N. 4 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 gennaio 1997

                                 N. 4
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 24 gennaio 1997 (della regione autonoma Friuli-Venezia
 Giulia)
 Agricoltura - Regime comunitario di  produzione  lattiera  -  Rientro
    nelle   quote  stabilite  -  Disciplina  adottata,  con  norma  di
    decreto-legge  (riproduttivo  a  sua  volta  di  altro  precedente
    abrogato)  convertito  in norma di legge senza modifiche, riguardo
    ai criteri da osservarsi circa la consentita compensazione tra  le
    maggiori   e   le   minori  quantita'  di  prodotto  consegnate  -
    Espletamento di procedure di compensazione nazionale, con  effetto
    dal periodo 1995-1996, da parte dell'AIMA - Inapplicabilita' della
    compensazione  gestita  a  base  provinciale dalle associazioni di
    produttori, gia' prevista dall'art. 5, commi da 5 a 9, della legge
    26  novembre  1992,  n.  468,  con   sancita   inefficacia   degli
    adempimenti  gia' svolti in base ad essi per il suddetto periodo -
    Obbligo,  per  gli  acquirenti  che  abbiano  gia'  restituito  ai
    produttori,  in  seguito  alle  compensazioni operate a livello di
    associazioni,  l'effettuato  prelievo,  di   procedere   a   nuove
    trattenute,  con  conseguente esperibilita', a loro carico, di una
    riscossione  coattiva  -  Violazione  del  principio  per  cui  la
    disposizione  di  un decreto-legge emanato (come, nel caso, l'art.
    11  del  decreto-legge  n.  542)  in   difetto   dei   presupposti
    costituzionali   della   provvisorieta'   e   della  straordinaria
    "necessita' ed urgenza", non puo' essere convertita  in  norma  di
    legge  -  Deducibilita'  di  violazione  da  parte  della  regione
    Friuli-Venezia  Giulia,  in  quanto  incidente  sulla   competenza
    primaria  della  stessa in materia di agricoltura e zootecnia, per
    rispetto  della  quale,  alla  stregua  del  principio  di   leale
    collaborazione,  sulla  adottata  normativa  avrebbe dovuto quanto
    meno essere chiesto, secondo quanto  gia'  stabilito  dalla  Corte
    costituzionale  nella  materia  de  qua, il parere della regione -
    Effetti pregiudizievoli, fortemente aggravati dalla retroattivita'
    delle contestate disposizioni, sugli  interessi  degli  allevatori
    locali,  nei  cui  confronti  l'abolita compensazione a livello di
    associazioni di produttori avrebbe comportato un prelievo di  soli
    822  milioni,  contro gli otto miliardi e 200 milioni ora dovuti -
    Richiamo alle sentenze nn. 29 e 520 del 1995, 314/1990,  544/1989,
    1044/1988 e 304/1987 e all'ordinanza n. 165/1995.
 (D.-L.  23  ottobre  1996,  n.  542,  art. 11, convertito in legge 23
    dicembre 1996, n. 649).
 (Cost., artt. 3 e 77; statuto regione Friuli-Venezia Giulia artt.  4,
    n. 2, e 8).
(GU n.6 del 5-2-1997 )
   Ricorso,  della  regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del   presidente della Giunta regionale  pro-tempore  sig.  Giancarlo
 Cruder, rappresentata e difesa -  come da delega in calce al presente
 atto  ed  in  virtu'  della delibera della Giunta regionale 9 gennaio
 1997, n.  31  -  dall'avv.  Renato  Fusco,  avvocato  della  regione,
 eleggendo  domicilio presso l'Ufficio di rappresentanza della regione
 stessa, sito in Roma, piazza Colonna n. 355, contro il Presidente del
 Consiglio dei Ministri in carica,  rappresentato  e  difeso  ex  lege
 dall'Avvocatura   generale   dello  Stato  per  la  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  23  dicembre
 1996, n. 649, concernente la "Conversione in legge con modificazioni,
 del  decreto-legge  23  ottobre  1996 n. 542, recante differimento di
 termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi
 in campo  economico  e  sociale",  in  riferimento  all'art.  11  del
 meddesimo   decreto-legge,   concernente  il  regime  comunitario  di
 produzione  lattiera,  per  violazione  degli  artt.  3  e  77  della
 Costituzione,  nonche'  degli  artt.  4,  n.  2  e 8 dello Statuto di
 autonomia (approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1),
 nonche' del principio della leale collaborazione.
                               In fatto
   (A) - La regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' stata costituita
 con legge costituzionale 31 gennaio 1993,  n.  1,  approvativa  dello
 Statuto speciale.
   Con  l'art.  4  di  detta  legge  costituzionale  ad  essa e' stata
 attribuita competenza legislativa primaria ed esclusiva  in  numerose
 materie,  tra le quali figura pure l'agricoltura e la zootecnia (art.
 4, n.  2).
   Correlativamente  il  successivo  art.  8  ha  ad  essa   demandato
 l'esercizio  delle  funzioni  amministrative  nelle materie assegnate
 alla rispettiva competenza legislativa.
   Pure deve essere rilevato che l'art. 44 dello Statuto medesimo,  il
 quale  espressamente  stabilisce  che  "Il  presidente  della  Giunta
 regionale interviene alle  sedute  del  Consiglio  dei  Ministri  per
 essere   sentito,  quando  sono  trattate  questioni  che  riguardino
 particolarmente la regione.
   Anche si evidenzia che per  la  materia  dell'agricoltura  e  della
 zootecnica   sono  state  trasferite  le  attribuzioni  degli  organi
 centrali  e  periferici  dello  Stato  con  le  norme  di  attuazione
 statutaria  - di cui all'art. 65 St. - contenute nel d.P.R. 26 agosto
 1965, n.  1116, nel d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902 e nel  d.P.R.  15
 gennaio 1987, n. 469.
   (B)  -  E' noto che la disciplina del regime delle c.d. quote latte
 e' stata definita organicamente con la legge  26  novembre  1992,  n.
 486  (dopo  un  annoso  conflitto  con  l'allora  esistente Comunita'
 economica europea ed in attuzione del regolamento C.E.E. n. 804/1968,
 e seguenti) allo scopo di contenere la produzione lattiera  eccedente
 nel  mercato  europeo  e  per  conseguire  il  rispetto  della  quota
 nazionale assegnata.
   Con  l'art.  2  primo  comma,  di  detta  legge  veniva  attribuito
 all'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato  agricolo  (AIMA)
 la pubblicazione di "bollettini" indicanti gli elenchi dei produttori
 e  dei  quantitativi  ad  essi  spettanti  su    base  provinciale da
 trasmettersi alle regioni.
   Nel  successivo  secondo comma dello stesso art. 2 per i produttori
 aderenti alle associazioni UNALAT e  AZOOLAT  si  prevedeva  che  "le
 quote  per  le  consegne  e  le  vendite sono articolate in due parti
 distinte":  di cui la quota A  rapportata  alla  produzione  lattiera
 commercializzata  nel  periodo  1988  e  1989; e la qupta B calcolata
 nella maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Il terzo comma determinava invece la quota per i produttori non  ad
 alcuna associazione.
   In considerazione del fatto che il surrichiamato regolamento C.E.E.
 n.   804/1968  imponeva  una  periodica  riderminazione  delle  quote
 nazionali di produzione lattiera di spettanza con  il  settimo  comma
 dello  stesso  art. 2 si affidava alla regione il compito di svolgere
 periodici controlli sull'entita'  della  produzione  commercializzata
 dai  singoli  produttori, con l'onere di segnalare all'AIMA eventuali
 diminuizioni accertate al fine dell'aggiornamento del bollettino.
   Infine  l'ottavo  comma   demandava   al   decreto   del   Ministro
 dell'agricoltura   e   foreste,   previo   parere  della  "Conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le  provincie
 autonome   di   Trento   e   Bolzano"  e  sentite  le  organizzazioni
 professionali  agricole  maggiormente  rappresentative  e  a  livello
 nazionale,  la  fissazione  dei  criteri  generali di riduzione della
 produzione stessa nel caso che le quote nazionali stabilite  in  sede
 comunitaria  risultassero  superate dalla quantita' attribuita in via
 provvisoria, ai produttori.
   Il successivo art. 5 - per quanto riguarda l'oggetto della presente
 impugnazione - regolava le procedure  di  compensazione  delle  quote
 latte prodotte stabilendo:
     al  quarto  comma  che nei confronti dei produttori associati gli
 acquirenti  trattengono  il  prelievo  supplementare  per  tutte   le
 consegne   che  oltrepassano  la  quota  individuale  dei  produttori
 medesimi come risultante dai bollettini pubblicati dall'AIMA;
    al quinto comma che i presidenti delle associazioni di  produttori
 effettuano  la  compensazione  tra  le minori e le maggiori quantita'
 consegnte dai produttori associati, computando le consegne effettuate
 da tutti i produttori associati titolari di quote,  ed  imputano  con
 apposita deliberazione il prelievo supplementare eventualmente dovuto
 ai  produttori  che hanno superato la propria quota proporzionalmente
 alle quantita' eccedenti commercializzate da ciascuno;
     al sesto comma che i presidenti delle associazioni di  produttori
 comunicano  con lettera raccomandata l'ammontare delle somme imputate
 a ciascun produttorre;
     al settimo comma che la deliberazione relativa alla compensazione
 di cui al quinto comma e le comunicazioni di cui al sesto comma  sono
 trasmesse  alle regioni e alle provincie autonome di Trento e Bolzano
 ove hanno sede le associazioni medesime, nonche' all'AIMA;
     all'ottavo  comma  che  gli  acquirenti   versano   il   prelievo
 supplementare  comunicato  dall'associazione per ciascun produttore e
 restituiscono  ai  medesimi  le  somme  residue  ad  essi  spettanti,
 comprensive degli interessi legali;
     al  nono  comma  che,  ove  i  presidenti  delle associazioni non
 abbiano comunicato entro sei mesi  agli  acquirenti  l'ammontare  del
 prelievo   supplementare   che   deve   essere  versato  per  ciascun
 produttore, gli acquirenti versano l'intero ammontare  trattenuto  ai
 produttori associati ai sensi del quarto comma.
   In  attuazione  della  legge n. 468/1992 veniva emanato il d.-l. 23
 dicembre 1994, n. 727, poi convertito nella legge 24  febbraio  1995,
 n.  46,  riguardante  appunto  "Norme,  per  l'avvio degli interventi
 programmati in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera
 nella quota comunitaria".
   In  esecuzione  pure  del  sopravvenuto   regolamento   C.E.E.   n.
 3950/1992,  all'art.  2 si stabiliva "... di procedere alla riduzione
 prioritariamente della quota A non in  produzione  e  successivamente
 della  quota  B  assegnata  ai produttori" in base a taluni parametri
 quantitativi; ed escludendo comunque da detta riduzione i  produttori
 operanti  in  zone  montane  ed  in  quelle  svantaggiate  (o ad esse
 equiparate), nonche' nelle isole.
   Con  l'art.  2-bis  si  si  ammetteva  l'autocertificazione   della
 produzione nei rapporti tra venditori ed acquirenti.
   Nei   due  citati  atti  legislativi  veniva  omessa    pero'  ogni
 previsione  di  consultazione  delle  regioni  che  pure  era   stata
 espressamente stabilita nella legge n. 468/1992|
   Il  decreto-legge  n. 727/1994 e la legge di conversione n. 46/1995
 venivano  impugnati   dinanzi   a   codesta   eccellentissima   Corte
 costituzionale   da  parte  della  regione  Veneto  e  della  regione
 Lombardia, che tra l'altro eccepivano l'illegittima esclusione  della
 previa  consultazione regionale per l'adozione degli atti riguardanti
 la riduzione della produzioue al fine del conseguimento  della  quota
 nazionale assegnata.
   Con   la  sentenza  28  dicembre  1995,  n.  520,  si  accoglievano
 parzialmente i proposti ricorsi ed in particolare  si  dichiarava  la
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2, primo comma della legge
 stessa nella parte in cui non erasi previsto il parere delle  regioni
 direttamente  interessate  al  procedimento  di riduzione delle quote
 assegnate ai  produttori  di  latte:  motivandosi  espressamente  che
 risultava  fondata  la  censura  di  violazione degli artt. 117 e 118
 della  Costituzione  (che  attribuiscono   alle   regioni   ordinarie
 competenze legislative ed amministrative in materia di agricoltura) e
 del   principio  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni
 medesime.
   Nonostante l'espresso richiamo  di  codesta  eccellentissima  Corte
 alla   doverosita'   da   parte   del   Governo   dell'emanazione  di
 provvedimenti legislativi nel pieno rispetto del prinicpio  di  leale
 collaborazione  tra  Stato e regioni, la materia de qua ha continuato
 ad essere oggetto  di  atti  legislativi  assunti  esclusivamente  al
 livello   centrale,   in   assenza  di  qualsiasi  concordamento  con
 l'autonomie regionali, e puntualmente  oggetto  di  impugnazioni  per
 questioni di legittimita' costituzionale.
   Si fa cosi' riferimento - oltre che decreto-legge n. 542/1994, gia'
 impugnato dalla ricorrente regione e convertito in legge con la legge
 n.  649/1996,  oggetto della presente impugnazione - ai decreti-legge
 n. 124/1996, n. 260/1996,  n. 353/1996, n. 463/1996  e  n.  552/1996,
 con  i  quali  in  modo irrazionale - per quanto attiene alla portata
 sostanziale  delle  previsioni  normative  -   e   costituzionalmente
 illegittimo  - per quanto attiene all'emanazione dei deceti stessi in
 violazione dell'art. 77 della Costituzione e del principio  di  leale
 collaborazione   -   e'   stata  prevista  e  disciplinata  prima  la
 pubblicazione  di  "bollettini  di  aggiornamento"  riguardanti   gli
 elenchi  dei  produttori  e  i  quantativi  delle quote latte ad essi
 spettanti,  e  in  ultimo   le   modalita'   di   svolgimento   della
 compensazione nazionale.
   E  cio'  conseguentemente all'emanazione del decreto-legge 8 agosto
 1996, n. 440, concernente il "Differimento  di  termini  previsti  da
 disposizioni  legislative in materia di interventi in campo economico
 e sociale".
   Detto  decreto  all'art.  11  rubricato  "Regime   comunitario   di
 produzione lattiera" stabiliva con effetto retroattivo:
     al   comma   1   che   a   partire   dal   periodo  1995-1996  di
 regolamentazione della produzione lattiera cessa  l'applicazione  dei
 commi 5, 6, 7, 8 e 9 dell'art. 5 della legge n. 468/1992, in concreto
 annullando   la   procedura  di  compensazione  in  ambito  regionale
 effettuata dalle Associazioni di produttori;
     al comma 2  che  i  versamenti  e  le  restituzioni  delle  somme
 trattenute  degli  acquirenti a titolo di prelievo supplementare sono
 effettuati   a   seguito   dell'espletamento   delle   procedure   di
 compensazione  nazionale  da  parte  dell'AIMA.  Sulle  somme residue
 spettanti ai produttori sono dovuti gli interessi legali;
     al comma  3  che  gli  acquirenti  che  hanno  gia'  disposto  la
 restituzione  delle  somme ai produttori ai sensi del sospeso art. 5,
 comma 8, della legge n. 468/1992, procedono a nuove  trattenute  pari
 all'ammontare delle somme restituite. Ove cio' non fosse possibile si
 applicano  le  disposizion  di cui all'art. 7 della medesima legge n.
 468/1992.
   A seguito di tale nuovo regime normativo i produttori della regione
 Friuli-Venezia Giulia sono incorsi in pagamenti per la  compensazione
 di  importo  complessivo superiore a 8 miliardi e 200 milioni, contro
 gli  822  milioni  calcolati  con  la  compensazione  a  livello   di
 Associazione di produttori.
   Tale  disposizione  (gia'  oggetto  di  questioni  di  legittimita'
 costituzionale  di  fronte  a  codesta  ecc.ma  Corte)   sono   state
 puntualmente  reiterate con il d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542, recante
 "Differimento di termini  previsti  da  disposizioni  legislative  in
 materia di interventi in campo economico e sociale", impugnato quanto
 all'art.  11 concernente il regime comunitario di produzione lattiera
 dalla ricorrente regione avanti a codesta ecc.ma Corte  (ove  risulta
 pendente  sub  r.g.n.  45/1996)  ed  infine convertito in legge dalla
 legge n. 649/1996, oggetto del presente ricorso, in riferimento  alla
 conversione (senza modificazioni) dell'art. 11 medesimo.
                              In Diritto
   La  legge  23 dicembre 1996, n. 649 convertita dal decreto-legge n.
 542/1996, risulta costituzionalmente illegittima, in riferimento alla
 conversione in legge dell'art. 11 del medesimo decreto-legge,  per  i
 seguenti
                                Motivi
   1.   -   Violazione  dell'art.  77  della  Costituzione  anche  con
 riferimento agli artt. 4 n. 2, 8 e 44 St.  (legge  costituzionale  31
 gennaio 1963, n. 1), nonche' del principio della leale collaborazione
 tra Stato e regioni.
   1.1 - E' evidene che nessuna delle disposizioni contenute nell'art.
 11  del convertito decreto-legge n. 542/1996, risulta in qualche modo
 diretta a far fronte a nuove situazioni di fatto che appaiano di tale
 "straordinaria necessita' ed urgenza" da  richiedere  l'utilizzo  del
 decreto-legge  e  non  l'attivazione  dell'ordinario  procedimento di
 approvazione e promulgazione di una legge ordinaria.
   Infatti  la  giustificazione  motivazionale  espresa in epigrafe al
 convertito decreto  appare  del  tutto  generica  ed  apodittica.  Ma
 maggiormente  rileva il fatto che il convertito decreto ha riprodotto
 fedelmente le disposizioni dell'art. 11 del precedente  decreto-legge
 n.  440/1996,  il  quale  pure  in alcun modo risultava diretto a far
 fronte a nuove situazioni di fatto di tale "straordinaria  necessita'
 ed  urgenza" giustificative del ricorso alla decretazione d'urgenza e
 tali  da  impedire  l'attivazione  dell'ordinario   procedimento   di
 approvazione e promulgazione di una legge ordinaria.
   All'evidenza   la   materia  regolata  dall'impugnata  disposizione
 risulta  essere  l'abolizione  della  compensazione  a   livello   di
 associazione di produttori.
   Non  solo quindi non sussisteva alcuna improcrastinabile urgenza ed
 indifferibilita'  di  una  tale  disciplina,  ma  anzi   la   portata
 sostanziale  delle  previsioni emanate avrebbe al contrario richiesto
 adeguato dibattito e concordamento tra lo Stato e le regioni.
   La violazione dell'art. 77 da parte  del  convertito  decreto-legge
 risulta poi dallo stesso carattere reiterativo del medesimo.
   Orbene, codesta ecc.ma Corte con la recente sentenza n. 360/1996 ha
 efficacemente  affermato  che il decreto-legge iterato o reiterato e'
 violativo del precetto costituzionale "... perche' altera  la  natura
 provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il
 termine  invalicabile  previsto dalla Costituzione per la conversione
 in legge; perche' toglie  valore  al  carattere  "straordinario"  dei
 requisiti  della  necessita'  e  dell'urgenza,  dal  momento  che  la
 reiterazione viene  a  stabilizzare  e  a  prolungare  nel  tempo  il
 richiamo  ai motivi gia' posti a fondamento del primo decrto; perche'
 attenua la  sanzione  della  perdita  retroattiva  di  efficacia  del
 decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione
 a  suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilita' di
 consolidare gli effetti  determinanti  dalla  decretazione  d'urgenza
 mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata".
   Pure  si  e'  incidentalmente  rilevato  come  la  prassi diffusa e
 prolungata della reiterazione incide negli  equilibri  istituzionali,
 "alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione
 della  funzione  legislativa  ordinaria al Parlamento", risultando in
 tal modo intaccata la stessa certezza del diritto nei rapporti tra  i
 diversi  oggetti  per l'impossibilita' di prevedere sia la durata nel
 tempo delle norme  reiterate  che  l'esito  finale  del  processo  di
 conversione.
   Ancora  la  citata  sentenza  n.  360/1996  ha statuito che "... il
 diveto  di  iterazione  e  di  reiterazione,  implicito  nel  disegno
 costituzionale,  esclude,  quindi,  che il Governo in caso di mancata
 conversione di un  decreto-legge,  possa  riprodurre,  con  un  nuovo
 decreto,  il  contenuto  normativo  dell'intero  testo  o  di singole
 disposizioni del decreto non convertito, ove  il  nuovo  decreto  non
 risulti  fondato  su autonomi (e, pur sempre, straordinari) motivi di
 necessita' ed urgenza, motivi che, in ogni caso, non potranno  essere
 ricondotti  al  solo  fatto  del  ritardo  conseguente  dalla mancata
 conversione del precedente decreto.  Se e' vero, infatti, che in caso
 di mancata conversione il Governo non risulta spogliato del potere di
 intervenire nella stessa materia con lo strumento della  decretazione
 d'urgenza,   e'   anche   vero  che,  in  questo  caso,  l'intervento
 governativo - per poter rispettare i limiti della straordinarieta'  e
 della  provvisorieta'  segnati dall'art.  77 - non potra' porsi in un
 rapporto di continuita' sostanziale con  il  decreto  non  convertito
 (come  accade  con  l'iterazione e con la reiterazione) ma dovra', in
 ogni  caso,   risultare   caratterizzato   da   contenuti   normativi
 sostanzialmente diversi ovvero da presupposti giustificativi nuovi di
 natura "straordinaria"".
   Alla luce di tali chiarissimi, ineludibili e condivisibili principi
 la  ricorrente  regione  nell'impugnazione  dinanzi  a codesta ecc.ma
 Corte  del  decreto-legge  n.  542/1996  ha   ritenuto   indubitabile
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11  ora  convertito: dal
 momento che esso ha  formalmente  e  sostanzialmente  riprodotto,  in
 assenza   di   nuovi   e  sopravvenuti  presupposti  straordinari  di
 necessita' ed  urgenza,  il  contenuto  normativo  dell'art.  11  del
 precedente e abrogato decreto-legge n. 440/1996.
   1.2  -  Deve  essere  precisato che la violazione all'art. 77 della
 Costituzione va denunciata - come di seguito viene evedenziato -  con
 diritto   riferimento   alla  lesione  delle  competenze  legislative
 primarie della regione nel settore  agricolo  e  zootecnico:  essendo
 ammissibile  la proposizione di tale censura anche da parte regionale
 quanto essa incide sulle proprie attribuzioni (sentenza n. 29/1995) e
 risulti di palese evidenza (sentenza n. 165/1995).
   E sotto tale aspetto deve eccepirsi che l'affermata sussistenza  di
 una   apodittica   ed  ingiustificata  "straordinaria  necessita'  ed
 urgenza"  ha  reso  di   fatto   incompatibile   e   inattuabile   la
 partecipazione   regionale   alle   scelte  legislative  che  con  il
 convertito decreto-legge sono state assunte  nella  delicata  materia
 della riduzione delle quote-latte.
   In  tal modo surrettiziamente si violano le competenze regionali in
 materia; e quelle nel settore  dell'agricoltura  e  della  zootecnica
 specificatamente  assegnate  alla  competenza  primaria  ed esclusiva
 della ricorrente regione.
   1.3.  -  E'  stato  nei   precedenti   ricorsi   pure   evidenziata
 l'ammissibilita'  di tale illustrata eccezione di incostituzionalita'
 in relazione ai principi  giurisdizionali  posti  da  codesta  ecc.ma
 Corte,  secondo i quali nei giudizi di legittimita' costituzionale in
 via principale l'interesse a ricorrere delle regioni  e'  qualificato
 eslcusivamente  dalla  finalita'  di  ripristinare l'integrita' delle
 competenze costituzionalmente garantire alle medesime ricorrenti.
   Pertanto le regioni in tale sede possono legittimamente far  valere
 presunte   violazioni   concernenti  norme  costituzionali  regolanti
 l'esercizio di un potere governativo -  come  appunto  le  norme  che
 abilitano  il  Governo ad adottare decreti-legge soltanto in presenza
 di situazioni di necessita' ed urgenza  -  nella  misura  in  cui  le
 stesse   comportano  di  per  se'  lesione  diretta  delle  sfere  di
 competenza costituzionalmente  attribuite  alle  autonomie  regionali
 (cfr.  sentenze  nn.  314/1990,  544/1989,  1044  e  302  del  1988 e
 29/1995).
   Un tanto puntualizzato, risulta palese che il Governo ha emanato le
 convertite  e   contestate   disposizioni   eludendo   il   dibattito
 parlamentare.    Quindi  la lesione delle competenze regionali deriva
 direttamente dall'utilizzo della decretazione d'urgenza alla quale e'
 stato fatto ricorso in  assenza  assoluta  peraltro  dei  presupposti
 costituzionali per essa stabiliti. E cio' - pure ripetesi - in aperto
 dispregio  delle chiare e puntuali statuizioni esplicitate da codesta
 ecc.ma Corte con la piu' volte citata sentenza n. 520/1995.
   1.4.  -  La  eccepita violazione dell'art. 77 della Costituzione da
 parte del decreto-legge n. 542/1996 implica pure che sia riconosciuta
 l'evidente  illegittimita'  costituzionale  dell'impugnata  legge  n.
 649/1996,  convertitiva  del  medesimo  decreto-legge,  alla luce dei
 principi sanciti da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 29/1995.
   Detta  pronuncia  ha  innanzitutto  affermato  che  rientra   nelle
 competenze  di  codesta ecc.ma Corte l'accertamento della presenza in
 concreto dei presupposti di necessita' ed urgenza previsti  dall'art.
 77 della Costituzione per l'adozione dei decreti-legge.
   Cio'  si  giustifica in quanto la preesistenza di una situazione di
 fatto comportante la necessita' e  l'urgenza  di  provvedere  tramite
 l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge,
 costituisce  un  requisito  di validita' costituzionale dell'adozione
 del predetto atto.
   L'eventuale mancanza di tale presupposto configura tanto  un  vizio
 di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge,  adottato al di
 fuori delle ipotesi applicative costituzionalmente  previste,  quanto
 un  vizio in procedendo della legge di conversione, la quale nel caso
 ipotizzato  valuta  erroneamente  l'esistenza   di   presupposti   di
 validita',  in  realta'  insussistenti, e quindi converte un atto che
 non poteva essere legittimo oggetto di conversione.
   La  ricorrente  regione  richiede   quindi   la   declaratoria   di
 illegittimita'  costituzionale della legge n. 649/1996 nella parte in
 cui converte in legge l'art. 11 del decreto-legge  n.  542/1996,  non
 sussistendo alcuna preclusione affinche' codesta ecc.ma Corte proceda
 all'esame  del decreto-legge e della conseguente legge di conversione
 sotto il profilo dei requisiti di validita'  costituzionale  relativi
 alla   preesistenza   dei   presupposti  di  cui  all'art.  77  della
 Costituzione.
   Ne' ostacola tale conclusione la successiva approvazione del citato
 articolo da parte delle Camere in sede  di  conversione,  comportando
 essa  una  valutazione  del  tutto  diversa  e  precisamente  di tipo
 prettamente politico, sia con riguardo al contenuto della  decisione,
 sia con riguardo agli effetti della stessa.
   2.  -  Violazione  degli  artt.  4  e 8 dello Statuto di autonomia,
 approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, nonche' del
 principio  della  leale   collaborazione   tra   Stato   e   regione,
 irragionevolezza della norma censurata.
   2.1.  -  Si  e' gia' sopra illustrato come la ricorrente regione e'
 attributaria  di  competenza  primaria  esclusiva  -  legislativa  ed
 amministrativa  -  in  materia  di  agricoltura  e zootecnia ai sensi
 dell'art. 4, n.   2 e  dell'art.  8  della  legge  costituzionale  n.
 1/1963.
   L'impugnato  art. 1 della legge n. 649/1996, convertitivo dell'art.
 11 del decreto-legge n. 542/1996, risulta in generale illegittimo  in
 quanto   detto  art.  11  appare  violativo  tanto  delle  competenze
 costituzionalmente assegnate  alla  regione  autonoma  Friuli-Venezia
 Giulia  nelle  suddette  materie  dell'agricoltura e della zootecnia;
 quanto del principio di  leale  collaborazone  tra  Stato  e  regione
 espressamente  sancito con la gia' richiamata sentenza n. 520/1996 di
 codesta ecc.ma Corte con riferimento al precedente  decreto-legge  n.
 727/1994   (ed   alla  legge  di  conversione  n.  46/1995):  emanata
 quest'ultima  con  riguardo  quindi  alla  medesima   materia   della
 riduzione delle quote latte e agli atti legislativi che costituiscono
 presupposto giuridico del decreto-legge n. 542/1996.
   2.2.  -  In  particolare  la violazione di detto principio di leale
 collaborazione veniva sanzionato puntualmente  in  tale  apprezzabile
 decisione,   ritenendosi   fondata  l'allora  proposta  eccezione  di
 incostituzionalita' "... in relazione alla mancata  previsione  nella
 norma   impugnata   di   qualsivoglia  partecipazione  regionale  nel
 procedimento di riduzione delle quote individuali: e  invero  ove  si
 considerino  i  contenuti  della  disciplina  in  esame,  che investe
 interventi  sulla  dimensione  produttiva  di  aziende  comprese  nel
 settore agricolo (v. sentenza n. 304 del 1987) la completa esclusione
 delle regioni dal procedimento in questione non puo' trovare adeguata
 giustificazione  ne'  in  relazione  all'urgenza con cui si e' dovuto
 provvedere ai fini del rientro nella quota nazionale ne' in relazione
 alla presenza, connessa a tale rientro, di un interesse nazionale  al
 rispetto  di  impegni assunti in sede comunitaria. Non senza, d'altro
 canto, considerare che la procedura gia' adottata dall'art. 2,  comma
 7,  della  legge  n.  468  del  1992 aveva affidato direttamente alla
 regioni la riduzione delle quote assegnate,  ove  le  stesse  fossero
 risultate maggiori della produzione effettiva".
   Ed  ancora  di  seguito  si  puntualizzava  che  "... rispetto alla
 fattispecie regolata dalla norma in esame...  la  presenza  regionale
 andava  in  ogni  caso  salvaguardata  quanto  meno nella forma della
 richiesta di parere. E questo tanto piu' che ove si consideri che  le
 ipotesi  di  sottrazione  alla procedura di riduzione contemplate nei
 commi 1 e  2-bis  dell'art.  2  sono  tali  da  involgere  almeno  in
 prevalenza, valutazioni spettanti alla sfera dei poteri regionali".
   Pur essendo stato sancito autorevolmente con tale sentenza additiva
 l'obbligo  di  garantire la partecipazione regionale nel procedimento
 di riduzione  delle  quote  latte,  con  deprecabile  ostinazione  il
 Governo   ha  disatteso  tale  statuizione  procedendo  indebitamente
 all'emanazione dei numerosi e reiterati decreti-legge senza alcuna  -
 seria  e  concreta  -  forma di collaborazione e coordinamento con le
 regioni attributarie di specifiche  potesta'  in  materia;  omettendo
 completamente  di  attivare ogni intesa o consultazione collaborativa
 pur ritenuta doverosa e necessaria  anche  da  codesta  ecc.ma  Corte
 costituzionale con la citata sentenza n. 520/1995.
   2.3.  -  Il  puntuale  rispetto  delle competenze regionali avrebbe
 richiesto  il  mantenimento  della   compensazione   a   livello   di
 associazioni  di  produttori, la cui esclusione doveva comunque esser
 oggetto di puntuale intesa  con  la  Regione  in  considerazione  dei
 negativi   riflessi   economici  derivanti  dall'effettuazione  della
 compensazione solo in sede nazionale.
   Di fatto il nuovo sistema conduce  all'applicazione  nei  confronti
 degli  allevatori  della  ricorrente  regione di una multa di importo
 superiore agli otto miliardi e  duecento  milioni|  Al  contrario  la
 compensazione   in   sede   di  associazioni  di  produttori  avrebbe
 evidenziato il prelievo di soli ottocentoventidue milioni,  il  quale
 avrebbe  consentito  di  avviare  un  processo  di  compensazione non
 traumatico fra le aziende che  sono  in  riduzione  dell'attivita'  e
 aziende che sono in fase di sviluppo.
   E'   evidente   inoltre   che   la   soppressione  del  sistema  di
 compensazione a  livello  di  associazioni  di  produttori  e  quindi
 l'esclusione  di qualsiasi meccanismo basato sulla considerazione dei
 livelli produttivi regionali reca  il  piu'  grave  pregiudizio  agli
 interessi  del  settore della ricorrente regione: infatti l'esclusivo
 ed  imposto  sistema  di  compensazione  a  livello  solo   nazionale
 inevitabilmente  impedisce  che  i  quantitativi di latte prodotti in
 eccedenza rispetto alle quote assegnate possano trovare compensazione
 senza provocare danni alla produzione regionale complessiva.
   E tutto cio' costituisce una  lesione  direta  ed  immediata  delle
 competenze   regionali   dal  momento  che  viene  di  fatto  escluso
 l'esercizio  di  qualsiasi  potesta'  programmatoria  regionale   nel
 settore.
   2.4. - Va pure tenuto in massimo rilievo che la portata retroattiva
 dell'impugnato   art.   11  e  ingiustificata  e  inconciliabile  con
 qualsiasi forma di collaborazione ed  estranea  a  corretti  rapporti
 Stato/regioni,  e  sancisce ulteriormente la sottrazione alla regione
 delle competenze statutariamente attribute.
   Per  le  considerazioni  contestative  sopra   illustrate   ed   in
 accoglimento  del  presente  ricorso  si  chiede  conclusivamente che
 codesta    ecc.ma    Corte    costituzionale    voglia     dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1 della legge 23 dicembre
 1996,  n.  649,   concernente   la   "Conversione   in   legge,   con
 modificazioni,  del  decreto-legge  23  ottobre 1996, n. 542, recante
 differimento di termi previsti da disposizioni legislative in materia
 di interventi in campo economico e sociale", in riferimento  all'art.
 11  di  detto  decreto-legge,  concernente  il  regime comunitario di
 produzione lattiera, per  violazione  degli  artt.    3  e  77  della
 Costituzione,  degli  att.  4,  n.  2  e 8 dello Statuto di autonomia
 (approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1),  nonche'
 del principio della leale collaborazione.
     Trieste-Roma, addi' 16 gennaio 1997
                    L'avvocato della regione: Fusco
 97C0091