N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 1996

                                 N. 35
  Ordinanza emessa il 13 novembre 1996 dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  tribunale  per  i  minorenni  di Firenze nel
 procedimento penale a carico di S. S. ed altro
 Sicurezza pubblica - Ordine di comparizione dinanzi all'autorita'  di
    polizia  durante  lo svolgimento di competizioni sportive disposto
    nei confronti di minorenne - Convalida del provvedimento  adottato
    dal  questore  -  Partecipazione  delle parti in contraddittorio -
    Mancata specifica previsione - Disparita' di trattamento  rispetto
    a quanto previsto in ipotesi analoga (artt. 25 e 27 del r.d.-l. n.
    1404/1934) - Lesione del diritto di difesa.
 Sicurezza  pubblica - Ordine di comparizione dinanzi all'autorita' di
    polizia durante lo svolgimento di competizioni  sportive  disposto
    nei  confronti di minorenne - Convalida del provvedimento adottato
    dal questore - Lamentata brevita' dei  termini  (quarantotto  ore)
    per  la decisione - Dedotto pregiudizio di valutazione adeguata da
    parte del giudice della personalita' del minore -  Mancata  tutela
    degli interessi dei minori.
 Sicurezza  pubblica  -  Provvedimenti  del  questore  comportanti una
    restrizione  della  liberta'  di  movimento,  nella   specie,   di
    minorenne,  durante  lo  svolgimento  di  competizioni  sportive -
    Possibilita' per l'interessato, su  autorizzazione  del  questore,
    per  gravi  e  comprovate  esigenze, di comunicare per iscritto il
    luogo nel  quale  sia  reperibile  durante  lo  svolgimento  delle
    predette  manifestazioni - Lamentata attribuzione di competenza in
    materia al questore - Mancata tutela degli interessi dei minori.
 (Legge 13 dicembre 1989, n. 401,  art.  6,  commi  2,  3  e  8,  come
    modificato dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45).
 (Cost., artt. 3, 24 e 31, secondo comma).
(GU n.6 del 5-2-1997 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Visti gli atti relativi al proc. n. 1780/96 g.i.p.
                             O s s e r v a
   Con  provvedimento del 6 novembre 1996, il questore della provincia
 di Siena, ex art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401,  modificato
 dalla  legge  24  febbraio 1995, n. 45, ordinava ai minori S. S. e N.
 M. il divieto nei  loro  confronti  "di  accesso  ai  luoghi  ove  si
 svolgono  le  competizioni  sportive  -  di  calcio  e  basket  - con
 partecipazione di squadre della provincia di Siena  sia  in  incontri
 casalinghi che in  trasferta, per la durata di un anno".
   Imponeva  altresi'  ai  minori  "l'obbligo  di  presentazione negli
 uffici  della  questura,   in   concomitanza   con   l'inizio   delle
 competizioni medesime".
   Il  questore,  in data 9 novembre 1996, trasmetteva i provvedimenti
 al procuratore della Repubblica  per  i  minoreni  per  "attivare  la
 procedura   di   convalida   dell'obbligo  imposto",  ai  minori,  di
 presentarsi presso la questura, "in  concomitanza  dell'inizio  delle
 gare".
   Il  p.m.  l'11  novembre 1996 trasmetteva gli atti al giudice delle
 indagini preliminari per la convalida del provvedimento del questore.
   All'odierna  udienza  si  e'  giunti  previa   comunicazione   agli
 interessati,  al  p.m.  e, previa sua nomina, al difensore di ufficio
 (si e' presentato per il S. il difensore di fiducia).
   Questo giudice, sentiti p.m. e difesa, ritiene che la normativa  in
 esame   susciti   dubbi  di  incostituzionalita'  non  manifestamente
 infondati.
   Con l'art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401,  il  legislatore
 aveva  attribuito  all'autorita'  di  pubblica sicurezza il potere di
 "ordinare  il  divieto  di  accesso  ai  luoghi  dove   si   svolgono
 competizioni  agonistiche",  ad una particolare categoria di persone,
 ben individuate dalla norma.
    Con l'art. 1 del d.-l. 22 dicembre 1944, n. 717, convertito  dalla
 legge  24  febbraio 1995, n. 45, si e' voluto garantire l'osservanza,
 da parte dei soggetti destinatari, dell'ordine di divieto,  dando  la
 possibilita'  all'autorita'  di  pubblica  sicurezza di aggiungere al
 divieto  di  accesso,  la  prescrizione  di  comparire  personalmente
 nell'ufficio  o comando di polizia, in orario compreso nel periodo di
 tempo  in  cui  si  svolgono  le  competizioni  per le quali opera il
 divieto di accesso.
   Proprio le perplessita' sorte in sede di  discussione  parlamentare
 circa  la  attribuzione  al questore della potesta' di imporre misura
 limitativa della liberta' personale,  portarono  alla  subordinazione
 dell'efficacia  della  misura disposta dal questore, al provvedimento
 di convalida da parte dell'autorita' giudiziaria.
   Con la sentenza n. 143/1996 la Corte  costituzionale  ha  dichiarao
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge in
 esame,  nella  parte  in  cui  prevedeva   che   la   convalida   del
 provvedimento  adottato dal questore nei confronti del minore di eta'
 ai sensi del secondo comma dello stesso articolo spettasse al giudice
 delle indagini preliminari presso la pretura anziche' al giudice  per
 le   indagini   preliminari  presso  il  tribunale  per  i  minorenni
 competente per territorio.
   La Corte in sentenza ha argomentato precisando  che  "come  risulta
 dai  lavori  preparatori,  il  legislatore  ha  inteso  introdurre la
 possibilita' di imporre una ''vera e propria'' misura  cautelare  nei
 confronti  di persone, per le quali sia gia' stato disposto, ai sensi
 del primo comma dello stesso articolo un divieto di accesso ai luoghi
 di svolgimento di talune manifestazioni sportive".
   "La  procedura  prescelta  dal  legislatore  per  disciplinare   le
 modalita'  di convalida del provvedimento in questione ricalca" cosi'
 dice la Corte "quella prevista dall'art. 390 c.p.p.  sia  per  quanto
 concerne  gli organi interessati, sia in riferimento ai termini entro
 i quali deve addivenirsi alla richiesta ed  alla  convalida,  sia  in
 relazione  agli effetti del mancato rispetto di tali limiti temporali
 (inefficacia della misura)".
   Il provvedimento del questore emesso nei confronti  di  un  minore,
 dice  la  Corte,  deve  rientrare  nell'ambito  di  quella  giustizia
 minorile  caratterizzata  "dalla  prevalente  esigenza   rieducativa,
 nonche'  dalla  necessita'  di  valutazioni,  da  parte  dello stesso
 giudice,  fondate  su  prognosi  individualizzate  in  funzione   del
 recupero  del  minore  deviante",  da  "garanzie  specifiche riferite
 all'iter processuale" e dalla "possibilita' di avvalersi dei  servizi
 minorili  allo scopo di approfondire la conoscenza della personalita'
 e delle condizioni di vita del minore".
   La Corte concludeva il suo  dire  riconoscendo  la  competenza  del
 giudice   minorile,  in  ordine  alla  convalida,  "dal  momento  che
 l'imposizione di una misura  restrittiva  della  liberta'  personale,
 come quella prevista dalla norma "in esame", non puo' non presupporre
 una  valutazione adeguata da parte del giudice della personalita' del
 minore, nonche' dell'utilita' ai fini educativi della stessa  misura,
 anche in relazione alle modalita' della sua applicazione".
   Tutto  l'iter del discorso su riportato non puo' non evidenziare il
 contrasto   dell'attuale   espressione   normativa,   con    principi
 fondamentali  della  Costituzione,  ricordati  dalla  stessa sentenza
 della Corte costituzionale n. 143/1996.
   Violazione dell'art. 3 e dell'art. 24 della Costituzione.
   Bastano poche parole in realta',  che  il  dubbio  di  legittimita'
 costituzionale,  in  ordine  a tale aspetto, e' stato subito espresso
 dai lettori della norma, mantenendo la  qualifica  del  provvedimento
 emesso  dal questore, quale misura di prevenzione, per evidenziare la
 disparita' di trattamento rispetto a coloro nei cui confronti  l'iter
 procedurale  in  sede  di  applicazione  di  misura  limitativa della
 liberta' personale, prevede comunque garanzia del  contraddittorio  e
 della  difesa,  tanto  piu' oggi, alla luce dell'espressione della su
 ricordata sentenza della Corte costituzionale che ha  qualificato  il
 provvedimento del questore come vera e propria misura cautelare.
   Ne'  in  verita' la violazione delle garanzie del contraddittorio e
 della  difesa  viene  meno  per  la   attribuzione   alla   autorita'
 giudiziaria della titolarita' del provvedimento di convalida.
   Se,  infatti, e' stato detto che "l'assoluto silenzio serbato dalla
 normativa,  quanto  alle  garanzie  difensive,  induce   a   ritenere
 tacitamente  richiamate  le  disposizioni processuali che regolano il
 procedimento  di  convalida  delle  misure  adottate  dalla   polizia
 giudiziaria,   cosi'   da   garantire   una   fase  che  assicuri  la
 partecipazione delle parti  in  contraddittorio  alla  decisione  del
 giudice sulla prescrizione imposta dal questore", e nella sentenza n,
 143/1996   della  Corte  costituzionale  si  dice  che  la  procedura
 "ricalca" quella prevista  dall'art.  390  c.p.p.,  e'  da  dire  che
 risulta   prassi  consolidata  l'effettuazione  di  convalide  basate
 meramente  sulle  acquisizioni  scritte,  senza  alcuna  garanzia  di
 difesa,  senza il contraddittorio previsto dall'art. 391 c.p.p. a cui
 sarebbe stato opportuno facesse riferimento il legislatore.
   L'assoluto  silenzio  del  legislatore  in  ordine  alle  modalita'
 procedurali  non garantiscono il contraddittorio e la difesa, che non
 possono essere lasciati alla sensibilita' del singolo giudice per  le
 indagini preliminari, ma devono essere formalmente garantiti.
   Tanto  piu'  evidente  risulta  la disparita' di trattamento per il
 minore destinatario del provvedimento del questore, ove si pensi alle
 misure amministrative previste dagli artt. 25 e 27 r.d.-l. 20  luglio
 1934,  n. 1404, modificato dalla legge 27 maggio 1935, n. 835 e segg.
 che possono essere disposte dal tribunale per i minorenni "in  camera
 di consiglio, con l'intervento del minore, dell'esercente la potesta'
 o  la  tutela,  sentito  il  p.m.,  ed e' consentita l'assistenza del
 difensore".
   Il contrasto con i principi delle norme costituzionali su ricordate
 appare evidente.
   Violazione dell'art. 31, secondo comma, della Costituzione.
   L'art. 6, comma 3, della legge in esame prescrive  che  il  giudice
 per  le  indagini  preliminari  convalidi,  su richiesta del p.m., il
 provvedimento del questore, entro quarantotto ore dalla richiesta del
 p.m.
   La Corte costituzionale con la sentenza n.  143/1996  ha  affermato
 che  il  giudice  (minorile)  delle indagini preliminari deve potersi
 avvalere  dei  servizi  minorili  allo  scopo  di   approfondire   la
 conoscenza della personalita' e delle condizioni di vita del minore.
   E'  del  tutto  evidente  che  i  termini  fissati  dal legislatore
 nell'art.  6, comma 3, non permettono la raccolta di quegli  elementi
 che   soli,  ha  ribadito  la  Corte  costituzionale,  permettono  il
 realizzarsi  di  quella  giustizia  minorile  che   trova   principio
 informatore nell'art.  31 della Costituzione.
   Ne'  a  cio'  puo'  obiettarsi  che  e'  lo stesso termine di tempo
 previsto per la applicazione di misura cautelare (e per  definire  la
 piu' idonea ed adeguata per non "interrompere i processi educativi in
 atto", per dirla con l'art. 19 d.P.R. n. 448/1988).
   Sia la custodia cautelare, che il collocamento in comunita', che la
 permanenza  a  casa,  che  le  prescrizioni  (che sono la misura piu'
 vicina a quella in discussione ex art. 6 legge 13 dicembre  1989,  n.
 401,   e   successive   modificazioni)  vengono  applicate  acquisite
 relazioni di servizio sociale: l'attivarsi degli operatori del C.P.A.
 in immediato rapportarsi con i servizi  ministeriali  e  territoriali
 permette  la  immediata  conoscenza di quei dati della personalita' e
 socio-familiari del minore, che portano a  definire  la  misura  piu'
 idonea e proporzionata, quando e se una misura e' da applicare.
   I tempi ristretti (quarantotto ore) dalla ricezione della richiesta
 del  p.m.  non  permettono  di  dar mandato al servizio di zona od al
 servizio ministeriale, di avviare una minima conoscenza, che permetta
 al servizio quella raccolta di dati sulla  personalita'  del  minore,
 che,  trasmessi  al  giudice, permette di qualificare poi, nell'agire
 del  giudice  delle  indagini  preliminiari  in  sede  di  convalida,
 fedelta' ai principi dell'art. 31 della Costituzione.
   Non  e'  tutelato  il  diritto  del  minore  a che il giudice abbia
 conoscenza dei dati personali e socio-familiari che  permettono,  per
 dirla   ancora   con   la  Corte  costituzionale  "valutazione  della
 personalita' del minore,  della  utilita'  ai  fini  educativi  della
 stessa, anche in relazione alle modalita' della sua applicazione".
   Ma,  di  piu',  tale  valutazione, ritenuta dalla Corte necessaria,
 "per raggiungere la finalita' di protezione  indicata  dall'art.  31,
 secondo  comma,  della Costituzione", ove compiuta, sarebbe fine a se
 stessa, avendo il giudice per le  indagini  preliminari  soltanto  la
 possibilita'  di convalidare o non convalidare il provvedimento cosi'
 come emesso dal questore, senza in alcun modo poter incidere, in base
 alla accertata personalita' del minore, in base alla  sua  situazione
 socio-familiare,  alle  esigenze educative, sul suo contenuto e sulle
 modalita' della sua applicazione.
   Ed altresi' lesivo della finalita' di protezione dei giovani e  dei
 minori  indicata  dall'art. 31, secondo comma, della Costituzione, e'
 l'ottavo  comma  dell'art.  6  legge  13  dicembre  1989,  la'   dove
 attribuisce esclusivamente al questore la possibilita' di autorizzare
 il  giovane destinatario del provvedimento di prescrizioni, per gravi
 e comprovate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo di  privata
 dimora  o  altro  diverso  luogo  nel quale sia reperibile durante lo
 svolgimento di specifiche manifestazioni agonistiche.
   Se infatti la Corte costituzionale ha ribadito che per osservare il
 principio costituzionale espresso nell'art. 31, secondo comma,  della
 Costituzione,  i  provvedimenti  restrittivi  comunque della liberta'
 personale dei minori non possono che essere di  esclusiva  competenza
 del giudice minorile, non puo' tale competenza non essere propria del
 giudice  minorile,  anche  la'  dove  e'  da  adeguare la misura alla
 realta' ed all'evolversi della  personalita',  all'evolversi,  ed  al
 modificarsi delle esigenze educative. Cio' proprio perche' il giudice
 minorile,  come  dice la Corte costituzionale, "ha la possibilita' di
 avvalersi dei servizi minorili", e certo di questi non si  avvale  il
 questore, o comunque tale autorita' ex lege non e' legittimata a dare
 valutazione  in  ordine  a  personalita' spesso cosi' complesse quali
 quelle degli adolescenti, per cui lo stesso legislatore  ha  ritenuto
 necessaria la creazione di un giudice specializzato.
                                P. Q. M.
   Visto  l'art.  23  della  legge  11 marzo 1953, n. 87, dichiara non
 manifestamente infondata e rilevante ai  fini    della  decisione  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 8,
 in riferimento, al comma 2, della legge 13  dicembre  1989,  n.  401,
 modificata  dalla  legge  24  febbraio 1995, n. 45, in relazione agli
 artt. 3, 24 e 31, secondo comma, della Costituzione;
   Ordina la sospensione del procedimento;
   Manda  alla  cancelleria  per  le  notificazioni  alle  parti,   al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  per la comunicazione al
 Presidente della Camera e del Senato;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
     Firenze, addi' 13 novembre 1996
                         Il giudice: Casciano
 97C0088