N. 821 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 marzo 1996

                               N. 821
 Ordinanza emessa il 1 marzo 1996 dal pretore  di  Lecce  sul  ricorso
 proposto da Corliano' Addolorata contro l'INADEL ed altri
 Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Impiegati  di  enti  locali  -
 Indennita' premio di fine servizio erogata dall'Inadel ai  superstiti
 - Ordine di precedenza degli aventi diritto - Posposizione dell'erede
 testamentario  ai  collaterali  del  lavoratore deceduto senza alcuna
 condizione  o  limitazione  -  Ingiustificato  deteriore  trattamento
 dell'erede testamentario rispetto ai collaterali non viventi a carico
 del  lavoratore  deceduto - Deroga ai principi generali in materia di
 successione testamentaria con incidenza sul diritto di proprieta'.
 Previdenza e assistenza sociale - Indennita' premio di fine  servizio
 erogata  dall'Inadel  ai  superstiti  -  Soggetti  aventi  diritto  -
 Previsione, tra gli altri, dei collaterali del lavoratore deceduto  -
 Mancata  previsione  del  diritto di rappresentazione dei discendenti
 del collaterale premorto - Disparita' di trattamento di  soggetti  in
 identica  posizione  giuridica  in  base  alle  norme civilistiche in
 materia di rappresentazione - Incidenza sul diritto di  proprieta'  -
 Riferimento  alle  sentenze  della Corte costituzionale nn. 115/1979,
 110/1981, 821/1988, 471/1989 e 319/1991.
 (Legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma; c.c., artt.  457,
 467 e 468).
 (Cost., artt. 3 e 42, quarto comma).
(GU n.37 del 11-9-1996 )
 IL PRETORE - GIUDICE DEL LAVORO
   Sciogliendo la riserva che precede,
                             O s s e r v a
   1.  -  Nel presente giudizio, la ricorrente Corliano' Addolorata ha
 richiesto all'I.N.A.D.E.L. il pagamento della  indennita'  premio  di
 servizio  dovuta  al  proprio  dante causa Aprile Rosario, segretario
 comunale, deceduto in servizio,  il  quale  con  testamento  olografo
 l'aveva  istituita  sua  erede universale; in subordine, ha richiesto
 che le sia riconosciuto  il  diritto  a  succedere  pro  quota  nella
 suddetta  indennita'  per rappresentazione al defunto genitore Aprile
 Francescantonio, fratello di Aprile  Rosario  e  a  questi  premorto.
 L'Istituto  convenuto  eccepisce  l'infondatezza  della pretesa della
 ricorrente richiamando il disposto dell'art. 3 della  legge  8  marzo
 1968   n.   152,   come   modificato   dalla   sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 471/89, ed assume di aver corrisposto  la  predetta
 indennita'  ai  fratelli  e  sorelle  del  dipendente Aprile Rosario,
 viventi al momento della sua morte.
   2. - Rileva questo pretore che  il  presente  giudizio  involge  la
 questione  relativa  alla  devoluzione  della  "indennita'  premio di
 servizio nella forma indiretta"  disciplinata  dall'art.  3,  secondo
 comma,  legge  n.  152/68. Tale norma stabilisce che "le categorie di
 superstiti  aventi  diritto,  ai  sensi  del  precedente  comma, alla
 indennita' premio di servizio nella forma indiretta sono:
     a) la vedova non separata  legalmente  per  sentenza  passata  in
 giudicato  e  pronunciata  per  di  lei  colpa,  oppure,  nel caso di
 iscritta che abbia contratto il matrimonio  prima  del  cinquantesimo
 anno  di eta', il vedovo non separato legalmente per sentenza passata
 in giudicato e pronunciata per di lui colpa  purche',  alla  data  di
 morte  della  moglie,  risulti  a  carico  di  questa e sia inabile a
 proficuo lavoro ovvero abbia compiuto il 65 anno di eta';
     b) la prole minorenne  ed,  in  concorso  con  questa,  la  prole
 maggiorenne  permanentemente  inabile a lavoro proficuo, nullatenente
 ed a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo; per  le
 orfane  e',  inoltre, richiesta la condizione dello stato di nubile o
 di vedova."
   In seguito a reiterati interventi della  Corte  costituzionale,  il
 diritto  all'indennita'  di servizio nella forma indiretta, oltre che
 alle menzionate categorie di soggetti e nell'ordine di precedenza ora
 specificato dalle lettere a) e b), spetta  altresi'  e  nel  seguente
 ordine:
     ai   genitori  ultrasessantenni  o  inabili  a  proficuo  lavoro,
 nullatenenti e a carico dell'iscritto (Corte cost. 25 giugno 1981  n.
 110);
     ai  collaterali,  senza  alcuna  limitazione  o condizione (Corte
 cost. 6 agosto 1979, n. 115 e Corte cost. 14 luglio 1988, n. 821).
   L'estensione del diritto all'indennita' di servizio  alle  suddette
 categorie  di soggetti e' stata effettuata dalla Corte costituzionale
 al  fine  di  eliminare  le  disparita'  di  trattamento  riguardanti
 identiche   categorie  di  superstiti  (genitori  ultrasessantenni  o
 inabili e collaterali), basate unicamente sulla diversita'  dell'Ente
 previdenziale  al  quale  il  dipendente  deceduto  era  iscritto. Ha
 infatti ritenuto la Corte che non hanno ragion d'essere - per  quanto
 riguarda le categorie di superstiti aventi diritto - le diversita' di
 disciplina  tra  l'indennita'  di  buonuscita  erogata dall' ENPAS ai
 dipendenti dello Stato e l'indennita' di servizio erogata dall'INADEL
 ai dipendenti degli enti locali, attesa l'identita' di struttura e di
 funzione delle suddette indennita'.
   3. - Con successive pronunce la Corte costituzionale ha  dichiarato
 l'illegittimita'  dell'art. 3, comma secondo cit., nella parte in cui
 non   prevede   la   possibilita'   di   disporre   per    testamento
 dell'indennita'  premio  di  servizio,  qualora  manchino  le persone
 indicate nella norma stessa (Corte cost. 31 luglio 1989, n.  471),  e
 nella  parte  in  cui  non  prevede  la possibilita', per la medesima
 indennita', della successione ex-lege,  qualora  manchino  le  stesse
 persone (Corte cost. 10 luglio 1991 n. 319).
   In   queste  sentenze,  la  Corte,  premesso  che  l'indennita'  in
 questione ha natura mista non solo previdenziale ed assistenziale, ma
 soprattutto retributiva, e che  "la  si  deve  ormai  considerare  un
 trattamento  di  fine  rapporto  e,  in  particolare,  un diritto del
 lavoratore  da  lui  conseguito  durante  la  prestazione  della  sua
 attivita'  lavorativa,  della  quale  e' frutto", ha ritenuto che "la
 detta indennita', siccome entra nel patrimonio  del  dipendente,  nel
 caso  in cui manchino le suddette persone tutelate in via principale,
 puo' essere oggetto di successione e,  come  si  e'  ritenuto  (Corte
 cost.  n.  471  del  1989),  anche  di  disposizioni testamentarie, a
 somiglianza di quanto avviene, per effetto dell'art. 2122  cod.  civ.
 (Corte  cost.  n.  8  del  1972),  per l'indennita' di fine rapporto"
 (Corte cost. n. 319 del 1991).
   L'applicazione delle  norme  generali  in  materia  di  successione
 legittima e testamentaria trova quindi un limite nella norma in esame
 che  destina  l'indennita'  in via prioritaria a determinati soggetti
 "che, per essere integrati nel nucleo familiare del dipendente, dalla
 retribuzione che egli  percepiva  durante  il  rapporto  di  impiego,
 ricevevano  un  sostentamento,  del  quale,  dopo  la sua morte, sono
 rimasti privi in tutto o in parte" (Corte cost. n. 319 del 1991).
   4. - Si devono in  primo  luogo  evidenziare  le  diverse  rationes
 decidendi  che  hanno  di  volta in volta ispirato le declaratorie di
 illegittimita' pronunciate  dalla  Corte  costituzionale,  la  quale,
 dapprima  (nelle sentenze nn. 115/79, 110/81 e 821/88) e' stata mossa
 dall'esigenza  di  eliminare,  riguardo  ai   soggetti   beneficiari,
 disparita' di trattamento presenti nelle diverse normative di settore
 (dipendenti dello Stato o degli enti locali), mentre successivamente,
 preso  atto  dell'evoluzione  legislativa  (specie l'art. 22 legge 29
 ottobre 1987 n. 440, di conversione  del  decreto-legge  n.  359  del
 1987)   e   "valorizzata"   la  componente  retributiva  e  meramente
 patrimoniale  dell'indennita',  ha   avvertito   la   necessita'   di
 sottoporre   la   disciplina  di  questa  agli  stessi  principi  che
 presiedono  alla  devoluzione  del  trattamento  di   fine   rapporto
 contenuti  nell'art.  2122 c.c. (sentenze nn. 471/89 e 319/91). Detti
 principi  stabiliscono  che,in  caso  di  morte  del  lavoratore,  il
 trattamento  di  fine rapporto spetta - secondo il bisogno attuale di
 ciascuno -  al  coniuge,  ai  figli  e,  se  vivevano  a  carico  del
 prestatore  di  lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini
 entro il secondo; in mancanza di questi soggetti, l'indennita'  viene
 ripartita   secondo   le   regole   della   successione  legittima  e
 testamentaria.
   Tale disposizione mostra che diversa e' la natura  dell'indennita',
 a  seconda che si tratti dei prossimi congiunti e degli altri parenti
 che ricevevano mezzi di sussistenza dal prestatore di lavoro, i quali
 secondo la giurisprudenza della  Cassazione  acquistano  la  predetta
 indennita'  iure  proprio, indipendentemente se siano o meno chiamati
 all'eredita' (Cass. n. 1560/74 e  n.  3515/81),  oppure  degli  altri
 soggetti,  i quali acquistano il beneficio iure successionis, in base
 alle norme generali sulla successione a causa  di  morte.  Nel  primo
 caso,  infatti, l'indennita' assolve ad una funzione previdenziale in
 favore di soggetti che, vivendo a carico del  prestatore  di  lavoro,
 traevano  sostentamento dalla retribuzione da lui percepita e che, in
 conseguenza della sua  morte,  rimangono  pregiudicati  nel  rapporto
 alimentare  instaurato  con  il  medesimo.  Invece,  nell'ipotesi  di
 acquisto iure successionis emerge la natura meramente patrimoniale di
 retribuzione differita dell'indennita' in questione.
   In sostanza, la legge fa  prevalere  la  funzione  assistenziale  e
 previdenziale  a  beneficio  di  particolari  categorie  di soggetti,
 individuati in ragione della loro condizione di stretti congiunti del
 lavoratore (coniuge e figli) o in  ragione  del  rapporto  alimentare
 instaurato  con  il  medesimo  (altri  parenti  a  carico), e solo in
 mancanza  di  questi  soggetti  l'indennita'  riceve  un  trattamento
 identico  a  qualsiasi  diritto che, al momento della morte, si trovi
 nel patrimonio del suo titolare.
   5. - Cio' posto, occorre verificare se la normativa riguardante, in
 particolare, l'indennita' premio di servizio in via indiretta erogata
 dall'INADEL,  quale  emerge  dalla  formulazione dell'art. 3, secondo
 comma legge n. 152/1968, come via  via  modificato  dalle  richiamate
 sentenze  della Corte, risulti nel suo complesso coerente e razionale
 al suo interno, e conforme alle norme della Costituzione.
   L'attribuzione dell'indennita' di servizio in  caso  di  morte  del
 lavoratore  avviene  anche qui con la destinazione in via prioritaria
 ad alcune categorie di soggetti e, in mancanza di questi,  attraverso
 la  devoluzione secondo le norme generali della successione legittima
 e testamentaria. Tuttavia, nella fattispecie in esame,  le  categorie
 di  superstiti, destinatari iure proprio del beneficio, solo in parte
 sono individuate in ragione del rapporto di integrazione  nel  nucleo
 familiare  del  dipendente,  la cui interruzione, in seguito alla sua
 morte,    giustifica    l'attribuzione    in    via    "privilegiata"
 dell'indennita' poiche' dallo stesso traevano mezzi di sostentamento:
 a  questa  ratio,  infatti,  rispondono  le  categorie indicate nella
 formulazione originaria dell'art. 3, secondo comma, cit. (ex  coniuge
 e  prole)  ed  anche quelle risultanti dall'ampliamento operato dalle
 sentenze della Corte cost.  n. 110/1981 (genitori ultrasessantenni  o
 inabili  e a carico dell'iscritto) e n. 115/1979 (collaterali inabili
 e a  carico  dell'iscritto).  Appare,  invece,  estranea  alla  ratio
 previdenziale  e assistenziale, sopra indicata, l'attribuzione in via
 prioritaria del beneficio  in  parola  ai  collaterali  senza  alcuna
 limitazione  o  condizione  (Corte  cost.    n. 821/1988), atteso che
 questa categoria viene individuata unicamente in base al rapporto  di
 parentela  con  il de cuius, senza che venga richiesta la sussistenza
 di un rapporto latamente alimentare con  quest'ultimo:  la  categoria
 dei  collaterali  viene,  in  sostanza, individuata secondo lo stesso
 criterio - rapporto di parentela  -  che  presiede  alla  successione
 legittima.  Mancando in capo ai collaterali una situazione di fatto -
 quale l'integrazione nel nucleo familiare del lavoratore  deceduto  o
 lo  stato  di  bisogno  soddisfatto  dal  medesimo  - tale che faccia
 prevalere la funzione previdenziale sulla funzione retributiva  nella
 corresponsione  ai  superstiti  dell'indennita'  di  servizio, appare
 ingiustificato e irrazionale il trattamento che  la  norma  in  esame
 loro  riserva.  E conseguentemente appaiono ingiustificate le deroghe
 che  in  questo  modo  vengono  portate  al  sistema  generale  della
 successione   a   causa   di   morte,   atteso  che  la  destinazione
 dell'indennita'   ai   collaterali   si   risolve,   in   definitiva,
 nell'attribuzione  di un diritto di credito avente natura retributiva
 e gia' entrato nel patrimonio del dipendente nel corso della sua vita
 lavorativa, secondo criteri particolari e speciali, diversi da quelli
 che sono a fondamento della attribuzione  mortis  causa  degli  altri
 diritti a carattere patrimoniale.
   6.  - Nella fattispecie in esame si realizza, in altri termini, una
 deroga alla norma generale contenuta nell'art. 457  c.c.,  attraverso
 la   posposizione   dell'erede   testamentario   ad   altri  soggetti
 (collaterali del de cuius) individuati direttamente  dalla  legge  ma
 non  aventi  la  qualifica  di  legittimari, senza che ricorra alcuna
 delle  ragioni  previdenziali   o   assistenziali   che   -   secondo
 l'orientamento  della stessa Corte costituzionale - sono a fondamento
 della attribuzione  della  detta  indennita'  in  via  prioritaria  a
 determinate categorie di superstiti.
   Dalle  sentenze  nn.  471/89  e  319/91  della Corte costituzionale
 risulta, infatti, che  l'applicazione  alla  indennita'  di  servizio
 delle  norme  generali  sulla  successione  legittima e testamentaria
 trova giustificazione nella  trasformazione  della  natura  giuridica
 della   indennita'  medesima:    questa  non  ha  solo  una  funzione
 previdenziale,  ma  ha  acqui-stato   un   carattere   essenzialmente
 retributivo  e  quindi  disponibile  da  parte  del  titolare. E tale
 disciplina generale trova una limitazione in presenza delle categorie
 di superstiti individuate dall'art. 3, secondo  comma  cit.,  sicche'
 questa  norma,  regolando  comunque  l'attribuzione di diritti aventi
 natura  retributiva  sia  pure  con  funzione  previdenziale,  assume
 carattere  speciale  e  derogatorio  rispetto  ai principi che sono a
 fondamento della successione a  causa  di  morte:  mancando  pero'  -
 riguardo  ai  collaterali - una situazione di integrazione nel nucleo
 familare del de cuius o di posizione a carico del medesimo, la deroga
 contenuta nell'articolo citato risulta irrazionale e confliggente con
 gli artt 3 e 42 ult. comma della Costituzione.
   7. - Il contrasto della norma contenuta nell'art. 3, secondo comma,
 della legge 152/1968, come  modificata  dalle  sentenze  della  Corte
 costituzionale, con i menzionati articoli della Costituzione parrebbe
 sussistere, secondo questo pretore, sotto due profili.
   In  primo  luogo,  in  quanto  detta  norma,  nella  previsione dei
 soggetti destinatari dell'indennita' di servizio in forma  indiretta,
 pospone  l'erede testamentario ai collaterali, anche se non viventi a
 carico del lavoratore deceduto, in violazione della  regola  generale
 fissata  dall'art.  457 cod. civ. e senza che sussista alcuna ragione
 assistenziale, tale da giustificare il trattamento di favore nei loro
 confronti.  Infatti, i collaterali superstiti, non viventi a  carico,
 non  subiscono  un  particolare pregiudizio in seguito alla morte del
 lavoratore, atteso che essi non vantavano, neppure in via  di  fatto,
 alcuna   aspettativa   ad   ottenere  mezzi  di  sostentamento  dalla
 retribuzione percepita dal medesimo.
   La  discriminazione  dell'erede   testamentario   in   favore   dei
 collaterali, non viventi a carico del lavoratore deceduto, risulta in
 contrasto  con  i principi espressi dagli artt. 3 e 42, ultimo comma,
 della  Costituzione,  in  quanto  nella  specie  non  ricorre  alcuna
 situazione  giuridicamente  apprezzabile,  tale  da  giustificare  la
 deroga ai principi generali in materia di successione  testamentaria,
 ne'  in ordine alla qualita' dei soggetti favoriti, individuati dalla
 norma non in base a ragioni assistenziali,  ma  solo  in  virtu'  del
 rapporto  di  parentela,  ne'  in  ordine  alla  natura  del  diritto
 all'indennita'  che  -   avendo   ormai   carattere   prevalentemente
 retributivo - rientra nel novero dei diritti disponibili da parte del
 suo  titolare,  anche  per  il  tempo  in cui questi avra' cessato di
 vivere, attraverso il negozio testamentario.
   8. - ln secondo luogo,  il  contrasto  tra  la  norma  dell'art.  3
 secondo  comma  della  legge n. 152/68, in combinato disposto con gli
 artt.   467 e 468 cod. civ., e gli  artt.  3  e  42  ult.  co.  della
 Costituzione,  parrebbe sussistere in quanto detta norma, menzionando
 soltanto  i   soggetti   "superstiti",   esclude   implicitamente   i
 discendenti    del    collaterale    premorto    dall'acquisto   iure
 rapresentationis  del  diritto  all'indennita'  di  servizio.   Posto
 infatti  che  tale  indennita', rispetto ai collaterali non viventi a
 carico  del  dipendente  deceduto,  non ha natura diversa dagli altri
 diritti patrimoniali caduti in successione, e  viene  acquistata  non
 gia'   per  ragioni  assistenziali,  ma  per  quelle  che  sottendono
 l'istituto  della  successione  legittima  (rapporto  di  parentela),
 appare   ingiustificata   la   discriminazione   tra  il  collaterale
 "superstite"  che  acquista  il  beneficio  e  il   discendente   del
 collaterale  premorto che ne viene escluso, nonostante che entrambi i
 soggetti  -  in  virtu'  delle   norme   generali   in   materia   di
 rappresentazione  fissate dagli att. 467 e 468 cod. civ. - si trovino
 nel medesimo rapporto di parentela rispetto al defunto.
   Cio' porrebbe la norma denunciata in contrasto con gli  artt.  3  e
 42, ultimo comma, della Costituzione, in quanto, nell'attribuzione ai
 soli  collaterali "superstiti" della predetta indennita', mancherebbe
 una  particolare  situazione  dei  soggetti   beneficiari   tale   da
 giustificare  la  deroga  al  principio di parita' di trattamento dei
 soggetti che si  trovano  in  situazioni  identiche,  ed  alle  norme
 generali in materia di successione legittima.
   9.  -  Premesso  che  l'art.  3 Cost. pone a carico del legislatore
 l'obbligo di  non  violare  le  regole  della  logica  nell'esercizio
 dell'attivita'  legislativa, confligge con tale articolo la legge che
 disponga  trattamenti  differenziati  per  determinate  categorie  di
 rapporti, allorche' dallo stesso suo testo o dalle altre disposizioni
 ad  esso  collegate  risulti  l'inesistenza  delle  peculiarita'  dei
 rapporti  regolati,  allegate  a  giustificazione   dei   trattamenti
 medesimi.  Ove  non appaia possibile individuare ragioni suscettibili
 di giustificare la deroga  apportata  da  una  legge  ad  altre  piu'
 generali,  sorge  il  dubbio  che  tale  legge  violi il principio di
 eguaglianza.
   Ed  infatti,  una   volta   chiarito   che   l'indennita'   erogata
 dall'I.N.A.D.E.L.    ha essenzialmente natura retributiva e che e' in
 forza di tale natura che la stessa viene acquistata dai  collaterali,
 l'immotivata deroga alle norme generali in materia di successione che
 la  norma impugnata determina, appare confliggente con l'art. 3 Cost.
 per il deteriore trattamento che in tal modo essa  riserva  all'erede
 testamentario  ed  al  discendente del collaterale premorto, rispetto
 alla posizione che le stesse categorie  di  soggetti  hanno  riguardo
 agli altri diritti di natura patrimoniale caduti in successione.
   La discriminazione che le suddette categorie di soggetti subiscono,
 non essendo giustificata da alcuna situazione oggettiva relativa alla
 natura dell'indennita' o ai soggetti beneficiari, appare arbitraria e
 lesiva  dei  canoni  della logica e della ragionevolezza, ai quali il
 legislatore  si  deve  attenere   allorquando   prevede   trattamenti
 diversificati  nell'ambito  di rapporti omogenei. La discrezionalita'
 del legislatore - secondo l'insegnamento della Corte costituzionale -
 trova sempre un limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a
 giustificare la disparita' di trattamento fra cittadini (Corte  cost.
 n.  200  del  1972).  Nella  norma  impugnata  il  legislatore  si e'
 discostato  dagli  schemi  del  codice  civile,  creando  trattamenti
 differenziati  senza  una ragione logica, atteso che non si intravede
 in capo ai collaterali  non  viventi  a  carico,  alcuna  particolare
 situazione   tale  da  giustificare  l'acquisto  in  via  prioritaria
 dell'indennita' di servizio: pertanto la  preferenza  loro  accordata
 appare irragionevole e ingiustificata.
   La  norma  in  esame  potrebbe  considerarsi confliggente anche con
 l'art. 42, comma quarto,  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
 limita   l'efficacia   del   negozio  testamentario  in  deroga  alla
 disciplina  del  codice  civile,  senza  che  sussista  una   ragione
 giustificativa. Se si evidenzia che la devoluzione del trattamento di
 fine  rapporto, ai cui principi - secondo il dettato della Corte - si
 conforma la  disciplina  dell'indennita'  di  servizio,  rientra  nel
 novero  delle  c.d. successioni anomale, comprensivo di altre ipotesi
 in materia di equo canone e di  proprieta'  agraria  del  coltivatore
 diretto,  e  che la ratio di tali diritti successori "speciali" e' da
 rinvenirsi nell'esigenza di tutelare valori e  posizioni  socialmente
 apprezzabili,  attraverso  una  restrizione  della volonta' privata a
 favore di meccanismi attributivi  operanti  ex  lege,  si  vede  come
 l'ordinamento  abbia  riconosciuto  all'autonomia  testamentaria  una
 posizione di rilievo recessiva soltanto in presenza  di  inderogabili
 esigenze  di  solidarieta'  familiare  (legittimari)  o  - come nella
 specie - di ragioni di carattere sociale o assistenziale.   Prevedere
 attribuzioni  successorie  "speciali"  senza  che  ricorrano  ragioni
 siffatte, potrebbe risolversi  -  oltre  che  in  una  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  -  in  una irragionevole restrizione del
 negozio testamentario, la cui esistenza nell'ordinamento trova tutela
 nella citata disposizione costituzionale.
   10. - La dedotta  questione  di  illegittimita'  costituzionale  e'
 rilevante  nel  presente  giudizio,  in quanto si discute appunto del
 diritto della ricorrente, sia in quanto nominata erede  testamentaria
 che,  in  subordine,  quale  discendente del collaterale premorto, ad
 ottenere rispettivamente per intero o pro quota, in forza del diritto
 di  rappresentazione,  l'indennita'  premio  di   servizio   prevista
 dall'art.    3,  comma  secondo, della legge 152/1968, erogata invece
 dall'I.N.A.D.E.L.  ai collaterali superstiti non viventi a carico del
 lavoratore deceduto.
                               P. Q. M.
   Visto l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara
 rilevante   e   non   manifestamente   infondata   la   questione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge
 8 marzo 1968 n. 152,  come  modificato  dalle  sentenze  della  Corte
 costituzionale 6 agosto 1979 n. 115, 14 luglio 1988 n. 821, 31 luglio
 1989  n.  471  e 10 luglio 1991 n. 319, in combinato disposto con gli
 artt. 457, 467 e 468 del cod. civ., per violazione degli  artt.  3  e
 42,  comma  quarto,  della  Costituzione,  nella parte in cui pospone
 l'erede testamentario ai collaterali del lavoratore  deceduto,  senza
 alcuna condizione o limitazione, nell'acquisto dell'indennita' premio
 di  servizio  nella  forma indiretta, e nella parte in cui esclude il
 diritto di rappresentazione dei discendenti del collaterale  premorto
 dall'acquisto della predetta indennita';
   Sospende  il  giudizio  e  dispone  la trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata
 ai  Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento  e   alle   parti
 costituite.
     Lecce, addi' 1 marzo 1996
 Il pretore: Benfatto
 96C1150