N. 309 SENTENZA 18 - 25 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Locazione  -  Locazione  di  immobili ad uso di abitazione - Patti in
 deroga alle norme imperative della legge sull'equo canone n. 392  del
 1978 - Previsione, come condizione per poterli stipulare (in art. 11,
 comma  secondo, d.-l. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni,
 in legge n.  359 stesso anno)  dell'assistenza  delle  organizzazioni
 della    proprieta'    edilizia   e   dei   conduttori   maggiormente
 rappresentative a livello nazionale, tramite le  loro  organizzazioni
 provinciali  -  Omesso  inserimento,  nella  norma,  riguardo  a tale
 assistenza di elementi che consentano di individuare con  certezza  i
 soggetti abilitati a prestarla, di determinare l'entita' dei compensi
 che  risultano  ad essi dovuti, e di individuare altresi' l'effettivo
 contenuto dei loro compiti ed  i  criteri  cui  devono  ispirarsi  le
 relative  valutazioni  -  Conseguente  impossibilita', allo stato, di
 ritenere    l'obbligatorieta'    dell'assistenza    delle    suddette
 organizzazioni  conforme  al  principio di razionalita' (art. 3 della
 Costituzione) - Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (D.-L. 11 luglio 1992, n.  333,  convertito,  con  modificazioni,  in
 legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, secondo comma).
 
 (Cost., art. 3)
(GU n.31 del 31-7-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici:  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, prof.
 Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  comma
 secondo, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per
 il    risanamento    della   finanza   pubblica),   convertito,   con
 modificazioni, nella legge  8  agosto  1992,  n.  359,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  10  novembre  1995  dal  Pretore di Napoli nel
 procedimento civile vertente tra Maurizio Gifuni  e  Silvio  Scuotto,
 iscritta  al  n.  938  del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  3,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  29  maggio  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  promosso dal conduttore di un
 immobile  destinato  ad  abitazione  e   diretto   ad   ottenere   la
 determinazione  del  canone  di locazione secondo i criteri stabiliti
 dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, e la condanna del  locatore  alla
 restituzione  delle  somme indebitamente pagate in eccedenza rispetto
 all'equo canone, il pretore di Napoli ha  sollevato,  in  riferimento
 agli  artt.  3, 18 e 23 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 11, comma  secondo,  della  legge  8  agosto
 1992, n. 359 (piu' precisamente: del decreto-legge 11 luglio 1992, n.
 333,  recante:    "Misure  urgenti  per  il risanamento della finanza
 pubblica", convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto  1992,
 n.  359),  nella  parte  in  cui prevede come necessaria l'assistenza
 delle organizzazioni  della  proprieta'  edilizia  e  dei  conduttori
 maggiormente  rappresentative  a  livello  nazionale, tramite le loro
 organizzazioni provinciali, per la stipula di accordi in deroga  alla
 legge n. 392 del 1978.
   L'art.  11  del  decreto-legge  n.  333  del 1992 dispone (al comma
 primo) che, fino alla  revisione  della  disciplina  delle  locazioni
 degli  immobili  urbani, le disposizioni concernenti l'equo canone di
 quelli adibiti ad uso di abitazione (artt. 12 e seguenti della  legge
 n. 392 del 1978) non si applicano ai contratti di locazione stipulati
 dopo  l'entrata  in  vigore  dello stesso decreto-legge e relativi ad
 immobili di nuova realizzazione. Il medesimo articolo stabilisce  (al
 comma   secondo,   ora   sottoposto   a   verifica   di  legittimita'
 costituzionale) che nei contratti di locazione  relativi  agli  altri
 immobili, stipulati o rinnovati successivamente all'entrata in vigore
 della   legge  di  conversione,  le  parti,  con  l'assistenza  delle
 organizzazioni   della   proprieta'   edilizia   e   dei   conduttori
 maggiormente  rappresentative  a  livello  nazionale, tramite le loro
 organizzazioni provinciali, possono stipulare accordi in deroga  alle
 disposizioni della legge n. 392 del 1978.  In questo caso il locatore
 deve  rinunciare  alla facolta' di disdettare il contratto alla prima
 scadenza.
   Il pretore ritiene che l'unica interpretazione possibile  dell'art.
 11, comma secondo, del decreto-legge n. 333 del 1992, coerente con il
 suo  tenore  letterale,  sia nel senso che e' necessaria l'assistenza
 delle organizzazioni della proprieta' edilizia e dei conduttori,  per
 non incorrere nella nullita' delle pattuizioni convenute in deroga ai
 criteri   legislativi   di  determinazione  del  canone.  Ma  proprio
 l'obbligatorieta'  dell'assistenza  sarebbe  in  contrasto   con   la
 liberta'  di  associazione,  garantita anche nel suo aspetto negativo
 (art.  18  della  Costituzione).    Difatti,  imporre  di   ricorrere
 all'assistenza   di   determinate   associazioni   private,  le  sole
 legittimate a svolgere questa attivita', che da' anche titolo  ad  un
 compenso,   significherebbe   obbligare  di  fatto  il  cittadino  ad
 associarsi, chiedendogli di contribuire economicamente alla  vita  di
 una organizzazione, i cui fini egli puo' anche non condividere.
   Il giudice rimettente rileva, sotto un altro profilo, che l'obbligo
 di  avvalersi  dell'assistenza di determinate associazioni implica il
 pagamento di un compenso, senza che ne siano fissati in  alcun  modo,
 in  base  alla legge, i criteri di determinazione. Si sarebbe, cosi',
 in presenza di  una  prestazione  patrimoniale,  la  cui  imposizione
 contrasterebbe con l'art. 23 della Costituzione.
   Ad avviso del pretore, la disposizione denunciata sarebbe, inoltre,
 del tutto irragionevole, giacche' la legge non individua le modalita'
 con  le  quali dovrebbe essere espletata l'assistenza, e questa viene
 resa obbligatoria anche per soggetti che non hanno alcuna  necessita'
 di essere assistiti in una libera contrattazione.
   2.  -  E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
 dichiarata inammissibile o infondata.
   L'Avvocatura   condivide   l'interpretazione   dell'ordinanza    di
 rimessione,   che  qualifica  come  obbligatoria  l'assistenza  delle
 organizzazioni sia della  proprieta'  edilizia  che  dei  conduttori.
 Ritiene,  tuttavia,  che  non  siano  fondati i dubbi di legittimita'
 costituzionale prospettati dall'ordinanza di rimessione.
   Ad  avviso  dell'Avvocatura,  le   organizzazioni   sindacali   non
 potrebbero  rifiutare  l'assistenza  prevista  dalla  legge.  Ne'  il
 corrispettivo  da  esse  eventualmente  richiesto   potrebbe   essere
 assimilato  ad  un contributo associativo: si tratterebbe, piuttosto,
 del compenso  per  uno  specifico  servizio,  il  cui  pagamento  non
 attribuisce la condizione di associato.
   L'Avvocatura  ritiene  che  la  disposizione  denunciata  non violi
 neppure il principio  di  ragionevolezza.  La  disciplina  normativa,
 difatti,  risponderebbe  all'interesse  generale  di  assicurare  una
 transizione del regime delle locazioni verso il libero mercato, senza
 esasperazioni conflittuali nelle posizioni dei singoli, mediate dalle
 contrapposte associazioni di categoria.
   Con  riferimento,  infine,  all'art.  23  della  Costituzione,   la
 questione  sarebbe  inammissibile, perche' il giudizio principale non
 ha ad  oggetto  l'obbligo  del  corrispettivo,  ne'  la  gratuita'  o
 l'onerosita' della prestazione.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  riguarda le
 modifiche apportate  alla  disciplina  delle  locazioni  di  immobili
 urbani,  nell'ambito  di  misure  urgenti  per  il  risanamento della
 finanza pubblica, dall'art.  11 del decreto-legge 11 luglio 1992,  n.
 333  (convertito,  con  modificazioni,  nella legge 8 agosto 1992, n.
 359). Il Pretore di Napoli ritiene che il  comma  secondo  di  questa
 disposizione  sia  in  contrasto  con  gli  artt.  3,  18  e 23 della
 Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevede  come  necessaria,  per
 stipulare accordi in deroga alle norme della legge 27 luglio 1978, n.
 392,  l'assistenza  delle  organizzazioni della proprieta' edilizia e
 dei conduttori  maggiormente  rappresentative  a  livello  nazionale,
 tramite le loro organizzazioni provinciali.
   2.  -  L'art.  11  del  decreto-legge  n.  333 del 1992 muove nella
 prospettiva  di  una  graduale  transizione:   dalla   determinazione
 legislativa  del canone di locazione degli immobili adibiti ad uso di
 abitazione secondo criteri inderogabili (artt. 12  e  seguenti  della
 legge  n.  392  del  1978)  alla  libera determinazione negoziale del
 canone stesso.
   Difatti, fino alla revisione della disciplina delle locazioni degli
 immobili urbani, il canone e' liberamente stabilito dalle  parti  per
 gli  immobili  di nuova costruzione, mentre per gli altri immobili le
 parti possono determinarlo in deroga ai criteri fissati  dalla  legge
 n.  392  del  1978,  solo  se l'accordo e' stipulato con l'assistenza
 delle  associazioni  della  proprieta'  edilizia  e  dei   conduttori
 maggiormente  rappresentative e se il locatore rinuncia alla facolta'
 di disdettare il contratto alla prima scadenza, estendendo cosi'  nel
 tempo la durata del rapporto.
   Quest'ultima   disciplina   configura   l'ipotesi  di  un  atto  di
 autonomia, idoneo a  derogare  a  talune  norme  imperative  solo  se
 "assistito".    Il  limite legislativo ai contenuti delle pattuizioni
 tra  le  parti  puo',  cosi',  essere  superato  solo  seguendo   una
 determinata  procedura  o  con  il  concorso  di  altri soggetti alla
 stipulazione del contratto.
   3. - La disciplina legislativa dei patti in deroga nelle  locazioni
 di   immobili   urbani   riecheggia,   per  qualche  aspetto,  quella
 sperimentata in materia agraria per l'affitto di fondi rustici. Anche
 in quest'ultimo settore dell'ordinamento le parti  possono  stipulare
 accordi  che  deroghino  alle  norme  vigenti in materia di contratti
 agrari, purche'  con  l'assistenza  delle  rispettive  organizzazioni
 professionali   agricole   maggiormente   rappresentative  a  livello
 nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali (art. 23, terzo
 comma, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, sostituito  dall'art.  45
 della legge 3 maggio 1982, n. 203).
   L'assonanza  letterale  delle due discipline e' evidente. Come pure
 comune ad esse e' l'esigenza di assicurare, nella contrattazione, una
 equilibrata protezione di interessi costituzionalmente rilevanti, che
 toccano la condizione della persona: il lavoro, nei contratti agrari;
 l'abitazione, nelle locazioni di immobili urbani.
   Ma le due discipline si  differenziano,  perche'  solo  in  materia
 agraria   la   partecipazione  delle  associazioni  di  categoria  si
 inserisce in un sistema articolato ed organico,  concorrendo  esse  a
 determinare, su di un piano generale, elementi dei contratti e canoni
 di affitto.
   Nel  settore  dell'agricoltura,  difatti,  i  rappresentanti  delle
 associazioni professionali sono inseriti nelle  commissioni  tecniche
 provinciali,   istituite   presso  la  pubblica  amministrazione  per
 determinare le tabelle dei canoni di equo affitto, distinti per  zone
 agrarie  omogenee (artt.   9 e seguenti della legge n. 203 del 1982).
 Le  stesse  associazioni  possono  stipulare  accordi  collettivi  in
 materia di contratti agrari (art. 45, terzo comma, della legge n. 203
 del 1982), fissando quindi anche criteri di determinazione dei canoni
 di affitto.
   In  un  sistema  cosi'  articolato  si inserisce l'assistenza delle
 medesime organizzazioni alla stipulazione  di  accordi  in  deroga  a
 norme imperative: in tal modo si introduce un ulteriore ed accessorio
 strumento  di  flessibilita',  ritenuto opportuno per adeguare, in un
 contesto di parametri piu' generali, il  contenuto  di  ogni  singolo
 contratto al concreto e specifico rapporto.
   4.  -  Anche  nelle locazioni di immobili urbani l'assistenza delle
 organizzazioni  rappresentative  di   interessi   collettivi,   della
 proprieta'  edilizia  e  dei conduttori, e' prevista dalla legge come
 necessaria,  perche'  le  parti  possano  determinare  elementi   del
 contenuto  del  contratto,  specificamente  attinenti  al  canone  di
 locazione, i  quali  altrimenti  rimarrebbero  vincolati  dai  rigidi
 criteri fissati dalla legge.
   Il  superamento  dei limiti posti da norme imperative viene, in tal
 modo, bilanciato dalla assistenza di rappresentanti  degli  interessi
 collettivi,   considerata  equilibratrice  nelle  determinazioni  che
 intervengono tra le parti in contratti di rilevanza sociale.
   Ma  la previsione dell'assistenza non e' inserita in un sistema che
 consenta, da una parte, di determinarne il contenuto e di individuare
 i criteri ai quali essa si deve conformare, cosi' come sarebbe invece
 necessario per la natura e la certezza dei rapporti su cui  si  viene
 ad  incidere;  ne',  d'altra  parte, e' preordinato un meccanismo che
 permetta ai  contraenti  di  conoscere  con  sicurezza,  prima  della
 stipulazione del contratto, quali siano le organizzazioni abilitate a
 prestare loro idonea assistenza.
   Sotto   il   profilo   soggettivo   il   criterio   della  maggiore
 rappresentativita' delle  organizzazioni  di  categoria  implica  una
 valutazione alla quale non corrisponde uno strumento certativo, cui i
 contraenti   possano   attingere   per   chiedere   assistenza  nella
 stipulazione del contratto, in modo da poter soddisfare con sicurezza
 l'onere previsto dalla legge. Il  concorso  delle  organizzazioni  di
 categoria  alla  designazione  di  un  componente  delle  commissioni
 provinciali consultive in materia di esecuzione degli sfratti (art. 4
 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551) potrebbe costituire  solo
 un   indice   di   maggiore   rappresentativita'   di   alcune  delle
 organizzazioni. D'altra parte nel settore  considerato  non  esistono
 contratti    collettivi,    la   cui   sottoscrizione   comprovi   la
 rappresentativita' delle organizzazioni che li stipulano. Ma, in ogni
 caso, non e' previsto alcuno strumento di conoscenza che consenta,  a
 chi  deve  necessariamente ricorrere all'assistenza, l'individuazione
 affidabile e la scelta del soggetto abilitato a prestarla.
   L'assistenza  delle  organizzazioni   di   categoria,   oltre   che
 obbligatoria,  e'  onerosa  per chi vi ricorre. Lo stesso legislatore
 prevede  specificamente,  nella  disciplina  tributaria,   l'aliquota
 dell'imposta  sul  valore  aggiunto da applicare alle prestazioni dei
 servizi  di  assistenza  in  questione  (art.  36,   comma   3,   del
 decreto-legge 30 agosto 1993,  n. 331, convertito, con modificazioni,
 nella  legge  29  ottobre  1993,  n. 427, con il quale si aggiunge il
 numero 127-octies nella tabella A, parte terza, allegata al d.P.R. 26
 ottobre 1972, n. 633). Ma manca qualsiasi criterio di  determinazione
 e  di  controllo  dell'entita'  del  corrispettivo,  per un'attivita'
 riservata in esclusiva ad un numero limitato e ristretto di soggetti.
   Se si considera il profilo oggettivo, la  legge  non  determina  il
 contenuto  dell'assistenza,  necessaria per stipulare validamente gli
 accordi in deroga.
   L'assistenza puo' costituire solo un vincolo procedurale, diretto a
 garantire che il contraente  debole  sia  informato  e  sostenuto,  e
 realizzare  cosi'  un  equilibrio tra le parti nella stipulazione del
 contratto, senza che tuttavia sia  necessario  l'assenso  di  chi  vi
 assiste.  Ma  in  tal  caso  non  trovano  giustificazione logica ne'
 l'assolutezza   e   la   generalita'   dell'obbligo   di    ricorrere
 all'assistenza,  indipendentemente  dalla capacita' dei contraenti di
 autonoma valutazione, ne'  l'attribuzione  esclusivamente  ad  alcuni
 soggetti  della  legittimazione  a prestare validamente un'assistenza
 che assume connotazioni prevalentemente tecniche.
   Si puo' ritenere, invece, che l'assistenza sia tale da incidere sui
 contenuti del negozio tra le parti e che l'assenso delle contrapposte
 associazioni di categoria concorra a conferire validita' agli accordi
 in deroga a  disposizioni  imperative.  Ma,  in  questo  caso,  manca
 qualsiasi indicazione sui criteri o sui parametri di valutazione, cui
 le   associazioni   debbono   ispirarsi   per  assentire  assistendo.
 L'indicazione di tali criteri o  parametri  si  dimostra  ancor  piu'
 necessaria   se  si  ritiene  che  attraverso  le  valutazioni  delle
 associazioni si eserciti un controllo sull'autonomia negoziale  delle
 parti  non  nell'esclusivo  interesse di queste, ma per perseguire un
 interesse collettivo, che in tal  caso  dovrebbe  essere  chiaramente
 individuato.  Sarebbe, difatti, del tutto irragionevole l'esito della
 disciplina legislativa che rimettesse la possibilita' di  derogare  a
 norme  imperative  alla  determinazione,  meramente potestativa e del
 tutto insindacabile, di associazioni private.
   Non e', dunque, in discussione  la  legittimita'  del  collegamento
 della  validita'  di una deroga a norme imperative con l'assolvimento
 di un onere di assistenza, ma sono poste in  questione  le  modalita'
 con  le  quali  questo  onere si atteggia. Il meccanismo indicato dal
 legislatore si presenta, difatti, incongruo rispetto  alle  finalita'
 perseguite  (tanto  che si tratti di sostenere le parti nel convenire
 patti in deroga, quanto che si tratti di controllare il contenuto  di
 questi) ed incoerente nella sua configurazione interna, in contrasto,
 quindi,  con  il  principio  di  ragionevolezza stabilito dall'art. 3
 della Costituzione. E' incoerente ed incongrua la norma  che  prevede
 l'assistenza  come  obbligatoria  per  la validita' di un accordo tra
 privati, ma che non consente, poi,  di  individuare  con  certezza  i
 soggetti  abilitati a prestarla, ne' indica criteri di determinazione
 del corrispettivo cui si e' tenuti. Sotto altro profilo e' egualmente
 irragionevole la norma che impone l'onere di assistenza,  ma  non  ne
 delinea  in  alcun modo il contenuto, ne' indica i criteri cui devono
 essere ispirate le valutazioni che, eventualmente, consentono  a  chi
 presta   assistenza   di   incidere   sull'esercizio   dell'autonomia
 riconosciuta agli interessati, sino ad inibirla.
   La questione di legittimita' costituzionale e', in questi  termini,
 fondata.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale  dell'art.  11,  comma
 secondo, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per
 il   risanamento   della   finanza   pubblica),    convertito,    con
 modificazioni,  nella legge 8 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui
 prevede come obbligatoria  l'assistenza  delle  organizzazioni  della
 proprieta'  edilizia  e  dei  conduttori per la stipula di accordi in
 deroga alla legge 27 luglio 1978, n. 392.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 25 luglio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 96C1254