N. 14 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 1996
N. 14 Ordinanza emessa il 15 novembre 1996 dalla Corte d'appello di Torino nel procedimento civile vertente tra la MIX S.r.l. e l'Istituto bancario San Paolo di Torino S.p.a. ed altro Processo civile - Intervento adesivo dipendente - Potere autonomo di impugnazione dell'interventore - Insussistenza, secondo l'interpretazione giurisprudenziale consolidata - Disparita' di trattamento rispetto ad altre analoghe ipotesi - Lesione del diritto di azione. (C.P.C., art. 105, comma secondo). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.5 del 29-1-1997 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo civile r.g. n. 394/1996, proposto dalla Mix S.r.l., corrente in Morano Po, str. Casale, 45, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, Carlo Gavotto, presidente del consiglio di amministrazione, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Broverio del foro di Casale Monferrato e Anselmo De Sanctis, presso il quale ha eletto domicilio in Torino, via S. Francesco d'Assisi, 17. Procura 18 marzo 1996, parte attrice appellante, contro l'Istituto bancario San Paolo di Torino S.p.a., corrente in Torino, piazza S. Carlo, 156, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gian Piero Mauri del foro di Casale Monferrato, procuratore generale alle liti, e Cleto Girino e Maria Cristina Girino, presso i quali ultimi ha eletto domicilio in Torino, corso Vinzaglio, 14. Procura generale alle liti del primo per rog. Bazzoni 29 ottobre 1992, procura dei secondi 11 aprile 1996; Franco Marchisio, residente in Casale Monferrato, via Addolorata, 42, elettivamente domiciliato in Casale Monferrato, via Mameli, 63, presso l'avv. Cesare Caire, contumace parti convenute appellante. 1. - Premesso: che Franco Marchisio, costituitosi fideiussore della Mix S.r.l. a favore dell'Istituto bancario San Paolo di Torino in forza di dichiarazione 26 giugno 1987, propose opposizione all'esecuzione immobiliare contro di lui iniziata dalla banca, per il debito complessivo di L. 186.679.083 oltre interessi e spese, in forza del d.i. in data 17 maggio 1989 pronunciato nei confronti della Mix, quale debitrice principale, e del Marchisio, quale fideiussore, che la Mix e la banca avevano successivamente convenuto il pagamento della somma di L. 60.000.000 "a tacitazione di ogni pretesa debitoria" della prima verso la seconda, somma versata il 1 giugno 1990 come risulta dalle lettere prodotte; che, ciononostante, la banca aveva iniziato l'espropriazione immobiliare a carico del Marchisio; che l'azione esecutiva contro il fideiussore e' infondata essendo venuta meno l'obbligazione principale, onde l'estinzione di questa si ripercuote sulla obbligazione di garanzia, onde chiese dichiararsi estinta l'obbligazione fideiussoria per essere stata estinta quella principale garantita, dopo la formazione del titolo esecutivo; che la banca contesto' la fondatezza dell'opposizione del Marchisio, basata sulla sua sola qualita' di fideiussore, essendo il titolo posto in esecuzione il d.i. 17 maggio 1989, che intimava il pagamento ad entrambe le parti debitrici in solido, passato in giudicato con l'effetto che il titolo dell'obbligazione "e' ..... ormai unicamente quello giudiziale, .... senza che abbia piu' rilievo la precedente natura dell'obbligazione (diretta o fideiussoria)" ed in quanto la remissione del debito fatta verso la Mix contiene la riserva di agire contro gli altri debitori solidali; che intervenne spontaneamente la Mix con una "comparsa di intervento ad adiuvandum", osservando essere interesse dell'intervento "far accertare l'avvenuta estinzione della obbligazione, poiche' il fideiussore sig. Marchisio vuole ..... ripetere dalla Mix quanto dovra' pagare" poiche' a seguito di trattative con la banca l'interveniente aveva definito il suo debito a stralcio, ricevendo da questa una dichiarazione di avvenuta "tacitazione", pur se la lettera contiene una riserva della banca stessa di agire contro il garante, riserva contraria alla legge epriva di effetto, potendo operare solo dopo che, detratto quanto percepito da uno dei condebitori, residui un debito attribuibile, secondo i rapporti interni, al solo coobligato, ex art. 1301 c.c.; che, nella specie, la banca ha ricevuto tutto quanto dovutole e quindi nulla piu' residua a debito del garante, posto che la solidarieta' passiva di cui all'art. 1944 c.c. non comporta una divisione dell'obbligazione nei rapporti interni; che, anche a prescindere da quanto detto, la banca non poteva agire nei confronti del Marchisio per la somma di L. 60.000.000, in quanto, come risulta dall'estratto conto 5 settembre 1989, la banca era creditrice della Mix per L. 85.406.688, avendo, dopo il d.i., ricevuto il pagamento del "portafoglio" addebitato al conto corrente e successivamente ancora il pagamento di quattro rate da L. 4.000.000 cadauca e un saldo di L. 60.000.000 per capitale, onde per capitale il credito si era ridotto a meno di L. 10.000.000, sicche', pur con gli interessi, noin si raggiunge la somma esecutata, concluse "previe le occorrenti pronunce sulla estinzione dell'obbligazione principale; accogliersi l'opposizione"; che il tribunale di Casale Monferrato, con la sentenza 25 ottobre 1995-16 gennaio 1996 ritenne che l'esecuzione era stata promossa in forza del d.i. divenuto inoppugnabile, titolo che "si sovrappone ai rapporti che hanno dato causa alla emissione dello stesso, per cui non possono trovare accoglimento in questa sede gli argomenti che ben potevano legittimare l'opposizione al d.i. stesso. Argomento chiaro del resto a tutte le parti in causa, che invocano per il caso la disposizione di cui all'art. 1239 c.c., per cui la richiesta di applicazione della disposizione di cui all'art. 1301, comma secondo c.c. appare corretta"; che, quanto alla lettera 1 giugno 1990 inviata dalla banca alla Mix, essa "presenta un contenuto sibillino in quanto la prima parte sembra avere peraltro finalita' di quietanza. tuttavia la riserva contenuta nella stessa lettera e' esplicita ed inequivocabile con riferimento al citato art. 1301 c.c.: ne' si puo' pensare a quali altre forme avrebbe dovuto fare ricorso il creditore per esercitare la riserva ivi prevista"; che "argomentando anche ex art. 1367 c.c. non puo' esservi dubbio che il San Paolo con la citata lettera ha inteso riservarsi la possibilita' di agire nei confronti del coobligato", onde respinse l'opposizione e pose le spese di lite in solido a carico del Marchisio e della Mix; che avverso detta sentenza propose appello la sola societa' intervenuta, essendo la sentenza passata in giudicato nei confronti del Marchisio, lamentando che il giudice abbia omesso di pronunciare in ordine alla domanda subordinata relativa all'ammontare del debito residuo, e deducendo che il primo giudice "ha concluso nel senso che, pur essendo sibillino il contenuto della lettera San Paolo 1 giugno 1990, purtuttavia esso andava interpretato a favore dello stesso San Paolo, e cioe' non come una quietanza a saldo", cosi' privando di ogni significato la prima parte della lettera, mentre il giudice avrebbe dovuto ritenere valida la "tacitazione", cioe' la rimessione di debito, anche nei confronti del fideiussore, che si costitui' parte appellata Istituto, contestando la fondatezza dell'avversa domanda, ed eccependo preliminarmente l'inammissibilita' dell'appello in quanto, avendo la Mix proposto un intervento adesivo dipendente ex art. 105, comma 2, c.p.c., e non avendo il Marchisio appellato la sentenza, l'interveniente per adesione non e' legittimato a proporre impugnazione, ed in ogni caso l'ambito dell'intervento non poteva superare quello dell'opposizione proposta dal Marchisio, come dimostrano anche le conclusioni assunte da parte appellante in primo grado. 2. - Ritenuto: che l'art. 105, comma 2, c.p.c. e' interpretato in modo costante, da circa un quarantennio, nel senso che l'intervento adesivo dipendente "da' luogo ad un giudizio unico con pluralita' di parti nel quale la pronuncia che lo definisce non puo' che essere la stessa rispetto alla parte principale e all'interveniente, i poteri del quale sono limitati all'espletamento di un'attivita' accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli sviluppare la proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell'ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte" (Cass. civ. sez. lav., 4 luglio 1994, n. 6309), con l'effetto che stante la loro posizione processuale subordinata, "a tali interventori e' preclusa ..... l'impugnazione della sentenza cui abbia fatto acquiescenza lo stesso avente causa" (cosi' Cass. civ. sez. II, 16 aprile 1994, n. 3616; conformi, ex multis, Cass. civ. 13 agosto 1991, n. 8816; 8 agosto 1990, n. 7997; 19 novembre 1987, n. 8501; 28 agosto 1985, n. 4574; nonche' Cass. civ. sez. un. 15 giugno 1967, n. 1390, sez. un. 18 ottobre 1961, n. 2228, e sez. un. 26 aprile 1955, n. 1149); che quindi la norma effettiva posta dal diritto vivente in relazione all'art. 105, comma 2, c.p.c. dispone che l'interventore adesivo dipendente ha il potere di partecipare al giudizio in posizione subordinata a quella della parte adiuvata ed e' sfornito del potere di auotnoma impugnativa della sentenza relativa al processo nel quale e' stato parte. 3. - Considerato: che tale norma determina effetti paradossali dal momento che, ove il terzo partecipi al giudizio in qualita' di interventore adesivo dipendente e' privo del potere di tutelare adeguatamente il proprio interesse in forza del quale s'e' determinato all'intervento dovendo soggiacere all'iniziativa processuale altrui, mentre nel caso in cui rimanga estraneo al processo potra' in un secondo processo ex art 404 c.p.c., dimostrare l'esistenza di ragioni che dovevano determinare una diversa conclusione in ordine al rapporto sostanziale pregiudiziale; che, nella stessa situazione di fideiussione, il diritto vivo riconosce la sussitenza di una figura di garanzia propria, con la conseguenza che, ritenendosi la causa inscindibile ex art. 331 c.p.c., attribuisce la garante il potere di autonoma impugnazione, mentre nel caso di specie, interveniente adesivo dipendente essendo il garantito contro il quale non e' stata promossa alcuna esecuzione ma contro il quale il garante ha gia' proposto l'azione di rivalsa, detto potere di impugnazione gli sarebbe precluso, con l'effetto che, da un lato, il garantito piu' nulla deve al creditore essendosi estinto il suo debito, ma, dall'altro, dovrebbe rivalere il garante di quanto costui dovra' - stante il giudicato endoprocessuale - versare la creditore; che quindi, paradossalmente, la partecipazione al giudizio della Mix quale interveniente adesivo dipendente e' valsa a diminuire le sue possibilita' di azione processuale e quindi di difesa; che tutto cio' non pone in discussione l'effetto del giudicato ridetto, dal momento che l'impugnazione eventuale dell'interveniente concernerebbe non gia' gli effetti del giudicato fra le parti principali - Marchisio in quanto tenuto al pagamento in forza del d.i. irrevocabile e del rigetto dell'opposizione ad esecuzione e banca in quanto creditrice (sia pure non del Marchisio) -, ma unicamente i riflessi del giudicato medesimo nei confronti del terzo interveniente, in modo tale da impedirli. 4. - Ritenuto che tutto cio' appare confliggere sia con il disposto di cui all'art. 3 della Costituzione, in tanto in quanto pratica irrazionalmente un differente trattamento a fattispecie identiche, dal momento che si nega all'interventore adesivo dipendente la possibilita' di autonoma impugnazione limitatamente alla tutela del proprio interesse, mentre la si ammette per ipotesi fortemente analoghe, quando non identiche, a quella dedotta in causa, sia con il disposto di cui all'art. 24, comma primo, della Costituzione venendo a menomare in maniera incisiva il diritto di azione dell'interventore sempre e solo in relazione esclusiva al proprio interesse legittimante l'intervento adesivo dipendente. 5. - Considerato: che l'eccezione di illegittimita' costituzionale ridetta non e' manifestatamente infondata ed e' assolutamente rilevante ai fini della decisione del processo de quo, dovendo questa Corte di merito decidere, anzitutto, sull'ammissibilita' o meno dell'impugnazione proposta dalla garantita societa' Mix, secondo l'esito del giudizio di costituzionalita'; che la presente ordinanza deve essere notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e deve essere comunicata ai Presidenti della camera dei deputati e Senato della Repubblica; che il presente giudizio deve essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 105, comma 2, c.p.c. come interpretato dal diritto vivo in relazione all'inesistenza di un potere di autonoma impugnazione da parte dell'interventore adesivo dipendente per la tutela del proprio interesse, in rapporto agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e di comunicarla ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Dispone la sospensione del presente giudizio; Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Torino, addi', 15 novembre 1996 Il presidente: Morra 97C0060