N. 16 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1996

                                 N. 16
  Ordinanza emessa il 21 novembre 1996 dal  pretore  di  Avellino  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Adamo  Giuseppe  e  il Ministero
 dell'interno ed altra
 Esecuzione forzata - Disciplina dei pignoramenti  nelle  contabilita'
    speciali  delle  prefetture  - Prevista non assoggettabilita' alla
    comune procedura esecutiva per le somme o i crediti  destinati  al
    soddisfacimento  di  specifiche  finalita' pubbliche - Conseguente
    impignorabilita'  e  insequestrabilita',  a   pena   di   nullita'
    rilevabile   d'ufficio   -  Lamentata  previsione  di  particolare
    procedura  diversa  dai  consolidati  strumenti  processuali   con
    ingiustificata  deroga  alla  competenza territoriale - Violazione
    del principio della par condicio  creditorum  -  Compressione  del
    diritto  di difesa e, in particolare, della tutela giurisdizionale
    nei confronti della p.a.  -  Lesione  del  principio  del  giudice
    naturale precostituito per legge.
 (D.-L. 25 maggio 1994, n. 313, art. 1, primo, secondo, terzo e quarto
    comma, convertito in legge 22 luglio 1994, n. 460).
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 28 e 113).
(GU n.5 del 29-1-1997 )
                              IL PRETORE
   Letti gli atti, a scioglimento della riserva, osserva quanto segue.
                               F a t t o
   Con  atto  di pignoramento presso terzi il creditore Adamo Giuseppe
 pignorava, in danno del debitore Ministero dell'interno e  presso  il
 terzo  Banca d'Italia, servizio di Tesoreria provinciale di Avellino,
 quanto dovutogli in virtu' di sentenza esecutiva.
   Non si costituivano ne' il debitore ne' il terzo.
   Il  creditore  chiedeva  disporsi  il  giudizio   di   accertamento
 dell'obbligo del terzo.
   Il V.P.O. G.E. si riservava.
                             D i r i t t o
   Il  V.P.O. G.E., ritiene sussista un questione di Costituzionalita'
 della legge 22 luglio 1994 n. 460 per la  conversione  in  legge  con
 modificazioni  del  d.-l. 25 maggio 1994 n. 313 recante la disciplina
 dei pignoramenti sulla contabilita' speciale delle prefetture,  delle
 direzioni  di  amministrazioni  delle Forze armate e della Guardia di
 Finanza, in relazione agli  articoli  3,  24,  25,  28  e  113  della
 Costituzione.
   Tale   questione   e'   pregiudiziale   al  richiesto  giudizio  di
 accertamento dell'obbligo del terzo.
   Peraltro e' ben noto che  la  mancata  comparizione  del  terzo  e'
 legata  ad  un'intepretazione della legge n. 460/1994 in virtu' della
 quale si ritiene nullo di ufficio il pignoramento  che  si  considera
 non proposto con le modalita' di cui alla legge stessa.
   Orbene,  la  questione  di  costituzionalita' non e' manifestamente
 infondata per i motivi che seguono.
   Con la legge n. 460 del  1994,  il  legislatore  ripropone  tesi  e
 principi gia' superati dalla Consulta.
   La   norma  vorrebbe  infatti  introdurre  nuovamente  il  superato
 principio della impignorabilita' delle somme di denaro e  di  crediti
 pecuniari  dello  Stato  e  degli  enti pubblici in base al principio
 della divisione dei poteri.
   Argomentavano i sostenitori di  quell'orientamento  che  la  tutela
 dell'indipendenza dell'amministrazione esigeva che il g.o. non avesse
 ingerenza nella condotta degli affari amministrativi ne' influenzasse
 i tempi ed i modi necessari a soddisfare gli interessi pubblici.
   La  discrezionalita'  della  p.a.  nell'uso  delle  proprie risorse
 patrimoniali  doveva  restare  integra,  con  la   conseguenza   che,
 nell'eventualita'   di  condanna  pecuniaria,  la  soddisfazione  del
 credito con l'azione esecutiva incontrava  il  duplice  limite  nello
 stanziamento  in  bilancio  della relativa spesa e dell'emissione del
 titolo, ad ottenere il quale non vi sarebbe stato diritto  soggettivo
 stante  la  discrezionalita'  dell'amministrazione  nella  scelta dei
 crediti da soddisfare.
   Corollario di questa impostazione era che bastava  l'iscrizione  di
 somme  o  di  crediti nei bilanci preventivi dello Stato o degli enti
 pubblici  per  farli  qualificare  "beni  destinati  ad  un  pubblico
 servizio"  ex  art.  828,  ultimo  comma, c.c., quindi inalienabili e
 correlativamente inespropriabili sostenendosi, in particolare, che la
 legge di approvazione del bilancio non vincolava soltanto la p.a.  ma
 operava anche nei confronti dei terzi.
   Senonche'  questa giurisprudenza e' stata modificata dalla Consulta
 che, con le sentenze nn. 32/1970 e 161/1971  avevano  negato  che  la
 intangibilita' dell'atto amministrativo traesse origine dal principio
 della  divisione  dei  poteri  perche' l'art. 113 della Costituzione,
 ultimo comma, lascia al legislatore ordinario  di  determinare  quali
 organi di giurisdizione possano annullare gli atti amministrativi.
   Su  questo  presupposto la dottrina ha sostenuto che la p.a. ha una
 posizione di preminenza non in quanto soggetto, ma in quanto esercita
 una potesta'  specificamente  ed  esclusivamente  attribuitale  nelle
 forme loro proprie.
   In  altre  parole  e'  protetto non il soggetto, ma la funzione, ed
 alle singole mnifestazioni della p.a. che e' assicurata efficacia per
 il raggiungimento di fini ad essa assegnate.
   Di contro, fuori dall'esercizio delle predette  funzioni,  l'azione
 della  p.a. rientra nella disciplina di diritto comune e, ove venga a
 ledere quello di altro soggetto,  e'  completa  la  potenzialita'  di
 tutela  del  g.o.,  incontrando  il  solo limite di non avere egli il
 potere di sostituirsi all'amministrazione nell'emanare  un  atto  ne'
 condannarla ad emanarlo.
   Su   questa  piattaforma  logica  la  giurisprudenza  e'  pervenuta
 all'affermazione che l'ammissibilita' della condanna  della  p.a.  al
 pagamento    di   somme   di   denaro   comporta   come   conseguenza
 l'ammissibilita' dell'esecuzione per espropriazione.
   E' vero che gli art. 826,  828  ed  830  del  c.c.  definiscono  la
 condizione  giuridica  dei  beni  del  patrimonio indisponibile dello
 Stato e degli Enti Pubblici: pero' la individuazione dei beni diversi
 da quelli che  per  loro  natura  sono  destinati  a  far  parte  del
 patrimonio  indisponibile  necessita  l'accertamento  del  vincolo di
 destinazione al pubblico servizio.
   La sentenza n. 138/1981  della  Consulta  affronta  il  tema  della
 individuazione  delle  modalita'  per  l'apposizione del vincolo alle
 somme di denaro, attesa la loro natura fungibile e strumentale.
   Quei giudici, in quell'occasione, affermarono i pregressi  principi
 e  chiarirono  che  i  limiti  di  pignorabilita'  vanno  individuati
 correttamente in relazione alla natura  ed  alla  destinazione  degli
 specifici   beni   dei   quali   di   volta   in   volta   si  chiede
 l'espropriazione.
   Nel caso in esame la verifica da effettuare e'  se  sia  legittimo,
 sotto  il  profilo  costituzionale, il vincolo imposto dalla legge n.
 460/1994  sulle  somme  che  destinerebbe   al   soddisfacimento   di
 specifiche finalita' pubbliche.
   La  prima  osservazione che si impone e' che l'art. 1, comma primo,
 recita: "I fondi di contabilita' speciale delle prefetture, delle
  ... non soggetti ad esecuzione forzata".
   Un principio questo che tende  a  realizzare  una  impignorabilita'
 generalizzata,  con il solo limite - a contrario - del reperimento di
 somme non destinate: ovvero un'impignorabilita' che puo'  trovare  il
 suo  presupposto  solo nella superata dottrina, della separazione dei
 poteri,   facendo   peraltro    paradossalmente    rientrare    nella
 impignorabilita'  anche quei cespiti destinati al soddisfacimento del
 creditore precedente.
   Precetti in sostanza, lo si ribadisce, che  ci  riportano  indietro
 nel tempo e cioe' alla tutela del soggetto e non della funzione.
   Senza  contare  l'integralista cancellazione in favore del prefetto
 del  precetto  in   virtu'   del   quale:   "il   debitore   risponde
 dell'adempimento con tutti i suoi beni presenti e futuri".
   Un  venir  meno,  peraltro, della par condicio creditorum proprio a
 danno di un creditore, il portatore di handicap, sul  soddisfacimento
 del quale poggia la funzione istituzionale che giustifica l'ente.
   Clamorosa  e'  poi  la  violazione  degli  art.  3,  24  e 25 della
 Costituzione  realizzata  attraverso  la   inspiegata   deroga   alla
 competenza  territoriale,  o  al  divieto  di  utilizzare consolidati
 strumenti processuali di  cui  all'art.  1  della  legge:  deroghe  e
 divieti  che  confliggono  nella  maniera  cosi'  decisa con principi
 attentare  ai  quali  significherebbe  incrinare   significativamente
 l'intero assetto normativo.
                                 P.Q.M.
   Ordina  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la
 risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dei  commi
 da  1  a  4  dell'art.  1  del  decreto-legge  n. 313/1994 cosi' come
 convertito dalla legge n. 460/1994 in  riferimento agli artt. 3,  24,
 25, 28 e 113 della Costituzione;
   Dispone  la  sospensione  del giudizio in corso fino alla pronuncia
 della Corte costituzionale riservandosi all'esito  di  provvedere  in
 ordine al richiesto giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo.
     Avellino, addi' 21 novembre 1996
                         Il pretore: Zeccardo
 97C0062