N. 1197 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 1996

                                N. 1197
  Ordinanza  emessa  il  2  maggio  1996  dal  tribunale di Savona nel
 procedimento civile vertente  tra  Curatela  Arena  Alessandro  e  il
 comune di Celle Ligure
 Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione
    delle  indennita'  espropriative  per la realizzazione di opere da
    parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media  tra
    il  valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la
    riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) -
    Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura  dei
    risarcimenti  dovuti  in  conseguenza  di  illegittime occupazioni
    acquisitive  -  Ingiustificata  deroga  al  principio  civilistico
    dell'integrale   risarcimento   del  danno  da  parte  dell'autore
    dell'illecito  -  Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle
    espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo -  Incidenza
    sul  diritto  di proprieta' e sui principi di imparzialita' e buon
    andamento della p.a.
 (D.-L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis,  comma  6,  convertito  in
    legge  8  agosto  1992, n. 359, modificato dalla legge 28 dicembre
    1995, n. 540 (recte: n. 549), art. 1, comma 65).
 (Cost., artt. 3, 42 e 97).
(GU n.44 del 30-10-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  civile   n.
 1744/1985,  promossa  da  Curatela  Arena  Alessandro  avv. Chiarenza
 Carassale contro comune di Celle Ligure, contumace.
                            Fatto e diritto
   Con atto di citazione notificato il  1  agosto  1985  l'avv.  Romeo
 Pastrengo,  in  qualita'  di curatore nominato ai sensi dell'art. 508
 c.c nell'eredita' di Alessandro Arena  (accettata  con  beneficio  di
 inventario),  conveniva  in  giudizio, davanti a questo tribunale, il
 comune di Celle Ligure, esponendo: che l'eredita' era proprietaria di
 un immobile sito in Celle Ligure, via Gioia,  ricompreso  in  un'area
 interessata  da  un  progetto di opera pubblica per la sistemazione a
 parcheggio, approvato con delibera  del  consiglio  comunale  del  18
 dicembre   1980;  che  il  predetto  terreno  era  stato  oggetto  di
 occupazione di urgenza, i cui termini erano scaduti, senza che  fosse
 intervenuto  un  formale  provvedimento  espropriativo;  che, a causa
 dell'irreversibile  destinazione  dell'immobile,  in  assenza  di  un
 formale  provvedimento  di  espropriazione  o  comunque a causa della
 sopravvenuta inefficacia della dichiarazione  di  pubblica  utilita',
 l'eredita'  aveva  diritto  al  risarcimento  dei danni subiti per la
 perdita  della  proprieta',  da   commisurarsi   al   valore   venale
 dell'immobile  ed  alla sua mancata disponibilita' a decorrere dal 23
 gennaio 1983.
   Concludeva chiedendo la condanna  in  tal  senso  del  comune,  con
 vittoria delle spese di causa.
   Si    costituiva    in    giudizio    il    convenuto,   sostenendo
 l'inammissibilita' e l'infondatezza della domanda attrice,    di  cui
 chiedeva  il  rigetto,  con  vittoria  di  spese,  eccependo altresi'
 l'intervenuta prescrizione del diritto azionato  dall'attore.
   Veniva disposta consulenza tecnica al fine di accertare l'effettiva
 esecuzione  delle  opere  indicate  in  citazione,  la  irreversibile
 trasformazione dell'immobile dell'attore ed il suo valore venale alla
 data del 23 gennaio 1983.
   Le   parti   precisavano   le  conclusioni  e  la  causa,  chiamata
 all'udienza collegiale dell'11  maggio  1990,  veniva  interrotta  in
 seguito al decesso del difensore del convenuto.
   Tempestivamente  riassunta  veniva  quindi  assegnata  in decisione
 all'udienza collegiale del 26 febbraio 1993.
   Con successiva ordinanza il collegio, ritenendo necessario chiedere
 chiarimenti al consulente tecnico  in  ordine  alla  valutazione  del
 valore   dell'immobile,   rimetteva   la  causa  davanti  al  giudice
 istruttore.
   Precisate  nuovamente  le  conclusioni,  la  causa  veniva   quindi
 assegnata in decisione all'udienza collegiale  del 19 aprile 1996.
   Tutto cio' premesso, il collegio preliminarmente deve dichiarare la
 contumacia  del  comune  convenuto,  in quanto non vi e' agli atti il
 fascicolo di parte, contenente la procura  rilasciata  al  difensore,
 ne'  risulta  dai  verbali  di  causa,  che  sia  stata in precedenza
 verificata la regolarita' della sua costituzione in giudizio.
   Nel  merito  ritiene  il  collegio  che  la  pretesa   risarcitoria
 dell'attore    sia   fondata,   in   quanto,   quando   la   pubblica
 amministrazione  occupa  un  fondo  di  proprieta'  privata  per   la
 costruzione   di   un'opera   pubblica  e  tale  occupazione  divenga
 illegittima per il decorso dei termini,  la  radicale  trasformazione
 del  fondo,  con  l'irreversibile  sua  destinazione  al  fine  della
 costruzione dell'opera pubblica, comporta l'estinzione del diritto di
 proprieta' del  privato  e    l'acquisizione  contestuale,  a  titolo
 originario,  della  proprieta' del bene in capo all'ente pubblico, ed
 inoltre   costituisce un fatto illecito  (istantaneo,  sia  pure  con
 effetti  permanenti) che abilita il privato a chiedere la condanna al
 risarcimento  del  danno  derivante  dalla  perdita  del  diritto  di
 proprieta'  (v.  Cass. sez. u. 26 febbraio 1983, n. 1464 e Cass. sez.
 u. 9 marzo 1983, n. 1754).
   La suprema Corte ha evidenziato che, quando  sia  stato  emesso  un
 decreto  autorizzativo  dell'occupazione  temporanea e d'urgenza e la
 trasformazione del  bene  occupato  sia  intervenuta  nel  corso  del
 periodo  di  occupazione  legittima, il fatto illecito, si perfeziona
 alla data della scadenza dell'occupazione legittima, non  seguita  da
 espropriazione  (v.  Cass. 10 aprile 1985, n. 2369, Cass. 11 dicembre
 1987, n. 9173 e Cass. 28 marzo 1990, n. 2535).
   Ora, nel caso di specie, emerge in primo luogo che  l'irreversibile
 trasformazione  del  fondo  dell'attore  si  e' verificata durante il
 periodo di occupazione legittima e che tale occupazione  e'  divenuta
 successivamente  illegittima,  allo  scadere  del  termine  per  essa
 previsto,   senza   che   sia   intervenuto    alcun    provvedimento
 espropriativo.
   Ne  consegue  che,  essendosi  perfezionato  il  fatto illecito, il
 comune e' tenuto al  risarcimento  del  danno  subito  dall'attore  e
 rappresentato dalla perdita della proprieta' del bene.
   In  ordine  alla  quantificazione  di  tale danno si deve osservare
 come, nelle more del giudizio, la materia abbia subito una evoluzione
 normativa.
   E' noto infatti che l'art. 5-bis  del  decreto-legge  n.  333/1992,
 convertito con legge n. 359/1992 - che prevede, per la determinazione
 dell'indennita'  nelle  espropriazioni preordinate alla realizzazione
 di opere di pubblica utilita',  l'applicazione  dell'art.  13,  terzo
 comma,  della  legge  n.  2892/1985,  sostituendo ai fitti coacervati
 dell'ultimo decennio, il reddito dominicale rivalutato, di  cui  agli
 artt. 24 e seguenti del testo unico n. 917/1986 e riducendo l'importo
 del  40%  - e' stato modificato dall'art. 1, comma 65, della legge n.
 549/1995, con l'estensione dell'ambito di applicazione del menzionato
 criterio anche in tema di risarcimento dei danni.
   Ed  infatti  il  nuovo  testo  del  citato  sesto   comma   risulta
 attualmente cosi' formulato:
     "Le  disposizioni  di  cui  al  presente articolo si applicano in
 tutti i casi  in  cui  non  sono  ancora  stati  determinati  in  via
 definitiva  il  prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o il risarcimento
 del danno, alla data di entrata in vigore della legge di  conversione
 del presente decreto".
   Non  vi  e'  dubbio  che la modifica legislativa, pur incidendo sul
 predetto comma, che prevede la  disciplina  transitoria,  ha  esteso,
 mediante  il richiamo fatto alle precedenti disposizioni, i parametri
 di liquidazione ivi previsti alle ipotesi di risarcimento dei danni.
   L'uso della congiunzione disgiuntiva "o" rende poi la  disposizione
 operante  anche  nei  casi in cui venga chiesta, come nell'ipotesi di
 accessione invertita, esclusivamente la condanna al risarcimento  dei
 danni.
   Inoltre  il criterio stabilito dall'articolo in commento, prendendo
 come primo parametro  di  riferimento  -  per  effetto  del  richiamo
 all'art.  13, terzo comma della legge n. 2892/1985 - il valore venale
 del  fondo,  limita l'operativita' della norma al danno, tipico della
 accessione invertita, che si concreta  nella  privazione,  per  fatto
 illecito, della proprieta' del fondo.
   Ne   consegue   che   la  disciplina  in  commento  deve  ritenersi
 applicabile alla presente fattispecie.
   Senonche'  il  collegio  ritiene  non  palesemente   infondata   la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'articolo in commento,
 gia' sollevata da altri giudici di merito, con riferimento agli artt.
 3, 42 e 97 della Costituzione.
   Cio' per le seguenti considerazioni:
     1) perche' applicando gli stessi parametri di liquidazione per le
 ipotesi di ablazione lecite ed illecite si determina  un  trattamento
 uguale di situazioni profondamente diverse, discriminando il soggetto
 che subisce una espropriazione di fatto, per effetto della accessione
 invertita,  da  colui  che  e'  sottoposto  a  regolare  procedimento
 espropriativo, che puo' intervenire nella procedura,  concordare  una
 cessione   bonaria,   a   condizioni   per  lui  economicamente  piu'
 vantaggiose ed  avvalersi  delle  garanzie  giurisdizionali  previste
 contro l'operato della pubblica amministrazione;
    2)  perche'  applicando  i  criteri  indennitari  alle  ipotesi di
 illecita ablazione dell'immobile, si fa a luogo  ad  un  risarcimento
 parziale  del  danno, in deroga al principio generale di cui all'art.
 2043 c.c., discriminando colui che perde la proprieta' del  bene  per
 effetto  di  accessione invertita rispetto al soggetto che subisce un
 altro illecito extracontrattuale;
     3) perche', applicando i parametri di  cui  all'art.  5-bis  alla
 accessione  invertita si determina una espropriazione di fatto, al di
 fuori dei casi e delle procedure previsti dalla legge;
     4)  perche'  la  parificazione  delle  conseguenze   patrimoniali
 derivanti  dalla  ablazione  lecita  ed  illecita della proprieta' fa
 venir meno la principale remora al compimento  di  atti  illeciti  da
 parte  della  p.a.,  violando  il  principio  del  buon  andamento  e
 dell'imparzialita' dell'azione amministrativa.
                               P. Q. M.
   Dichiara la contumacia del comune di Celle Ligure;
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 5-bis, comma 6  del d.-l. 11 luglio 1992, n.
 333,  convertito  con  legge  8  agosto  1992,  n.  359,  cosi'  come
 modificato dall'art. 1, comma 65, legge 28  dicembre  1995,  n.  540,
 nella  parte  in  cui  estende  l'applicazione  dei  criteri  per  la
 determinazione dell'indennita' di espropriazione legittima ai casi in
 cui l'attore domandi la condanna del convenuto al risarcimento    del
 danno,   consistente  nella  privazione,  per  fatto  illecito  della
 pubblica  amministrazione, della proprieta' del fondo, in riferimento
 agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione;
   Sospende il presente giudizio, ordinando la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  venga
 notificata  alle  parti,  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata al Presidente dei due rami del Parlamento.
     Savona, addi' 2 maggio 1996
                         Il presidente: Soave
 96C1643