N. 821 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 marzo 1996
N. 821 Ordinanza emessa il 1 marzo 1996 dal pretore di Lecce sul ricorso proposto da Corliano' Addolorata contro l'INADEL ed altri Previdenza e assistenza sociale - Impiegati di enti locali - Indennita' premio di fine servizio erogata dall'Inadel ai superstiti - Ordine di precedenza degli aventi diritto - Posposizione dell'erede testamentario ai collaterali del lavoratore deceduto senza alcuna condizione o limitazione - Ingiustificato deteriore trattamento dell'erede testamentario rispetto ai collaterali non viventi a carico del lavoratore deceduto - Deroga ai principi generali in materia di successione testamentaria con incidenza sul diritto di proprieta'. Previdenza e assistenza sociale - Indennita' premio di fine servizio erogata dall'Inadel ai superstiti - Soggetti aventi diritto - Previsione, tra gli altri, dei collaterali del lavoratore deceduto - Mancata previsione del diritto di rappresentazione dei discendenti del collaterale premorto - Disparita' di trattamento di soggetti in identica posizione giuridica in base alle norme civilistiche in materia di rappresentazione - Incidenza sul diritto di proprieta' - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 115/1979, 110/1981, 821/1988, 471/1989 e 319/1991. (Legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma; c.c., artt. 457, 467 e 468). (Cost., artt. 3 e 42, quarto comma).(GU n.37 del 11-9-1996 )
IL PRETORE - GIUDICE DEL LAVORO Sciogliendo la riserva che precede, O s s e r v a 1. - Nel presente giudizio, la ricorrente Corliano' Addolorata ha richiesto all'I.N.A.D.E.L. il pagamento della indennita' premio di servizio dovuta al proprio dante causa Aprile Rosario, segretario comunale, deceduto in servizio, il quale con testamento olografo l'aveva istituita sua erede universale; in subordine, ha richiesto che le sia riconosciuto il diritto a succedere pro quota nella suddetta indennita' per rappresentazione al defunto genitore Aprile Francescantonio, fratello di Aprile Rosario e a questi premorto. L'Istituto convenuto eccepisce l'infondatezza della pretesa della ricorrente richiamando il disposto dell'art. 3 della legge 8 marzo 1968 n. 152, come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 471/89, ed assume di aver corrisposto la predetta indennita' ai fratelli e sorelle del dipendente Aprile Rosario, viventi al momento della sua morte. 2. - Rileva questo pretore che il presente giudizio involge la questione relativa alla devoluzione della "indennita' premio di servizio nella forma indiretta" disciplinata dall'art. 3, secondo comma, legge n. 152/68. Tale norma stabilisce che "le categorie di superstiti aventi diritto, ai sensi del precedente comma, alla indennita' premio di servizio nella forma indiretta sono: a) la vedova non separata legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lei colpa, oppure, nel caso di iscritta che abbia contratto il matrimonio prima del cinquantesimo anno di eta', il vedovo non separato legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lui colpa purche', alla data di morte della moglie, risulti a carico di questa e sia inabile a proficuo lavoro ovvero abbia compiuto il 65 anno di eta'; b) la prole minorenne ed, in concorso con questa, la prole maggiorenne permanentemente inabile a lavoro proficuo, nullatenente ed a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo; per le orfane e', inoltre, richiesta la condizione dello stato di nubile o di vedova." In seguito a reiterati interventi della Corte costituzionale, il diritto all'indennita' di servizio nella forma indiretta, oltre che alle menzionate categorie di soggetti e nell'ordine di precedenza ora specificato dalle lettere a) e b), spetta altresi' e nel seguente ordine: ai genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti e a carico dell'iscritto (Corte cost. 25 giugno 1981 n. 110); ai collaterali, senza alcuna limitazione o condizione (Corte cost. 6 agosto 1979, n. 115 e Corte cost. 14 luglio 1988, n. 821). L'estensione del diritto all'indennita' di servizio alle suddette categorie di soggetti e' stata effettuata dalla Corte costituzionale al fine di eliminare le disparita' di trattamento riguardanti identiche categorie di superstiti (genitori ultrasessantenni o inabili e collaterali), basate unicamente sulla diversita' dell'Ente previdenziale al quale il dipendente deceduto era iscritto. Ha infatti ritenuto la Corte che non hanno ragion d'essere - per quanto riguarda le categorie di superstiti aventi diritto - le diversita' di disciplina tra l'indennita' di buonuscita erogata dall' ENPAS ai dipendenti dello Stato e l'indennita' di servizio erogata dall'INADEL ai dipendenti degli enti locali, attesa l'identita' di struttura e di funzione delle suddette indennita'. 3. - Con successive pronunce la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 3, comma secondo cit., nella parte in cui non prevede la possibilita' di disporre per testamento dell'indennita' premio di servizio, qualora manchino le persone indicate nella norma stessa (Corte cost. 31 luglio 1989, n. 471), e nella parte in cui non prevede la possibilita', per la medesima indennita', della successione ex-lege, qualora manchino le stesse persone (Corte cost. 10 luglio 1991 n. 319). In queste sentenze, la Corte, premesso che l'indennita' in questione ha natura mista non solo previdenziale ed assistenziale, ma soprattutto retributiva, e che "la si deve ormai considerare un trattamento di fine rapporto e, in particolare, un diritto del lavoratore da lui conseguito durante la prestazione della sua attivita' lavorativa, della quale e' frutto", ha ritenuto che "la detta indennita', siccome entra nel patrimonio del dipendente, nel caso in cui manchino le suddette persone tutelate in via principale, puo' essere oggetto di successione e, come si e' ritenuto (Corte cost. n. 471 del 1989), anche di disposizioni testamentarie, a somiglianza di quanto avviene, per effetto dell'art. 2122 cod. civ. (Corte cost. n. 8 del 1972), per l'indennita' di fine rapporto" (Corte cost. n. 319 del 1991). L'applicazione delle norme generali in materia di successione legittima e testamentaria trova quindi un limite nella norma in esame che destina l'indennita' in via prioritaria a determinati soggetti "che, per essere integrati nel nucleo familiare del dipendente, dalla retribuzione che egli percepiva durante il rapporto di impiego, ricevevano un sostentamento, del quale, dopo la sua morte, sono rimasti privi in tutto o in parte" (Corte cost. n. 319 del 1991). 4. - Si devono in primo luogo evidenziare le diverse rationes decidendi che hanno di volta in volta ispirato le declaratorie di illegittimita' pronunciate dalla Corte costituzionale, la quale, dapprima (nelle sentenze nn. 115/79, 110/81 e 821/88) e' stata mossa dall'esigenza di eliminare, riguardo ai soggetti beneficiari, disparita' di trattamento presenti nelle diverse normative di settore (dipendenti dello Stato o degli enti locali), mentre successivamente, preso atto dell'evoluzione legislativa (specie l'art. 22 legge 29 ottobre 1987 n. 440, di conversione del decreto-legge n. 359 del 1987) e "valorizzata" la componente retributiva e meramente patrimoniale dell'indennita', ha avvertito la necessita' di sottoporre la disciplina di questa agli stessi principi che presiedono alla devoluzione del trattamento di fine rapporto contenuti nell'art. 2122 c.c. (sentenze nn. 471/89 e 319/91). Detti principi stabiliscono che,in caso di morte del lavoratore, il trattamento di fine rapporto spetta - secondo il bisogno attuale di ciascuno - al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo; in mancanza di questi soggetti, l'indennita' viene ripartita secondo le regole della successione legittima e testamentaria. Tale disposizione mostra che diversa e' la natura dell'indennita', a seconda che si tratti dei prossimi congiunti e degli altri parenti che ricevevano mezzi di sussistenza dal prestatore di lavoro, i quali secondo la giurisprudenza della Cassazione acquistano la predetta indennita' iure proprio, indipendentemente se siano o meno chiamati all'eredita' (Cass. n. 1560/74 e n. 3515/81), oppure degli altri soggetti, i quali acquistano il beneficio iure successionis, in base alle norme generali sulla successione a causa di morte. Nel primo caso, infatti, l'indennita' assolve ad una funzione previdenziale in favore di soggetti che, vivendo a carico del prestatore di lavoro, traevano sostentamento dalla retribuzione da lui percepita e che, in conseguenza della sua morte, rimangono pregiudicati nel rapporto alimentare instaurato con il medesimo. Invece, nell'ipotesi di acquisto iure successionis emerge la natura meramente patrimoniale di retribuzione differita dell'indennita' in questione. In sostanza, la legge fa prevalere la funzione assistenziale e previdenziale a beneficio di particolari categorie di soggetti, individuati in ragione della loro condizione di stretti congiunti del lavoratore (coniuge e figli) o in ragione del rapporto alimentare instaurato con il medesimo (altri parenti a carico), e solo in mancanza di questi soggetti l'indennita' riceve un trattamento identico a qualsiasi diritto che, al momento della morte, si trovi nel patrimonio del suo titolare. 5. - Cio' posto, occorre verificare se la normativa riguardante, in particolare, l'indennita' premio di servizio in via indiretta erogata dall'INADEL, quale emerge dalla formulazione dell'art. 3, secondo comma legge n. 152/1968, come via via modificato dalle richiamate sentenze della Corte, risulti nel suo complesso coerente e razionale al suo interno, e conforme alle norme della Costituzione. L'attribuzione dell'indennita' di servizio in caso di morte del lavoratore avviene anche qui con la destinazione in via prioritaria ad alcune categorie di soggetti e, in mancanza di questi, attraverso la devoluzione secondo le norme generali della successione legittima e testamentaria. Tuttavia, nella fattispecie in esame, le categorie di superstiti, destinatari iure proprio del beneficio, solo in parte sono individuate in ragione del rapporto di integrazione nel nucleo familiare del dipendente, la cui interruzione, in seguito alla sua morte, giustifica l'attribuzione in via "privilegiata" dell'indennita' poiche' dallo stesso traevano mezzi di sostentamento: a questa ratio, infatti, rispondono le categorie indicate nella formulazione originaria dell'art. 3, secondo comma, cit. (ex coniuge e prole) ed anche quelle risultanti dall'ampliamento operato dalle sentenze della Corte cost. n. 110/1981 (genitori ultrasessantenni o inabili e a carico dell'iscritto) e n. 115/1979 (collaterali inabili e a carico dell'iscritto). Appare, invece, estranea alla ratio previdenziale e assistenziale, sopra indicata, l'attribuzione in via prioritaria del beneficio in parola ai collaterali senza alcuna limitazione o condizione (Corte cost. n. 821/1988), atteso che questa categoria viene individuata unicamente in base al rapporto di parentela con il de cuius, senza che venga richiesta la sussistenza di un rapporto latamente alimentare con quest'ultimo: la categoria dei collaterali viene, in sostanza, individuata secondo lo stesso criterio - rapporto di parentela - che presiede alla successione legittima. Mancando in capo ai collaterali una situazione di fatto - quale l'integrazione nel nucleo familiare del lavoratore deceduto o lo stato di bisogno soddisfatto dal medesimo - tale che faccia prevalere la funzione previdenziale sulla funzione retributiva nella corresponsione ai superstiti dell'indennita' di servizio, appare ingiustificato e irrazionale il trattamento che la norma in esame loro riserva. E conseguentemente appaiono ingiustificate le deroghe che in questo modo vengono portate al sistema generale della successione a causa di morte, atteso che la destinazione dell'indennita' ai collaterali si risolve, in definitiva, nell'attribuzione di un diritto di credito avente natura retributiva e gia' entrato nel patrimonio del dipendente nel corso della sua vita lavorativa, secondo criteri particolari e speciali, diversi da quelli che sono a fondamento della attribuzione mortis causa degli altri diritti a carattere patrimoniale. 6. - Nella fattispecie in esame si realizza, in altri termini, una deroga alla norma generale contenuta nell'art. 457 c.c., attraverso la posposizione dell'erede testamentario ad altri soggetti (collaterali del de cuius) individuati direttamente dalla legge ma non aventi la qualifica di legittimari, senza che ricorra alcuna delle ragioni previdenziali o assistenziali che - secondo l'orientamento della stessa Corte costituzionale - sono a fondamento della attribuzione della detta indennita' in via prioritaria a determinate categorie di superstiti. Dalle sentenze nn. 471/89 e 319/91 della Corte costituzionale risulta, infatti, che l'applicazione alla indennita' di servizio delle norme generali sulla successione legittima e testamentaria trova giustificazione nella trasformazione della natura giuridica della indennita' medesima: questa non ha solo una funzione previdenziale, ma ha acqui-stato un carattere essenzialmente retributivo e quindi disponibile da parte del titolare. E tale disciplina generale trova una limitazione in presenza delle categorie di superstiti individuate dall'art. 3, secondo comma cit., sicche' questa norma, regolando comunque l'attribuzione di diritti aventi natura retributiva sia pure con funzione previdenziale, assume carattere speciale e derogatorio rispetto ai principi che sono a fondamento della successione a causa di morte: mancando pero' - riguardo ai collaterali - una situazione di integrazione nel nucleo familare del de cuius o di posizione a carico del medesimo, la deroga contenuta nell'articolo citato risulta irrazionale e confliggente con gli artt 3 e 42 ult. comma della Costituzione. 7. - Il contrasto della norma contenuta nell'art. 3, secondo comma, della legge 152/1968, come modificata dalle sentenze della Corte costituzionale, con i menzionati articoli della Costituzione parrebbe sussistere, secondo questo pretore, sotto due profili. In primo luogo, in quanto detta norma, nella previsione dei soggetti destinatari dell'indennita' di servizio in forma indiretta, pospone l'erede testamentario ai collaterali, anche se non viventi a carico del lavoratore deceduto, in violazione della regola generale fissata dall'art. 457 cod. civ. e senza che sussista alcuna ragione assistenziale, tale da giustificare il trattamento di favore nei loro confronti. Infatti, i collaterali superstiti, non viventi a carico, non subiscono un particolare pregiudizio in seguito alla morte del lavoratore, atteso che essi non vantavano, neppure in via di fatto, alcuna aspettativa ad ottenere mezzi di sostentamento dalla retribuzione percepita dal medesimo. La discriminazione dell'erede testamentario in favore dei collaterali, non viventi a carico del lavoratore deceduto, risulta in contrasto con i principi espressi dagli artt. 3 e 42, ultimo comma, della Costituzione, in quanto nella specie non ricorre alcuna situazione giuridicamente apprezzabile, tale da giustificare la deroga ai principi generali in materia di successione testamentaria, ne' in ordine alla qualita' dei soggetti favoriti, individuati dalla norma non in base a ragioni assistenziali, ma solo in virtu' del rapporto di parentela, ne' in ordine alla natura del diritto all'indennita' che - avendo ormai carattere prevalentemente retributivo - rientra nel novero dei diritti disponibili da parte del suo titolare, anche per il tempo in cui questi avra' cessato di vivere, attraverso il negozio testamentario. 8. - ln secondo luogo, il contrasto tra la norma dell'art. 3 secondo comma della legge n. 152/68, in combinato disposto con gli artt. 467 e 468 cod. civ., e gli artt. 3 e 42 ult. co. della Costituzione, parrebbe sussistere in quanto detta norma, menzionando soltanto i soggetti "superstiti", esclude implicitamente i discendenti del collaterale premorto dall'acquisto iure rapresentationis del diritto all'indennita' di servizio. Posto infatti che tale indennita', rispetto ai collaterali non viventi a carico del dipendente deceduto, non ha natura diversa dagli altri diritti patrimoniali caduti in successione, e viene acquistata non gia' per ragioni assistenziali, ma per quelle che sottendono l'istituto della successione legittima (rapporto di parentela), appare ingiustificata la discriminazione tra il collaterale "superstite" che acquista il beneficio e il discendente del collaterale premorto che ne viene escluso, nonostante che entrambi i soggetti - in virtu' delle norme generali in materia di rappresentazione fissate dagli att. 467 e 468 cod. civ. - si trovino nel medesimo rapporto di parentela rispetto al defunto. Cio' porrebbe la norma denunciata in contrasto con gli artt. 3 e 42, ultimo comma, della Costituzione, in quanto, nell'attribuzione ai soli collaterali "superstiti" della predetta indennita', mancherebbe una particolare situazione dei soggetti beneficiari tale da giustificare la deroga al principio di parita' di trattamento dei soggetti che si trovano in situazioni identiche, ed alle norme generali in materia di successione legittima. 9. - Premesso che l'art. 3 Cost. pone a carico del legislatore l'obbligo di non violare le regole della logica nell'esercizio dell'attivita' legislativa, confligge con tale articolo la legge che disponga trattamenti differenziati per determinate categorie di rapporti, allorche' dallo stesso suo testo o dalle altre disposizioni ad esso collegate risulti l'inesistenza delle peculiarita' dei rapporti regolati, allegate a giustificazione dei trattamenti medesimi. Ove non appaia possibile individuare ragioni suscettibili di giustificare la deroga apportata da una legge ad altre piu' generali, sorge il dubbio che tale legge violi il principio di eguaglianza. Ed infatti, una volta chiarito che l'indennita' erogata dall'I.N.A.D.E.L. ha essenzialmente natura retributiva e che e' in forza di tale natura che la stessa viene acquistata dai collaterali, l'immotivata deroga alle norme generali in materia di successione che la norma impugnata determina, appare confliggente con l'art. 3 Cost. per il deteriore trattamento che in tal modo essa riserva all'erede testamentario ed al discendente del collaterale premorto, rispetto alla posizione che le stesse categorie di soggetti hanno riguardo agli altri diritti di natura patrimoniale caduti in successione. La discriminazione che le suddette categorie di soggetti subiscono, non essendo giustificata da alcuna situazione oggettiva relativa alla natura dell'indennita' o ai soggetti beneficiari, appare arbitraria e lesiva dei canoni della logica e della ragionevolezza, ai quali il legislatore si deve attenere allorquando prevede trattamenti diversificati nell'ambito di rapporti omogenei. La discrezionalita' del legislatore - secondo l'insegnamento della Corte costituzionale - trova sempre un limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare la disparita' di trattamento fra cittadini (Corte cost. n. 200 del 1972). Nella norma impugnata il legislatore si e' discostato dagli schemi del codice civile, creando trattamenti differenziati senza una ragione logica, atteso che non si intravede in capo ai collaterali non viventi a carico, alcuna particolare situazione tale da giustificare l'acquisto in via prioritaria dell'indennita' di servizio: pertanto la preferenza loro accordata appare irragionevole e ingiustificata. La norma in esame potrebbe considerarsi confliggente anche con l'art. 42, comma quarto, della Costituzione, nella parte in cui limita l'efficacia del negozio testamentario in deroga alla disciplina del codice civile, senza che sussista una ragione giustificativa. Se si evidenzia che la devoluzione del trattamento di fine rapporto, ai cui principi - secondo il dettato della Corte - si conforma la disciplina dell'indennita' di servizio, rientra nel novero delle c.d. successioni anomale, comprensivo di altre ipotesi in materia di equo canone e di proprieta' agraria del coltivatore diretto, e che la ratio di tali diritti successori "speciali" e' da rinvenirsi nell'esigenza di tutelare valori e posizioni socialmente apprezzabili, attraverso una restrizione della volonta' privata a favore di meccanismi attributivi operanti ex lege, si vede come l'ordinamento abbia riconosciuto all'autonomia testamentaria una posizione di rilievo recessiva soltanto in presenza di inderogabili esigenze di solidarieta' familiare (legittimari) o - come nella specie - di ragioni di carattere sociale o assistenziale. Prevedere attribuzioni successorie "speciali" senza che ricorrano ragioni siffatte, potrebbe risolversi - oltre che in una ingiustificata disparita' di trattamento - in una irragionevole restrizione del negozio testamentario, la cui esistenza nell'ordinamento trova tutela nella citata disposizione costituzionale. 10. - La dedotta questione di illegittimita' costituzionale e' rilevante nel presente giudizio, in quanto si discute appunto del diritto della ricorrente, sia in quanto nominata erede testamentaria che, in subordine, quale discendente del collaterale premorto, ad ottenere rispettivamente per intero o pro quota, in forza del diritto di rappresentazione, l'indennita' premio di servizio prevista dall'art. 3, comma secondo, della legge 152/1968, erogata invece dall'I.N.A.D.E.L. ai collaterali superstiti non viventi a carico del lavoratore deceduto.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge 8 marzo 1968 n. 152, come modificato dalle sentenze della Corte costituzionale 6 agosto 1979 n. 115, 14 luglio 1988 n. 821, 31 luglio 1989 n. 471 e 10 luglio 1991 n. 319, in combinato disposto con gli artt. 457, 467 e 468 del cod. civ., per violazione degli artt. 3 e 42, comma quarto, della Costituzione, nella parte in cui pospone l'erede testamentario ai collaterali del lavoratore deceduto, senza alcuna condizione o limitazione, nell'acquisto dell'indennita' premio di servizio nella forma indiretta, e nella parte in cui esclude il diritto di rappresentazione dei discendenti del collaterale premorto dall'acquisto della predetta indennita'; Sospende il giudizio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e alle parti costituite. Lecce, addi' 1 marzo 1996 Il pretore: Benfatto 96C1150