N. 304 SENTENZA 18 - 24 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Elezioni - Elezioni  comunali  nei  comuni  con  popolazione  fino  a
 quindicimila  abitanti  -  Premorienza,  dopo  la presentazione delle
 candidature e prima del giorno delle elezioni, di uno  dei  candidati
 alla  carica di sindaco - Rinvio delle elezioni e rinnovo di tutte le
 candidature a sindaco e a consigliere comunale - Mancata previsione -
 Ingiustificata compressione del diritto di  elettorato  passivo  (dei
 candidati  consiglieri)  e  del  diritto  di elettorato attivo (degli
 elettori), con incidenza anche sul principio della parita'  del  voto
 (artt. 3, 51 e 48 della Costituzione) - Illegittimita' costituzionale
 parziale.
 
 (Legge 25 marzo 1993, n. 81, art. 5).
 
 (Cost., artt. 3, 51 e 48).
(GU n.31 del 31-7-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge
 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del  sindaco,  del  presidente
 della  provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale)
 promosso con  ordinanza  emessa  il  3  ottobre  1995  dal  tribunale
 amministrativo  regionale  per  il  Molise  sul  ricorso  proposto da
 Ciccaglione Giuseppe ed altri contro il comune di  Riccia  ed  altri,
 iscritta  al  n.  67  del  registro ordinanze 1996 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  7,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1996;
   Visto l'atto di costituzione di Ciccaglione Giuseppe ed altri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 25 giugno 1996 il giudice relatore
 Renato Granata;
   Udito l'avv.to Sergio Panunzio per Ciccaglione Giuseppe ed altri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza del 3 ottobre 1995 il  tribunale  amministrativo
 regionale   del   Molise   ha   sollevato  questione  incidentale  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge  25  marzo  1993,
 n.81  (Elezione  diretta del sindaco, del presidente della provincia,
 del consiglio comunale e del consiglio provinciale),  in  riferimento
 agli  artt.   3, 51   e 97 della Costituzione, nella parte in cui non
 prevede che il sopravvenire della morte o dell'impedimento permanente
 del  candidato  alla  carica  di  sindaco  comporti  il  rinvio delle
 elezioni ed il rinnovo della presentazione delle candidature.
   Premette  il  tribunale  amministrativo  regionale  rimettente  che
 alcuni   cittadini   elettori,  nella  qualita'  anche  di  candidati
 consiglieri comunali  e  di  presentatori  della  lista  n.  3  nelle
 elezioni  del  23 aprile 1995 per l'elezione del sindaco e il rinnovo
 del consiglio comunale di Riccia, Comune con popolazione inferiore ai
 quindicimila abitanti, avevano impugnato gli  atti  del  procedimento
 elettorale  per  l'elezione  del  sindaco  e  del consiglio comunale,
 lamentando la mancata sospensione del procedimento  stesso  da  parte
 del  Ministero  degli  interni  e  della Prefettura di Campobasso, in
 ragione del decesso, in data 21 aprile 1995,  del  candidato  sindaco
 cui era collegata la suddetta lista n. 3.
   La  disposizione  applicabile nella specie (art. 5 cit.) - prosegue
 il tribunale amministrativo  regionale  rimettente  -  non  contempla
 l'ipotesi  di  un  differimento  della competizione elettorale quando
 sopravvenga,  alla  presentazione  delle  candidature,  l'impedimento
 permanente  o il decesso del candidato sindaco. D'altra parte l'unico
 riferimento normativo (contenuto  nell'art.  6,  comma  sesto,  della
 legge  n.  81 del 1993) all'evenienza del decesso, o dell'impedimento
 permanente, del candidato sindaco nell'imminenza delle  consultazioni
 elettorali  disciplina una fattispecie diversa e particolare, e cioe'
 quella in cui l'evento  si  verifichi,  nelle  elezioni  relative  ai
 Comuni  con popolazione superiore a quindicimila abitanti, quando sia
 gia' esaurito il primo turno e prima dello svolgimento del  turno  di
 ballottaggio.  Tuttavia la mancata previsione della sospensione della
 consultazione  elettorale  (e  quindi  l'irrilevanza  dell'evento del
 decesso del  candidato  sindaco  prima  della  data  fissata  per  le
 operazioni  di  voto)  ha  l'effetto  non  solo  di  privare il corpo
 elettorale di una delle possibilita' di scelta in  ordine  all'organo
 piu'  rappresentativo  dell'istituzione  comunale,  ma produce anche,
 come ulteriore conseguenza, l'alterazione dei rapporti tra  le  liste
 collegate ai vari candidati alla carica di sindaco, le quali, in base
 alla  legge,  vengono  votate  solo  mediante  il  voto attribuito al
 candidato  sindaco.  Infatti  il   proseguimento   del   procedimento
 elettorale  dopo  il  decesso  del  candidato sindaco comporta, in un
 sistema elettorale che e'  tutto  imperniato  sulla  figura  di  tale
 candidato,  una  compressione  del  diritto  di elettorato attivo, in
 quanto gli elettori vengono privati  di  una  delle  possibilita'  di
 scelta  non  solo  nella  elezione  del  sindaco,  ma  altresi' nella
 competizione tra le liste dei candidati consiglieri stante  il  grave
 pregiudizio  sopportato  dalla  lista collegata al candidato non piu'
 idoneo, in maniera definitiva, all'assunzione della carica.
   Inoltre - prosegue il tribunale amministrativo regionale rimettente
 - il venir meno, per  fatto  imprevedibile,  di  uno  dei  candidati,
 compromette  (con  sacrificio  del principio di eguaglianza) anche il
 diritto di elettorato passivo dei consiglieri appartenenti alla lista
 collegata, i quali subiscono senza colpa un  pregiudizio  ravvisabile
 nella  perdita  di efficacia della loro candidatura per il venir meno
 dell'elemento trainante del consenso. Infine si avrebbe che,  ove  il
 candidato   sindaco  deceduto  risultasse  comunque  vincitore  delle
 elezioni, queste dovrebbero essere necessariamente  e  immediatamente
 ripetute,  verificandosi l'ipotesi di cui all'art. 37-bis della legge
 n.142 del 1990, che prevede lo scioglimento  del  consiglio  comunale
 quando  muoia il sindaco gia' eletto. Ma lo svolgimento necessario di
 un procedimento elettorale, che abbia la concreta prospettiva  di  un
 esito  inutile,  viola  il principio di buon andamento della pubblica
 amministrazione.
   2. - Si  sono  costituiti  Ciccaglione  Giuseppe,  quale  cittadino
 elettore  del  comune  di Riccia, Maglieri Francesco (quale candidato
 alla carica di consigliere primo dei non eletti nella lista n. 3 (Per
 Riccia - Albero con Riccio)),  Giuseppe  Fanelli  e  Carmine  Viscusi
 (quali  sottoscrittori  e  presentatori  della  predetta  lista n. 3)
 chiedendo, anche con  una  successiva  memoria,  che  sia  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
   Osserva  in  particolare  la  difesa delle parti costituite che nel
 nuovo sistema elettorale le relative operazioni si  incentrano  sulla
 figura  del  candidato  alla  carica  di  sindaco, tanto che non puo'
 essere ammessa alla competizione elettorale una  lista  di  candidati
 alla  carica  di  consigliere  che non abbia indicato e presentato il
 nome del candidato alla  carica  di  sindaco,  alla  cui  persona  la
 (lista)  stessa  deve  essere  collegata.  Inoltre  si ha che ciascun
 elettore ha diritto di votare innanzi tutto il candidato alla  carica
 di  sindaco  collegato  ad  una determinata lista, essendo il voto di
 preferenza espresso per un candidato alla carica di  consigliere  una
 mera facolta'; ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere
 consegue  tanti  voti  quanti  sono  i  voti  espressi  in favore del
 candidato alla carica di sindaco cui  e'  collegata;  l'elezione  del
 sindaco  comporta  l'attribuzione  alla lista collegata dei due terzi
 dei  seggi  assegnati  al  consiglio.    C'e'  quindi   uno   stretto
 collegamento  con  la persona del candidato sindaco, collegamento che
 comporta che il decesso di  quest'ultimo  deve  implicare  il  rinvio
 dello   svolgimento   delle   elezioni,   pena   l'alterazione  della
 competizione elettorale; risulterebbe altrimenti danneggiata la lista
 collegata al candidato sindaco deceduto e  non  si  consentirebbe  ai
 cittadini che hanno sottoscritto e presentato tale lista di competere
 in posizione di effettiva parita' con le altre liste.
                        Considerato in diritto
   1.  -  E'  stata  sollevata  questione  incidentale di legittimita'
 costituzionale  -  in  riferimento  agli  artt.  3,  51  e  97  della
 Costituzione,  ma  in  realta'  anche  all'art. 48 della Costituzione
 (parametro  questo  non  espressamente  indicato,  ma  non  di   meno
 sostanzialmente   evocato   dal  tribunale  amministrativo  regionale
 rimettente) - dell'art. 5 della legge 25 marzo 1993, n. 81  (Elezione
 diretta  del  sindaco,  del presidente della provincia, del consiglio
 comunale  e  del  consiglio  provinciale),  nella   parte   in   cui,
 disciplinando  le  modalita'  di elezione del sindaco e del consiglio
 comunale nei comuni con popolazione fino a quindicimila abitanti, non
 prevede che il sopravvenire della morte o dell'impedimento permanente
 del candidato  alla  carica  di  sindaco  comporti  il  rinvio  delle
 elezioni  ed  il  rinnovo  della presentazione delle candidature, per
 sospetta violazione: a) del diritto di elettorato attivo  (in  quanto
 gli  elettori vengono privati di una delle possibilita' di scelta non
 solo nell'elezione del sindaco, ma altresi' nella competizione tra le
 liste dei candidati alla carica di consigliere); b) del principio  di
 ragionevolezza  (perche'  la  mancata  sospensione  delle  operazioni
 elettorali e' incoerente sia con il nuovo sistema di elezione diretta
 del sindaco, sia in particolare  con  il  previsto  scioglimento  del
 consiglio  comunale  in  caso di decesso del sindaco gia' eletto); c)
 del diritto di  elettorato  passivo  e  parimenti  del  principio  di
 eguaglianza  (perche'  i candidati consiglieri comunali, appartenenti
 alla lista collegata al candidato sindaco deceduto,  subiscono  senza
 colpa  un  pregiudizio  consistente  nella perdita di efficacia della
 loro candidatura, pregiudizio che li svantaggia rispetto  agli  altri
 candidati);  d)  del principio di buon andamento dell'amministrazione
 pubblica (perche', se il candidato sindaco deceduto dovesse  riuscire
 comunque   vincitore,  le  elezioni  sarebbero  "inutili"  in  quanto
 destinate ad essere ripetute verificandosi l'ipotesi di  scioglimento
 automatico di cui all'art.  37-bis della legge n. 142 del 1990).
   2. - La questione e' fondata.
   2.1.  -  Giova  premettere  che  -  come esattamente ha rilevato il
 tribunale  amministrativo  regionale  rimettente  -  il  decesso  del
 candidato  sindaco, al pari del suo impedimento permanente, trova una
 regolamentazione positiva nella nuova disciplina elettorale  soltanto
 con  riguardo  al  caso  dell'elezione  diretta del sindaco (e - puo'
 aggiungersi  -  del  presidente  della  provincia)  nei  comuni   con
 popolazione  superiore  a 15.000 abitanti e limitatamente all'ipotesi
 in cui debba procedersi al  ballottaggio.  Stabiliscono  infatti,  in
 perfetta  simmetria,  il  comma  sesto  dell'art. 6 e il comma ottavo
 dell'art. 8 che, in caso di impedimento permanente o decesso  di  uno
 dei  candidati  ammessi al ballottaggio, partecipa alla votazione nel
 secondo turno il candidato che  segue  nella  graduatoria  e  che  le
 operazioni di voto subiscono il rinvio alla prima domenica successiva
 al  decimo  giorno  dal  verificarsi  dell'evento.  In  tal  modo  il
 legislatore ha operato un bilanciamento tra l'interesse pubblico alla
 prosecuzione delle operazioni elettorali e l'interesse dei  candidati
 consiglieri  e  dei  possibili  elettori  della  lista  collegata  al
 candidato sindaco premorto; disciplina che in questa sede  non  viene
 in  rilievo  se  non  nella  misura  in  cui  evidenzia  che  analogo
 bilanciamento non e' stato operato affatto dal  medesimo  legislatore
 per l'ipotesi delle elezioni nei comuni con popolazione fino a 15.000
 abitanti,   neppure  nel  caso  (residuale)  di  ballottaggio  resosi
 necessario per aver ottenuto lo stesso numero di voti i due candidati
 sindaci piu' votati (art. 5, comma quinto).
   Ne'  alla  mancata  espressa  previsione  della   premorienza   del
 candidato  sindaco  in  tali  Comuni minori - che costituisce l'unica
 fattispecie sulla quale la Corte deve pronunciarsi malgrado  la  piu'
 ampia  prospettazione  conclusiva  del  giudice remittente, attesa la
 estraneita' al  giudizio  a  quo,  e  quindi  la  irrilevanza,  della
 parallela  ipotesi dell'impedimento permanente del candidato stesso -
 puo' supplire l'art. 18 del d.P.R.  16 maggio 1960,  n.570  che,  con
 riferimento  alle  elezioni  comunali,  prescrive  che,  qualora  per
 sopravvenute "cause di forza maggiore" non  possa  farsi  luogo  alle
 elezioni  per la data fissata dal decreto di convocazione dei comizi,
 il prefetto possa disporre il "rinvio" con proprio decreto, ferma  la
 validita'  delle operazioni gia' compiute, atteso che la disposizione
 - pur utilmente richiamabile ad altro fine  (v.  infra  n.  3)  -  si
 riferisce ad impedimenti che afferiscono al procedimento elettorale e
 non gia' alla persona dei candidati.
   2.2.  -  Si  ha  quindi che - nulla prevedendosi espressamente - il
 procedimento elettorale non puo' che proseguire (come in  effetti  e'
 stato  nella  specie);  d'altra  parte la sopravvenuta inesistenza in
 vita del candidato sindaco, rende inesistente (Cass. Sezioni Unite 15
 dicembre  1986 n. 7506) la sua eventuale elezione. Pertanto una lista
 di candidati consiglieri si trova  ad  esser  privata  del  candidato
 sindaco   ad   essa   collegato,  escluso,  perche'  premorto,  dalla
 competizione elettorale, che prosegue tra gli  altri  candidati  alla
 carica di sindaco, dei quali il piu' votato risultera' eletto.
   Occorre   dunque   verificare,   con   riferimento  esclusivo  alla
 disciplina elettorale relativa ai comuni fino a  15.000  abitanti  di
 cui il giudice
  a  quo  deve fare applicazione, se in questa fattispecie particolare
 l'esclusione dalla competizione per la elezione a sindaco di uno  dei
 candidati   perche'  premorto  alle  votazioni,  con  le  conseguenti
 ricadute sulla partecipazione della lista dei candidati alla elezione
 dei consiglieri a lui collegata, rappresenti un mero inconveniente di
 fatto ovvero costituisca una illegittima compressione del diritto  di
 elettorato attivo e passivo (artt. 48 e 51 della Costituzione) ed una
 possibile  causa  di  irragionevolezza e di disparita' di trattamento
 (art. 3 della Costituzione) perche'  non  adeguatamente  giustificata
 dalla tutela di altri valori costituzionali.
   2.3.  -  A  tal  fine  occorre  considerare il peculiare meccanismo
 disegnato dal censurato  art.  5,  fondamentalmente  connotato  dalla
 automatica e rigida corrispondenza tra i voti riportati dal candidato
 sindaco  e  quelli  attribuiti alla lista dei candidati consiglieri a
 lui collegata.
   Secondo tale meccanismo di voto obbligatoriamente  unico  -  e  non
 facoltativamente  disgiunto  come  per  i  comuni  superiori a 15.000
 abitanti (artt. 6 e 7 della legge n.  81  del  1993)  -  vigente  nei
 comuni  fino  a  15.000  abitanti  si  ha  che  in  questi,  per mera
 trasposizione automatica del dato  numerico,  "a  ciascuna  lista  di
 candidati  alla  carica  di consigliere si intendono attribuiti tanti
 voti quanti sono i voti  conseguiti  dal  candidato  alla  carica  di
 sindaco ad essa collegato" (art. 5, comma 6, legge citata).
   Alla  stregua  di  tale contesto normativo, nel caso di premorienza
 del candidato alla carica di sindaco si  pone  l'interrogativo  se  i
 voti  espressi sul nome di costui si debbano intendere, nonostante la
 sua premorienza, egualmente attribuiti alla lista  a  lui  collegata,
 come ritiene il giudice remittente oppure, al contrario, se tali voti
 si  debbano ritenere inutiliter dati, e quindi non computabili, anche
 nei  riguardi  della  lista,  come  sostengono   le   parti   private
 costituite.
   Peraltro,  qualunque  delle due soluzioni venga prescelta, non puo'
 non  constatarsi  che  la  fisiologia  del  sistema   disegnato   dal
 legislatore   viene  in  ogni  caso  a  subire  una  profonda  e  non
 tollerabile alterazione, tale da condurre ad uno  scrutinio  negativo
 circa la corrispondenza a Costituzione della norma censurata.
   Infatti, se la risposta al quesito e' la seconda, la violazione del
 diritto  di  elettorato  passivo  e di elettorato attivo, nonche' del
 principio di eguaglianza e di quello di ragionevolezza,  si  presenta
 con macroscopica evidenza, venendo ad essere in radice esclusa, per i
 candidati  consiglieri  e  per  i  loro aspiranti elettori, qualsiasi
 possibilita'  di  partecipare   utilmente   alla   competizione   per
 l'elezione non solo del sindaco ma anche dei consiglieri.
   In  realta', pero', e' la prima soluzione che sembra da preferirsi,
 non solo in forza del principio che vuole fatta salva,  nella  misura
 maggiore  possibile,  la  volonta'  espressa dal corpo elettorale, ma
 anche in considerazione della  formulazione  letterale  dell'art.  5,
 comma  sesto,  citato,  che, come si e' gia' sottolineato, esprime il
 concetto di una mera trasposizione automatica del dato  numerico  dal
 candidato sindaco alla lista, un mero computo per relationem dei voti
 attribuiti a questa in ragione dei voti espressi in favore di quello,
 del tutto a prescindere dalla eleggibilita' o meno di quest'ultimo.
   E  tuttavia  anche  alla  stregua  di  tale  diversa  soluzione  la
 conclusione sopra espressa non cambia, dovendosi  constatare  la  non
 conformita'  alla  Costituzione  delle  ricadute che ne conseguono in
 ordine ad uno dei punti  fondamentali  del  sistema,  concernente  il
 meccanismo  di attribuzione del premio di maggioranza previsto per la
 categoria di comuni in questione.
   Secondo l'art. 5, comma settimo, della  legge  citata  "alla  lista
 collegata  al  candidato  alla  carica di sindaco che ha riportato il
 maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi  assegnati
 al consiglio".
   Orbene,  se  la  disposizione  - facendosi leva sul dato letterale:
 "candidato ... che ha riportato il maggior numero di  voti"  -  viene
 intesa nel senso che i due terzi dei seggi sono attribuiti, comunque,
 alla  lista  del candidato sindaco piu' votato pur se premorto, si ha
 l'effetto di rendere possibile una maggioranza consiliare che non  ha
 il  "suo"  sindaco, posto che la elezione a sindaco e' conseguita dal
 candidato  sindaco  superstite   piu'   votato,   con   un   radicale
 stravolgimento  del  sistema  che  vuole  nei  comuni  fino  a 15.000
 abitanti - a differenza dai comuni maggiori - una rigida e  vincolata
 consonanza fra sindaco e maggioranza consiliare.
   Ma  proprio  questa connotazione essenziale del sistema relativo ai
 comuni fino a 15.000 abitanti - cioe'  la  consonanza  obbligata  fra
 sindaco  e  maggioranza  consiliare  -  suggerisce  di  optare per la
 interpretazione che attribuisce il premio di maggioranza al candidato
 che effettivamente consegue la elezione a  sindaco,  anche  quando  i
 voti  espressi  sul suo nome, e attribuiti di riflesso alla lista dei
 candidati consiglieri a lui collegata, siano in  numero  inferiore  a
 quelli eventualmente espressi sul nome del candidato sindaco premorto
 e  tuttavia  egualmente  computabili  in  favore  della  lista  a lui
 collegata.  Anche perche' la tesi della attribuzione  del  premio  di
 maggioranza  alla  lista  del candidato eletto comunque sindaco trova
 conferma nella disciplina prevista per i comuni con  piu'  di  15.000
 abitanti,  nei quali il legislatore consente, si', la possibilita' di
 una maggioranza consiliare opposta al sindaco, ma non giunge fino  al
 punto  di  attribuire  addirittura un premio di maggioranza contro il
 sindaco eletto, limitandosi invece a penalizzare il sindaco,  che  si
 sia  collegato  ad una lista poco votata (perche' c'e' un'altra lista
 che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei  voti  al  primo  turno),
 proprio   (e  solo)  negando  la  attribuzione  di  alcun  premio  di
 maggioranza e non gia' attribuendo  un  premio  di  maggioranza  alla
 lista  contrapposta  (v.  sentenza  n.  107 del 1996, paragrafi 2.2 e
 2.4). Sicche' a maggior ragione nei comuni  con  popolazione  fino  a
 15.000 abitanti - per i quali il legislatore ha invece voluto in ogni
 caso  garantire  al sindaco eletto la maggioranza in consiglio - deve
 escludersi che il premio di maggioranza possa essere attribuito  alla
 lista  collegata  ad un candidato sindaco diverso da quello risultato
 eletto.
   E,  tuttavia,  neppure questa interpretazione della regola relativa
 alla  attribuzione,  nella  evenienza  in  esame,   del   premio   di
 maggioranza  consente  di  giudicare  costituzionalmente legittima la
 norma censurata.  Tale lettura, infatti, conduce a constatare che  la
 lista  collegata al sindaco premorto non solo rimane di fatto esclusa
 dalla consultazione per la elezione  del  sindaco  in  ragione  della
 automatica  ineleggibilita'  del  proprio  candidato  a  tale  carica
 perche' premorto; ma rende evidente che, anche e  soprattutto,  detta
 lista rimane esclusa a priori dalla possibilita' sia di conseguire il
 premio  di maggioranza (dovendosi questo attribuire in ogni caso alla
 diversa lista  collegata  con  quello,  tra  i  candidati  a  sindaco
 superstiti,  che  abbia riportato il maggior numero di voti e che per
 cio' venga eletto), sia anche di ottenere la semplice maggioranza dei
 seggi in consiglio (posto che i due  terzi  dei  seggi,  come  si  e'
 detto,  spettano  all'altra lista collegata con il sindaco eletto). E
 cio' - si noti - anche quando il candidato sindaco superstite  riesca
 eletto  avendo conseguito - e con lui la lista ad esso collegata - un
 consenso minimo tra gli elettori, a fronte - in ipotesi  -  anche  di
 una  plebiscitaria  convergenza  del  corpo  elettorale in favore del
 candidato sindaco deceduto e,  di  riflesso,  della  lista  a  questo
 collegata.
   2.4. - L'effetto complessivo del meccanismo - affatto peculiare per
 i  comuni  fino  a  15.000  abitanti  - del voto unico congiunto, con
 automatica attribuzione del premio di  maggioranza,  comporta  dunque
 che  la  lista,  privata  del  candidato sindaco perche' deceduto, si
 trova a  non  poter  conseguire  mai  la  maggioranza  nel  consiglio
 comunale  anche  nel  caso  di  raccolta  di  un  consenso ampiamente
 maggioritario, non potendo  essa  anche  in  tal  caso  esprimere  il
 (candidato) sindaco eletto. La preclusione ex ante della possibilita'
 di  ottenere la maggioranza nel consiglio comunale, quale conseguenza
 di un evento casuale, imprevedibile e non imputabile (come il decesso
 del candidato sindaco),  comporta  un'irragionevole  alterazione  del
 risultato elettorale, alterazione che potrebbe risultare macroscopica
 nel  caso  dell'elezione  del  sindaco  con  una  percentuale di voti
 ampiamente  inferiore  a  quella  raccoltasi  sul  nome  del  diverso
 candidato  sindaco  premorto  e,  di  riflesso, attribuita alla lista
 (contrapposta) a questo collegata.   Emerge quindi  una  compressione
 clamorosa   del   diritto   di   elettorato  passivo  (dei  candidati
 consiglieri) e del diritto di  elettorato  attivo  (degli  elettori),
 essendo  la  competizione elettorale per gli uni e gli altri limitata
 alla sola possibilita'  di  conseguire,  o  di  far  conseguire,  una
 partecipazione  di  minoranza  in consiglio, con violazione anche del
 principio di eguaglianza (per l'irragionevole  deteriore  trattamento
 dei  candidati  consiglieri, gia' penalizzati di fatto dal venir meno
 dell'effetto di trascinamento del consenso che  puo'  raccogliere  il
 candidato  sindaco) nonche' del principio della parita' del voto (per
 la aprioristica limitazione, sofferta dagli elettori,  del  risultato
 conseguibile).  A  fronte  di  cio'  sta,  si', l'interesse pubblico,
 certamente anch'esso di rilievo costituzionale, alla prosecuzione del
 procedimento elettorale gia' iniziato, ma questo interesse -  proprio
 perche'  l'impedimento e' insorto prima dell'inizio delle votazioni -
 ha una assai ridotta consistenza in  quanto  circoscritta  alle  sole
 operazioni  preliminari non essendo stato ancora espresso alcun voto,
 a  differenza  dalla parallela, ma diversa, ipotesi di decesso, prima
 del secondo turno di votazione,  di  uno  dei  candidati  ammessi  al
 ballottaggio  nei  comuni  superiori  a 15.000abitanti. Non rispetta,
 quindi, i parametri costituzionali indicati - in considerazione della
 natura locale della consultazione - il fatto  che  nel  bilanciamento
 tra  tali  valori non sia data prevalenza alla esigenza di assicurare
 il pieno esercizio dell'elettorato attivo e passivo in  coerenza  con
 il particolare meccanismo elettorale introdotto per i comuni minori.
   La omessa considerazione da parte del legislatore delle conseguenze
 di  un  eventuale decesso del candidato sindaco - intervenuto dopo la
 presentazione delle candidature e prima del  giorno  fissato  per  le
 elezioni  - sul corso del procedimento elettorale ridonda, dunque, in
 vizio  di  incostituzionalita'  della  disposizione   censurata   per
 violazione degli artt. 3, 48 e 51 della Costituzione.
   2.5.  -  Rimane  assorbita  la  censura  relativa all'art. 97 della
 Costituzione.
   3. - Va quindi dichiarata l'incostituzionalita' dell'art.  5  nella
 parte  in  cui  non prevede, in caso di decesso del candidato sindaco
 intervenuto  nel  suddetto  intervallo  di  tempo,  il  rinvio  delle
 elezioni  (ex art. 18 del d.P.R. n. 570 del 1960, richiamabile quanto
 all'individuazione dell'organo competente ed al tipo di provvedimento
 che ordina l'arresto delle operazioni elettorali) ed  altresi'  (come
 richiede il tribunale amministrativo regionale rimettente) il rinnovo
 della  presentazione  delle  candidature.  Infatti il solo rinvio del
 procedimento elettorale sarebbe di per se' insufficiente  perche',  a
 differenza  dalla  causa di forza maggiore dell'art. 18 del d.P.R. n.
 570 del 1960 citato, l'impedimento in questione non  e'  (ovviamente)
 emendabile  con  il  semplice  decorso  del  tempo.  Occorre anche la
 possibilita'  per  la  lista  privata  del   candidato   sindaco   di
 ripresentare  una  nuova candidatura a tale carica; ma allora, per la
 parita' di trattamento tra le liste, occorre  consentire  anche  alle
 altre  liste  di  ripresentare (eventualmente confermandoli) i propri
 candidati a sindaco. Lo stretto e indissolubile legame, poi,  sancito
 dal sistema elettorale tra candidato sindaco e candidati al consiglio
 comunale,  nelle  elezioni  nei  comuni con popolazione fino a 15.000
 abitanti, rende inevitabile consentire la possibilita'  di  procedere
 al  rinnovo  integrale di tutte le liste, con conseguente azzeramento
 del procedimento elettorale,  fino  ad  allora  svoltosi,  e  la  sua
 integrale   ripetizione   secondo  le  regole  e  le  procedure  gia'
 esistenti.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 25
 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della
 provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella
 parte in cui non prevede il rinvio delle elezioni ed il rinnovo della
 presentazione delle candidature a sindaco ed a consigliere  comunale,
 in   caso   di  decesso,  intervenuto  dopo  la  presentazione  delle
 candidature e prima  del  giorno  fissato  per  le  elezioni,  di  un
 candidato  alla  carica  di sindaco nei Comuni con popolazione fino a
 quindicimila abitanti.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Granata
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 24 luglio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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