N. 1189 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 febbraio - 25 settembre 1996

                                N. 1189
  Ordinanza   emessa   l'8   febbraio   1996   (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 25 settembre  1996)  dal  pretore  di  Ferrara  nel
 procedimento penale a carico di Genesini Maurizio
 Ambiente   (tutela   dell')   -  Inquinamento  -  Rifiuti  tossici  -
    Smaltimento  di  rifiuti  tossici  e  nocivi  -  Sottrazione  alla
    disciplina  sanzionatoria  dello  smaltimento di sostanze inserite
    nei listini ufficiali delle camere di commercio -  Reiterazione  a
    catena  dei  decreti-legge  non convertiti - Abuso dello strumento
    del decreto-legge in assenza dei presupposti della  necessita'  ed
    urgenza - Violazione del principio di legalita' e della riserva di
    legge in materia penale.
 (D.-L. 8 gennaio 1996, n. 8).
 (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, e 77).
(GU n.44 del 30-10-1996 )
                              IL PRETORE
                             O s s e r v a
   Il  p.m.  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale in
 ordine all'ipotesi di rilevanza e non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' del d.-l. 8 gennaio 1996, n. 8, nell'intero
 suo testo, per violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione, con
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
   Osserva il pretore che la richiesta e' fondata e ritiene, pertanto,
 di  dover  dichiarare  rilevante  e non manifestamente infondata, per
 violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, la questione di
 legittimita'  costituzionale  del  d.-l.  8  gennaio  1996,   n.   8,
 nell'intero suo testo.
   A tale proposito, si rileva quanto segue:
   -  Nella  fattispecie  concreta  e'  applicabile il d.-l. 8 gennaio
 1996, n.  8  "Disposizioni  in  materia  di  riutilizzo  dei  residui
 derivanti  da  cicli  di  produzione  o  di  consumo  in  un processo
 produttivo o in un processo di combustione,  nonche'  in  materia  di
 smaltimento  dei  rifiuti",  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6
 del 9 gennaio 1996. Esso reitera, nella sostanza, numerosi precedenti
 decreti-legge non convertiti,  l'ultimo  dei  quali  e'  il  d.-l.  8
 novembre 1995, n.  463.
   L'art.  25  cpv.  della  Costituzione  fissa,  tra  gli  altri,  il
 principio della riserva di legge in materia penale.
   E' implicito in tale principio il fatto  che  tutte  le  scelte  di
 politica  criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in
 quanto la rappresentativita' del medesimo si  impone  quale  garanzia
 contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti,
 un  centro  dialettico  della  maggioranza  e  delle  minoranze  e le
 decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli
 critici.
   L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte
 attraverso  decreti  legislativi  o  decreti-legge  e'  connessa alla
 circostanza che, in entrambi i casi, si  realizzi  e  sia  assicurato
 l'intervento del Parlamento in posizione sovraordinata.
   Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso
 la  delegazione,  la prerogativa dell'iniziativa e delle fondamentali
 scelte politiche, con  controllo  della  Corte  costituzionale  anche
 sulla   conformita'   di   tali   atti  normativi  ai  criteri  della
 delegazione.  I decreti-legge sono, invece, provvedimenti provvisori,
 destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77,
 ultimo comma, della Costituzione, ad essere convertiti in legge  o  a
 perdere efficacia ex tunc.
   In   materia   penale   cio'   significa   che  ai  reati  commessi
 anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge  non
 convertito,   si  applica  la  normativa  precedente,  in  quanto  un
 decreto-legge convertito e' privo  di  effetto  fin  dall'inizio.  La
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  19  febbraio  1985, n. 51, ha,
 infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto  come
 dell'art.  2  del  c.p.,  nella parte in cui rendeva applicabili alle
 ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata  conversione  di
 un  decreto-legge  recante  norme  piu'  favorevoli)  le disposizioni
 contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale  questione
 rileva  poiche'  il  decreto-legge.    in oggetto potrebbe non essere
 convertito.
   Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge in
 materia  penale  oltre  che  talora  inopportuno  in  relazione  alla
 complessita'  e  alla  delicatezza delle questioni trattate, presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi della necessita', ed urgenza. Lo stesso, inoltre, essendo  in
 una  posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie della
 certezza del diritto.
   Si  osserva  che,   nella   materia   in   questione,   invece,   i
 decreti-legge,  con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati
 a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto
 con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la  carenza
 dei  requisiti  della  "necessita'  ed  urgenza".  Ora se puo' essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono  venuti
 meno  ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
   Inoltre, con la  continua  ed  ininterrotta  reiterazione  di  vari
 decreti-legge   mai   convertiti  si  e'  realizzata,  di  fatto,  la
 sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza e dispone in
 materia   penale,   con   l'inammissibile   assunzione    da    parte
 dell'esecutivo  del relativo potere di bilanciamento e di valutazione
 degli interessi che, in materia penale, e'  di  esclusiva  competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
   Ancora,  la  prassi della reiterazione dei decreti-legge in materia
 penale, ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre  al
 Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, della
 Costituzione  "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
 base dei decreti non convertiti". E' evidente che, se la reiterazione
 dei  decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si potranno
 determinare effetti definitivi quale il giudicato,  non  modificabili
 in  sede  giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei
 diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva  dalla  disparita'  di
 trattamento  che  potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche,
 ma  commesse  e/o  giudicate  sotto  la   vigenza   di   un   diverso
 decreto-legge, vengono diversamente giudicate.
   Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non
 puo'   essere   definito,   allo  stato  e  vigenti  i  principi  del
 decreto-legge  n.  8/1996  in  esame,  in  modo  indipendente   dalla
 risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita'  costituzionale  del  d.-l.  8  gennaio  1996,   n.   8,
 concernente  "Disposizioni  in  materia  di  riutilizzo  dei  residui
 derivanti da  cicli  di  produzione  o  di  consumo  in  un  processo
 produttivo  o  in  un  processo di combustione, nonche' in materia di
 smaltimento dei rifiuti", con riferimento agli artt. 3,  25,  secondo
 comma, e 77 della Costituzione;
   Sospende  il processo in corso e dispone la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al
 Presidente della Camera del deputati  ed  al  Presidente  del  Senato
 della Repubblica.
     Ferrara, addi' 8 febbraio 1996
                           Il pretore: Canu
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