N. 186 ORDINANZA 27 - 31 maggio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Trattamento  e  smaltimento dei rifiuti
 industriali   -   Trattamento   sanzionatorio   penale   -   Infedele
 comunicazione  alla regione o alla provincia delegata della quantita'
 e qualita' dei rifiuti prodotti e smaltiti   nell'anno  precedente  -
 Diritto  al  silenzio  dell'imputato  -  Richiamo alla giurisprudenza
 della Corte in materia (v. sentenze nn. 198 e 181 del 1994,  236  del
 1984 e 32 del 1965) - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L.  9  settembre  1988,  n. 397, artt. 3, terzo comma e 9-opties,
 terzo comma, convertito, con modificazioni, nella  legge  9  novembre
 1988, n. 475).
 
 (Cost., art. 24, secondo comma).
(GU n.23 del 5-6-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
 VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3, e
 9-octies, comma  3,  del  decreto-legge  9  settembre  1988,  n.  397
 (Disposizioni   urgenti   in   materia  di  smaltimento  dei  rifiuti
 industriali), convertito, con modificazioni, nella legge  9  novembre
 1988,  n.  475,  promosso  con  ordinanza emessa il 7 aprile 1995 dal
 pretore di Vicenza nel procedimento penale a carico di  Garbin  Nereo
 ed altra, iscritta al n. 425 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  29,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  17 aprile 1996 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che - nel corso del procedimento penale nei  confronti  di
 N.  Garbin ed altri, imputati del reato di cui agli artt. 3, comma 3,
 e 9-octies, comma 3, del  decreto-legge  9  settembre  1988,  n.  397
 (Disposizioni   urgenti   in   materia  di  smaltimento  dei  rifiuti
 industriali),  convertito,  con  modificazioni nella legge 9 novembre
 1988, n. 475 - il pretore di Vicenza  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.   24,   secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dei  succitati  artt.  3,  comma  3,  e
 9-octies,  comma  3,  nella  parte  in  cui "sanzionano penalmente la
 infedele comunicazione alla regione o alla provincia  delegata  della
 quantita'  e  qualita'  dei  rifiuti  prodotti  e  smaltiti nell'anno
 precedente";
     che, ad avviso del giudice  a  quo,  le  disposizioni  denunciate
 risulterebbero  lesive della c.d. "liberta' dalle autoincriminazioni"
 sancita dall'art. 24, secondo comma, della  Costituzione,  posto  che
 nel  diritto  di  difesa  dell'imputato dovrebbe ritenersi, altresi',
 compreso "il diritto del cittadino di  non  fornire  le  prove  della
 propria   eventuale   colpevolezza   e,   piu'   in  generale,  prove
 suscettibili  di  pregiudicare  lo  svolgimento  dei   suoi   assunti
 difensivi in un gia' instaurato o eventuale processo";
     che,   infatti,   le   norme   censurate  porrebbero  i  soggetti
 destinatari di fronte all'alternativa di trasmettere dati  veritieri,
 con il rischio di un processo penale per l'irregolare smaltimento dei
 rifiuti,  oppure di evitare di fornire le informazioni richieste o di
 fornirle incomplete, con il rischio di un  processo  penale  in  base
 alle stesse norme oggetto di contestazione;
     che  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
 giudizio chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
   Considerato  che  la  ratio  delle  disposizioni censurate consiste
 nella necessita' di consentire alle autorita'  preposte  un  adeguato
 controllo sulla produzione e sullo smaltimento dei rifiuti (speciali,
 di  origine industriale, assimilabili agli scarichi tossici e nocivi)
 attraverso  un  sistema  permanente  di  informazioni  analitiche   e
 sintetiche  sulla quantita' e qualita' dei rifiuti stessi preordinate
 a realizzare il catasto e osservatorio  dei  rifiuti,  istituito  con
 l'art. 3 della stessa legge n. 475 del 1988;
     che,  pertanto,  gli  obblighi di comunicazione della quantita' e
 qualita' dei rifiuti  sopraindicati  prodotti  o  smaltiti,  previsti
 dalle  disposizioni censurate, risultano strumentalmente diretti alla
 tutela dell'ambiente, garantita come diritto  fondamentale  dall'art.
 9  della  Costituzione  e  trovano,  altresi',  specifico  fondamento
 nell'art.   41,  secondo  comma,  della  Costituzione  per  il  quale
 l'iniziativa  economica  privata  deve svolgersi in modo da garantire
 "la sicurezza, la liberta' e la dignita' umana" da ricollegarsi anche
 alla tutela dell'ambiente;
     che, inoltre, i  predetti  obblighi  di  comunicazione  rientrano
 nella sfera dei doveri inerenti ai produttori e smaltitori di rifiuti
 ed,  in  quanto  tali, risultano assunti in base ad una libera scelta
 dell'individuo di svolgere una attivita' economica che comporta oneri
 previsti dalla legge;
     che su un piano piu' generale non puo' negarsi che la legge possa
 ragionevolmente  (senza  aggravare  inutilmente  la   posizione   del
 soggetto interessato) prescrivere, in via generale, a carico di tutti
 coloro  che  espletano  una determinata attivita' liberamente scelta,
 obblighi non legati alla pretesa punitiva (anche se sanzionati in via
 amministrativa o penale) di comunicazione della  stessa  attivita'  o
 delle  modalita'  d'esercizio  (come presupposto della legittimita'),
 quando   questa   sia   soggetta   a   controlli    della    pubblica
 amministrazione,  tanto piu' se correlati a una doverosa salvaguardia
 di interessi  fondamentali  secondo  Costituzione,  quali  la  tutela
 dell'ambiente e della indissolubile qualita' della vita dell'uomo;
     che,  d'altro  canto,  il  diritto  al silenzio dell'imputato, in
 quanto specificazione del diritto di difesa, garantito dall'art.  24,
 secondo comma, della Costituzione, opera, per costante giurisprudenza
 di questa Corte, dal momento  della  instaurazione  del  procedimento
 penale  o  dal momento in cui l'indizio di reato si soggettivizza nei
 confronti di una determinata persona (sentenze  nn.  198  e  181  del
 1994);
     che  non  e'  ipotizzabile  esercizio  del  diritto di difesa "in
 relazione a comportamenti che in se'  considerati  non  costituiscono
 autodenuncia  o  confessione di reati"; "se manca un rapporto diretto
 tra incriminazione e le domande della pubblica autorita'" ovvero "tra
 dichiarazioni e gli adempimenti" cui il soggetto e' penalmente tenuto
 da un lato e  l'incriminazione  eventuale,  per  uno  o  piu'  reati,
 dall'altro,  venendo  meno in radice ogni possibilita' di invocare la
 garanzia  costituzionale   dell'art.   24,   secondo   comma,   della
 Costituzione (v. sentenze n. 236 del 1984 e n. 32 del 1965);
     che,  di  conseguenza,  gli  obblighi  di  cui  alle disposizioni
 censurate,  muovendosi  in  ambito  di  controllo  amministrativo  di
 dichiarazioni  di quantita' e qualita' di rifiuti prodotti o smaltiti
 che di per se' non riguardano fattispecie criminose,  potendo  queste
 verificarsi  solo se la formazione e lo svolgimento non avvengono con
 l'osservanza delle modalita' e dei limiti fissati in  base  a  legge,
 sono assolutamente inconferenti rispetto ai presupposti che governano
 l'ambito   di   operativita'   dell'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, mentre la conseguenza ipotizzata dal remittente e'  una
 semplice   eventualita'   di   fatto  e  non  certo  una  conseguenza
 astrattamente necessaria ed inevitabile della circostanza di produrre
 e smaltire rifiuti e di dover conseguentemente effettuare  le  dovute
 comunicazioni alla regione o alla provincia;
     che  tale  rapporto  di  semplice eventualita' di fatto, e non di
 necessaria conseguenzialita', esclude che colui  il  quale  renda  la
 dichiarazione  della  qualita'  e quantita' del rifiuto imposta dalla
 norma  impugnata,  si  autodenunci,   per   cio'   solo,   di   altri
 comportamenti  costituenti  illecito  penale  (v.,  in fattispecie di
 omessa dichiarazione di  attivita'  o  disponibilita'  all'estero  in
 relazione a eventuali violazioni valutarie, ordinanza n. 655 del 1988
 e   sentenza   n.   236  del  1984;  in  fattispecie  di  obbligo  di
 dichiarazione per i cittadini italiani di  natanti  non  iscritti  in
 pubblici registri nazionali, ordinanza n. 258 del 1985);
     che  in  sostanza  vi  puo'  essere  un obbligo di collaborazione
 (mediante comunicazioni o denunce di attivita' o questionari, purche'
 non  direttamente   legati   a   pretesa   punitiva)   ai   controlli
 amministrativi, come onere in via generale posto dalla legge a carico
 di  soggetti  che  abbiano  autonomamente scelto di intraprendere una
 determinata  attivita',  quando  questa  sia  soggetta  a  poteri  di
 controllo  della  pubblica  amministrazione  in  base  a  legge e nel
 rispetto dei limiti costituzionali;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 3, comma  3,  e  9-octies,  comma  3,  del
 decreto-legge  9  settembre  1988,  n.  397  (Disposizioni urgenti in
 materia di smaltimento  dei  rifiuti  industriali),  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  9  novembre 1988, n. 475, sollevata, in
 riferimento all'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  dal
 pretore di Vicenza, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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