N. 17 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 1996

                                 N. 17
  Ordinanza  emessa  il  5  novembre 1996 dal tribunale di Catania sul
 ricorso proposto  da  Randazzo  Lucia  contro  l'Azienda  ospedaliera
 Garibaldi - S. Luigi - S. Curro' - Ascoli Tomaselli
 Sanita'   pubblica   -  Convenzioni  delle  aziende  ospedaliere  con
    personale sanitario esterno per  l'espletamento  del  servizio  di
    interruzione  volontaria  della  gravidanza  -  Divieto  di durata
    superiore a tre mesi dalla  convenzione  stessa  -  Incidenza  sul
    principio   di   buon   andamento  della  p.a.  sotto  il  profilo
    dell'aggravio finanziario e dell'intralcio all'economicita' e alla
    speditezza dell'azione amministrativa in dipendenza della continua
    successione ogni  tre  mesi  di  concorsi,  bandi,  graduatorie  e
    convenzioni - Incidenza sul diritto alla salute.
 (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, commi 23 e 24).
 Cost., artt. 32, primo comma, e 97, primo comma).
(GU n.5 del 29-1-1997 )
                               IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  per reclamo
 iscritto al n. 130/1996 r.g. reclami, vertente  tra  Lucia  Randazzo,
 reclamante e l'azienda ospedaliera Garibaldi - S. Luigi - S. Curro' -
 Ascoli Tomaselli, reclamata.
                           Ritenuto in fatto
   Nell'ottobre  del  1995 l'Azienda reclamata bandiva un concorso per
 la selezione di ostetriche da impiegarsi, nell'ambito di un  rapporto
 convenzionato,   per  l'espletamento  del  servizio  di  interruzione
 volontaria della gravidanza di cui alla legge n. 194/1978.
   Lucia Randazzo, partecipando alla selezione, si collocava utilmente
 in graduatoria, sicche' in data 3 giugno 1996 stipulava  la  relativa
 convenzione.
   La  necessita' di ricorrere a personale sanitario convenzionato per
 l'effettuazione del servizio dell'I.V.G.  nasceva  dalla  circostanza
 che  i dipendenti dell'ospedale avevano da sempre sollevato obiezione
 di coscienza  ex art. 9 legge n.  194/1978,  tanto  che  il  servizio
 stesso era stato assicurato, sin dalla sua istituzione, unicamente da
 personale esterno convenzionato.
   Gia'  dall'anno 1979 erano state all'uopo stipulate convenzioni per
 la durata di un anno, rinnovate alla scadenza per un eguale  periodo,
 fatta  eccezione  per  il  rapporto  dedotto  la  cui durata e' stata
 dall'azienda limitata a soli   tre mesi,  nel  presupposto  di  esser
 tenuta  all'osservanza del disposto dell'art. 3 legge n. 537/1993 che
 al  comma 23 vieta le assunzioni di personale a tempo  determinato  e
 la stipula di rapporti di lavoro autonomo  "per prestazioni superiori
 a tre mesi".
   La  ricorrente, che aveva appreso della ridotta durata del rapporto
 solo all'atto della stipula della convenzione, stante il  difetto  di
 qualsiasi  indicazione al riguardo nell'avviso pubblico di selezione,
 adiva in via di urgenza il pretore di Catania, in funzione di giudice
 del lavoro, affermando  l'illegittimita'  del  termine  apposto  alla
 convenzione,   per  non  essere  applicabile  in  ispecie  il  limite
 temporale introdotto dal cit. art. 3 legge n. 537/1993;  chiedeva  in
 conseguenza   che,  previa  disapplicazione  della  deliberazione  n.
 591/1995 illegittimamente adottata dall'Azienda in  violazione  delle
 leggi  n.  194/1978  e  n.    597/1993,  nonche'  dell'art.  97 della
 Costituzione, si  ordinasse  all'Azienda  medesima  di  mantenere  il
 rapporto  di  convenzione  in  questione,  oltre  l'incongruo termine
 finale fissato di tre mesi.
   L'Azienda si  costituiva  ritualmente  in  giudizio,  eccependo  la
 nullita'  del  ricorso,  il  difetto  di giurisdizione dell'autorita'
 ordinaria e l'infondatezza del merito.
   Con ordinanza del 1 ottobre 1996 il pretore rigettava il ricorso  e
 compensava le spese tra le parti.
   Avverso  tale  ordinanza Lucia Randazzo ha proposto reclamo ex art.
 669-terdecies c.p.c., chiedendo,  in  principalita',  accogliersi  le
 domande  azionate  in  via  d'urgenza  ed,  in  subordine, sollevarsi
 "questione di illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  23,
 della  legge  24  dicembre  1993, n. 537, in relazione agli artt. 97,
 comma primo, e 32, comma primo,  della  Costituzione,  qualora  fosse
 interpretato  nel senso del divieto assoluto di stabilire rapporto di
 lavoro autonomo per periodi superiori a tre mesi  anche  quando  essi
 siano  previsti  da  leggi speciali o siano diretti all'esecuzione di
 prestazioni per fini pubblici dovuti a tempo indeterminato".
   Ricostituitosi   il   contraddittorio,   l'Azienda   reclamata   ha
 contestato  il  fondamento  del  reclamo,  chedendone  il rigetto; ha
 altresi' insistito nelle eccezioni  di  nullita'  del  ricorso  e  di
 difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
                         Considerato in diritto
   Va  anzitutto rigettata, conformemente alla decisione pretorile, la
 sollevata eccezione di difetto  di  giurisdizione,  atteso  che,  per
 consolidata   giurisprudenza   della   suprema   Corte,  il  rapporto
 convenzionato con personale sanitario esterno,  cosi'  com'e'  quello
 dedotto,   esula   dall'ambito  del  rapporto  di  pubblico  impiego,
 difettando il requisito della subordinazione,  e  si  configura  come
 rapporto  di  prestazione  d'opera  professionale,  sia  pure  con  i
 connotati  della  c.d.  parasubordinazione  di  cui all'art. 409 n. 3
 c.p.c.; ne consegue che le controversie relative a tale rapporto,  da
 cui  scaturiscono  posizioni  di diritto soggettivo, appartengono per
 cio' stesso alla giurisdizione del giudice  ordinario  la  quale  non
 rimane  esclusa,  in  favore  di  quella  di legittimita' del giudice
 amministrativo, neppure nel caso di controversia attinente alla  fase
 anteriore all'instaurazione dell'indicato rapporto convenzionale, non
 configurandosi    come   esercizio   di   un   potere   autorizzativo
 discrezionale gli atti deliberativi posti  in  essere  in  tale  fase
 l'Azienda,  che  pertanto  possono  essere  disapplicati  dal giudice
 ordinario, nel rispetto  dei  noti  limiti  interni  legislativamente
 posti  a  tale giurisdizione.  (cfr. Cass. n. 2725 del 14 marzo 1991;
 Cass. sez. un. n. 3052 del 15 marzo 1993).
   Parimenti  infondata  va  ritenuta  l'eccezione  di  nullita'   del
 ricorso,  atteso che e' agevole desumere con sufficiente certezza dal
 tenore complessivo  dell'atto,  l'oggetto  del  giudizio  di  merito,
 specificato  nell'accertamento  dell'illegittimita' del termine breve
 di tre mesi apposto alla convenzione, con  conseguente  richiesta  di
 riconoscimento  del  diritto azionato alla continuazione del rapporto
 dedotto oltre il termine medesimo.
   Per quanto concerne il merito della controversia, ed in particolare
 la sussistenza in concreto del fumus boni juris, ritiene il  collegio
 che  corretta  interpretazione  (pure  fondata  sulla chiara lettera)
 della norma di cui all'art. 3 legge n. 537/1993 esclude l'assunto che
 l'Azienda abbia operato illegittimamente allorche'  decideva  con  la
 delibera  n.  591/1995,  di  cui si e' chiesta la disapplicazione, di
 stipulare future convenzioni di durata limitata a tre mesi.
   Il comma n. 23 del citato art. 3  legge  n.  537/1993  invero,  nel
 chiaro  intento  di  perseguire un risparmio ed una razionalizzazione
 della  spesa  pubblica,  impone  alle  pubbliche  amministrazione  il
 divieto  generale  "di  assumere  personale  a tempo determinato e di
 stabilire rapporti di lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre
 mesi",  fatta  eccezione  per  i  casi  tassativamente  indicati   al
 successivo comma n. 24, tra cui palesemente non rientra l'ipotesi del
 personale  sanitario  convenzionato  con  le  aziende ospedaliere per
 l'espletamento del servizio di interruzione volontario di gravidanza.
   Ne' sembra possa ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dalla
 ricorrente, speciale la legge n.  194/1978  istitutiva  del  servizio
 stesso  (che nel prevedere l'istituto dell'obiezione di coscienza, ha
 stabilito che il servizio di I.V.G. va garantito "sempre" ed "in ogni
 caso", in tal modo  autorizzando  l'impiego  di  personale  sanitario
 esterno  convenzionato,  senza  peraltro  fissare  limiti di tempo da
 rispettarsi nella stipula di tali convenzioni), nel senso che  questa
 esclusa  l'applicazione  in  concreto  della  posteriore e prevalente
 norma  di  cui  all'art.  3  della  legge  n.  537/1993.  E  comunque
 l'eventuale  specialita'  e' irrilevante ai fini che qui interessano,
 non  stabilendo  tale  legge  alcun  termine  per  la  durata   delle
 convenzioni.
   Ma  se  si  impone,  per  quanto  detto,  siffatta  interpretazione
 rigorosa della normativa in questione, pare in conseguenza essere non
 manifestamente infondata la  sollevata  questione  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 3 commi 23 e 24 cit. legge n. 597/1993, per
 contrasto con l'art. 97 e 32 della Costituzione, nella parte  in  cui
 comanda  alle  aziende  ospedaliere il rispetto del termine finale di
 tre  mesi, pure per la stipula di convenzioni con personale sanitario
 da  impiegarsi  per  l'espletamento  del  servizio  di   interruzione
 volontaria  della gravidanza, che per sua stessa essenza si pone come
 servizio non occasionale, ne' transitorio, e  richiede  modalita'  di
 esecuzione  tali da escludere la possibilita' stessa dell'utilizzo di
 sanitari esterni trimestrali.
   La  legge  istitutiva  n.  193/1978,  invero,  con  l'imporre  alle
 strutture  sanitarie  di  garantire il servicio di I.V.G. "sempre" ed
 "in ogni caso",  conferma  trattarsi  di  servizio  istituzionale  da
 assicurare   comunque   alla   collettivita'   senza   soluzione   di
 continuita', oltre che con ben precise  modalita'  compiutamente  ivi
 descritte.
   In  particolare l'Azienda deve assicurare, tramite la ricorrente, i
 necessari  accertamenti  sulla   donna   in   stato   di   gravidnza,
 partecipando  all'esecuzione  immediata  dell'intervento ove sussista
 l'urgenza, ovvero, in mancanza di urgenza,  non  appena  trascorsi  7
 giorni.
   La ricorrente e' inoltre tenuta a praticare in equipe senza indugio
 l'intervento  nei  casi previsti dagli artt. 6 e 7 della citata legge
 n. 194/1978.
   E' altresi' corresponsabile della cura e dell'eventuale degenza  ed
 e'  personalmente  tenuta  "a fornire alla donna le informazioni e le
 indicazioni  sulla  regolazione  delle  nascite  nonche'  a  renderla
 partecipe  dei  procedimenti abortivi" mentre in presenza di processi
 patologici "deve  fornire  alla  donna  i  ragguagli  necessari  alla
 prevenzione di tale processi". (art. 14).
   Trattasi,  a  tutta evidenza, di compiti complessi ed interconnessi
 che non si esauriscono in un solo atto medico o in un solo intervento
 operatorio,  ma  implicano   un'attivita'   articolata   costante   e
 continuativa, certamente non riducibile a tre mesi.
   Com'e'  noto,  per disposto dell'art. 97 della Costituzione le p.a.
 sono  tenute  a  perseguire,  secondo  criteri  di  razionalita'   ed
 efficienza, la cura delle finalita' pubbliche loro affidate.
   Siffatto   obiettivo   risulta  palesemente  non  raggiungibile  in
 concreto qualora il servizio di  I.V.G.,  contrariamente  a  come  e'
 avvenuto   in   passato,   fosse   affidato   a  personale  sanitario
 convenzionato operante per non oltre  tre mesi.
   La brevissima durata della convenzione  porterebbe  alla  reiterata
 sostituzione  del personale medico, ostetrico ed infermieristico, con
 conseguente impossibilita' di costituzione di e'quipes  affiatate  ed
 integrate   necessarie  per  svolgere  compiutamente  l'attivita'  di
 informazione  ed  educazione  delle  donne  interessate   sui   mezzi
 indispensabili   per   conseguire   libere   scelte  in  ordine  alla
 procreazione responsabile.
   Di cio' ben consapevole la stessa Azienda  che  con  lettera  prot.
 7311 del 4 maggio 1995 ne rendeva edotto l'Assessorato regionale alla
 sanita', sollevando essa stessa il dubbio dell'inapplicabilita' della
 normativa in questione ai rapporti instaurati in forza della legge n.
 194/1978,  ed evidenziano che "la continua sostituzione del personale
 addetto al servizio in questione, quale conseguenza della  norma,  e,
 di   conseguenza  l'estrema  transitorieta'  dell'incarico  ricevuto,
 renderebbe impossibile  l'acquisizione  di  esperienze  adeguate,  la
 costituzione di un gruppo affiatato e soprattutto l'instaurarsi di un
 qualunque interesse al miglioramento del servizio stesso.
   Cio'  appare  ancora  piu'  grave  -  prosegue  l'Azienda  - ove si
 consideri la particolarita' del servizio reso a mente della legge  n.
 194/1978,    che   non   deve   limitarsi   soltanto   all'esecuzione
 dell'intervento di I.V.G., ma deve soprattutto instaurare un rapporto
 di fiducia con le utenti in modo da  potere  discutere  le  eventuali
 alternative   allo   stesso  intervento  di  I.V.G.,  consigliare  le
 modalita' di contraccezione piu' idoneee e costituire  in  definitiva
 un   sicuro  punto  di  riferimento  non  solo  dal  punto  di  vista
 professionale, ma anche psicologico, vista la particolare  situazione
 emotiva  nella  quale  si  trovano  la  gran parte delle donne che si
 rivolgono a questo tipo di servizio.
   Si rappresentano altresi' - conclude l'Azienda - le difficolta'  di
 carattere  amministrativo  discendenti  dalla  bassissima percentuale
 delle istanze che pervengono  a  seguito  di  avvisi  pubblicati  sui
 quotidiani  (a  volte piu' di cinque), che non permettono un ricambio
 continuo   degli   operatori,   cosi'   come   necessiterebbe   dalla
 applicazione a tale settore della legge n. 537/1993 citata".
   Cio'  che  peraltro  si  e'  poi  verificato  in  concreto, essendo
 pacifico che alla selezione per cui e' causa hanno  partecipato  solo
 tre  ostetriche  per  la  copertura  dei  due  locali  posti  messi a
 concorso,  siti  nei  due  presidi  ospedalieri   del   Garibaldi   e
 dell'Ascoli  Tomaselli, sicche', dopo aver utilizzato per tre mesi le
 prime due (tra cui l'odierna reclamante), l'Azienda e' stata in grado
 di coprire nei successivi tre mesi solo uno dei due  posti  medesimi,
 con  evidente  pregiudizio  per  la  salute  pubblica,  in violazione
 altresi' della norma dell'art.  32 della Costituzione.
   Il  legislatore,  in  conclusione,  fissando   il   limite   finale
 trimestrale  per la stipula delle convenzioni, pone per quanto detto,
 le strutture sanitarie in condizione di non potere  fornire  adeguato
 ed efficiente servizio di I.V.G., in violazione dei dettami dell'art.
 97,   comma  primo,  e  32,  comma  primo,  della  Costituzione,  con
 conseguente  pregiudizio  del  diritto  della  ricorrente,  da  tempo
 ostetrica  incaricata  di  anno  in  anno,  a proseguire nel rapporto
 convenzionato dedotto oltre l'incogruo termine di tre mesi.
   Ne' si puo' sostentere che l'applicazione della legge  n.  537/1993
 in  ispecie  consente  il  perseguimento  di  fini  di risparmio e di
 razionalizzazione della spesa pubblica.
   E' invero palese che non  si  ottiene  nessuno  di  tali  risultati
 attraverso   la   stipula   ogni  anno  di  ben  quattro  consecutive
 convenzioni trmestrali, in  luogo  dell'unica  necessaria,  con  piu'
 prestatori  d'opera da impiegarsi per l'espletamento, senza soluzione
 di continuita', di un servizio istituzionale; si  determina  anzi  un
 aggravio  finanziario  ed  un ulteriore intralcio all'economicita' ed
 alla spediatezza dell'azione amministrativa, dipendente  dalla  spesa
 connessa  al  continuo  succedersi  ogni tre mesi di concorsi, bandi,
 graduatorie e convenzioni.
   Sembra pertanto non manifestamente infondata la sollevata questione
 di illegittimita' costituzionale, oltre che  rilevante  ai  fini  del
 decidere,  atteso  che  sussiste  nella  fattispecie concreta pure il
 requisito del periculum in mora, laddove si  pensi  alla  conseguente
 irreparabile perdita di professionalita' per la ricorrente durante il
 tempo  occorrente  per  aversi  decisione  nel  merito,  nonche' alla
 perdita contestuale per la  medesima  dell'unica  fonte  di  reddito,
 necessario  per  il  soddisfacimento  degli  elementari bisogni della
 vita.
                                P. Q. M.
   Visti  gli art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1
 e 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 23 e 24 della legge
 n. 537 del 24 dicembre 1993, nella parte in cui impone  alle  aziende
 ospedaliere  il  rispetto del termine finale di tre mesi, pure per la
 stipula di convenzioni con personale sanitario esterno da  impiegarsi
 per   l'espletamento  del  servizio  di  interruzione  volontaria  di
 gravidanza, per contrasto con il disposto di cui agli artt. 32, primo
 comma, e 97, secondo comma, della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso ed ordina trasmettersi gli atti  alla
 Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata a cura della
 cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata  ai
 Presidentei delle due Camere del Parlamento.
     Catania, addi' 5 novembre 1996
                         Il presidente: Pagano
 97C0063