N. 832 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 maggio 1996

                               N. 832
 Ordinanza  emessa  il  15  maggio  1996  dal  pretore  di  Trento nel
 procedimento penale a carico di Dallapiccola Mariano
 Edilizia e urbanistica - Reati edilizi - Sospensione obbligatoria del
 procedimento  penale  fino  all'esaurimento   dei   procedimenti   di
 sanatoria  nonche'  dei ricorsi giurisdizionali avverso il diniego di
 concessione   in   sanatoria   -   Violazione   del   principio    di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale  per la sospensione della stessa
 per un arco di tempo non limitato e di durata imprevedibile.
 (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22, modificato  dal  d.-l.
 25 marzo 1996, n. 154, art. 8, ottavo comma).
 (Cost., art. 112).
(GU n.37 del 11-9-1996 )
 IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   Dallapiccola  Mariano  veniva citato in giudizio, imputato, tra gli
 altri, del reato di cui all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985  (per
 avere, nella qualita' di direttore, realizzato lavori edilizi in zona
 sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico in totale difformita'
 dal  progetto  approvato) nonche' del reato di cui all'art. 12-sexies
 legge n. 431/1985 (per avere, nella stessa  qualita'  di  cui  sopra,
 eseguito   opere   edilizie   in   zona   vincolata   in  assenza  di
 autorizzazione paesaggistica).
                               F a t t o
   Fedel  Domenico,  quale  committente  dei  lavori  di  cui   sopra,
 presentava  al  comune  di  Baselga  di  Pine' domanda di concessione
 edilizia in sanatoria, ex art. 13 legge  n.  47/1985,  per  le  opere
 edilizie in difformita' realizzate.
   Avverso  il provvedimento amministrativo che valutava negativamente
 la richiesta, il Fedel proponeva ricorso al T.R.G.A. di  Trento,  con
 ricorso 29 dicembre 1996.
   Rinviato, nel frattempo, a giudizio (imputato come in atti) insieme
 con  il  Dallapiccola,  Fedel  Domenico avanzava tempestiva richiesta
 (nel termine  di  quindici  giorni  dalla  notifica  del  decreto  di
 citazione,  ex art. 560 c.p.c.) che nei suoi confronti si procedesse,
 davanti al g.i.p., con il rito abbreviato.
   Conseguentemente,    il    processo    proseguiva,    nella    fase
 dibattimentale,    solamente   contro   Dallapiccola   Mariano   che,
 pregiudizialmente, ne chiedeva la sospensione ai sensi  dell'art.  22
 legge n. 47/1985, cosi' come novellato dal decreto-legge n. 154/1996.
                             D i r i t t o
   Ritiene  il  pretore  di  dovere  sollevare  d'ufficio questione di
 costituzionalita' degli artt. 13 e 22 legge n. 47/1985,  quest'ultimo
 come  modificato  dall'art. 8, comma ottavo, del d.-l. 25 marzo 1996,
 n. 154, nella parte in  cui  si  impone  la  sospensione  dell'azione
 penale  finche'  non siano "esauriti i ricorsi giurisdizionali di cui
 al secondo comma" dello stesso art. 22, per contrasto con l'art.  112
 della Costituzione.
                Rilevanza e non manifesta infondatezza
   Non  c'e'  dubbio  alcuno  sul fatto che il ricorso giurisdizionale
 presentato da Fedel Domenico, nella sua qualita' di  committente  dei
 lavori,  debba  valere  a  sospendere, siccome richiesto, il processo
 penale nei confronti  dell'attuale  imputato,  Dallapiccola  Mariano,
 nella  sua qualita' di direttore degli stessi lavori, dal momento che
 con  esso  si  assume  la  piena  conformita'  dell'opera al progetto
 edilizio licenziato e agli altri strumenti urbanistici.
   Le posizioni soggettive del committente e del direttore dei lavori,
 infatti, sono cosi' strettamente ed indissolubilmente  collegate  tra
 di  loro  che  l'eventuale  accoglimento  del ricorso giurisdizionale
 avrebbe inevitabili conseguenze sulla posizione dell'altro.
   E' del tutto evidente, in definitiva, come l'eventuale  sentenziata
 conformita'    dei    lavori   edilizi   contestati   determinerebbe,
 astrattamente, nei confronti dell'attuale imputato, i presupposti per
 un giudizio assolutorio quanto alla sussistenza dei fatti-reato.
   Senonche', l'imposta sospensione del procedimento penale  confligge
 acutamente  con l'art. 112 della Costituzione dal momento che, in tal
 modo,  l'azione  penale  viene  a  rimanere  inerte  per   un   tempo
 indeterminato, illimitato.
   La  Corte  costituzionale  e'  gia' stata investita dell'eccezione,
 vigente l'art. 22 legge n. 47/1985 non modificato.
   Nell'escludere il lamentato vulnus, i giudici del Supremo  Consesso
 ebbero a spiegare che, poicbe' il comma secondo dell'art. 13 legge n.
 47/1985  dispone  che,  trascorsi, sessanta giorni dalla richiesta di
 concessione o di autorizzazione in sanatoria senza che il sindaco  si
 pronunci,   la   richiesta   si  intende  respinta,  il  procedimento
 ammistrativo  poteva  durare  al  massimo   sessanta   giorni   dalla
 richiesta, trascorsi i quali il procedimento era da ritenere esaurito
 con  provvedimento  di  diniego,  per  effetto  del silenzio rifiuto.
 Considerata,  poi,  l'ulteriore  circostanza   che   la   sospensione
 dell'azione   penale   non   doveva  ritenersi  estesa  all'eventuale
 procedimento giurisdizionale instaurato contro  il  provvedimento  di
 diniego,  se  ne  deduceva,  logicamente,  la  mancata violazione del
 precetto costituzionale.
   La nuova formulazione dell'art. 22 legge n. 47/1985, al  contrario,
 immette  nell'ordinamento  proprio  quell'alea della indeterminatezza
 della durata della sospensione del procedimento penale che i  giudici
 costituzionali   si   erano   attivati,  in  via  interpretativa,  ad
 escludere.
   Il ricorso giurisdizionale e', infatti, come e' noto, ad impulso di
 parte  ed  anche  le  cadenze  successive  che  ne   determinano   la
 progressione  sono  il  frutto  della ragionata e calcolata strategia
 processuale dell'interessato.
   Si puo', per tale strada, giungere alla  sospensione  del  processo
 penale  per  lunghezze  di  tempo  incalcolabili, solo che un'attenta
 regia della conduzione del ricorso giurisdizionale presso  i  giudici
 amministrativi   (basti   pensare  al  c.d.  "prelievo"  per  cui  le
 fissazioni delle udienze davanti al Consiglio di Stato  seguono  solo
 alla richiesta sollecitazione di parte) oppure l'utilizzo strumentale
 degli   appesantimenti   che   attualnente   insidiano,   fino   alla
 vanificazione, la celerita' della celebrazione dei processi, si ponga
 l'obiettivo di neutralizzare, procrastinandolo all'infinito,  l'esito
 finale della decisione.
   Non  e'  pleonastico, sotto tale profilo, ricordare come l'esigenza
 di evitare dilazioni, talora pretestuose, all'obbligo che i  giudici,
 assunta  la  cognizione  della  causa  davanti  a  loro, la esaminino
 tempestivamente, senza interferenze di sorta,  provenga  direttamente
 dal diritto romano.
   Nella legislazione novellare giustinianea e' possibile leggere:
   Nov  125:  keleuomen  toinun  medena  ton  dikaston kath'oiondepote
 tropon e chronon epi tais par'autois  protithemenais  dikais  menuein
 pros  ten  emeteran  galenoteta,  all'exetazein teleios to pragma kai
 oper autois dikaion kai nomimon faneie krinein.
   Nov 82: Pas de dikstes... tereito  tous  nomous  kai  kata  toutous
 fereto tas psefous.
   L'art  3 c.p.p., del resto, prevede solo la facolta' per il giudice
 penale,   in   presenza   di   questioni   pregiudiziali    attinenti
 eslusivamente allo stato di famiglia e di cittadinanza, di sospendere
 il procedimento.
   L'art.  8, comma ottavo, d.-l. n. 154/1996, al contrario, introduce
 un caso di sospensione obbligatoria del procedimento  penale,  senza,
 pero',  che nulla venga detto in ordine al valore di pregiudizialita'
 del giudicato amministrativo (tanto piu' infondato nella  materia  in
 esame,  ove  si  ponga  mente  alla  consolidata giurisprudenza della
 suprema Corte di cassazione in ordine al  potere-dovere  del  giudice
 penale   di   accertare   la   sussistenza  dei  presupposti  per  il
 provvedimento sindacale di sanatoria) e, soprattutto, venendo in  tal
 modo  a  determinare una sospensione dell'azione penale assolutamente
 ed inaccettabilmente illimitata.
                               P. Q. M.
   Visto  l'art  23  della  legge  11   marzo   1953,   dichiara   non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt.  13 e 22 della legge n.  47/1985  -  quest'ultimo,  cosi'
 come modificato dall'art. 8, comma ottavo del d.-l. 25 marzo 1996, n.
 15 - in relazione all'art. 112 della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  venga
 notificata  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'
 comunicata ai Presidenti delle due Camere;
   Si comunichi, inoltre, alle parti del processo.
     Trento, addi' 15 maggio 1996
 Il presidente: Pascucci
 96C1161