MINISTERO DELL'INTERNO

CIRCOLARE 30 ottobre 1996, n. 1763 

  Requisiti  dell'ottima  condotta  e  della buona condotta. Sentenze
numeri 440/1993 e 311/1996 della Corte costituzionale.
(GU n.277 del 26-11-1996)
 
 Vigente al: 26-11-1996  
 

                                   Ai prefetti della Repubblica
                                  Al commissario del Governo  per  la
                                  provincia di Trento
                                  Al  commissario  del Governo per la
                                  provincia di Bolzano
                                  Al    presidente    della    giunta
                                  regionale della Valle d'Aosta
                                  Al  commissario  dello  Stato nella
                                  regione siciliana
                                  Al rappresentante del Governo nella
                                  regione sarda
                                  Al commissario  del  Governo  nella
                                  regione Friuli-Venezia Giulia
                                  Ai  commissari  del  Governo  nelle
                                  regioni a statuto ordinario
                                  Al presidente della commissione  di
                                  coordinamento nella Valle d'Aosta
                                  Ai questori della Repubblica
                                    e, per conoscenza:
                                  Al  Comando  generale dell'Arma dei
                                  carabinieri
                                  Al Comando generale del Corpo della
                                  Guardia di finanza
 La Corte costituzionale, con la sentenza  25  luglio  1996  n.  311,
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale - prima serie speciale - n. 31,
del  31  luglio  u.s.,  ha  dichiarato  la  parziale   illegittimita'
dell'art. 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nella
parte  in  cui  (al  n.  5)  prescrive per il rilascio del decreto di
nomina a guardia  giurata  il  possesso  del  requisito  dell'"ottima
condotta politica e morale".
  L'Alta  Corte  ha  preliminarmente  osservato  come,  in  linea  di
principio,  sia  pienamente  ammissibile  condizionare  l'accesso  ai
pubblici  impieghi  ovvero  il  conseguimento  di  atti autorizzatori
all'esistenza in capo all'interessato di requisiti, quali  quello  in
parola  o  di  analoga  natura,  valutabili  sulla base di condotte e
comportamenti non necessariamente a rilevanza penale.
  Tuttavia questo apprezzamento deve  tener  conto  dei  principi  di
liberta' di pensiero e di opinione, di uguaglianza e del diritto alla
difesa  sanciti  dalla  Costituzione  e  ribaditi in diverse sentenze
intervenute sulla materia.
  Sulla base di cio' la Corte costituzionale ha ritenuto  che  l'art.
138  del  testo unico delle leggi di pubblica sicurezza presenti vizi
di legittimita' sotto tre diversi profili.
  In primo luogo, esso e' stato  censurato  nella  parte  in  cui  fa
riferimento  ad  una "buona condotta politica", inconciliabile con il
divieto di discriminazione delle opinioni  politiche  ed  ideologiche
espresso,  in  linea generale dall'art. 3, commi 1 e 2, e confermato,
in relazione a specifici diritti, dagli articoli 18, 21, 22, 49 e  98
della stessa Costituzione.
  In  secondo luogo, la norma in parola eccede i limiti sanciti dalla
Costituzione  nella  parte  in  cui  stabilisce  come  parametro   di
valutazione  una  generica  condotta  morale,  consentendo  cosi'  di
giudicare la personalita' dell'interessato su aspetti che  riguardano
esclusivamente  la  vita  privata.  Al  contrario  il  prefetto  deve
limitare la propria valutazione  a  quegli  aspetti  della  moralita'
della  persona  che  hanno  una  concreta  incidenza nella attitudine
dell'individuo a ricoprire i compiti di guardia giurata.
  In terzo ed ultimo luogo, si e' ritenuto illegittimo l'articolo  in
questione  nella  parte  in  cui  prescrive  per l'approvazione della
nomina a guardia giurata il requisito dell'"ottima condotta",  mentre
per  l'accesso  ai  corpi  di  polizia  viene  richiesto  soltanto il
requisito minore della "buona condotta".
  Tenuto conto di cio', la Corte costituzionale, dopo  aver  rilevato
nei  termini suddetti l'incostituzionalita' dell'art.  138, n. 5, del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ha  precisato  che  le
competenti  autorita' amministrative, nelle more di un intervento del
legislatore, applicheranno la norma suddetta nei  limiti  esplicitati
nella motivazione della sentenza.
  Cio'  premesso,  sembra opportuno svolgere alcune considerazioni al
fine di poter dare piena attuazione  al  dispositivo  della  sentenza
soprariassunta.
  Si  deve,  in  primo  luogo,  tener presente che effetto principale
della declaratoria di illegittimita' e' costituito dal fatto che agli
aspiranti alla nomina di guardia giurata puo' essere  richiesta,  non
la  condizione soggettiva piu' rigorosa, dell'ottima condotta, bensi'
quella, piu' lieve, della buona condotta.
  L'Alta  Corte,  anche  richiamandosi  alla  propria   sentenza   n.
440/1993, con cui si e' evidenziata la necessita' che l'apprezzamento
della  buona condotta fosse legato alla tutela di specifiche esigenze
onde evitare  possibili  arbitri,  ha  manifestato  l'avviso  che  la
pubblica amministrazione possa, anche nell'attuale assetto normativo,
procedere ad una valutazione del requisito in parola.
  Si  puo'  inoltre  osservare che la buona condotta richiesta per la
nomina a guardia giurata ai sensi dell'art. 138 del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza non  differisce  ne'  nella  natura,  ne'
nelle   finalita'   perseguite   dall'analoga  condizione  soggettiva
prevista dall'art.  11  del  testo  unico  delle  leggi  di  pubblica
sicurezza.  Ne  deriva  allora  che  da parte dell'Autorita' la buona
condotta dovra' essere  accertata  negli  stessi  termini  anche  con
riferimento  alle  istanze  riguardanti  la  concessione  degli altri
titoli di polizia, diversi dal decreto di nomina a  guardia  giurata,
per la quale questa condizione e' prevista.
  Il  richiamo  alla predetta sentenza n. 440 del 1993, che censurava
gli articoli 11  e  43  del  testo  unico  delle  leggi  di  pubblica
sicurezza  per  gli  aspetti contenutistici del requisito richiesto e
per il carico dell'onere probatorio  all'interessato,  induce  questo
Ministero a sottolineare innanzi tutto che l'accertamento stesso deve
essere  svolto  ad  esclusiva  cura dell'amministrazione, senza porre
alcun onere a carico dell'interessato, secondo criteri  univoci,  che
ne garantiscano l'assoluta trasparenza.
  Relativamente   a  questo  secondo  aspetto  si  rende,  necessario
individuare i parametri di giudizio che siano, da un lato, rispettosi
dei principi di liberta' fissati dalla Costituzione,  dall'altro,  in
grado di incanalare l'azione dell'amministrazione in maniera coerente
con  gli  interessi  pubblici  cui  sovrintende,  e  comunque tale da
consentire all'interessato di ricostruirne l'iter logico-giuridico.
  Deve  pertanto  considerarsi  escluso qualunque sindacato avente ad
oggetto le convinzioni e i comportamenti  di  natura  politica  della
persona, salvo che essi non costituiscano reato.
  Potranno  essere  invece  oggetto  di valutazione, sotto il profilo
morale i comportamenti tenuti dall'individuo,  con  l'avvertenza  che
non dovranno essere prese in considerazione circostanze che attengono
alla  vita  privata,  bensi'  solo  fatti specifici ed obiettivamente
verificabili che si sono manifestati nell'ambito della vita associata
anche familiare. (In  tal  senso  si  e'  espressa  la  stessa  Corte
costituzionale  nella pronuncia n. 108/1994 richiamata nella sentenza
in argomento).
  In ogni caso le autorita' potranno prendere in considerazione  solo
comportamenti verificatisi nella vita dell'individuo che siano idonei
a  rivelare  il  grado  di affidabilita' ai fini dell'espletamento di
un'attivita' soggetta ad autorizzazione di polizia.
  Poiche' parametri oggettivi sono spesso individuati da disposizioni
di legge in vigore attinenti ai requisiti morali richiesti per  varie
attivita',  si  ritiene di poter sostenere, almeno in linea generale,
che non sussista la buona condotta - oltre che  nei  confronti  delle
persone  che  si trovino nelle altre condizioni indicate nell'art. 11
del testo unico  delle  leggi  di  pubblica  sicurezza  -  anche  nei
seguenti altri casi:
    a)  nelle  persone  che  si  trovano  nelle  situazioni  previste
dall'art. 2, comma  4,  della  legge  25  agosto  1991,  n.  287,  ad
esclusione delle situazioni di fallimento, i cui effetti interdittivi
rimangono disciplinati dalle norme di settore;
    b)  nelle  persone  che  si  trovano  nelle  situazioni  previste
dall'art. 15, comma 1,  della  legge  19  marzo  1990,  n.  55,  come
sostituito   dalla   legge   18  gennaio  1992,  n.  16,  concernente
l'individuazione di cause ostative a ricoprire  cariche  presso  enti
locali;
    c) nelle persone recidive a norma del codice penale;
    d)  nelle  persone nei cui confronti sia stata adottata la misura
del  soggiorno  cautelare,   ai   sensi   dell'art.   25-quater   del
decreto-legge  8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto
1992, n. 356, o una delle misure interdittive di cui  alla  legge  n.
575/1965 e successive modificazioni o integrazioni;
    e)  nelle  persone  alle  quali siano stati inflitti i divieti di
accesso  ai  luoghi  dove  si  svolgono   competizioni   agonistiche,
contemplati  all'art.  6  della  legge n. 401/1989 e all'art. 2 della
legge  n.  205/1993,  ovvero  la  sanzione  amministrativa   prevista
dall'art. 7 della legge n. 401/1989 per la turbativa delle sopradette
competizioni;
    f)  nelle  persone  alle  quali  siano  state  inflitte  sanzioni
amministrative contemplate dall'art. 75 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990, ovvero il provvedimento cautelare della
chiusura  dei  pubblici  esercizi previsto dall'art. 79, sesto comma,
del medesimo decreto;
    g) nelle persone che non abbiano cambiato condotta, alla luce  di
aggiornati   elementi  forniti  dagli  organi  di  polizia,  malgrado
l'avviso di cui all'art. 4 della legge  n.  1423/1956,  e  in  quelle
rimpatriate a norma dell'art. 2 della stessa legge, finche' perdurano
gli effetti dei provvedimenti;
    h)  nelle persone nei cui confronti sono stati comunque acquisiti
elementi di responsabilita' per un delitto non colposo  punibile  con
la  reclusione non inferiore a tre anni, o nei cui confronti e' stata
adottata una misura cautelare personale per uno dei delitti  indicati
nelle lettere precedenti.
  Non  possano  inoltre  considerarsi  di  buona  condotta le persone
segnalate dagli organi di polizia come autori dei  fatti  costituenti
illecito amministrativo indicati nei punti surrichiamati, ovvero come
persone  pericolose  per la sicurezza pubblica, quando e' in corso il
procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione.
  Nei casi in cui  sia  tuttora  in  corso  il  procedimento  penale,
amministrativo  o  di  prevenzione  relativo  alle  fattispecie sopra
elencate, saranno comunque valutati  a  favore  dell'interessato  gli
elementi  risultanti  dagli  accertamenti di polizia o dagli atti dei
relativi procedimenti eventualmente acquisiti, da cui puo'  desumersi
l'insussistenza  o irrilevanza dei fatti originariamente contestati o
l'estraneita' della persona.
  Saranno, inoltre, acquisiti, anche d'ufficio, e valutati  a  favore
dell'interessato   gli   elementi  successivi  alla  definizione  dei
predetti procedimenti, che lasciano presumere un reale ravvedimento o
la buona condotta e, comunque, i provvedimenti di proscioglimento non
impugnati e quelli di riabilitazione. Per quanto concerne le sanzioni
o  misure  applicate  in  via  amministrativa,  le  SS.LL.   potranno
considerare  il  decorso  di  non  meno  di  due anni senza ulteriori
rilievi come tempo sufficiente per esprimersi  sulla  buona  condotta
dell'interessato.
  Premesso  che  l'accertamento della buona condotta non esaurisce la
gamma delle  valutazioni  rimesse  alle  SS.LL.  circa  le  possibili
controindicazioni  per  l'ordine  e  la  sicurezza  pubblica,  appare
comunque necessario che nel  corso  dell'istruttoria  venga  prestata
particolare  cura affinche' siano evitati tentativi di elusione delle
difese apprestate dall'ordinamento.
  Occorrera' in particolare valutare, quando la  legge  espressamente
lo  consente  (art.  43  del  testo  unico  delle  leggi  di pubblica
sicurezza), gli elementi di fatto che possono comportare  il  rischio
di abusi dell'autorizzazione o licenza di polizia.
  In  tale  contesto saranno valutate le condotte attinenti alla vita
di relazione dell'interessato con riguardo pure alle segnalazioni  di
abituale  frequentazione  di pregiudicati o persone pericolose per la
pubblica sicurezza, sempre che da tali segnalazioni  possa  desumersi
il rischio di abuso del titolo di Polizia.
  Appare  altresi'  necessario  che  una  speciale  attenzione dovra'
essere posta al fine di prevenire tentativi di  interposizione  -  di
familiari,  conviventi  o  altre  persone  di  fiducia o prestanomi -
indirizzando opportunamente sia gli accertamenti  istruttori,  sia  i
controlli  successivi,  al  fine  di  dare  compiuta  applicazione al
divieto stabilito dall'art. 8 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza.
  I  signori  questori  valuteranno,  inoltre,  la  possibilita'   di
attivare,  se  ne  ricorrono i presupposti, le indagini e le proposte
per l'applicazione delle misure interdittive e di prevenzione di  cui
alle  leggi  n.  1423  del  1956  e  n.  575  del  1965  e successive
modificazioni ed integrazioni.
  Si  raccomanda,  altresi',  che  i provvedimenti di tenore negativo
fondati sull'inesistenza della  buona  condotta,  siano  sorretti  da
un'adeguata  motivazione,  cosi'  come  del  resto prescrive l'art. 3
della legge n. 241/1990, che illustri l'iter logico-giuridico seguito
dalla autorita' nell'adozione delle  proprie  decisioni,  consentendo
cosi'  all'interessato  di  azionare  il  proprio diritto alla difesa
sancito dall'art. 24 della Costituzione.
  Poiche' l'art. 19 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
616/1977   ha   delegato   ai   sindaci  l'esercizio  delle  funzioni
amministrative relative a numerose licenze di pubblica sicurezza,  si
pregano  i  signori prefetti di voler portare a conoscenza dei comuni
delle rispettive province le indicazioni sopraespresse.
  Su quanto sopra tornera'  gradito  ricevere  un  cortese  cenno  di
assicurazione.
                                              Il Ministro: NAPOLITANO