atteso che i debitori risiedono in Rieti, il giudice in base ai poteri derivantigli dall'art. 640, primo comma, c.p.c., invitava la ricorrente a fornire la prova non rinvenuta in atti del foro pattizziamente eletto probabilmente coincidente con quello facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione. Il procuratore della ricorrente ha invece risposto: "Con riferimento ai chiarimenti richiesti dalla S.V. Ill.ma, faccio rilevare che l'ordinaria competenza per territorio, come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza della Cassazione, non e' configurabile nella fase monitoria perche' non potendo essere rilevata di ufficio, occorrendo apposita eccezione di parte. Alla stregua di tale principio non sussiste nessun ostacolo alla pronuncia del richiesto provvedimento monitorio". Da quanto precede appare evidente la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata con la presente ordinanza: se essa e' fondata (id est: se il giudice della fase monitoria potra' rilevare d'ufficio il difetto di competenza territoriale c.d. semplice nello speciale procedimento in esame), questo giudice di pace, preso atto che il ricorrente - espressamente invitato - non ha fornito la prova del collegamento territoriale della causa con il foro di Roma, dovra' rigettare la domanda ex art. 640, secondo comma, c.p.c.; ove invece la Corte costituzionale ritenga tout court l'infondatezza della questione proposta, questo giudice dovra' accogliere la domanda di ingiunzione ex art. 641 c.p.c. Rispetto alla giurisprudenza segnalata dal procuratore del ricorrente, va detto che le sentenze della suprema Corte n. 1786/1974, 2201/1982 e 6380/1991 sono in realta' soltanto confermative del principio che nella fase oppositiva l'incompetenza per territorio, fuori dei casi di cui all'art. 28 c.p.c., deve essere eccepita dall'opponente secondo i termini e le modalita' di cui al testo e all'interpretazione dell'allora vigente art. 38, terzo comma, c.p.c., mentre il punto centrale del caso in esame e' se il giudice del monitorio possa di ufficio levare siffatta incompetenza. A tale riguardo effettivamente il principio di diritto enunciato dalla sentenza 6 febbraio 1969, n. 400 esplicita in negativo siffatta rilevabilita' (e tale posizione non risulta piu' contraddetta dalle successive sentenze della Cassazione sul tema). Per il che questo giudice territorialmente incompetente per essere stato volutamente non indicato e percio' sconosciuto il foro esclusivo e palesamente disatteso il foro generale del convenuto dovrebbe lo stesso emettere il chiesto provvedimento. Invero sembra che l'art. 38 c.p.c. nel testo novellato tuttora costantemente interpretato in conformita' della anzidetta consolidata e univoca giurisprudenza di legittimita' sia ora da leggere diversamente e inscindibilmente in tutta la sua stesura che appare finalizzata alla prevalente corretta e logica speditezza del processo di cognizione introdotto con l'atto di citazione, sicche', prima di esso, nessuna rilevanza possano assumere i termini discronici ivi previsti, spirati inutilmente i quali tutte le incompetenze sono ora sanate. Appare inoltre discutibile, fuori dei casi di inderogabilita', la rilevabilita' dell'incompetenza per territorio soltanto alla parte e nella citazione in opposizione, laddove stante il precedente procedimento svoltosi inaudita altera parte, tale termine-atto sembra ora previsto soltanto per emendare l'omissione del giudice del monitorio che abbia pronunciato pur essendo territorialmente incompetente. Infatti nel procedimento di ingiunzione la mancata eccezione e' conseguenza della struttura legale di esso e mentre nell'ordinario processo di cognizione l'investitura dell'organo incompetente per territorio avviene lui assente, nel monitorio il giudice consapevolmente incompetente dovrebbe emettere il chiesto decreto che e' pur sempre un provvedimento di condanna, destinato a passare in giudicato in caso di mancata proposizione di tempestiva opposizione. Il tutto con la conseguenza prima che l'ingiunto, distolto dal giudice naturale precostituito per legge, viene funzionalmente costretto a svolgere le sue difese pregiudiziali, preliminari e/o di merito innanzi allo stesso ufficio incompetente, ed ultima che i meno abbienti e le persone piu' semplici costretti da aggravi di costi personali ed economici quali disagi per distanze ed anticipazione di spese legali spesso superiori alla somma ingiunta, nel timore dell'autorita' e di perdere i pochi beni e onorabilita', et cetera, possono fare acquiescenza un provvedimento giurisdizionale illegittimo e ingiusto. Il frequente intenzionale ricorso al giudice incompetente puo' risolversi quindi in una illecita pressione, che invero non appare nel caso in esame, attuata col mezzo giurisidizionale che, attesa anche la dizione letterale di esso (intestazione dell'ufficio giudiziario, ingiunzione di pagare entro il termine di ... in cui si dovra' svolgere opposizione altrimenti si verra' esecutati, ecc.) viene usato per uno scopo sviato che, si ritiene, non possa mai ricevere avallo dal nostro civile ordinamento giuridico. Inoltre alla stregua di quanto finora praticato, appaiono di difficile lettura gli artt. 28 e 29 c.p.c. ed il capoverso dell'art. 1341 c.c., che pur riconoscendo le ragioni dell'autonomia e dell'economia, tuttavia circondano di particolarissime cautele le deroghe ai fori generali delle persone, di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. che in sintonia sembrano affermare l'obbligatorieta' della competenza territoriale derogata e non, altrimenti si approderebbe all'incomprensibile situazione che il giudice del monitorio, per pacifica e consolidata giurisprudenza dovrebbe rilevare di ufficio l'inefficacia o nullita' del pato derogativo non specificamente approvato per iscritto per poi concedere lo stesso il decreto in assenza del foro generale della persona. E' altresi' da rilevare la tendenza legislativa a prediligere il foro generale della parte contrattualmente piu' debole (decreto-legislativo 15 gennaio 1992, n. 50), anche se la terminologia ivi usata si ispira all'equivalenza derogabilita'-non obbligatorieta'. Infine la lettera degli artt. 18, 19, 20 e vigente 28 c.p.c. sembra fare optare per l'iniziale obbligatorieta' della competenza territoriale, derogabile e non, con le conseguenti specifiche articolazioni previste di volta in volta (termini di decadenza, rilevabilita' di parte e/o di ufficio, ecc.). In definitiva si ritiene che la disciplina legale del procedimento speciale-sommario di ingiunzione abbia una struttura legale autonoma e ben definita e che subentri l'art. 38 c.p.c. soltanto nella eventuale fase oppositiva, sicche' l'art. 637 c.p.c., atteso anche il suo tenore letterale e di rinvio, consenta al giudice dell'opposizione di rilevare ex officio la propria incompetenza per territorio anche fuori dei casi indicati dall'art. 28 c.p.c. Non si ignora che e' gia' presente nella giurisprudenza di merito (v.pretura Padova sentenza del 9 ottobre 1982, in Foro Padano, 1984, 171) la tesi secondo cui dal primo comma dell'art. 637 c.p.c. potrebbe ricavarsi - limitatamente alla fase monitoria del procedimento speciale in esame - la funzionalizzazione di tutti i criteri di determinazione della competenza ordinariamente previsti, incluso - quindi - quello relativo al territorio anche al di fuori dei casi di cui all'art. 28 c.p.c. Trattasi, tuttavia, di tesi isolatissima, che (per quanto pienamente condivisibile ad avviso di questo giudice remittente) non altera il dato positivo secondo cui il c.d. "diritto vivente" costituito dall'orientamento della Corte di cassazione, tuttora seguito anche dalla quasi totalita' della giurisprudenza di merito) e' invece nel senso che il giudice del monitorio debba comunque emettere l'ingiunzione pur ove ravvisi la propria incompetenza per territorio semplice. Ed e' di tale diritto vivente che questo giudice di pace ritiene di dover prendere atto sinche' la Corte costituzionale non accolga la prospettata questione di legittimita' costituzionale, ovvero - secondo altra ipotesi parimenti satisfattiva delle esigenze di giustizia sostanziale e formale di cui si fa carico la presente ordinanza - non avalli con propria sentenza c.d. interpretativa di rigetto la tesi qui prospettata e di cui - come gia' detto - rinviene isolatissima applicazione giurisprudenza di merito. Il minore giudice di pace e' comunque ben conscio dei suoi limiti interpretativi rispetto alla ermeneutica praticata e pertanto - in difetto di una pronuncia nei sensi di cui sopra - dovrebbe emettere la chiesta ingiunzione. Nel senso della fondatezza della proposta questione, si evidenzia ulteriormente che i principi costituzionali relativi al diritto di difesa (art. 24, primo e secondo comma) e al giudice naturale (art. 25, primo comma) si colorano di piu' profondo significato in relazione ai principi-cardine di eguaglianza sostanziale (art. 3, terzo comma) e di solidarieta' (art. 2). Cio' comporta - ad avviso di questo giudice - che la costrizione a svolgere le proprie difese davanti ad un ufficio giudiziario distante anche centinaia di chilometri dalla sede naturale del rapporto giuridico dedotto in ricorso, appare tanto piu' radicalmente incostituzionale (ai sensi, come detto, degli artt. 24 e 25 Cost.) quanto piu' modesto sia il valore della causa; cio' infatti - almeno in molti casi - e' indice, oltre che di una sproporzione tra costi effettivi della difesa "fuori sede" e valore della lite, anche di una probabile condizione economica modesta del debitore ingiunto. Costringere quest'ultimo ad anticipare le gravose spese di una difesa fuori circondario (o, peggio, extra districtum) per eccepire una incompetenza gia' risultante per tabulas significa non gia' rimuovere, bensi' aggravare "gli ostacoli di ordine economico e sociale" di cui all'art. 3, secondo comma, Cost., senza peraltro un corrispondente beneficio per altri interessi costituzionalmente rilevanti (e tale certamente non e', anche ai sensi dell'art. 2 Cost., l'interesse del creditore ad ottenere il giudicato per mancata opposizione per effetto della incapacita' economica del debitore di andarsi a difendere davanti a un giudice "innaturale" e "postcostituito" - dopo la verificazione del dedotto inadempimento - "per mera volonta' del creditore"). Si consideri anche che la questione proposta non comporta alcuna conseguenza in ordine alla costituzionalita' del vigente regime di sottrazione alla rilevabilita' di ufficio della incompetenza territoriale semplice nelle cause introdotte con il rito ordinario. Infine, nel procedimento speciale in esame ex artt. 633 ss. c.p.c., la mancanza di tempestiva opposizione provoca effetti assai piu' gravi dell'eventuale declaratoria di contumacia nella lite ordinaria: mentre in quest'ultimo caso la parte evocata in giudizio puo' in ogni momento costituirsi e (anche dopo che sia precluso il rilievo dell'incompetenza territoriale svolgere le proprie difese nel merito, nonche' proporre impugnazione contro la sentenza di primo grado che la abbia condannata in contumacia, al contrario la parte ingiunta decorsi 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo subisce il giudicato sulla pretesa provvisoriamente accolta del decreto, con tutti gli effetti di cui agli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.; le stesse gravissime conseguenze derivano - sempre e solo nel procedimento in esame - dalla mancata tempestiva costituzione in giudizio dell'oppponente che pure sia riuscito a proporre l'opposizione "fuori sede" (art. 647 c.p.c.) o dall'estinzione per qualsiasi causa del giudizio di opposizione (art. 653 c.p.c.). Alla stregua di quanto sopra, la prospettata ipotesi di incostituzionalita' del principio della irrilevabilita' di ufficio dell'incompetenza per territorio semplice anche nella fase monitoria del procedimento per decreto ingiuntivo (principio che si ritiene espresso dalle norme di legge ordinaria indicate in dispositivo) appare a questo giudice di pace non manifestamente infondata.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma risultante dal combinato disposto degli artt. 637, primo comma, e 38, secondo comma, del c.p.c. (anche in relazione agli artt. 18, 19, 20, 28 e 30 del c.p.c.) nella parte in cui, alla stregua dell'interpretazione fornita dal c.d. diritto vivente, non consente al giudice della fase monitoria del procedimento speciale per decreto ingiuntivo di rilevare di ufficio l'incompetenza territoriale anche al di fuori dei casi previsti dall'art. 28 c.p.c., apparendo la norma in questione in contrasto con gli artt. 24, secondo e primo comma, 25, primo comma, 3, secondo comma, e 2 della Costituzione della Repubblica italiana, nei sensi di cui in motivazione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della cancelleria; Sospende il procedimento in corso n.r.g. 13442/95; Dispone altresi' che la cancelleria notifichi la presente ordinanza alla parte ricorrente e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e la comunichi ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Roma, addi' 7 febbraio 1996 Il giudice di pace: Canale 96C0722