N. 829 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 1996

                               N. 829
 Ordinanza emessa il 28 marzo 1996 dalla  corte  d'appello  di  Reggio
 Calabria  nel  procedimento  civile  vertente  tra  l'I.A.C.P.  della
 provincia di Reggio Calabria e Pellicano Luciano ed altre
 Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione
 delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte
 o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore
 dei terreni, ed il reddito dominicale rivalutato,  con  la  riduzione
 dell'importo  cosi'  determinato del quaranta per cento) - Estensione
 di detto criterio di valutazione anche alla misura  dei  risarcimenti
 dovuti  in  conseguenza  di  illegittime  occupazioni  acquisitive  -
 Ingiustificata  deroga  al   principio   civilistico   dell'integrale
 risarcimento   del   danno   da  parte  dell'autore  dell'illecito  -
 Irrazionale  e  ingiustificata  equiparazione  delle   espropriazioni
 regolari  e  delle  ablazioni  sine titulo - Incidenza sul diritto di
 proprieta' e sui principi di imparzialita'  e  buon  andamento  della
 p.a.  -  Riferimento  alla  sentenza  della  Corte  costituzionale n.
 442/1993.
 (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo comma).
 (Cost., artt. 3. primo comma, 42, secondo e terzo comma, e 97).
(GU n.37 del 11-9-1996 )
 LA CORTE D'APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n. 68 dell'anno 1994  del  ruolo  generale  degli  affari  conteziosi
 vertente tra l'Istituto autonomo per le case popolari della provincia
 di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso dagli avv.ti De Leo Giuseppe ed Eugenia Rita
 Minico', appellante, contro  Pellicano  Luciano,  Pellicano  Piera  e
 Calabro'  Marisa  vedova  Pellicano, rappresentati e difesi dall'avv.
 Pietro Giovine, appellati.
   Ritenuto in fatto:
     che con sentenza  del  tribunale  di  Reggio  Calabria  n.  79/93
 depositata  il  26  febbraio  1993  l'Istituto  autonomo  per le case
 popolari (I.A.C.P.)   della provincia di  Reggio  Calabria  e'  stato
 condannato,  tra  l'altro, al pagamento in favore di Calabro' Marisa,
 Pellicano Luciano e Pellicano Piera della somma di lire 1.671.000.000
 (comprensiva di  rivalutazione),  con  gli  interessi  legali  dal  9
 gennaio   1982   sino  all'effettivo  soddisfacimento,  a  titolo  di
 risarcimento  del  danno  per  l'estinzione  del  diritto  dominicale
 privato  e la contestuale acquisizione, a titolo originario, da parte
 dello stesso I.A.C.P. del  terreno  edificatorio  sito  in  Archi  di
 Reggio  Calabria,  riportato nel N.C.T. alla partita 11531, foglio 1,
 particella 63;
     che avverso tale decisione l'Istituto ha proposto appello davanti
 a  questa  Corte,  con  atto  notificato il 24 marzo 1994, deducendo,
 preliminarmente, il difetto  di  legittimazione  passiva  e,  in  via
 subordinata,  l'erronea  determinazione del valore venale del terreno
 per cui e' causa;
     che la Calabro' e  i  Pellicano  hanno  chiesto  il  rigetto  del
 gravame;
     che,   essendo   stata  nelle  more  innovata  la  determinazione
 dell'ammontare del risarcimento del danno in caso di c.d. occupazione
 acquisitiva,    a    seguito    dell'approvazione    dell'art.     1,
 sessantacinquesimo  comma,  legge  28  dicembre  1995, n. 549 (che ha
 modificato il sesto comma dell'art. 5-bis d.-l. 11  luglio  1992,  n.
 333,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 8 agosto 1992, n.
 359),  gli  appellati  hanno  denunciato  la  norma  d'illegittimita'
 costituzionale  per  violazione  degli  artt.    2, 3, 97, 28, 43, 42
 (secondo comma), 41 (primo comma) Cost.
                             O s s e r v a
   La  questione   di   legittimita'   costituzionale   della   citata
 disposizione  -  applicabile  alla  controversia in corso non essendo
 stata ancora determinata in via definitiva l'entita' del risarcimento
 del danno - e' rilevante e non manifestamente infondata.
   In proposito vanno illustrati (anche al di la' della prospettazione
 degli  appellati)   i   seguenti   rilievi,   mentre   sara'   decisa
 congiuntamente  al  merito  l'eccezione  di difetto di legittimazione
 passiva sollevata dall'I.A.C.P..
   Il primo rilievo attiene alla violazione dell'art. 3 Cost. per  una
 ingiustificata equiparazione di situazioni profondamente differenti.
   Lo stesso giudice delle leggi, con pronuncia n. 442 del 16 dicembre
 1993,  ha  precisato  che  l'espropriazione legittima e l'occupazione
 acquisitiva  sono  fattispecie  "assolutamente   divaricate   e   non
 comparabili",   evidenziando   che   nella  prima,  il  rispetto  dei
 presupposti  formali  e  sostanziali  del  procedimento   costituisce
 adeguata   garanzia   per   il  privato,  mentre,  nella  seconda  la
 sottrazione al controllo dell'osservanza dei  presupposti  giustifica
 conseguenze piu' gravose per l'ente espropriante.
   Tale  diversita'  e'  stata  ribadita anche di recente dalla stessa
 Corte, con sentenza n. 188 del 23 maggio 1995,  che,  richiamando  la
 giurisprudenza   della  Corte  di  cassazione  a  sezioni  unite,  ha
 affermato che l'acquisto in capo alla pubblica  amministrazione  "del
 nuovo   bene,  risultante  dalla  trasformazione  del  precedente  si
 configura...  come   una   conseguenza   ulteriore,   eziologicamente
 dipendente   non  dall'illecito,  ma  dalla  situazione  di  fatto  -
 realizzazione dell'opera pubblica con conseguente non restituibilita'
 del suolo in essa incorporato - che trova il suo antecedente  storico
 nella  illecita  occupazione  e  nell'illecita destinazione del fondo
 alla costruzione dell'opera stessa".
   Anche  il  legislatore  attrae  la   fattispecie   dell'occupazione
 acquisitiva  nell'ambito  dell'illecito,  tanto  che,  nella norma in
 esame,  distingue  l'indennizzo  dal  risarcimento  del  danno,   pur
 procedendo   al   tempo   stesso   alla   denunziata,  ingiustificata
 equiparazione, in quanto omette di  considerare  il  disvalore  della
 condotta   antigiuridica  dell'occupante  e  i  differenti  punti  di
 equilibrio  che   l'indennizzo   ed   il   risarcimento   del   danno
 rappresentano.
   Invero,  nell'espropriazione  legittima  la  misura dell'indennizzo
 viene  configurata  come  il  punto  di  equilibrio  tra  l'interesse
 pubblico  e  l'interesse  del  singolo proprietario; nell'occupazione
 illegittima il risarcimento del danno viene configurato come il punto
 di equilibrio tra l'interesse  pubblico  al  mantenimento  dell'opera
 gia'  realizzata  e  la  reazione  dell'ordinamento  a  tutela  della
 legalita' violata.
   Nella prima fattispecie rileva la mediazione di cui al terzo  comma
 dell'art.  42  Cost., piu' volte valutata dalla Corte costituzionale;
 nella seconda, mancando un procedimento espropriativo secundum  legem
 (nel rispetto dei presupposti formali e sostanziali che rappresentano
 garanzie  per  il  proprietario,  la  cui eventuale inosservanza puo'
 essere fatta valere), la  proprieta'  privata  -  data  l'assenza  di
 qualsiasi  valutazione comparativa - non puo' che rilevare tout-court
 come  situazione  soggettiva  che   l'ordinamento   deve   proteggere
 prescindendo,  quanto meno, ai fini dell'entita' del risarcimento del
 danno,  dalla  natura  (privata  o  pubblica)  del  soggetto,  autore
 dell'illecito.
   A  quanto  fin  qui  esposto  si  collega il secondo rilievo che e'
 apprezzabile in rapporto alla norma di cui all'art. 42, commi secondo
 e terzo, Cost.  per  l'ingiustificata  compressione  del  diritto  di
 proprieta' che la disposizione in esame comporta.
   Invero,   al  di  fuori  di  una  procedura  espropriativa,  attesa
 l'esclusione  della  retrocessione  del  fondo  privato,  la   tutela
 risarcitoria  si  configura  come  l'unica  forma  di  tutela residua
 offerta ad una situazione di  diritto  soggettivo  costituzionalmente
 prevista  e di fatto violata, in quanto il principio di legalita' non
 consente di legittimare (sia ex post che ex ante) volontari  atti  di
 aggressione  di una posizione soggettiva costituzionalmente garantita
 (quale la  proprieta'  privata),  ricommettendo  ad  essi  le  stesse
 conseguenze,  al  di  fuori  del rispetto della di cui al terzo comma
 dell'art. 42 Cost..
   L'ultimo rilievo attiene alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost..
   La  norma  in  questione,  assicurando   uguaglianza   tra   debito
 risarcitorio  e  debito  indennitario  e  garantendo  di conseguenza,
 l'irresponsabilita' dei pubblici  amministratori  e  funzionari  (che
 hanno  sviato  il  procedimento  di  espropriazione  regolare), avra'
 l'effetto pratico di indurre  la  p.a.  a  preferire  alla  procedura
 espropriativa  comportamenti  di  fatto  contra legem, svincolati dai
 controlli di legittimita', con inevitabile violazione  del  principio
 di buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione.
   Per  quanto  precede, la Corte ritiene non manifestamente infondata
 la questione di legittimita'  costituzionale  del  sessantacinquesimo
 comma  dell'art.  1  della  legge  28  dicembre  1995, n. 549 (che ha
 sostituito il sesto comma dell'art. 5-bis del d.-l. 11  luglio  1992,
 n.  333,  convertito  con modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n.
 359) in riferimento agli artt. 3, comma primo, 42,  commi  secondo  e
 terzo,  e  97 della Costituzione, provvedendo come da dispositivo, ai
 sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
   La Corte di appello di Reggio Calabria sospende il procedimento  in
 corso  e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla Corte
 costituzionale;
   Ordina,  altresi',  che  a  cura  della  cancelleria,  la  presente
 ordinanza sia notificata alle parti ed al  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  e  comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del
 Parlamento.
     Reggio Calabria, addi' 28 marzo 1996
 Il presidente: Adorno
 96C1158