N. 516 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 luglio 1991- 9 maggio 1996

                                N. 516
  Ordinanza   emessa   il   9   luglio   1991  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 9 maggio 1996) dal tribunale di Reggio Calabria nel
 procedimento civile vertente tra Palermo Francesco e Ministero  delle
 poste e telecomunicazioni
 Posta e telecomunicazioni - Esclusione di responsabilita' delle Poste
    e telecomunicazioni in caso di ingiustificato ritardo nel recapito
    di  corrispondenza  produttivo  di  danno (nella specie "espresso"
    contenente  modelli  per  la   partecipazione   a   concorso   per
    amministratori  presso  la Corte di Giustizia della C.E.E. spedito
    il 19 gennaio 1990 e pervenuto all'interessato solo il 21 febbraio
    1990 oltre il termine  di  scadenza  per  la  presentazione  delle
    domande) - Ingiustificata deroga al principio del risarcimento del
    danno   -   Violazione  dei  principi  della  responsabilita'  dei
    funzionari e dipendenti pubblici per atti illeciti o  illegittimi,
    di   imparzialita'   e   buon  andamento  della  p.a.,  di  tutela
    giurisdizionale  e  di  gestione  con  criteri di economicita' dei
    servizi pubblici essenziali gestiti in forma di impresa.
 (D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 6).
 (Cost., artt. 3, 28, 43, 97 e 113).
(GU n.24 del 12-6-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha pronunziato le seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n. 1512 dell'anno 1990 del ruolo generale degli  affari  contenziosi,
 passata  in  decisione alla pubblica udienza collegiale del giorno 25
 giugno  1991,   vertente   tra   Palermo   Francesco,   elettivamente
 domiciliato  in  Reggio  Calabria, via De Nava n. 13 presso lo studio
 del dottore  procuratore  Rosamaria  Lascala  che  lo  rappresenta  e
 difende  per procura a margine dell'atto di citazione, attore, contro
 il Ministero delle poste e telecomunicazioni, in persona del Ministro
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  per  legge   dall'Avvocatura,
 distrettuale  dello  Stato  di Reggio Calabria presso i cui uffici ha
 domicilio legale, convenuto;
   Esaminati gli atti;
                           Premesso in fatto
   Con atto  di  citazione  notificato  il  26  aprile  1990,  Palermo
 Francesco  conveniva  in  giudizio  dinanzi  a  questo  tribunale  il
 Ministero delle poste e telecomunicazioni, in  persona  del  Ministro
 pro-tempore,  e,  premesso  che,  avendo  appreso  da  un  quotidiano
 economico della indizione di un pubblico concorso per  amministratori
 presso la Corte di giustizia della comunita' economica europea, aveva
 richiesto  all'ufficio stampa della sede di Roma della Commissione di
 tale comunita', con  lettera  raccomandata-espresso  del  13  gennaio
 1990,  l'invio di ogni utile informazione e dei modelli necessari per
 la presentazione della domanda di partecipazione;
     che, impossibilitato a causa di malattia a recarsi  personalmente
 a  Roma  a ritirarli, ne aveva sollecitato telefonicamente piu' volte
 l'invio, avendo costante assicurazione della loro avvenuta spedizione
 a mezzo posta con recapito per espresso;
     che,  invece,   tali   modelli   erano   pervenuti,   con   plico
 raccomandato,  soltanto il 22 febbraio 1990, quando ormai era scaduto
 il termine ultimo di presentazione della domanda  di  partecipazione,
 fissato nel giorno 16 febbraio precedente;
     che  dalla impossibilita' di partecipazione al concorso era a lui
 derivato un gravissimo danno sia perche' egli aveva tutti i requisiti
 per superare la prova sia  perche'  aveva  gia'  sopportato  notevoli
 spese per prendere lezioni private di lingua spagnola;
   Tanto  premesso, chiedeva che il Ministero convenuto fosse ritenuto
 responsabile dei danni da lui subiti e, conseguentemente,  condannato
 al loro risarcimento.
   Si   costituiva   in   giudizio   il   Ministero   delle   poste  e
 telecomunicazioni, in persona  del  Ministro  pro-tempore,  il  quale
 contestava  la  fondatezza della domanda, di cui chiedeva il rigetto,
 rilevando che per legge nessuna responsabilita'  poteva  su  di  esso
 gravare  per il solo ritardo nel recapito della corrispondenza, e che
 comunque l'attore non era titolare  di  alcuna  posizione  soggettiva
 risarcibile.
   Cosi'  instauratosi  il  contraddittorio, all'udienza del 17 aprile
 1991 le parti precisavano le conclusioni riportandosi a  quelle  gia'
 rassegnate nei rispettivi primi atti difensivi; ed infine all'udienza
 collegiale del 25 giugno 1991 la causa veniva assegnata a sentenza.
                             O s s e r v a
   La   questione   sottoposta  all'esame  del  Collegio  riguarda  la
 risarcibilita' da  parte  dell'Amministrazione  convenuta  del  danno
 subito  dall'attore  per  la  mancata  partecipazione  ad un concorso
 bandito  dalla  CEE;  ed  in  particolare  per  l'impossibilita'   di
 presentare tempestivamente la domanda di partecipazione a seguito del
 ritardo nel recapito dell'"espresso" contenente il bando ed il modulo
 per la presentazione della propria candidatura.
   Contrariamente     all'assunto    difensivo    dell'Amministrazione
 convenuta, la giurisprudenza di legittimita', ormai da diversi  anni,
 afferma  la  risarcibilita'  del  danno  costituito dalla "privazione
 della possibilita' di vincere un concorso (cosiddetta chance)", anche
 ove  sia  "in  concreto  difficile  o  impossibile"  la   prova   che
 l'aspirante  ne  sarebbe  risultato  vincitore,  dal  momento che "il
 concetto di perdita e di  guadagno  di  cui  all'art.  1223  c.c.  si
 riferisce  a  qualsiasi  utilita' economicamente valutabile" e quindi
 anche alla "perdita di una chance (..) idonea a produrre  anche  solo
 probabilmente  e  non  con  assoluta certezza un determinato reddito"
 (Cass. 12 ottobre 1988 n. 5494 e Cass.  19  novembre  1983  n.  6906;
 cfr., anche, Cass. 19 dicembre 1986 n. 6506).
   Nel caso di specie, tuttavia, la domanda risarcitoria troverebbe un
 insormontabile  ostacolo nella norma di cui all'art. 6 del d.P.R.  29
 marzo  1973  n.  156,  secondo  cui  l'Amministrazione  postale  "non
 incontra  alcuna responsabilita' per i servizi postali, di bancoposta
 e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei  limiti  espressamente
 stabiliti   dalla  legge":  non  essendo  prevista,  infatti,  alcuna
 responsabilita' per il ritardo  nel  recapito  della  corrispondenza,
 dovrebbe affermarsi l'infondatezza della richiesta del Palermo.
   A  tale conclusione indurrebbe anche giurisprudenza, in verita' non
 proprio recente, della Corte di cassazione, la quale ha avuto modo di
 sostenere che "la responsabilita' dell'Amministrazione delle poste  e
 delle   telecomunicazioni   per   i   danni   arrecati   agli  utenti
 nell'espletamento dei suoi servizi ha natura contrattuale e, ai sensi
 dell'art. 6 d.P.R. 29  marzo  1973  n.  156,  puo'  essere  affermata
 soltanto nei casi (e nei limiti) espressamente stabiliti dalla legge,
 e,   pertanto,  non  sussiste  per  il  ritardo  nel  recapito  della
 corrispondenza; la norma citata  -  che  ha  lo  scopo  di  garantire
 all'amministrazione,   in   considerazione   della  complessita'  del
 servizio  pubblico  affidatole,  la   piu'   ampia   discrezionalita'
 nell'organizzazione del medesimo - non e' in contrasto ne' con l'art.
 28 ne' con l'art. 97, primo comma, Cost." (Cass. 24 settembre 1981 n.
 5176; cfr., anche, Cass. 5 febbraio 1980 n. 801).
   L'art.  6  in  esame,  pero',  e gli artt. 28, 48 e 93 dello stesso
 d.P.R.  n.  156/1973,  sono   stati   dichiarati   costituzionalmente
 illegittimi,  "nella  parte,  in cui dispongono che l'amministrazione
 delle poste e delle telecomunicazioni non e' tenuta  al  risarcimento
 dei  danni,  oltre  all'indennita'  di  cui  all'art.  28, in caso di
 perdita o manomissione di raccomandate con  le  quali  siano  spediti
 vaglia  cambiari  emessi  in  commutazione di debiti dello Stato". Ha
 osservato  in  motivazione  la  Corte  costituzionale:  "Secondo  una
 formula   tralaticia  (...)  l'esenzione  dell'amministrazione  delle
 poste,   da   responsabilita'   per   danni   verso    l'utenza    si
 giustificherebbe  per la necessita' jdi garantire all'amministrazione
 la  piu'  ampia  discrezionalita'  nell'organizzazione  del  pubblico
 servizio"",  ponendola  al  riparo  da  sanzioni   risarcitorie   per
 inconvenienti  e  imperfezioni  nell'adempimento  delle  prestazioni,
 inseparabili dalle scelte  organizzative  da  essa  fatte,  le  quali
 possono  tradursi nel mancato rispetto di regole di servizio da parte
 del dipendente, delle quali, per le complessita'  dell'organizzazione
 e la difficolta' dei controlli, non e' possibile garantire l'assoluta
 e  costante  osservanza".    Ma  una simile costante giustificazione,
 improntata a  una  concezione  del  servizio  postale  come  servizio
 puramente  amministrativo, non regge di fronte all'art. 43 Cost., che
 ha istituito uno stretto collegamento  tra  la  nozione  di  servizio
 pubblico  essenziale e la nozione di impresa.  Se ne deduce che tutti
 i servizi pubblici essenziali devono essere organizzati e gestiti  in
 forma  di impresa, ossia, come dispone l'art.  2 legge 17 maggio 1985
 n. 210 per il servizio ferroviario, "jcon criteri di economicita'", i
 quali comportano la conformazione dei rapporti con  gli  utenti  come
 rapporti   contrattuali,  fondamentalmente  soggetti  al  regime  del
 diritto privato. (..) L'eccezione confermata dal d.P.R.  n.  156  del
 1973   in   favore   dell'amministrazione   delle   poste,   la   cui
 discrezionalita' organizzativa non  e'  correlata  col  principio  di
 responsabilita',   si   spiega  solo  come  retaggio  storico  di  un
 privilegio risalente alle origini del servizio postale. (..)  La  sua
 conservazione non ha alcuna giustificazione nell'ordinamento attuale,
 dove  il  servizio  postale  non puo' piu' essere considerato un bene
 patrimoniale dell'erario e si configura invece, secondo  il  criterio
 organizzativo  impartito  dall'art. 43 Cost., come un'impresa gestita
 dallo  Stato  in  regime  di  monopolio,  ossia  come  una  forma  di
 partecipazione    dello   Stato   all'attivita'   economica"   (Corte
 costituzionale, 17 marzo 1988 n.  303).
   Tali argomentazioni inducono il Tribunale a ritenere d'ufficio  non
 manifestamente    infondata    la    questione   della   legittimita'
 costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. n.  156/1973,  nella  parte  in
 cui,  esclude  la  tenutezza dell'Amministrazione delle poste e delle
 telecomunicazioni al risarcimento dei danni cagionati agli utenti per
 l'ingiustificato  ritardo  nel  recapito  della  corrispondenza,   in
 relazione agli artt.  3, 28, 43, 97 e 113 Cost.
   Sembra  evidente, infatti, che la citata giurisprudenza della Corte
 di    cassazione,    la    quale    esclude    la     responsabilita'
 dell'amministrazione  postale  per  il  ritardo  nel  recapito  della
 corrispondenza     richiamando     l'esigenza      "di      garantire
 all'amministrazione,   in   considerazione   della  complessita'  del
 servizio    affidatole,    la     piu'     ampia     discrezionalita'
 nell'organizzazione    del    medesimo",   risulta   travolta   dalle
 considerazioni  del  giudice  delle  leggi,   che   ritiene   appunto
 l'irresponsabilita'      un      inammissibile     privilegio     per
 un'Amministrazione  pur  sempre  tenuta  ad  informare   la   propria
 attivita'  ai  principi  di  economicita'  e  di  buon  andamento del
 servizio.  Risulterebbe  pertanto  ingiustificabile   ormai,   negare
 all'utente la tutela giusdizionale delle proprie posizioni giuridiche
 lese  da  una condotta non conforme a tali principi; e cio', potrebbe
 anche contrastare,  irragionevolmente,  con  l'opposto  principio  di
 responsabilita'   affermato   per  altre  imprese  esercenti  servizi
 pubblici essenziali, come, ad esempio, l'amministrazione ferroviaria.
   La  questione,  oltre  che  non  manifestamente infondata, e' anche
 rilevante per il  caso  in  esame.  La  documentazione  acquisita  al
 fascicolo,  dell'attore  evidenzia  infatti  che,  ad evasione, della
 richiesta formulata dal Palermo con lettera raccomandata-espresso  il
 13 gennaio 1990, l'Ufficio per l'Italia della CEE invio' per espresso
 il  bollettino  C  324  del 28 dicembre 1989, che comprendeva, sia il
 bando sia l'atto  di  presentazione  della  candidatura  relativi  al
 concorso n. CJ 96/1989 per Amministratori.
   Tale  "espresso"  fu spedito il 19 gennaio 1990 e pervenne a Reggio
 Calabria, per essere recapitato  al  Palermo,  solo  il  21  febbraio
 successivo.   Sulle date fanno fede, infatti, rispettivamente la c.d.
 impronta della macchina affrancatrice e il bollo  apposto  sul  retro
 della  corrispondenza.  Quanto alla prima, va ricordato che, ai sensi
 dell'art. 249 secondo comma del d.P.R. 29 maggio  1982  n.  655,  "la
 data  del bollo deve essere quella del giorno in cui gli oggetti sono
 consegnati  all'ufficio  postale  designato   o,   se   trattasi   di
 corrispondenza  in  corso  particolare,  alla  persona incaricata del
 trasporto o recapito": cosicche' non puo' essere posto in dubbio  che
 proprio  il  19  gennaio  1990, data risultante dal bollo, l'espresso
 venne consegnato per la  spedizione.    Il  secondo,  poi,  con  ogni
 evidenza  non  puo'  essere  stato  apposto se non anteriormente alla
 consegna dell'espresso stesso al Palermo, il quale dunque ne venne in
 possesso in data successiva alla scadenza del termine ultimo  per  la
 presentazione  dell'atto  di  candidatura,  fissato  dal bando nel 16
 febbraio 1990.
   Consegue, quindi, che la partecipazione dell'attore, al concorso fu
 irrimediabilmente compromessa dal ritardo nel recapito dell'espresso.
 E non sembra al Collegio di dover  argomentare,  attesa  la  assoluta
 evidenza  della  circostanza,  sul perche' una corrispondenza, per la
 quale sia richiesto  il  recapito  per  espresso,  con  il  regolare,
 pagamento  dell'importo della relativa francatura, debba considerarsi
 in ritardo se pervenga al destinatario dopo oltre un mese dalla  data
 di spedizione.
   Cosi' stando le cose, l'applicazione dei principi giurisprudenziali
 sopra richiamati, in materia di risarcibilita' della chance, comporta
 -  una  volta dichiarato costituzionalmente illegittimo, con sentenza
 n. 15/1991 della Corte costituzionale, l'art. 20 di tale d.P.R.,  che
 subordinava  la  proposizione  dell'azione  giudiziaria al preventivo
 reclamo in via amministrativa - che la deliberazione della  richiesta
 risarcitoria  non  puo'  prescindere  dal giudizio sulla legittimita'
 costituzionale, nei termini  sopra  indicati,  del  ripetuto  art.  6
 d.P.R.  n. 156/1973.
   A tale scopo gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale, fino
 alla cui pronunzia deve essere sospeso il presente giudizio.
                               P. Q. M.
   Letti  gli  artt.  134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953 n. 87;
   Dichiara d'ufficio rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt.  3,
 28,  43, 97 e 113 della Costituzione, dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo
 1973 n. 156, nella parte in cui esclude che  l'Amministrazione  delle
 poste  e  delle  telecomunicazioni  sia  tenuta  a risarcire il danno
 cagionato agli utenti dall'ingiustificato ritardo, nel recapito della
 corrispondenza;
   Sospende il giudizio in corso;
   Dispone  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale, la
 notifica della presente ordinanza al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  la  sua  comunicazione  ai  Presidenti  della Camera dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Reggio Calabria il 9 luglio 1991.
                        Il presidente: Pennisi
                                     Il giudice rel. ed est.: Gerardis
 96C0752