N. 357 SENTENZA 14 - 22 ottobre 1996

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Elezioni - Regione Calabria  -  Elettorato  passivo  -  Giudizio  sui
 ricorsi  in  tema di ineleggibilita' ed incompatibilita' promossi dai
 cittadini  elettori   nei   confronti   dei   consiglieri   regionali
 indipendentemente  dalla  pendenza  presso il Consiglio regionale del
 relativo procedimento amministrativo - Presunta invasione della sfera
 di  competenza  regionale  a  seguito  di  decisione  di  un   organo
 giurisdizionale  dello  Stato (tribunale) - Riferimento alla sentenza
 della Corte n. 235/1989 - Autonomia dell'azione di fronte al  giudice
 -  Esistenza di interessi di ordine generale - Diversita' di livello,
 di  finalita',  di  forme  e  di  competenze  tra  azione  di  fronte
 all'autorita'  giudiziaria  e  la    procedura di fronte al Consiglio
 regionale - Spettanza allo Stato.
 
(GU n.44 del 30-10-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici: prof. Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,    dott.  Renato
 GRANATA,
  prof.  Giuliano  VASSALLI,    prof. Francesco GUIZZI,   prof. Cesare
 MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.
 Cesare RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio promosso con ricorso della Regione Calabria, notificato
 il 22 maggio 1996, depositato in cancelleria l'11  giugno  1996,  per
 conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della sentenza n. 503 del
 6-14 marzo 1996 del Tribunale  di  Catanzaro  che  ha  dichiarato  la
 decadenza  del  consigliere  regionale  Pietro  Fuda ed ha proclamato
 l'elezione del primo dei non eletti Francesco G. Minniti, iscritto al
 n. 18 del registro conflitti 1996;
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 1 ottobre 1996 il giudice relatore
 Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi l'avvocato Raffaele Mirigliani  per  la  Regione  Calabria  e
 l'avvocato  dello  Stato  Plinio  Sacchetto  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
 Ritenuto in fatto
   1. -  Con ricorso notificato il 22 maggio 1996  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  nella sua sede, la Regione Calabria solleva
 conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla
 sentenza n. 503 del 6-14 marzo 1996 del Tribunale di Catanzaro di cui
 chiede l'annullamento.
   Premette in fatto che, con deliberazione  n.  77  del  26  febbraio
 1996,  il Consiglio regionale, in accoglimento della istanza proposta
 da  un  cittadino  elettore,  aveva  contestato  ad  un   consigliere
 regionale   (sig.   Pietro   Fuda)   il   ricorrere  della  causa  di
 incompatibilita' per lite pendente prevista dall'art. 7, comma  terzo
 e  seguenti,  della  legge 23 aprile 1981, n. 154 ed aveva, all'uopo,
 concesso  al predetto consigliere dieci giorni di tempo per formulare
 osservazioni  o  per  eliminare  la  causa  di  incompatibilita'   in
 questione. Successivamente, con deliberazione n. 81 del 14 marzo 1996
 lo  stesso  Consiglio  regionale, preso atto che il consigliere aveva
 "eliminato la sua condizione di incompatibilita' per lite  pendente",
 aveva confermato la elezione di questi a consigliere regionale.
   Nello  stesso  tempo,  il  Tribunale  di  Catanzaro,  cui era stata
 prospettata e documentata la pendenza della procedura  amministrativa
 di  cui  si  e'  detto,  adi'to  da  altro  cittadino elettore per la
 medesima causa di incompatibilita', aveva con  sentenza  n.  503  del
 6-14  marzo  1996  dichiarato  la  decadenza  del  consigliere Fuda e
 proclamato la elezione del primo dei non eletti,  sig.  Francesco  G.
 Minniti.
   Cio'  stante,  la Regione ricorrente ritiene tale sentenza invasiva
 della propria competenza  in  materia  di  convalida  elettorale  dei
 consiglieri regionali.
   Ricordato  che  la  legge  n.  154  del 1981 ha riordinato l'intero
 sistema delle ineleggibilita' e delle incompatibilita' in vista  "del
 superamento  degli  inutili  rigorismi e delle irragionevolezze della
 precedente legislazione", che mortificavano in modo ingiustificato  e
 sproporzionato  il  responso  elettorale  e  il diritto di elettorato
 passivo costituzionalmente garantito, la ricorrente osserva  che  tra
 le  innovazioni  essenziali  deve  essere  considerata l'introduzione
 della fase del procedimento  amministrativo  che  si  svolge  per  la
 contestazione  ed  eventuale  rimozione  di quelle cause ostative che
 costituiscono semplici fonti di pericolo per  il  corretto  esercizio
 delle  funzioni  dell'eletto,  senza  incidere  sulla regolarita' del
 procedimento elettorale.
   La Regione non ignora la  giurisprudenza  ordinaria,  la  quale  ha
 ritenuto,  pur  dopo  l'entrata  in  vigore  della  nuova  legge,  la
 permanenza   dell'azione   diretta   (c.d.    popolare)    in    sede
 giurisdizionale,   per  la  declaratoria  della  decadenza,  prevista
 dall'art. 9-bis del testo unico 16 maggio 1960, n.  570,  ma  ritiene
 che  il  sistema  normativo  debba essere interpretato nel senso che,
 qualora  il  procedimento  amministrativo  sia,  come  nella  specie,
 instaurato  -  e  sia quindi eliminato il rischio che il procedimento
 non venga nemmeno avviato o ne sia rimessa  la  conclusione  al  solo
 organo   amministrativo  -  in  tal  caso  l'azione  diretta  diventa
 improponibile o, se gia' proposta, improcedibile sino  all'esito  del
 procedimento amministrativo innanzi al Consiglio regionale.
   Diversamente,  si  avrebbe  invasione  della  sfera  di  competenza
 regionale,  garantita  dall'art.  115  della  Costituzione,  per   un
 "aspetto       essenziale      attinente      alla      costituzione,
 all'autoorganizzazione e al funzionamento" di propri organi,  nonche'
 violazione  dell'art.  51 della Costituzione, che tutela l'elettorato
 passivo  e  l'esercizio  delle  cariche  elettive  in  presenza   dei
 requisiti  di  legge, essendosi il Tribunale rifiutato di considerare
 la pendenza del procedimento amministrativo di cui all'art. 7  citato
 e  di  consentirne  la  conclusione,  "salvo il successivo intervento
 dell'autorita' giudiziaria" che puo' sopravvenire soltanto "in via di
 eventuale impugnativa".
   2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  per  il  tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 rilevando che,  dopo  qualche  incertezza,  la  giurisprudenza  della
 Cassazione ha affermato la concorrenza dei due rimedi, amministrativo
 e  giurisdizionale,  in  quanto rispondenti a presupposti e finalita'
 diversi, cosi'  come  sottolineato  anche  da  pronunce  della  Corte
 costituzionale  (sentenza  n.  235  del  1989). Osserva quindi che la
 Regione, anziche' confidare "sul successivo intervento dell'autorita'
 giudiziaria in via di eventuale impugnativa", - secondo la tesi della
 stessa ricorrente - ha proposto ricorso per conflitto limitandosi  ad
 evocare,  oltre  che  genericamente l'art. 115, anche l'art. 51 della
 Costituzione, ovverosia la norma  che  tutela,  in  via  diretta,  un
 diritto  fondamentale  dei  cittadini,  garantito  proprio  da quella
 azione  giudiziaria  che   la   Regione   intende   ora   contestare.
 Conclusivamente  chiede  che,  in  dipendenza di cio', il ricorso sia
 dichiarato inammissibile o comunque respinto nel merito.
 Considerato in diritto
   1. -  La Regione Calabria si duole che il Tribunale  di  Catanzaro,
 con  la sentenza n. 503 del 1996, abbia dichiarato l'incompatibilita'
 e quindi la decadenza di  un  consigliere  regionale,  in  seguito  a
 ricorso  promosso da un cittadino elettore a norma degli artt. 9-bis,
 terzo comma, del decreto del Presidente della  Repubblica  16  maggio
 1960,  n.  570  (Testo  unico  delle  leggi  per la composizione e la
 elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) e 19, secondo e
 terzo comma, della legge 17 febbraio  1968,  n.  108  (Norme  per  la
 elezione  dei  Consigli  regionali  delle Regioni a statuto normale),
 indipendentemente dalla circostanza che, nei confronti  del  medesimo
 consigliere  fosse  in  corso,  di  fronte al Consiglio regionale, la
 procedura  di  contestazione  della  causa  d'incompatibilita'  e  di
 eventuale  rimozione  della  stessa  ai fini della convalida, a norma
 dell'art. 7, commi da tre a otto, della legge 23 aprile 1981, n.  154
 (Norme in materia di ineleggibilita' ed incompatibilita' alle cariche
 di  consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e
 in materia di incompatibilita' degli addetti  al  Servizio  sanitario
 nazionale).
   Ritiene   la   Regione   Calabria   che   tale  sovrapposizione  di
 procedimenti e di pronunce determini una lesione della propria  sfera
 di attribuzioni costituzionali, quali risulterebbero dagli artt. 51 e
 115  della  Costituzione,  e propone quindi conflitto di attribuzioni
 nei confronti dello Stato in ordine alla sentenza  del  Tribunale  di
 Catanzaro.
   2. - Il ricorso e' infondato.
   2.1.   -   La   Regione   Calabria  non  contesta  radicalmente  la
 giurisdizione del giudice ordinario in materia di  ineleggibilita'  e
 incompatibilita',  ne'  l'azione diretta dei cittadini elettori volta
 ad attivarla. Rileva,  invece,  l'interferenza  che  l'incondizionato
 esercizio  di  tale  giurisdizione determinerebbe con la funzione del
 Consiglio regionale di contestazione della causa di incompatibilita',
 di delibera definitiva sulla  stessa,  di  invito  all'interessato  a
 rimuoverla  e  di  eventuale  dichiarazione  di  decadenza  (funzione
 prevista dall'art. 7, commi da tre a otto, della  legge  n.  154  del
 1981).  Sostiene  la  ricorrente  che,  per  garantire  la  sfera  di
 attribuzioni del Consiglio regionale, dovrebbe affermarsi  -  per  il
 caso  in  cui  sia  pendente  il  procedimento di fronte al Consiglio
 regionale  medesimo  -  l'esistenza  di  una  causa   temporanea   di
 improponibilita'   o   di  improcedibilita'  dell'azione  diretta  al
 Tribunale prevista dall'art.   9-bis, terzo comma,  del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  n.    570 del 1960, ovvero l'esclusiva
 ricorribilita' contro la  decisione  del  Consiglio  regionale  sulla
 esistenza della causa di incompatibilita' contestata.
   La  procedura  di  convalida  presso  il  Consiglio  regionale e il
 giudizio di fronte al Tribunale - per quanto attivabili entrambi  per
 iniziativa  di  cittadini  elettori,  estranei al Consiglio stesso, e
 orientati in definitiva allo  scopo  comune  dell'eliminazione  delle
 situazioni  di  incompatibilita'  e  di  ineleggibilita' previste dal
 legislatore, in cui versino i consiglieri  -  si  svolgono  su  piani
 diversi, mirando a finalita' immediate anch'esse diverse: la verifica
 del   titolo  di  partecipazione  all'organo  collegiale  a  opera  e
 nell'interesse dell'organo stesso alla propria regolare composizione,
 la prima; la garanzia del rispetto delle cause di  ineleggibilita'  e
 incompatibilita'   nell'interesse  della  generalita'  dei  cittadini
 elettori e a opera della Autorita' giudiziaria, la seconda.
   Questo spiega la concorrenza delle due distinte garanzie in  ordine
 alle  cause  di  incompatibilita'  e  di ineleggibilita', concorrenza
 ormai pacificamente riconosciuta nella giurisprudenza della Corte  di
 cassazione  e  giudicata  conforme alla Costituzione da questa stessa
 Corte nella sentenza  n.  235  del  1989,  ove  si  e'  chiarito  che
 l'autonomia  dell'azione  di  fronte al giudice - pur in presenza del
 procedimento   di   contestazione   dell'incompatibilita'   e   della
 possibilita' di rimediarvi, che la legge consente all'interessato nel
 medesimo procedimento - dipende dall'esistenza di interessi di ordine
 generale  circa la garanzia piu' tempestiva possibile della legittima
 composizione  degli  organi   elettivi   e   dalla   necessita'   che
 l'attivazione  di  tale  garanzia  obiettiva  non  sia paralizzata da
 iniziative e procedure concorrenti, quali quelle che si  svolgono  di
 fronte  ai  consigli  elettivi  (analogamente, la sentenza n. 113 del
 1993 relativa al giudizio del giudice amministrativo  su  ricorsi  in
 materia   di   operazioni  elettorali,  proposti  prescindendo  dalla
 convalida dei risultati).
   Tanto basta a escludere che sussista la  pretesa  violazione  delle
 norme  costituzionali  sulla  distribuzione  delle  competenze tra lo
 Stato  e  la  Regione  e,  in  particolare,   dell'art.   115   della
 Costituzione,  indipendentemente  dalla  genericita'  del  richiamo a
 questa disposizione.
   2.2. - Il conflitto  proposto  dalla  Regione  Calabria,  tuttavia,
 sollevando  un  problema  di  coordinamento tra la disciplina dei due
 anzidetti procedimenti, innanzi al giudice (a norma  dell'art.  9-bis
 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  570 del 1960) e
 innanzi al Consiglio regionale (a norma dell'art. 7, commi da  tre  a
 otto,  della  legge  n.  154  del  1981),  presenta anche una diversa
 valenza, resa manifesta dal riferimento fatto nel ricorso all'art. 51
 della  Costituzione.  Nella  prospettazione  della   ricorrente,   la
 garanzia del proprio ambito di competenza costituzionale si intreccia
 con  il rispetto da parte della legge del diritto elettorale passivo.
 Tale diritto sarebbe leso perche' la decadenza direttamente  disposta
 dal  Tribunale  vanificherebbe il procedimento previsto dal ricordato
 art.  7,  commi  da  tre  a  otto,  della  legge  n.  154  del  1981,
 procedimento  mirante  in  primo  luogo alla rimozione della causa di
 incompatibilita' e, solo eventualmente e  come  extrema  ratio,  alla
 dichiarazione di decadenza.
   Ma   l'anzidetta   commistione   di   prospettive   -  resa  palese
 dall'eterogeneita'   dei   parametri   costituzionali   invocati    -
 rappresenta  una forzatura del giudizio per conflitto di attribuzioni
 promosso dalla Regione nei confronti dello Stato, nel quale le  norme
 costituzionali  di  riferimento  che  possono  venire direttamente in
 rilievo  sono  solo  quelle   relative   alla   distribuzione   delle
 competenze.  Escluso,  di  per  se'  -  a  causa  della diversita' di
 livello, di finalita' e  quindi  di  forme  e  di  competenze  -  che
 l'incondizionata  concorrenza  tra  l'azione  di fronte all'autorita'
 giudiziaria ordinaria e la procedura di fronte al Consiglio regionale
 determini  una  lesione  delle  attribuzioni   costituzionali   della
 Regione,  il  riferimento  all'art.  51  della  Costituzione  e  alla
 garanzia ivi prevista del diritto di  elettorato  passivo  mostra  il
 carattere  artificioso,  per  questo aspetto, del conflitto in esame.
 Il ricorso della Regione per conflitto di attribuzioni, in casi  come
 quello  presente,  apparirebbe  un  improprio  strumento di sostegno,
 rispetto all'esito di una procedura giudiziaria, delle aspettative di
 un suo consigliere, strumento  che,  al  contrario,  varrebbe  contro
 quelle  del  candidato  il  quale, eventualmente, dovesse prendere il
 posto del primo, una volta riconosciutane l'incompatibilita'.
   Una norma  come  l'art.  51  della  Costituzione,  che  dispone  in
 generale  sui diritti politici dei cittadini, male si presta a essere
 fatta valere dalla Regione in  sede  di  conflitto  di  attribuzioni.
 Essa,  correttamente,  puo'  essere  invocata  se mai da chi ne abbia
 interesse nel  giudizio  sulle  leggi:  cio'  che  per  l'appunto  e'
 avvenuto  nel  caso  di  specie  quando,  nel  giudizio  di fronte al
 Tribunale di Catanzaro, e'  stata  proposta  -  sia  pure  con  esito
 negativo,   essendosene  ritenuta  in  quell'occasione  la  manifesta
 infondatezza   -   la   questione   incidentale    di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  9-bis  del  decreto  del  Presidente della
 Repubblica  n.  570  del  1960,  in  riferimento  all'art.  51  della
 Costituzione.  Il  che  conferma  -  per  questo  suo  aspetto  -  la
 strumentalita' del presente ricorso, quale impropria  alternativa  al
 giudizio sulle leggi.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  spetta  allo  Stato  e,  per  esso,  alla  Autorita'
 giudiziaria il giudizio sui ricorsi  in  tema  di  ineleggibilita'  e
 incompatibilita'  promossi  dai  cittadini elettori nei confronti dei
 consiglieri regionali, indipendentemente  dalla  pendenza  presso  il
 Consiglio  regionale del procedimento di cui all'art. 7, commi da tre
 a otto, della legge 23 aprile 1981, n. 154.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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