N. 177 SENTENZA 27 - 31 maggio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Minori - Incompatibilita' del  giudice  determinata
 da  atti  compiuti  nel  procedimento  -  Giudice  che  nel corso del
 dibattimento si e' pronunciato sulla liberta' personale dell'imputato
 per un reato oggetto di contestazione suppletiva -  Pretore  che  con
 rito  direttissimo  abbia convalidato l'arresto e disposto una misura
 cautelare - Incompatibilita' a partecipare al giudizio  di  merito  -
 Incompatibilita'  a  partecipare  al  giudizio  direttissimo - Omessa
 previsione - Non comparabilita' con la  situazione  del  giudice  che
 nella  fase  anteriore  al rinvio a giudizio abbia adottato la misura
 della custodia cautelare e sia  quindi  chiamato  a  giudicare  della
 responsabilita'  penale  dell'imputato  -  Adozione  di una decisione
 preordinata al proprio giudizio e  incidentale  rispetto  ad  esso  -
 Insussistenza di una menomazione dell'imparzialita' del giudice - Non
 fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 101).
(GU n.23 del 5-6-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof. Fernando
 SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.  Riccardo
 CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo
 MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34  o  dell'art.
 34,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura  penale promossi con
 ordinanze emesse: 1) il 5 ottobre 1995 dal Tribunale per i  minorenni
 di  Reggio  Calabria  nel  procedimento  penale  a  carico  di V. C.,
 iscritta al n.  793 del registro ordinanze 1995  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  48, prima serie speciale,
 dell'anno 1995; 2) il 5  ottobre  1995  dal  Pretore  di  Savona  nel
 procedimento  penale  a carico di Rida Massin, iscritta al n. 835 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera  di  consiglio  del  6  marzo  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  5  ottobre  1995 nel corso di un
 processo penale a carico di  un  imputato  minorenne  cui  era  stato
 contestato  in  dibattimento  un reato connesso a quello per il quale
 era stato disposto il rinvio a giudizio e nei cui confronti era stata
 adottata la misura cautelare della custodia in carcere per  il  reato
 oggetto  della contestazione suppletiva, il Tribunale per i minorenni
 di Reggio Calabria ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,  primo
 comma,   e  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma,  del  codice
 di  procedura  penale,  nella  parte in cui non prevede che non possa
 partecipare al giudizio il giudice che nel corso del dibattimento  si
 e'  pronunciato  sulla  liberta' personale dell'imputato per un reato
 oggetto di contestazione suppletiva.
   Il   giudice    rimettente,    ritenendo    impossibile    ampliare
 interpretativamente,   per   analogia,  i  casi  di  incompatibilita'
 determinati  da  atti  compiuti  nel   procedimento,   tassativamente
 previsti  dall'art.  34  cod. proc.   pen., ricorda che e' stata piu'
 volte   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale   di    questa
 disposizione  nella  parte  in cui non prevede l'incompatibilita' del
 giudice che ha valutato materiali cognitivi  del  processo  in  altri
 casi  identici  o  affini a quello ora considerato, ed afferma che la
 contestazione in dibattimento di un reato  connesso  dovrebbe  essere
 considerata  equivalente  al  rinvio a giudizio e la misura cautelare
 potrebbe essere fondata sulla valutazione del materiale cognitivo non
 acquisito al dibattimento e  formato  senza  contraddittorio  tra  le
 parti.
   Il Tribunale per i minorenni, rilevato che la custodia cautelare in
 carcere  presuppone  gravi  indizi  di  colpevolezza  ed  implica una
 valutazione  di  merito  sulla  probabile  fondatezza  dell'accusa  e
 sull'assenza   di  condizioni  che  legittimino  il  proscioglimento,
 richiama principi enunciati dalla giurisprudenza  costituzionale,  in
 particolare   dalla   sentenza   n.  432  del  1995,  e  ritiene  che
 l'incompatibilita'  del  giudice  e'  diretta  ad  impedire  che   la
 valutazione  conclusiva  sulla  responsabilita'  dell'imputato sia, o
 possa apparire, condizionata dalla forza della  prevenzione  e  dalla
 naturale  tendenza  a  mantenere  un  giudizio  gia'  espresso  o  un
 atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello  stesso
 procedimento.  Ad  avviso  del  giudice  rimettente, si troverebbe in
 questa situazione anche il giudice del dibattimento che ha  applicato
 una  misura  cautelare  personale  per  un reato contestato nel corso
 dell'istruzione dibattimentale; sicche'  questa  situazione  dovrebbe
 egualmente  determinare  l'incompatibilita'  del  giudice,  anche per
 evitare una  disparita'  di  trattamento  tra  identiche  o  analoghe
 posizioni processuali.
   2.  -  Con  ordinanza  emessa  il  5  ottobre  1995 nel corso di un
 procedimento penale a carico di Rida Massin,  tratta  in  arresto  in
 flagranza  di  reato  e  condotta davanti al giudice per la convalida
 dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo (art.  566  cod.
 proc. pen.), il Pretore di Savona, dopo aver convalidato l'arresto ed
 emesso  ordinanza  di custodia cautelare in carcere, nella fase degli
 atti preliminari al dibattimento ha sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.   24  e  101  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  34 cod. proc. pen., nella parte in cui  non
 prevede che non possa partecipare al giudizio direttissimo il pretore
 che  abbia,  appunto,  convalidato  l'arresto ed applicato una misura
 cautelare nei confronti dell'imputato.
   Ad avviso del giudice rimettente, i gravi indizi  di  colpevolezza,
 che  costituiscono  il  presupposto  della  custodia  cautelare, sono
 elementi probatori che consentono  di  ritenere  altamente  probabile
 l'esistenza  e  attribuibilita'  del  reato  all'indagato.  Anche  la
 convalida dell'arresto, presupponendo la flagranza, richiederebbe  un
 apprezzamento   di   evidenza   della   prova.   Queste   valutazioni
 implicherebbero  un  giudizio  sulla  colpevolezza  dell'imputato   e
 dovrebbero, quindi, determinare l'incompatibilita' del giudice per il
 giudizio  di  merito,  ad  evitare  il  rischio  che  nelle decisioni
 relative all'istruzione dibattimentale e nelle valutazioni conclusive
 lo  stesso   giudice   possa   apparire   condizionato   da   giudizi
 precedentemente  espressi,  con  conseguente pericolo per la certezza
 della sua imparzialita' e terzieta'.
   Il Pretore ritiene che l'attivita' del giudice deve essere non solo
 libera da vincoli che possono comportare la sua soggezione formale  o
 sostanziale  ad  altri  organi, ma anche immune da qualsiasi forma di
 prevenzione od influenza, che possa  pregiudicare  l'imparzialita'  o
 l'obiettivita'  della  decisione  (art. 101 Cost.). La valutazione di
 responsabilita' dell'imputato potrebbe essere, o  apparire,  inoltre,
 in contrasto con i principi che si collegano alla garanzia del giusto
 processo  (artt. 24 e 101 della Costituzione), in quanto condizionata
 dalla naturale tendenza a mantenere un giudizio ormai espresso  o  un
 atteggiamento  gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso
 procedimento.
   3.   -  Nel  solo  giudizio  promosso  dal  Pretore  di  Savona  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
 questione sia dichiarata manifestamente infondata.
   L'Avvocatura  ammette  che  la convalida dell'arresto e la connessa
 applicazione di una misura cautelare possano  integrare  un  giudizio
 prognostico  sulla colpevolezza dell'imputato, suscettibile, in linea
 teorica, di incrinare l'imparzialita' del giudice.  Ma  nel  giudizio
 direttissimo  convalida  dell'arresto e dibattimento sarebbero legati
 da un  nesso  particolarmente  stretto,  al  punto  da  poter  essere
 considerati  come  sequenze di un'unica fase del procedimento penale.
 Lo stesso dato  normativo  (art.  566  cod.  proc.  pen.)  renderebbe
 evidente  la  contestualita'  di  questi segmenti in un'unica e breve
 fase procedimentale, disponendo che si  proceda  "immediatamente"  al
 giudizio in caso di convalida.
   L'Avvocatura   sottolinea   che,   accogliendo   la   questione  di
 legittimita' costituzionale, si giungerebbe al risultato pratico, non
 ragionevole ne' conforme alle finalita' del giudizio direttissimo, di
 imporre la presenza in ciascuna  udienza  dibattimentale  dinanzi  al
 pretore   di  due  magistrati,  competenti  l'uno  per  la  convalida
 dell'arresto e per l'applicazione della misura cautelare, l'altro per
 la celebrazione del dibattimento.
                        Considerato in diritto
   1. - Le due questioni di legittimita' costituzionale concernono  la
 disciplina  delle  cause  di  incompatibilita' del giudice, stabilita
 dall'art. 34 del codice di procedura penale.
   Il Tribunale per i minorenni di  Reggio  Calabria  ritiene  che  il
 secondo  comma di questa disposizione, nella parte in cui non prevede
 che non possa partecipare al giudizio il giudice che nel dibattimento
 abbia emanato un provvedimento di custodia  cautelare  nei  confronti
 dell'imputato  per  un reato oggetto di contestazione suppletiva, sia
 in contrasto: a) con l'art. 3, primo comma, della  Costituzione,  per
 irragionevole  disparita'  di trattamento tra l'imputato che non puo'
 essere giudicato nel merito da chi ha  emesso  una  misura  cautelare
 personale  nei suoi confronti nella fase delle indagini preliminari e
 l'imputato che sia stato sottoposto  a  misura  coercitiva  da  parte
 dello  stesso  giudice  competente  per il dibattimento, per il quale
 l'incompatibilita' non opererebbe; b) con l'art. 24,  secondo  comma,
 della  Costituzione,  perche'  il  giudice  avrebbe compiuto, ai fini
 della emissione della misura coercitiva  personale,  una  valutazione
 anticipata  dei  materiali cognitivi che saranno oggetto del giudizio
 di merito.
   Il Pretore di Savona ritiene, a sua volta, che l'art. 34 cod. proc.
 pen., nella parte in cui non prevede che  non  possa  partecipare  al
 giudizio  direttissimo  il pretore che abbia convalidato l'arresto ed
 applicato una misura cautelare nei confronti  dell'imputato,  sia  in
 contrasto  con  gli  artt.  24  e 101 della Costituzione, giacche' la
 valutazione  sulla  responsabilita'  dell'imputato  potrebbe   essere
 condizionata  dalle  decisioni  gia'  assunte  dallo  stesso giudice,
 pregiudicandone l'imparzialita' e l'obiettivita'.
   2. - Le due questioni di  legittimita'  costituzionale  riguardano,
 sia  pure per aspetti diversi, la medesima disposizione e coinvolgono
 gli stessi principi.  I  relativi  giudizi  possono,  quindi,  essere
 riuniti per essere decisi congiuntamente.
   3.  -  L'istituto  dell'incompatibilita' del giudice determinata da
 atti compiuti  nel  procedimento  penale  concorre  ad  esprimere  la
 garanzia  di  un  giudizio imparziale, che non sia ne' possa apparire
 condizionato da precedenti valutazioni sulla  responsabilita'  penale
 dell'imputato   manifestate  dallo  stesso  giudice,  tali  da  poter
 pregiudicare la  neutralita'  del  suo  giudizio.  Il  principio  del
 "giusto  processo",  difatti, implica e presuppone che il giudizio si
 formi in base al razionale apprezzamento delle  prove  legittimamente
 raccolte  ed  acquisite  e  non  sia  pregiudicato da valutazioni sul
 merito dell'imputazione e sulla colpevolezza dell'imputato,  espresse
 in  fasi  del  processo  anteriori  a  quella del quale il giudice e'
 investito.
   Il processo e' per sua natura costituito da una sequenza  di  atti,
 ciascuno  dei  quali  puo'  astrattamente  implicare apprezzamenti su
 quanto risulti nel procedimento ed incidere sui suoi esiti. Non puo',
 quindi, essere frammentato,  isolando  ogni  atto  che  contenga  una
 decisione   idonea  a  manifestare  un  apprezzamento  di  merito  ma
 preordinata, accessoria o incidentale rispetto al giudizio del  quale
 il  giudice  e' gia' investito, per attribuire ogni singola decisione
 ad un giudice diverso,  sino  a  rompere  la  necessaria  unita'  del
 giudizio  e la sua intrasferibilita' (cfr. sentenze n. 131 del 1996 e
 n. 124 del 1992; ordinanza n. 24 del 1996).
   L'incompatibilita' del giudice per atti compiuti  nel  procedimento
 e'  determinata da provvedimenti adottati in base alla valutazione di
 indizi o prove inerenti alla responsabilita' penale dell'imputato  in
 fasi  precedenti  a quelle delle quali il giudice e' investito.  Essa
 non necessariamente deve essere estesa sino a collegarla  a  tutti  i
 provvedimenti con contenuto valutativo emanati dal giudice competente
 e senza che vi fosse incompatibilita' nel momento in cui lo stesso e'
 stato  investito  del  giudizio  di  merito; giudice che in ragione e
 nell'esercizio di questa competenza e'  successivamente  chiamato  ad
 adottare  misure  e  provvedimenti  accessori  o ad esprimere giudizi
 incidentali, quali sono quelli di carattere cautelare  innestati  nel
 dibattimento.   In  questi  casi  il  provvedimento  non  costituisce
 anticipazione di un giudizio  che  deve  essere  instaurato,  ma,  al
 contrario,  si  inserisce  nel  giudizio del quale il giudice e' gia'
 correttamente investito senza che ne possa essere spogliato: anzi  e'
 la  competenza ad adottare il provvedimento dal quale si vorrebbe far
 derivare l'incompatibilita'  che  presuppone  la  competenza  per  il
 giudizio di merito e si giustifica in ragione di essa.
   4.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  concernente
 l'omessa previsione dell'incompatibilita' per il giudizio  di  merito
 del giudice del dibattimento che ha accolto la richiesta del pubblico
 ministero  di  applicazione  di una misura cautelare personale per un
 reato concorrente, contestato in dibattimento, non e' fondata.
   E' ben vero che  anche  in  questo  caso  l'adozione  della  misura
 cautelare  personale  presuppone  la  valutazione  dell'esistenza  di
 "gravi indizi di colpevolezza" (art. 273,  primo  comma,  cod.  proc.
 pen.)   tali   da   fondare   una   ragionevole   probabilita'  della
 responsabilita'  penale  dell'imputato,   valutazione   questa   gia'
 ritenuta  dalla  giurisprudenza  costituzionale  idonea a determinare
 l'incompatibilita' per  il  giudizio  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia adottato la misura della custodia cautelare o
 del giudice che su di essa si sia pronunciato in sede di riesame o di
 appello (sentenze n. 432 del 1995 e n. 131 del 1996). Ma nell'ipotesi
 ora  considerata  questa valutazione e' effettuata dal giudice che e'
 stato correttamente investito della cognizione del merito, senza  che
 sussistesse  nei  suoi  confronti alcuna causa di incompatibilita', e
 che non puo' essere successivamente spogliato  di  un  giudizio  gia'
 instaurato, nel quale e' attratta la decisione cautelare, costituendo
 essa  solo  un  momento  di  cognizione  incidentale nel contesto del
 giudizio di merito.
   Questa situazione non e'  dunque  assimilabile,  come  ipotizza  il
 giudice  rimettente,  a  quella  che  si verifica per il giudice che,
 nella fase anteriore al rinvio a giudizio, abbia adottato  la  misura
 della  custodia  cautelare e sia successivamente chiamato a giudicare
 della responsabilita' penale dell'imputato. Ne' si vede come nel caso
 in esame possa risultare leso il diritto di difesa dell'imputato, che
 si svolge pienamente nel dibattimento.
   5. -  Egualmente  non  fondata  e'  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  concernente l'omessa previsione dell'incompatibilita'
 per il giudizio di  merito  del  pretore  che,  procedendo  con  rito
 direttissimo,   ha   convalidato  l'arresto  e  disposto  una  misura
 cautelare nei confronti dell'imputato.
   La   convalida   dell'arresto   implica   una   valutazione   sulla
 riferibilita'  del  reato  all'imputato,  condotto in giudizio, ma e'
 attribuita alla cognizione del giudice competente per il merito,  cui
 e'  devoluta la convalida ed il contestuale giudizio, al quale accede
 ogni altro provvedimento cautelare. Il giudice del  dibattimento,  al
 quale  e'  presentato  l'imputato  per  il  giudizio direttissimo, si
 pronuncia   pregiudizialmente,   con   la   convalida   dell'arresto,
 sull'esistenza  dei  presupposti  che  gli  consentono  di  procedere
 immediatamente   al   giudizio   ed   e'   competente   ad   adottare
 incidentalmente  misure  cautelari,  attratte nella competenza per la
 cognizione del merito.
   Non    puo'    dunque    esser    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara non fondate:
     1) la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,
 secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non
 prevede  che  non  possa  partecipare  al giudizio il giudice che nel
 dibattimento abbia emanato un provvedimento di custodia cautelare nei
 confronti  dell'imputato  per  un  reato  oggetto  di   contestazione
 suppletiva,  sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, primo comma, e
 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale per i  minorenni
 di Reggio Calabria con l'ordinanza indicata in epigrafe;
     2)  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del
 codice di procedura penale, nella parte in cui non  prevede  che  non
 possa  partecipare  al  giudizio  direttissimo  il  pretore che abbia
 convalidato l'arresto ed applicato una misura cautelare nei confronti
 dell'imputato, sollevata, in riferimento agli artt. 24  e  101  della
 Costituzione,  dal  Pretore  di  Savona  con  l'ordinanza indicata in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 96C0828