N. 13 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 1996
N. 13 Ordinanza emessa il 3 dicembre 1996 dal pretore di Sassari sui ricorsi riuniti proposti da Bernardini Loris ed altri e contro il Banco di Sassari Lavoro (rapporto di) - Licenziamento collettivo, per riduzione di personale, di lavoratori dipendenti da imprese con piu' di quindici dipendenti - Esclusione, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, dell'applicabilita' della norma stessa ai dirigenti - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee, attesa la estensione del licenziamento collettivo ai dirigenti dell'industria negli accordi del 16 maggio 1985 e del 31 ottobre 1989 e, per il settore, creditizio, limitatamente ai dirigenti della Sicilcassa, col d.-l. 1 ottobre 1996, n. 513 - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 121/1972, 180/1987 e ordinanza n. 404/1992. (Legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 24). (Cost., art. 3).(GU n.5 del 29-1-1997 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nei procedimenti riuniti nn. 108, 137, 516, 1050, 1056 e 1057 del 1995 r.g. pendenti tra Loris Bernardini, Uggias Gianfranco, Nieddu Baingio, Tocco Cesare, Tronci Emilio e la Sidirbank contro la Banca di Sassari S.p.a. Con comunicazione del 27 settembre 1994, inviata alle organizzazioni sindacali di categoria, la Banca di Sassari, dava inizo ad una procedura di licenziamento collettivo ex art. 24 legge n. 223/1991, relativamene a 25 dipendenti aventi la qualifica di funzionario. Al termine della procedura, cui non prendeva parte la Sidirbank, veniva raggiunto un accordo che prevedeva, tra gli altri punti, una riduzione di orario di lavoro e di stipendio dei funzionari in servizio, per un periodo di anni due ed il licenziamento di otto funzionari, da individuarsi sulla base del requisito della maggiore anzianita' contributiva. Con comunicazione del 16 dicembre 1994, in attuazione dell'accordo, la Banca di Sassari intimava il licenziamento, tra gli altri, ai ricorrenti sopra indicati, alcuni dei quali avevano sottoscritto l'accordo in sede ULMO e, tutti, in seguito, avevano contestato il recesso della Banca e adito questo pretore per sentire dicharare la illegittimita' del licenziamento e per essere reintegrati nel posto di lavoro. Assumevano, tra l'altro, che la procedura del licenziamento collettivo, di cui alla norma citata, non poteva trovare applicazione nei confronti dei lavoratori aventi la qualifica di funzionario, figura professionale contrattualmente ricompresa nell'ambito della dirigenza e che tale circostanza rendeva illegittimi i licenziamenti adottati, non essendo, poi, possibile utilmente qualificarli alla stregua di un licenziamento per giustificato motivo obiettivo poiche' non vi era stata alcuna soppressione dei posti di lavoro dagli stessi ricorrenti ricoperti. Nel costituirsi la Banca di Sassari oltre ad osservare che alcuni dei ricorrenti avevano espressamente aderito all'accordo predetto, sosteneva, invece, l'applicabilita' anche ai funzionari della procedura di cui alla legge n. 23/1991 e, in via subordinata, chiedeva che venisse accertata e dichiarata la sussistenza di un giustificato motivo obiettivo di licenziamento. In relazione ai fatti ed alle prospettazioni delle parti cosi' come succintamente esposti, risulta evidente che punto centrale della controversia e' quello relativo alla estensibilita' o meno al personale avente qualifica dirigenziale della procedura di licenziamento collettivo di cui alla legge n. 223/1991. Alla questione, allo stato, deve darsi una risposta negativa sulla base, essenzialmente, di una interpretazione letterale delle disposizioni della l. cit. che disciplinano la fattispecie di licenziamento collettivo. L'art. 24 l. cit., nel tipizzare la riferita fattispecie (imprese con piu' di 15 dipendenti che in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attivita' o di lavoro, intendano procedere ad almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni), rinvia, per gli aspetti procedurali, ai commi da 2 a 12 dell'art. 4, in cui viene regolamentato l'iter per addivenire alla dichiarazione di mobilita'; il comma 9 di tale articolo dispone testualmente che: "Raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l'impresa ha facolta' di collocare in mobilita' gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, ecc.". Deve quindi sostenersi che l'ambito dei lavoratori che possono essere collocati in mobilita' coincide con quello dei prestatori che possono essere destinatari di un licenziamento collettivo e che tra questi non sono dunque compresi i dirigenti. In contrario non e' decisiva l'osservazione secondo cui nella legge n. 223/1991 vengono disciplinate due distinte ipotesi di licenziamento collettivo, agli artt. 4 e 24, e che e' quest'ultima disposizione ad avere carattere di generalita', sia in quanto puo' riguardare imprese escluse dalla mobilita', sia in quanto si applica "a tutti i licenziamenti" collettivi disposti dall'impresa, senza distinzioni riguardo ai lavoratori coinvolti. Ed infatti, pur dovendosi convenire sul maggiore e diverso ambito delle imprese che possono procedere a licenziamento collettivo rispetto a quelle che possono ricorrere alla procedura di dichirazione della mobilita', resta il fatto, decisivo, che per disciplinare la fattispecie "generale" di licenziamento collettivo, il legislatore ha fatto espresso richiamo alla fattispecie "particolare" della dichiarazione di mobilita' di cui al precedente art. 4, commi da 2 a 12, circostanza che porta ad escludere che il legislatore abbia voluto introdurre differenziazioni in merito ai lavoratori destinatari delle due distinte procedure. D'altronde neppure puo' ipotizzarsi una sorta di svista legislativa poiche' quanto si e' voluta limitare la portata del rinvio ai commi da 2 a 12 dell'art. 4, lo si e' fatto espressamente (vedi comma 3 dell'art. 24). In merito alla ratio sottesa alla esclusione della categoria dei dirigenti dalla ipotesi di licenziamento collettivo di cui all'art. 24 cit. si e' fatto osservare che tale esclusione e' coerente con il regime di recedibilita' ad nutum per essi vigente, coerenza che verrebbe invece meno nel caso in cui si dovesse ipotizzare un licenziamento collettivo dei dirigenti che, necessariamente, avrebbe tra i suoi presupposti di validita' la sussistenza di un giustificato motivo obiettivo. Ad escludere, poi, che l'art. 24 cit. abbia riguardo anche all'ipotesi del licenziamento collettivo dei dirigenti, sta la ulteriore considerazione che per il caso in cui la procedura di licenziamento non venga correttamente svolta dall'impresa, la legge prevede la inefficacia del provvedimento risolutorio ed il conseguente ripristino del rapporto, nel mentre per l'ingiustificatezza del licenziamento individuale del dirigente, da titolo, di norma, a conseguenze di carattere indennitario (vedi Cass.13 marzo 1996 n. 2058). Cio' posto, ad avviso del decidente, l'esclusione tout court della categoria dei dirigenti dalla procedura dell'art. 24 cit. viola il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Carta costituzionale in riferimento agli altri lavoratori, non apparendo giustificata detta generale esclusione se raffrontata ad alcune delle caratteristiche oggi assunte dal rapporto di lavoro del personale dirigenziale. In proposito deve osservarsi che, soprattutto su base convenzionale, si e' assitito ad un consistente allargamento della figura del "dirigente" fino a ricomprendervi lavoratori, tecnici o amministrativi, che pure in possesso di un elevato grado di qualificazione professionale, non sono tuttavia posti al vertice dell'impresa o ad un ramo di essa. Questa evoluzione e' stata particolarmente accentuata nel settore bancario in cui, contrattualmente, nel personale direttivo sono compresi i funzionari, lavoratori cui e' attribuita una rilevante autonomia ed il c.d. potere di firma e rappresentanza e che si trovano ad essere gerarchicamente sovraordinati nei confronti dei quadri e degli impiegati. Correlativamente all'allargamento della categoria si e' avuta, sempre su base convenzionale, una estensione ai c.d. "mini-dirigenti" delle norme limitative dei licenziamenti previsti per gli altri lavoratori, sicche' ad oggi, nel settore bancario, il licenziamento individuale del funzionario, - la cui figura non puo' essere assimilata, neppure ai fini considerati, a quella dei quadri o degli impiegati ostandovi il preciso dato contrattuale sopra richiamato e la innegabile diversita' delle mansioni svolte dai funzionari cui corrisponde una maggiore responsabilita' (ed in proposito occorre precisare che i ricorrenti rivestivano alla data del licenziamento funzioni di vice direttore di sede o di filiale o settorista), - e' consentito solo in presenza di un giustificato motivo ex art. 3 legge n. 604/1966, con conseguente tutela reale ex art. 18 St. Lav. (vedi art. 8 del CCNL). Quanto sopra rende evidente che l'elemento fiduciario non caratterizza piu' in modo determinante il rapporto di lavoro di tutto il personale direttivo e che, pertanto, la generale esclusione dalla procedura di cui all'art. 24 l. cit. non appare ragionevole. In sostanza, se la presenza dell'intuitus personae vale a dare ragione della differenziazione della disciplina in tema di recesso per i dirigenti e gli altri lavoratori (vedi Corte cost. 6 luglio 1972 n. 121; Corte cost. 26 ottobre 1992 n. 404), tale differenziazione risulta ingiustificata, nel caso in cui, per legge o per convenzione, anche il rapporto di lavoro dei dirigenti non risulta piu' improntato principalmente dall'elemento fiduciario. E che nell'ambito del personale direttivo siano doverose distinzioni tra dirigenti "puri" e "mini-dirigenti" viene affermato dalla stessa S.C. che ha ritenuto applicabili anche a questi ultimi le garanzie procedurali di irrogazione delle sanzioni disciplinari (vedi Cass. 29 maggio 1995 n. 6041). La scelta legislativa di sottrarre dalla procedura di cui all'art. 24 cit. tutto il personale direttivo risulta, poi, ancora piu' irragionevole ove si abbia riguardo al fatto che in tema di licenziamento collettivo l'intuitus personae non rileva assolutamente, discendendo la determinazione di recesso del datore dalla presenza di un giustificato motivo obiettivo (vedi in motivazione Corte cost. 22 maggio 1987 n. 180) e che, inoltre, neppure puo' sostenersi che il licenziamento collettivo del dirigente non merita alcuna particolare attenzione da parte del legislatore poiche', contrariamente a quanto avviene per le altre categorie, non desta "allarme sociale", essendo invece noto che per l'ampiezza assunta dal fenomeno nell'attuale contesto economico, il licenziamenrto collettivo del dirigente (la cui configurabilita' e' ammessa da Cass. 15 febbraio 1992 n. 1836), e' evenienza tutt'altro che rara e foriera di rilevanti tensioni sociali. Di cio', del resto, si ha riprova non solo nella contrattazione collettiva che ha previsto e regolamentato, ad esempio nel settore dell'industria, la fattispecie di licenziamento collettivo dei dirigenti (vedi accordi del 16 maggio 1985 e del 3 ottobre 1989), ma altresi' nella recente attenzione data alla questione dal legislatore che all'art. 9 del d.-l. 1 ottobre 1996 n. 513 (Gazzetta Ufficiale n. 231) ha espressamente previsto, proprio nel settore creditizio e limitatamente alla vicenda della Sicilcassa, l'pplicazione della procedura di cui alla legge n. 223/1991 anche al "personale direttivo". E' indubbio, poi, che quest'ultima previsione normativa non puo' che muovere dalla considerazione sopra accolta della non operativita' della procedura di licenziamento collettivo ex art. n. 223/1991 ai dirigenti "puri" ed ai funzionari, entrambi facenti parte del "personale direttivo", previsione che sia in quanto emanata successivamente ai provvedimenti di licenziamento adottati dalla Banca di Sassari, sia in quanto espressamente prevista solo per l'istituto di credito sopra considerato, non puo' essere oggetto di interpretazione estensiva. Evidente appare, infine, la rilevanza nel caso in esame della questione di costituzionalita' della disposizione richiamata, atteso che i recessi disposti dalla Banca di Sassari risultano validi solo ed in quanto sia legittima la procedura al termine della quale sono stati emessi, dovendosi inoltre osservare che detti recessi difficilmente potrebbero reputarsi idonei a risolvere il rapporto di lavoro, qualificandoli alla stregua di licenziamenti "individuali" per giustificato motivo obiettivo, poiche' se e' vero che l'eccedenza di personale costituisce una delle ipotesi di giustificato motivo obiettivo, e' altrettanto vero che i ricorrenti sono stati scelti tra i dirigenti che astrattamente potevano essere licenziati, in base all'unico criterio della maggiore anzianita' contributiva, criterio che se puo' essere razionale nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo (ed in proposito vedi art. 9 decreto-legge n. 513/1996 cit.), non lo e' certamente se riferito ad una pluralita' di licenziamenti individuali per g.m.o.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge n. 223/1991, nei sensi di cui in motivazione ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione; Sospende il presente procedimento; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione della stessa ai due rami del Parlamento. Sassari, addi' 3 dicembre 1996 Il pretore: Cuccuru 97C0059