N. 498 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 1996

                                N. 498
 Ordinanza  emessa  il  23  febbraio  1996 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Venezia atti relativi alla querela
 proposta da Tanis Asim
 Processo penale - Richiesta di archiviazione del pubblico ministero -
 Opposizione della persona offesa - Obbligo di  indicare,  a  pena  di
 inammissibilita',   nell'atto   di   opposizione,   l'oggetto   della
 investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova  -  Asserito
 eccesso di delega per avere il legislatore delegante previsto il mero
 obbligo di motivazione - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento
 tra persone offese dal reato.
 (C.P.P. 1988, art. 410, primo comma).
 (Cost., artt. 3 e 76).
(GU n.23 del 5-6-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sulla   richiesa  di
 archiviazione depositata dal p.m. il 9 dicembre 1995, visto l'atto di
 opposizione depositato nei termini  dal  querelante  persona  offesa,
 prof. Tanis Asim.
                             O s s e r v a
   Con  querela  del  2 ottobre 1995, il prof. Tanis Asim lamentava il
 contenuto diffamatorio del titolo "offese da turco"  di  un  articolo
 pubblicato  sul  Gazzettino  del  6 luglio 1995, e chiedeva di essere
 informato della eventuale richiesta di archiviazione.
   Il p.m. con atto del 18 ottobre 1995 richiedeva  l'archiviazione  e
 comunicava  la  richiesta al querelante che proponeva tempestivo atto
 di opposizione.
   L'opposizione della persona  offesa,  che  e'  ampiamente  motivata
 sulle  ragioni per le quali l'espressione "da turco" ha, nella lingua
 italiana, valore diffamatorio e non semplicemente pittoresco, come ha
 sinteticamente ritenuto il p.m. dovrebbe,  pero',  essere  dichiarata
 inammissibile ai sensi dell'art. 410, primo comma, del c.p.p. poiche'
 il   querelante   non  ha  indicato  l'oggetto  della  investigazione
 suppletiva, ne' i relativi elementi di prova.
   Pare a questo giudice che la norma, cosi' formulata,  violi  l'art.
 76 della Costituzione, per non avere osservato i principi e i criteri
 direttivi fissati, sul punto, dalla legge delega 16 febbraio 1987, n.
 81.
   L'art. 2, primo comma, n. 51 della predetta legge prevede, infatti,
 la  "... facolta' della persona offesa da un reato... di formulare al
 giudice istanza motivata di fissazione dell'udienza preliminare...".
   Il  semplice  obbligo  di  motivazione  (ovvero  di  una  qualsiasi
 argomentazione  in fatto o in diritto), e' diventato, nella norma del
 codice, il ben piu' pregnante obbligo  di  indicare  l'investigazione
 suppletiva  e  i  relativi  elementi  di  prova,  col  risultato  che
 l'opposizione del prof. Tanis  Asim,  riccamente  motivata  e  quindi
 fornita  dei  requisiti  previsti  dalla  legge  delega  non e' pero'
 ammissibile  alla  luce  di  quelli ben piu' ristretti dell'art. 410,
 primo comma, del c.p.p.
   Pare, inoltre, a questo giudice, che l'art. 410, primo  comma,  del
 c.p.p. nella parte in cui prevede che la parte offesa indichi, a pena
 di  inammissibilita',  l'oggetto  delle investigazioni suppletiva e i
 relativi elementi  di  prova  contrasti  anche  con  l'art.  3  della
 Costituzione,    poiche'   viola   il   fondamentale   principio   di
 ragionevolezza e crea, tra le persone offese  da  uno  stesso  reato,
 ingiustificate disparita' di trattamento.
   Infatti,  qualora  il  p.m.  sia  stato diligente e la richiesta di
 archiviazione  sia   formulata   all'esito   di   complete   indagini
 preliminari,  la  persona  offesa sara' nella condizione di non poter
 proporre opposizione, anche nel caso  in  cui  abbia  da  far  valere
 ragioni  in diritto o ritenga che il p.m. abbia erroneamente valutato
 le circostanze  di  fatto;  ove  il  p.m.  sia  stato,  invece,  meno
 diligente,  la parte offesa da quello stesso reato, potra' giovarsene
 ed, indicando  quei  mezzi  di  prova  che  l'organo  dell'accusa  ha
 trascurato,  far valere, con l'atto di opposizione e nella successiva
 udienza davanti al g.i.p., le proprie ragioni,  anche  in  diritto  e
 sulla valutazione dei fatti.
   Ed  e'  irragionevole  che  l'organo  dell'accusa  possa,  col  suo
 comportamento di fatto, condizionare  i  diritti  delle  parti,  che,
 identico il titolo del reato, potranno o meno proporre opposizione, a
 seconda che le indagini compiute siano piu' o meno esaurienti.
   La  norma  crea,  inoltre, irragionevoli disparita' di trattamento,
 tra persone offese, poiche' la possibilita' di  proporre  opposizione
 finisce per essere fortemente condizionata dal titolo di reato.
   Vi  sono,  infatti,  reati  per  i quali, come nel caso di specie e
 nella gran parte dei reati di diffamazione a  mezzo  stampa,  non  e'
 necessario  espletare  indagine alcuna, dovendosi limitare il p.m.  a
 compiere una valutazione delle frasi adoperate e del contenuto piu' o
 meno diffamatorio che possono avere; la richiesta  di  archiviazione,
 atteso  che  non  e'  possibile  mettere in dubbio la commissione del
 fatto e gli autori sono sempre e  facilmente  identificabili,  e'  di
 frequente,  come  in  questo  caso,  motivata  dalla  liceita'  delle
 espressioni adoperate, considerazioni alle quali  la  persona  offesa
 non  si  trova  in  grado  di replicare perche' non ha investigazioni
 suppletive da indicare.
   Ed e' questa  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  nei
 confronti  di persone offese da reati diversi, ad esempio ingiurie, o
 diffamazione commessa non a mezzo stampa, per i quali esiste,  almeno
 in  astratto,  la possibilita' di indicare investigazioni suppletive,
 magari sulle circostanze in cui le parole sono  state  pronunciate  e
 quindi  sul  reale  significato che e' stato loro attribuito, o sulla
 eventuale presenza di persone che possano averle percepite.
   Ed e' una disparita' di trattamento  irragionevole  ed  ancor  piu'
 ingiustificata  se solo si considera che essa finisce per limitare il
 diritto di proporre opposizione  proprio  delle  persone  offese  dai
 reati  di  diffamazione  che  il  codice  ha, di converso, ampiamente
 tutelato, prevedendo (art.  577  del  c.p.p.)  che  possano  proporre
 impugnazione anche agli effetti penali; se il legislatore ha ritenuto
 che il patrimonio morale della persona offesa dai reati di ingiuria e
 diffamazione,  meritasse  una piu' energica tutela non e' ragionevole
 che questa tutela sia invece immotivatamente  compressa  nelle  prime
 fasi del procedimento.
   La  questione  e'  rilevante  dal momento che ove l'art. 410, primo
 comma, del c.p.p. fosse dichiarato incostituzionale  nella  parte  in
 cui  prescrive che con l'atto di opposizione la parte offesa indichi,
 a pena di inammissibilita', la investigazione suppletiva e i relativi
 elementi di prova, anziche', piu' semplicemente, le ragioni della sua
 opposizione, come dettava la legge delega,  l'opposizione  presentata
 da Tanis Asim sarebbe pienamente ammissibile.
   E  va  rilevato,  per  inciso,  che  non  possono  certo  definirsi
 "indagini suppletive", che  sono  quelle  necessarie  ai  fini  della
 valutazione  della  rilevanza penale del fatto, le informazioni sulle
 complete generalita' delle persone querelate, che  questo  g.i.p.  ha
 chiesto  al  p.m.  al  solo  scopo  di  poter  sollevare  la presente
 eccezione di incostituzionalita' dandone avviso  al  difensore  degli
 indagati.
                               P. Q. M.
   Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87, dichiara
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 410, primo comma, del c.p.p. nella parte  in
 cui  prescrive,  a  pena  di  inammissibilita',  che  la parte offesa
 indichi, nell'atto di  opposizione,  l'oggetto  della  investigazione
 suppletiva   e  i  nuovi  elementi  di  prova,  anziche'  le  ragioni
 dell'opposizione, in relazione agli artt. 3 e 76 della Costituzione;
   Sospende il procedimento;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e manda
 alla cancelleria per la notificazione al presidente del Consiglio dei
 Ministri e per  la  comunicazione  ai  Presidenti  della  Camera  dei
 deputati e del Senato;
   Dispone  che la presente ordinanza sia notificata, inoltre, al p.m.
 alla persona offesa,  e  all'avvocato  Augusto  Salvadori,  difensore
 d'ufficio degli indagati.
     Venezia, addi' 23 febbraio 1996
                          Il giudice: Galasso
 96C0723