N. 1322 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1995
N. 1322 Ordinanza emessa il 7 novembre 1995 e il 12 marzo 1996 dal Consiglio di Stato nei ricorsi riuniti proposti dalla regione Piemonte ed altri contro Ferreri Maria Grazia ed altri Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per la copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale - Commissione esaminatrice - Attribuzione delle relative funzioni alla giunta regionale integrata dal Presidente del consiglio regionale - Mancata previsione della presenza quanto meno maggioritaria di esperti dotati di specifiche competenze tecniche rispetto ai titoli da valutare - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 453/1996 e 330/1993. Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per la copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale - Attribuzione del punteggio fisso di sei punti a ciascuno dei quattro elementi di giudizio per la valutazione dell'attitudine allo svolgimento delle mansioni della qualifica superiore da conferire - Mancata previsione della graduabilita' del punteggio massimo - Violazione del principio di ragionevolezza e di imparzialita' della p.a. Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per la copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale - Pubblico dipendente sospeso in via cautelare per effetto di provvedimento disciplinare e conseguentemente escluso dalla partecipazione al concorso - Previsione, in caso di proscioglimento o della inflizione della sola censura, del diritto alla partecipazione al concorso dal quale e' stato escluso e, in caso di riconoscimento di maggior merito rispetto all'ultimo promosso con la scrutinio originario, alla promozione anche in soprannumero con decorrenza dalla stessa data della promozione gia' effettuata - Mancata previsione dello stesso diritto altresi' per il dipendente sospeso per effetto di procedimento penale e prosciolto all'esito dello stesso - Violazione dei principi di uguaglianza e di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Legge regione Piemonte 8 settembre 1986, n. 42, art. 29, commi 9 e 19, sostituito dalla legge regione Piemonte 11 dicembre 1987, n. 60, art. 2; testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 95). (Cost., artt. 3 e 9).(GU n.14 del 2-4-1997 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza: a) sul ricorso in appello (n. 909/1992) proposto dalla regione Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giulio Correale ed Enrico Romanelli e presso quast'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, contro Maria Grazia Ferreri, resistente e ricorrente incidentale, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e Mario Contaldi e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, Francesco Sommariva, resistente e ricorrente incidentale, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Cipolla e Ludovico Villa e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, piazzale Clodio n. 12, Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati, Giorgio Gaietta, Mario Cena, Rosa Corradin, Patrizia Camandona, Maurizio Vetere, Michelangelo Meinero, Osvaldo Turco, Mirella Cravanzona, Alberto Lotti, Amanzio Borio, Mauro Giudice e Marco Moratto, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Pia Negri e Giuseppe Bartoli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non costituito in giudizio, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992 n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; b) sul ricorso in appello (n. 1116/1992) proposto dai signori Enrico Fassio, Filippo Piccareta, Giuseppe Fornaro, Rosa Maria Piumatti, Mario Romiti, Pietro Iacovello, Mario Grisotto, Giancarlo Prina Pera, Nella Bianco, Giuseppe Brunatti, Marilena Damberto, Giulio Givone, Giovanni Quadrelli, Renato Fenocchio, Silvano Bertini, Aldo Giuliano Pistocchi, Anna Maria Costa, Gerardo Ricciardi, Dalmazio Baldis, Emerenziana Felice, Luciano Conterno, Vito Valsania, Rita Marchiori, Maria Teresa Pegnajeff, Vito Sorbilli, Adriana Di Martino, Aldo Lodi, Maurizio Pecora, Luigi Momo, Nino Chieppa, Adriana Garabello, Giulio Parise, Luciano Rolando, Aurelio Catalano, Mimma Calletti, Maria Rovero, Walter Bossi, Nebiamino Napoli, Luciano Ferioli, Walter Vescovi, Giovanni Monchiero, Roberto Salvio, Olindo Bortesi, Franco Leone, Carmelo Pesimena, Bruno Pelissero, Raimondo Floris, Mario Bianco, Nicoletta Vacca-Orru', Vito Viviano, Franco Ardizzone, Corrado Bona, Antonino Giordano, Pietro Follis, Sergio Ivaldi, Vincenzo Coccolo, Giuseppe De Pascale, Marina De Simone, Pietro Caruso, Mario Pugno, Norma Zadaricchio, Eugenia Grillo, Paolo Sibille, Aldo Manto, Angelo Vivinetto, Giuseppe Santise, Aldo Monaco, Edoardo Martinengo, Giuseppe Motta, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Marco Saniscalco e Paolo Vaiano e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in Roma, corso Rinascimento n. 11, contro Maria Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e Mario Contaldi e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, Francesco Sommariva, resistente e ricorrente incidentale, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Cipolla e Ludovico Villani e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, piazzale Clodio n. 12, Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati, Giorgio Baietta, Mario Cena, Rosa Corradin, Patrizia Camandona, Michele Meinero, Osvaldo Turco, Mirella Cravanzola, Alberto Lotti, Mauro Giudice, Marco Moratto, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Pia Negri e Giuseppe Bartoli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non costituito in giudizio, e nei confronti della regione Piemonte, in persona del Presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giulio Correale ed Enrico Romanelli e presso qust'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, del commissariato governativo presso la regione Piemonte, in persona del Commissario in carica pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' per legge domiciliato, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; c) sul ricorso in appello (n. 1678/1992) proposto dal signor Pier Massimo Prosio, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Savia e Mario Menghini e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via delle Mercede n. 52, contro la regione Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giuseppe Correale ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, e nei confronti della signora Maria Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e Mario Contaldi e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, dei signori Aldo Giuliano Pistocchi e Giuseppe De Pascale, non costituiti in giudizio, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; d) sul ricorso in appello (n. 1709/1992) proposto dal Commissariato di Governo presso la regione Piemonte, in persona del commissario in carica pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' per legge domiciliato, contro Maria Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e Mario Contaldi e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, e nei confronti della regione Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giuseppe Correale ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; e) sul ricorso in appello (n. 1802/1992) proposto dai signori Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati, Giorgio Gaietta, Mario Cena, Rosa Corradin, Patrizia Comandona, Marco Moratto, Michele Meinero, Osvaldo Turco, Mirella Cravanzola, Alberto Lotti, Amanzio Borio, Mauro Giudice, Maurizio Vetere, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Pia Negri e Giuseppe Bartoli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Nicolai n. 48, contro la regione Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giulio Correale ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, e nei confronti della signora Maria Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e Mario Contaldi e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, dei signori Mario San Pietro e Aldo Migliore, non costituiti in giudizio, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; f) sul ricorso in appello (n. 1709/1992) proposto dal commissariato di Governo presso la regione Piemonte, in persona del commissario in carica pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' per legge domiciliato, contro la signora Maria Grazia Ferreri, non costituita in giudizio, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987; Visti i ricorsi in appello nn. 909, 1116, 1678, 1709 e 1802 del 1992 e 127 del 1993; Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione Piemonte, del commissariato governativo presso la regione Piemonte, dei signori Maria Grazia Ferreri, Francesco Sommariva, Michelangelo Miele ed altri, Pier Massimo Prosio ed Enrrico Fassio ed altri; Visti gli appelli incidentali condizionati proposti dai signori Maria Grazia Ferreri, Francesco Sommariva ed altri; Viste le memorie prodotte dalle parti in causa a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 7 novembre 1995 la relazione del consigliere Gennaro Ferrari, uditi gli avvocati Romanelli, Correale, Maiorca, Gallenca, Cipolla, Vaiano, Menghini, Contaldi, Bartoli e l'avvocato Stato Nucaro. Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o 1. - Con atto (n. 909/1992 - notificato in data 26-28 maggio 1992 la regione Piemonte ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza 18 febbraio 1992 n. 46 con la quale la II sezione del T.A.R. Piemonte, pronuncaindo sui ricorsi riuniti dei signori Michelangelo Miele ed altri (n. 983/1988), Maria Grazia Ferreri (n. 1041/1988), Francesco Sommariva (n. 1192/1988) e Pier Massimo Prosio (n. 1281/1988), ha accolto il primo e il terzo e, per l'effetto, ha annullato la delibera di giunta regionale 23 marzo 1988 n. 1-19568 avente ad oggetto "Approvazione dei verbali e della graduatoria formulata dalla commissione esaminatrice e nomina vincitori del concorso interno per titoli e valutazione attidudinale per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60/1987" e gli atti concorsuali posti in essere dalla commissione giudicatrice dopo l'ammissione dei concorrenti, e ha dichiarato improcedibili gli altri due in conseguenza del gia' disposto annullamento di tutti gli atti del concorso, "dalla formulazione dei criteri in poi", con integrale compensazione fra le parti in causa delle spese e degli onorari del giudizio. Queste le censure: A) Erroneita' della sentenza la' dove ritiene che la previsione della legge regionale relativa al requisito della "stima e prestigio" sia stata tradotta, nella formulazione dei criteri di giudizio operata dalla commissione giudicatrice, in una serie di ipotesi "disomogenee", che hanno portato alla violazione del principio di parita' fra i concorrenti. Il vizio di violazioine dei principio di parita' fra i concorrenti, che il T.A.R. ha riscontrato nella individuazione da parte della commissione giudicatrice delle ipotesi di mancanza del requisito della "stima e prestigio", sarebbe effettivamente sussistente ove la legge regionale avesse consentito alla stessa commissione di graduare il punteggio (6 punti) da essa previsto a seconda della diversa gravita' dei provvedimenti disciplinari e penali subiti dai vari candidati. Tale possibilita' invece non sussiste giacche' l'art. 22, diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 62, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regione Piemonte 11 dicembre 1987 n. 60 impone alla commissione di assegnare tutti i sei punti ad ogni elemento di giudizio valutato positivamente e nessun punto a quelli valutati negativamente. Tale essendo il parametro normativo di riferimento deve ritenersi corretto, sia sul piano logico che su quello giuridico, l'operato della commissione la quale ha ancorato il giudizio negativo sul candidato, sempre con riferimento al requisito della "stima e prestigio", ad un "livello di soglia minima", che, per quanto attiene al piano disciplinare, ha individuato nell'avvenuto deferimento alla commissione disciplinare e, per quanto attiene a quello penale, nell'esistenza di una ordinanza di rinvio a giudizio. In effetti l'unico appunto teoricamente formulabile nei confronti della commissione e' l'inutilita', in presenza di tale "livello di soglia minima", della espressa indicazione delle misure, disciplinari e penali, di maggiore gravita'. B) Erroneita' della sentenza la' dove censura l'operato della commissione giudicatrice - in relazione alla mancata attribuzione di un determinato punteggio ai ricorrenti Ferreri e Sommariva per la sussistenza, a loro carico, rispettivamente, di ordinanza di rivio a giudizio e di sentenza penale di condanna - sulla scorta dell'affermazione che nessun rilievo immediato puo' essere dato a provvedimenti penali diversi dalla sentenza penale irrevocabile. Erronea e' la premessa dalla quale e' partito il T.A.R., e cioe' che "tutte le capacita' di diritto pubblico (ed implicitamente anche quelle di diritto privato) non possono essere limitate se non per effetto di una sentenza penale irrevocabile". A smentire l'affermazione del primo giudice e' sufficiente il richiamo all'art. 287 del nuovo cod. proc. pen., che consente l'applicazione nel corso del giudizio di misure interdittive quali la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il divieto di esercitare determinate attivita' professionali o imprenditoriali, ecc., nonche' agli articoli 91 e 93 testo unico 10 gennaio 1957 n. 3, che prevedono la sospensioine cautelare dall'impiego e l'esclusione dagli esami e dagli scrutini del pubblico dipendente sottoposto a procedimento penale, ecc. Questo in linea generale. Per quanto poi riguarda la mancata attribuzione del punteggio relativo alla "stima e prestigio" ai concorrenti Ferreri e Sommariva non e' condivisibile l'affermazione del T.A.R. secondo cui l'operato della commissione avreebbe comportato una non consentita limitazione della "capacita'" dei soggetti in questione, essendosi al contrario esso risolto nella mancata attribuzione di un punteggio correlato alla positiva verificazione della sussistenza dei criteri di giudizio ricompresi nella "attitudine allo svolgimento delle funzioni proprie della seconda qualifica dirigenziale". C) Erroneita' della sentenza la' dove afferma che il criterio di giudizio utilizzato dalla commissione giudicatrice e' stato per la ricorrente Ferreri fonte di danno ingiusto e contraddittoriamente inflitto. Per la Ferreri l'assoluzione con formula piena dal reato a lei ascritto e' intervenuta dopo che la commisione aveva concluso i suoi lavori "con la formulazione ed approvazione della graduatoria di merito", sicche' non e' condivisibile in linea di principio ed inesatta in punto di fatto la pretesa del T.A.R. di desumere dal trattamento riservato alla suddetta concorrente la riprova della sostanziale ingiustizia del criterio di cui si discute. E' anche insussistente la contradditorieta' di comportamento che il primo giudice imputa all'Amministrazione sul rilievo che anche dopo il rinvio a giudizio la Ferreri sarebbe stata incaricata di mansioni che sottintendevano il persistere di un rapporto di stima e di fiducia quanto meno all'interno dell'Amministrazione stessa. Non e' vero, infatti, che le suddette mansioni siano state affidate alla Ferreri prima della conclusione dei lavori da parte della commissione giudicatrice. D) Erroneita' della sentenza la' dove conclude per l'annullamento della procedura concorsuale sulla scorta dell'argomentazione che il venir meno della legittimita' di uno dei criteri di giudizio formulati dalla commissione si ripercuote anche sugli altri a motivo della loro interdipendenza. Erroneita' della sentenza per violazione del principio di "corrispondenza fra chiesto e pronunciato". Il T.A.R. ha disposto l'annullamento della intera procedura concorsuale, a partire dalla determinazione dei criteri di massima, sul presupposto della interdipendenza e del conseguente bilanciamento fra i quattro elementi che il cit. art. 29, diciottesimo comma, legge regione Piemonte n. 42 del 1986 assume come significativi dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni proprie della seconda qualifica dirigenziale, "sicche' il venir meno della legittimita' anche di uno solo di essi non puo' non riflettersi sul generale equilibrio voluto fra i vari titoli da valutare e quindi pregiudicare tutto quanto il concorso". Tale conclusione non e' condivisibile in quanto frutto di una affrettata lettura della norma soprarichiamata, la quale ha invece inteso attribuire rilievo a quattro elementi del tutto autonomi e diversificati fra di loro. La tesi del primo giudice potrebbe avere qualche giustificazione solo ove la legge regionale avesse affidato alla commissione giudicatrice il compito di distribuire e graduare i 24 punti, unitariamente considearti, con riferimento ai quattro elementi di giudizio; risulta invece palesemente erronea ove solo si consideri che la stessa legge regionale ha gia' provveduto alla distribuzione del punteggio complessivo in relazione ai quattro elementi di giudizio e per ciascuno di essi ha previsto l'assegnazione (o la non assegnazione) di sei punti. 2. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri, la quale ha chiesto che l'appello della regione Piemonte sia dichiarato inammissibile e/o infondato in fatto e in diritto. La stessa signora Ferreri, per l'ipotesi subordinata che il suddetto appello fosse al contrario ritenuto fondato dalla sezione, con atto notificato in data 25 giugno 1992 ha proposto appello incidentale condizionato avverso la sentenza cit. sub 1, e ne ha chiesto la riforma nella parte in cui annulla l'intera procedura concorsuale anziche' limitarsi a disporre l'assegnazione in suo favore del punteggio previsto per la "stima e fiducia", a lei negato proprio nel momento in cui stava per concludersi, in senso per lei favorevole, il procedimento penale a suo carico e nonostante che l'amministrazione non avesse mai adottato nei suoi confronti, nella pendenza del suddetto procedimento, alcun provvedimento di natura cautelare ne' l'avesse rimessa dal servizio (affari generali della Presidenza) alla quale era preposta. Di qui l'illogicita' e contradditorieta' di comportamento dell'Amministrazione che contestualmente nega all'interesasta la stima e la fiducia necessaria per l'assegnazione del punteggio e implicitamente gliela conferma mantenendola al suo posto nell'esercizio di funzioni delicate e di notevole responsabilita'. L'appellante incidentale ha anche contestato l'impugnata sentenza nella parte in cui dispone l'integrale compensazione fra le parti in causa delle spese e degli onorari del giudizio, sul rilievo che prima ancora che la Commissione avesse completato i lavori ella aveva segnalato la grave illegittimita' che si andava consumando in suo danno. 3. - Si e' costituito in giudizio, per resistere all'appello della regione, il signor Francesco Sommariva. Con atto notificato in data 4 giugno 1992 lo stesso Sommariva, per l'ipotesi che la sezione ritenesse invece fondato l'appello, ha proposto appello incidentale condizionato avverso la sentenza cit. sub 1) e, dopo una diffusa esposizione dei fatti che lo hanno visto protagonista di procedimenti penali e di giudizi di responsabilita' innanzi alla Corte dei conti, ha chiesto alla Sezione di esaminare i motivi di censura sui quali il T.A.R. ha omesso di pronunciare in conseguenza del disposto annullamento dell'intera procedura concorsuale. Con riferimento alla procedura concorsuale ha dedotto: A) Violazione di legge in relazione alla tabella ricompresa nel dodicesimo comma dell'art. 29 legge regionale 8 settembre 1986 n. 42, novellato dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 - Eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti. In contrasto con le inequivoche risultanze degli atti sono stati immotivamente sottratti al ricorente i punteggi a lui spettanti per titoli di servizio e per titoli connessi allo svolgimento di mansioni. Sempre ai fini della valutazione dei titoli di servizio non e' stato considerato il periodo di sospensione cautelare; B) Eccesso di potere per illogicita', perplessita', carenza di motivazione e contradditorieta' - Violazione di legge in relazione ai principi generali dell'ordinamento in materia di concorsi pubblici ed al principio costituzionale di buon andamento della p.a. - Sviamento. La commissione ha negato al ricorrente i punteggi previsti per la "collaborazione e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi" e per la "stima e fiducia" in considerazione della condanna che sarebbe stata inflitta allo stesso ricorrente per reati commessi contro la p.a., ma ha ignorato che per i suddetti reati egli e' stato prosciolto dalla Corte di cassazione; C) Eccesso di potere per illogicita' ed irrazionalita'. Una ulteriore riprova della irrazionalita' di criteri di valutazione fissati dalla commissione giudicatrice emerge dall'esame della scheda personale del signor Giovanni Fasolini al quale sono stati negati i sei punti previsti per la collaborazione perche' lo stesso, di fatto, non avrebbe mai prestato servizio nelle strutture regionali, mentre gli sono stati assegnati i sei punti previsti per la stima goduta all'interno dell'Amministrazione; D) Eccesso di potere per travisamento e carenza di motivazione - Violazione di legge in relazione ai principi generali in materia di pubblici concorsi ed all'art. 29, diciannovesimo comma, legge regionale 8 settembre 1986 n. 42, cosi' come novellato dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60. L'incredibile velocita' con la quale la commissione ha vagliato la posizione dei singoli candidati dimostra con evidenza che la scelta dei candidati da dichiarare vincitori era gia' stata fatta e ad opera di soggetti estranei alla commissione stessa, la quale si e' limitata ad avallarla. Quanto invece alle deliberazioni di giunta, con le quale sono stati attribuiti gli incarichi di direzione dei servizi ai vincitori del concorso, l'appellante deduce: E) Illegittimita' derivata - Violazione di legge in relazione agli artt. 45 e 49 legge 10 febbraio 1953, n. 62 - Violazione del principio di irretroattivita' degli atti amministrativi. I provvedimenti, che attribuiscono ai vincitori del concorso gli incarichi di direzione dei servizi, sono illegittimi non solo in via derivata, cioe' in diretta conseguenza della illegittimita' della intera procedura concorsuale, ma anche per vizi propri: i suddetti incarichi sono stati infatti attribuiti contestualmente all'approvazione della graduatoria concorsuale, come prescritto dall'art. 28, terzo comma, legge regionale n. 60 del 1987, ma la loro decorrenza non poteva essere anteriore alla data in cui la suddetta graduatoria era divenuta esecutiva per aver superato il controllo di legittimita'. Il ricorrente ha infine contestato la declaratoria di integrale compensazione fra le parti delle spese e degli onorari del giudizio, cui e' pervenuta il T.A.R. osservando che in primo grado la soccombenza della regione e' stata integrale e che sono indecifrabili i "giusti motivi" in base ai quali lo steso T.A.R. ha ritenuto di potersi discostare dalla regola generale fissata dall'art. 91 cod. proc. civ. 4. - Si sono costituiti in giudizio i signori Michelangelo Miele ed altri, in epigrafe indicati, i quali hanno chiesto il rigetto dell'appello proposto dalla regione. In via subordinata, e cioe' per l'ipotesi che detto appello fosse invece ritenuto fondato dalla sezione, con atto notificato in data 3 giugno 1992 hanno proposto appello incidentale condizionato avverso la sent. cit. sub 1) e ne hanno chiesto l'annullamento nella parte in cui dichiara improcedibile il loro ricorso, riproponendo le censure gia' dedotte innanzi al primo giudice e sulle quali questo ha omesso di pronunciare, e cioe': A) Violazione di legge, con particolare riferimento all'art. 2, punto C) della tabella allegata alla legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 - Eccesso di potere per errore sui presupposti e disparita' di trattamento. Ad alcuni concorrenti, risultati vincitori, e' stato illegittimamente attribuito il punteggio previsto dal punto C) della citata tabella per lo svolgimento, in atto o pregresso, di funzioni ritenute con atto deliberativo della giunta regionale ascrivibili alle funzioni di responsabile di servizio regionale, nonostante che gli atti deliberativi in questione fossero stati tutti annullati dall'organo di controllo. Per l'ipotesi subordinata che la sezione ritenesse che l'Amministrazione, cosi' operando, ha fatto corretta applicazione della legge regionale 11 dicembre 1987, n. 60, viene sollevata questione di legittimita' costituzionale della suddetta legge per contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., nonche' con i successivi artt. 97 e 117. Ed invero del tutto irragionevolmente detta legge, nella interpretazione che ne ha fatto la commissione, attribuirebbe rilevanza determinante ad un fatto del tutto contingente quale l'esistenza di un atto di giunta non attributivo di funzioni ma di mero riconoscimento che certi compiti sono ascrivibili ad una determinata funzione; B) Eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicita'. Il punteggio relativo all'attitudine allo svolgimento delle mansioni proprie della seconda qualifica dirigenziale e' stato attribuito in modo rigido, senza una effettiva valutazione delle situazioni individauali e, soprattutto senza alcuna motivazione; C) Eccesso di potere per difetto d'istruttoria ed errore sui presupposti - Violazione di legge con particolare riferimento all'art. 21, diciottesimo comma, legge regionale n. 60 del 1987. I punteggi relativi alla stima e alla collaborazione sono stati illegittimamente assegnati a candidati notoriamente incorsi in incidenti giudiziali; D) Violazione di legge, con particolare riferimento alla legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 (art. 2, dodicesimo comma, punto C) - Eccesso di potere per disparita' di trattamento. La commissione giudicatrice, dichiarando di voler prendere in considerazione solo le funzioni attribuite dalla giunta regionale in attuazione della legge regionale n. 73 del 1979, ha introdotto un limite temporale che non solo non ha alcun fondamento normativo, ma che si traduce anche in una presunta discriminazione fra i candidati tenuto conto che la figura professionale del capo servizio e' stata prevista dal legislatore regionale sin dal 1974 (legge regionale n. 22 del 1974). Vittima di tale discriminazione e' stata, ad esempio, la ricorrente Mirella Cravanzona la quale, pur essendo in possesso di detta qualifica sin dal 15 marzo 1977, ne ha visto limitato il riconoscimento al solo periodo compreso fra il 15 luglio e il 2 ottobre 1986. E) Ancora: eccesso di potere per disparita' di trattamento. La commissione hon ha neppure applicato, con la dovuta imparzialita', i rigidi limiti temporali da essa stessa prefissati: ed infatti, in favore della dipendente Carla Spaguolo e' stata valutata sin dal 5 agosto 1975 la mansione di capo gabinetto del presidente della giunta regionale, nonostante si tratti di mansione non prevista dalla una specifica legge di settore; eguale illegittimita' e' stata perpretata in favore del dipendente Luigi Momo, al quale e' stato riconosciuto il servizio svolto nella qualita' di capo del Servizio urbanistico regionale. F) Violazione di legge, con particolare riferimento all'art. 2, diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60. Dal verbale della riunione del 16 febbraio 1988 risulta che la commissione, nonostante la particolare laboriosita' e complessita' degli adempimenti ad essa affidati dalla legge, ha impiegato solo un'ora e mezza per esaminare ben 225 candidati, riservando quindi a ciascuno di essi 24 secondi. G) Ancora: violazione di legge, con particolare riferimento all'art. 2, diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre 1987, n. 60. Identica, sorprendente velocita' la commissione ha dimostrato nella seduta del 17 e 18 febbraio nel corso delle quali ha rispettivamente esaminato, nel giro di due ore e mezza, 80 e 129 candidati. A conclusione del loro appello incidentale i ricorrenti hanno osservato che l'annullamento dell'intera procedura concorsuale, al quale il T.A.R. e' pervenuto a seguito della riconosciuta fondatezza di uno dei motivi di censura dedotti dai ricorrenti Ferreri e Sommariva, non e' in grado di arrecare ad essi alcun concreto vantaggio ove le restanti valutazioni operate dalla commissione giudicatrice venissero reiterate negli identici termini. Di qui il loro interesse a che la sezione porti il suo esame su tutte le censure da essi dedotte e sulle quali il primo giudice ha omesso di pronunciare, ritenendole assorbite. 5. - Con atto (n. 1116/1992) notificato in data 3-5 giugno 1992 i signori Enrico Fassio ed altri, in epigrafe indicati, tutti collocati nella graduatoria di merito in posizione utile per la promozione alla seconda qualifica dirigenziale, hanno proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46 (cit. sub 1) e ne hanno chiesto l'annullamento sulla base dei seguenti motivi di censura: A) Errore di motivazione della sentenza impugnata, sul punto della presunta violazione della par condicio fra i candidati partecipanti al concorso - Violazione ed erronea applicazione dell'art. 29 legge regionale n. 42 e successive modificazioni. L'affermazione del T.A.R., secondo cui l'indicazione contenuta nella citata legge regionale in ordine alla stima e al prestigio sarebbe stata tradotta dalla commisione giudicatrice in una serie di ipotesi del tutto disomogenee fra di loro, che avrebbero determinato una palese violazione del principio di parita' fra i concorrenti, non considera che l'organo collegiale non disponeva del potere di graduare i 6 punti secondo una propria valutazione del comportamento tenuto, all'interno e al di fuori della struttura regionale, dai singoli candidati, potendo solo riconoscere o negare il suddetto punteggio nella sua unitarieta'. Sicche' e' del tutto logico che la commissione si sia limitata ad individuare le "ipotesi meno gravi", che determinavano comunque il venir meno della stima e del prestigio e, solo per completezza, abbia aggiunto ad esse le ipotesi piu' gravi. E' pertanto arbitrario attribuire all'operato della commissione un vizio che e' semmai imputabile alla legge regionale, di cui l'organo collegiale ha fatto corretta e puntuale applicazione; B) Errore di motivazione della sentenza sul punto della considerazione di pronuncie giudiziarie penali non definitive - Erronea applicazione dell'art. 27 Cost. E' anche errata, sotto un duplice profilo, l'ulteriore affermazione del T.A.R. secondo cui la commissione, dando rilievo a sentenze penali non definitive, avrebbe causato una illegittima limitazione della capacita' di diritto pubblico e privato di taluni candidati. Ed invero: a) il mancato riconoscimento della stima e del prestigio ha determinato solo la mancata atribuzione del punteggio (6 punti su 80) previsto a tale titolo; b) una serie imponente di leggi assegna rilievo a vicende penali ancora pendenti. Ne' queste conclusioni possono ritenersi smentite dal caso personale della ricorrente Ferreri, considerato dal T.A.R. emblematico degli errori di valutazione in cui sarebbe incorsa la commissione, essendo documentato che il proscioglimento della Ferreri dai reati di cui era imputata e' intervento solo dopo che la commissione aveva concluso i lavori. Ed anche le funzioni superiori sono state assegnate alla predetta dipendente molto tempo dopo l'esaurimento della procedura concorsuale e il proscioglimento penale, e non prima, come vorrebbe fare intendere il tribunale; C) Erroneita' della sentenza impugnata, in punto considerazione art. 29 legge regionale n. 42 del 1986 e considerazione vicende disciplinari. Erronea ed indimostrata e' l'affermazione del T.A.R. secondo cui la legge regionale cit., accennando alla stima e al prestigio, avrebbe inteso riferirsi solo a quelli che il dipendente acquisisce "attraverso pubblicazioni o partecipazione a vario titoli a convegni, seminari di studio o commissioni scientifiche per conto della regione Piemonte". Si tratta di una interpretazione assolutamente riduttiva della legge che si pone in irragionevole contrasto sia con la disciplina della dirigenza statale, che costituisce il modello al quale la citata legge regionale si e' chiaramente ispirata, sia con le univoche indicazioni che emergono dalla giurisprudenza del giudice amministrativo. E' anche tautologica ed indimostrata l'affermazione del T.A.R. secondo cui non si potrebbe dare rilievo alla censura e al deferimento alla commissione di disciplina; D) Erroneita' della sentenza sul punto dell'estensione dell'annullamento - Eccesso di potere giurisdizionale. Illogico, ed anche ultroneo rispetto alla richiesta degli originari ricorrenti, e' l'annullamento della intera procedura concorsuale cui il T.A.R. e' pervenuto sulla base di un asserito nesso di interdipendenza fra i quattro elementi di giudizio relativi alla valutazione attitudinale, che al contrario sono tutti autonomi ed indipendenti fra di loro. 6. - Si e' costituito in giudizio, per resistere all'appello, il signor Francesco Sommariva il quale nella via del ricorso incidentale ha anche riproposto le censure gia' dedotte innanzi al T.A.R. e sulle quali il primo giudice non ha pronunciato per effetto del dichiarato annullamento dell'intera procedura concorsuale. Si tratta di doglianze di contenuto identico a quelle dedotte nell'appello incidentale gia' proposto sul ricorso in appello (n. 909/1992) della regione Piemonte (v. n. 3). 7. - Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, i signori Michelangelo Miele ed altri, in epigrafe indicati, i quali hanno contestato i singoli motivi d'impugnazione ed hanno concluso per il rigetto dell'appello, con vittoria di spese, con argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle gia' svolte per resistere all'appello della regione Piemonte (v. n. 4). 8. - Si sono costituiti in giudizio il commissariato governativo presso la regione Piemonte e la regione Piemonte, i quali hanno chisto l'accoglimento dell'appello con vittoria di spese. 9. - Con atto (n. 1678/1992) notificato in data 15-16 luglio 1992 il signor Pier Massimo Prosio ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Pemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46 (cit. sub 1) e ne ha chiesto l'annullamento sul rilievo che il dispsoto annullamento dell'intera procedura concorsuale, cui il primo giudice e' pervenuto sulla base della esclusiva considerazione di taluni dei motivi di censura dedotti dagli originari ricorrenti Ferreri e Sommariva, non e' in grado di soddisfare l'interesse di coloro che avevano proposto censure non solo attinenti alla propria posizione personale, ma anche di ordine generale (come quella attinente alla illegittima composizione della commissione giudicatrice) che, ove esaminate e riconosciute fondate, avrebbero determinato la radicale illegittimita' erga omnes della procedura concorsuale e, quindi, l'obbligo per l'amministrazione dei ripetere ab origine le relative operazioni. Nel contestare quindi la declaratoria di improcedibilita', cui il T.A.R. e' pervenuto nei riguardi del ricorso da lui presentato, il signor Prosio ha riproposto le censure che aveva gia' dedotto innanzi al primo giudice, e cioe': A) Illegittimita' per vizi propri della procedura concorsuale oggetto di gravame. Illogico e contraddittorio e' il comportamento della commissione giudicatrice la quale, nel valutare l'attitudine di ciascun candidato allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica superiore, ha attribuito a tutti, in relazione ai quattro elementi di giudizio richiamati dal cit. art. 29, l'identico massimo punteggio, con esclusione di coloro nei cui confronti era pendente un procedimento disciplinare o penale, senza operare alcuna distinzione in relazione al diverso grado di preparazione ed esperienza professionali. Non risulta neppure in modo chiaro con quali modalita' la commissione abbia provveduto all'attribuzione dei punteggi (28 punti) relativi ai titoli di servizio; B) Illegittimita' della procedura concorsuale oggetto di impugnativa per vizi derivanti dalla illegittimita' sul piano costituzionale della legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60. E' irragionevole, e quindi contrastante con i principi fissati dagli artt. 3, 51 e 57 Cost., l'art. 29, quattordicesimo comma, legge regionale n. 60 del 1987 nella parte in cui limita la valutabilita' dei titoli di servizio fino ad un massimo di 14 anni e prevede per essi un punteggio totale di 28 punti. E' in contrasto con i principi fissati dagli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione l'art. 29, dodicesimo comma, lett. c) legge regionale n. 60 del 1987 nella parte in cui limita la valutabilita' dei titoli di servizio fino ad un massimo di 14 anni e per essi prevede un punteggio totale di 28 punti. E' in contrasto con i principi fissati dagli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione l'art. 29, dodicesimo comma, lett. c) legge regionale citata nella parte in cui, agli effetti della valutabilita' dei titoli connessi allo svolgimento di funzioni presso l'amministrazione regionale, assegna rilevanza solo all'espletamento della funzione di responsabile di servizio regionale ovvero di funzione ritenuta con atto deliberativo della giunta regionale ascrivibile alla medesima, prevedendo per detto espletamento 4 punti per ogni anno con un massimo di 20 punti. La norma in questione e' palesemente illegittima sia perche' prevede l'attribuzione di un punteggio in relazione non al concreto status professionale del funzionario concorrente, ma alla mera sussistenza di un mediato atto deliberativo della giunta regionale, sia perche' costituisce potenziale fonte di abusi da parte dell'amministrazione la quale e' messa in condizioni di pretendere dai suoi dipendenti prestazioni superiori e, al tempo stesso, di disconoscerne la rilevanza agli effetti della progressione di carriera perche' non precedute da un formale atto deliberativo. Di tale anomalia legislativa e' stata vittima proprio il ricorrente il quale, pur avendo svolto per lungo tempo funzioni vicarie del titolare del servizio legislativo, assorbito da incarichi politico-amministrativi, non ha ottenuto alcun riconoscimento formale a causa della mancanza di un formale atto di riconoscimento delle superiori funzioni svolte. L'art. 29, nono comma, legge regionale citata, contrasta infine con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione nella parte in cui prevede che la commissione giudicatrice sia composta esclusivamente da rappresentanti politici, laddove l'art. 29, ottavo comma, della pregressa legge regionale 8 settembre 1986 n. 42, prevedeva quanto meno che l'organo collegiale fosse integrato da tecnici ed esperti qualificati. 10. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale ha chiesto il rigetto dell'appello nella parte in cui chiede l'annullamento relativamente alla declaratoria di improcedibilita' dell'originario ricorso del signor Prosio. 11. - Analoga richiesta e' stata formulata dalla signora Maria Grazia Ferreri. 12. - Con atto (n. 1709/1992) notificato in data 22 luglio 1992 il commissariato di Governo presso la regione Piemonte ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992 n. 46 (cit. sub 1) e ne ha chiesto l'annullamento contestando la sussistenza (riscontrata dal T.A.R.) del vizio di violazione dell'art. 19, diciottesimo comma, legge regionale 8 settembre 1986 n. 42. La tesi svolta dall'amministrazione, nello stringatissimo atto di appello, e' che la regione, "lungi dal pervenire ad un anticipato giudizio di colpevolezza, ha ritenuto che la stima e il prestigio potessero essere intaccati (cosa che oggettivamente di norma accade) a seguito della sottoposizione a un giudizio penale caratterizzato, per di piu', dall'essersi gia' completata l'istruttoria con ordinanza di rinvio a giudizio dell'imputato". Ha anche chiarito, in punto di fatto, che le segnalazioni da parte di taluni ricorrenti di asserite illegittimita' che sarebbero state commesse dalla commissione giudicatrice in loro danno non sono pervenute in tempo utile e che, comunque, le stesse concernevano giudizi di merito esultanti, come tali, dal sindacato di legittimita' riservato all'organo di controllo. 13. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte, la quale ha chiesto l'accoglimento dell'appello. 14. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri che, al contrario, ne ha chiesto il rigetto. 15. - Con atto (n. 1802/1992) notificato in data 25 luglio 1992 i signori Michelangelo Miele ed altri (in epigrafe indicati) hanno proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46, cit. sub 1, e ne hanno chiesto l'annullamento nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il loro ricorso per effetto del gia' disposto annullamento della intera procedura concorsuale in conseguenza della riconosciuta fondatezza di taluni dei motivi di ricorso proposti dai signori Ferreri e Sommariva. Premesso che dal suddetto annullamento essi non hanno ricavato alcun concreto vantaggio, sussistendo il rischio che le valutazioni operate nei loro confronti siano rinnovate negli identici termini, hanno riproposto le censure gia' dedotte in primo grado. Dette censure hanno contenuto identico a quelle proposte nella via dell'appello incidentale sul ricorso in appello della regione Piemonte (n. 4). Nuova, rispetto all'appello incidentale di cui si e' detto, e' invece la questione di legittimita' costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 29 legge regionale n. 42 del 1986, per contrasto sia con l'art. 97 della Costituzione che con i principi affermati dal giudice delle leggi in ordine ai criteri di composizione delle commissioni esaminatrici di pubblici concorsi (Corte cost. 15 ottobre 1990, n. 453), anche se essa in effetti ripropone quella gia' sollevata innanzi al primo giudice e, al pari degli altri motivi di legittimita' ordinaria, non esaminata dal T.A.R. La tesi sostenuta dagli appellanti e' che un organo giudicante, formato esclusivamente da politici, non e' in grado di garantire l'imparzialita' e l'obiettivita' dell'azione amministrativa volta alla individuazione dei soggetti piu' capaci professionalmente e, quindi, piu' meritevoli di progredire in carriera. 16. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri, la quale ha chiesto il rigetto dell'appello, con vittoria di spese. 17. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale ha eccepito l'inammissibilita' dell'appello (e, prima ancora, dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado) sulla base di un duplice rilievo: a) tutti gli appellanti hanno ricevuto il massimo dei punteggi cui potevano aspirare sotto il profilo della valutazione sia dei titoli che dell'attitudine alle mansioni proprie della seconda qualifica dirigenziale; b) gli stessi appellanti non hanno mai contestato possibili errori nel calcolo dei punteggi ad essi assegnati. 18. - Con atto (n. 127/1993) notificato in data 3-5 dicembre 1994 il commissariato di Governo presso la regione Piemonte ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46. L'atto in questione costituisce la pedissequa ripetizione di quello gia' notificato avverso la stessa sentenza in data 22 luglio 1992 (n. 12). 19. - Con successive memorie le parti in causa hanno ripreso e meglio puntualizzato le rispettive difese. All'udienza pubblica di discussione si sono richiamate agli scritti difensivi. D i r i t t o 1. - I ricorsi in appello nn. 909/1992, 1116/1992, 1678/1992, 1709/1992, 1802/1992 e 127/1993 devono essere riuniti, onde formare oggetto di un'unica decisione, perche' tutti proposti conto la sentenza del T.A.R. Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992, n. 16. 2. - Il ricorso in appello (n. 127/1993) del commissariato di Governo presso la regione Piemonte costituisce la pedissequa ripetizione, senza alcuna variazione di ordine formale o sostanziale, del ricorso in appello (n. 1709/1992) gia' proposto dalla stessa autorita' avverso la sopra citata sentenza del T.A.R. Piemonte. E' successo infatti che, a seguito dell'ordinanza presidenziale, che ingiungeva all'appellante di procedere alla integrazione del contraddittorio estendendo la notifica dell'appello (n. 1709/1992) a tutti i controinteressati, il commissariato di Governo ha depositato copia del suddetto ricorso con la prova delle eseguite notificazioni e a detto ricorso la segreteria della Sezione, per mero errore materiale, ha assegnato un nuovo numero di ruolo (127/1993). Pertanto detto ricorso, non avendo un contenuto autonomo rispetto a quello precedente, deve essere considerato mera ripetizione di quest'ultimo, del quale condivide la sorte. 3. - Dall'esame della documentazione in atti e degli scritti difensivi depositati dagli appellanti principali e dai resistenti-appellanti incidentali emergono tre questioni che, ad avviso del collegio, assumono carattere prioritario rispetto ad ogni altra. La prima e' quella che concerne la legittima composizione della commissione giudicatrice del concorso di cui si discute. Nel corso del giudizio di primo grado a taluni degli originari ricorrenti era stata sollevata questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 29 legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 42 (nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60) - per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione - nella parte in cui (nono comma) prevede che la commissione giudicatrice del concorso per la prima copertura dei posti di seconda qualifica dirigenziale sia formata dai componenti la giunta regionale e dal presidente del consiglio regionale, e cioe' da esponenti politici, e non da tecnici. Il T.A.R. ha ritenuto non rilevante al fine del decidere la suddetta questione sul rilievo che la richiesta di annullamento degli atti della procedura concorsuale, avanzata dagli originari ricorrenti, poteva essere soddisfatta anche per altra via, e cioe' con la positiva definizione di talune censure (di legittimita' ordinaria) attinenti al modus procedendi seguito dal suddetto organo collegiale nella predeterminazione dei criteri di massima relativi ad uno dei quattro elementi ("stima e prestigio goduti all'interno e all'esterno dell'amministrazione") assunti dall'art. 29, diciottesimo comma, legge regionale 8 settembre 1986 n. 42 (nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60) come idonei a verificare la concreta attitudine dei singoli candidati allo svolgimento delle funzioni proprie della superiore qualifica da conferire. Il collegio non ritiene di poter condividere la conclusione del primo giudice dal momento che, anche sul piano logico, l'indagine sulla legittima composizione dell'organo giudicante assume rilievo prioritario rispetto alla verifica della legittimita' del suo operato. Ne' varrebbe opporre che la questione di legittimita' costituzionale, ove riconosciuta fondata dal giudice delle leggi, avrebbe come effetto obbligato l'annullamento in toto (da parte del giudice remittente) della procedura concorsuale, laddove da parte di taluni degli originari ricorrenti l'annullamento era stato chiesto solo in parte qua, investendo le loro doglianze la mancata attribuzione di punteggi ai quali assumevano di aver diritto ovvero l'assegnazione ad alcuni vincitori di punteggi a loro avviso non spettanti. Puo' infatti osservarsi, in primo luogo, che anche il modus procedendi seguito dal primo giudice ha comportato l'annullamento dell'intera procedura concorsuale, con conseguente sacrificio delle aspettative di quelli, fra gli originari ricorrenti, il cui petitum era limitato alla mera correzione della loro posizione in graduatoria e che hanno pertanto denunciato, nella via dell'appello incidentale, il vizio di ultrapetizione nel quale sarebbe incorso il T.A.R. Assume in ogni caso carattere assorbente la considerazione che ove taluni, fra coloro che sono insorti nella sede giurisdizionale contro gli stessi atti, ne contestano la legittimita' per l'asserita illegittimita' della norma di cui essi costituiscono applicazione, non puo' il giudice investito della questione prescindere da essa (id est, dichiararla non rilevante) assgnando rilievo preminente al disposto annullamento per altra via degli atti impugnati e trascurando la ragione per la quale, almeno da taluni, detto annullamento era stato chiesto, e cioe' il dubbio sulla imparzialita' e sulla competenza tecnica dell'organo giudicante, destinato inevitabilmente a rimanere insoluto ove, nella rinnovata procedura, la funzione valutativa e selettiva fosse conservata allo stesso organo. Di qui la rilevanza della questione, la quale risulta anche non manifestamente infondata. In recenti occasioni (15 ottobre 1990 n. 453; 27 luglio 1993 n. 333), pronunciando sulla legittimita' di leggi regionali aventi contenuto pressoche' identico a quello della norma ora in esame, la Corte cost. ha sostenuto la necessita' che "nella formazione delle commissioni il carattere esclusivamente tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso, il cui obiettivo non puo' essere altro che la selezione dei candidati migliori". Tale esigenza, ha aggiunto il giudice delle leggi, "impone che, nella composizione delle commissioni, la presenza di tecnici o esperti - interni o esterni all'amministrazione ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova - debba essere, se non eslcusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire scelte fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati" (Corte cost., n. 453/1990). Ad avviso del collegio tale esigenza non risulta affatto soddisfatta dall'art. 29 legge regione Piemonte 8 settemnbre 1986 n. 42, nel testo innovato dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60, il quale assegna le funzioni di commissione giudicatrice del concorso interno per la prima copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale alla giunta regionale integrata dal presidente del consiglio regionale, con una radicale inversione di tendenza rispetto al testo originario dello stesso art. 29, il quale prevedeva invece che la commissione fosse composta dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato, con funzioni di presidente, da due consiglieri regionali di cui uno di minoranza e da due esperti designati dalla giunta regionale. Di consegunza appare non manifestamente infondata la qustione di legittimita' costituzionale proposta nei confronti del cit. art. 29, nel testo sostituito dal cit. art. 2, per violazione del principio di imparzialita' dell'azione amministrativa (art. 97, primo comma, Cost.), nella parte in cui non prevede che quanto meno la maggioranza dei componenti della commissione giudicatrice sia formata da esperti dotati di specifiche competenze tecniche rispetto ai titoli da valutare per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale. 4. - L'art. 29, diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 128 nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60, assegna un punteggio fisso (sei punti) a ciascuno dei quatro elementi di giudizio (preparazione ed esperienza professionale; capacita' di autonomia di giudizio e di assunzione di responsabilita'; effettiva collaborazione e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi dell'amministrazione; stima e prestigio all'interno e all'esterno dell'amministrazione) che il precedente diciottesimo comma assume come rilevanti agli effetti della valutazione della concreta attitudine di ciascun candidato allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica superiore da conferire. Nel corso del giudizio di primo grado da parte di taluni degli originari ricorrenti era stato denunciato l'appiattimento che l'assegnazione di un punteggio fisso (id est, non graduabile) aveva comportato nella valutazione dei singoli candidati, ma ne era stata attribuita la responsabilita' alla commissione giudicatrice colpevole, a loro avviso, di aver elaborato in sede di predisposizione dei criteri di massima - specie per quanto attiene all'elemento della stima e del prestigio - una serie di ipotesi disomogenee e di diverso valore, in presenza delle quali detto punteggio avrebbe dovuto essere negato. In questa direzione si e' mosso anche il T.A.R., il quale ha ritenuto irragionevole che la mancata assegnazione del punteggio, nella sua intierezza, potesse trovare giustificazione negli elementi diversissimi che l'organo collegiale aveva individuato come indici rivelatori di un giudizio negativo, in assoluto, in ordine alla stima e al prestigio (contestazione di addebiti, irrogazione di sanzione disciplinare diversa dalla censura, mandato di cattura, ordinanza di rinvio a giudizio, sentenza penale di condanna in primo grado o in appello, ecc.). Nell'assemblamento di ipotesi obiettivamente disomogenee e di diverso valore il primo giudice ha pertanto ravvisato una violazione della par condicio che deve essere garantita ai soggetti partecipanti ad un pubblico concorso e di conseguenza ha annullato tutti gli atti della procedura per illegittimita' derivata dalla riscontrata illegittimita' dei criteri di massima. Il collegio non ritiene di poter condividere le conclusioni del T.A.R. giacche' la denunciata irragionevolezza e' da imputarsi non al modus procedendi seguito dalla commissione, bensi' alla norma (il cit. art. 29, diciannovesimo comma) che essa era tenuta ad applicare. Sembra infatti non conforme a canoni di logica la previsione di un punteggio fisso - da assegnare o negare - in relazione a giudizi di valore riferiti a qualita' e, come tali, necessariamente destinati ad essere graduati in ragione della diversa misura in cui le stesse risultano possedute dai singoli candidati. Probabilmente alla base della scelta operata dal legislatore regionale era la preoccupazione di limitare al massimo gli spazi riservati alle valutazioni discrezionali dell'organo giudicante, il che potrebbe anche risultare comprensibile se ad essa non si accompagnasse, contraddittoriamente, l'affidamento della funzione valutativa ad un organo collegiale costituito, nella sua intierezza, da esponenti politici. Di conseguenza il collegio ritiene di dovr sollevare, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale nei confronti del cit. art. 29, diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 42, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 - nella parte in cui non consente alla commissione giudicatrice la possibilita' di graduare il punteggio nell'ambito del massimo da essa stessa fissato - per contrasto sia con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., sia con il principio di imparzialita' di cui all'art. 97 Cost., giacche' impedisce all'organo giudicante di svolgere la funzione che e' ad essa assegnata e di garantire la par condicio dei partecipanti a mezzo di valutazioni che riflettano con obiettivita' la diversa attitudine degli aspiranti alla massima qualifica dirigenziale. E' appena il caso di aggiungere che la questione e' rilevante al fine del decidere giacche' riconoscere alla commissione la possibilita' di graduare il punteggio nell'ambito del massimo (sei punti) previsto dala legge significa evitare quell'appiattimento di valutazioni e di posizioni che era stato denunciato al primo giudice ma che, a torto, era stato imputato al modus procedendi seguito dalla stessa commissione in sede di predisposizione dei criteri di massima. 5. - Da ultimo il collegio ritiene di dover sollevare - anche questa volta d'ufficio - questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. La norma in questione prevede che il pubblico dipendente, sospeso in via cautelare dal servizio perche' sottoposto a procedimento disciplinare e per questa ragione escluso dallo scrutinio per promozione ai sensi del precedente art. 91, ha diritto, ove detto procedimento si concluda con il proscioglimento ovvero con l'irrogazione della sola censura, ad essere sottoposto allo scrutinio dal quale era stato escluso e, se riconosciuto maggiormente meritevole almeno dell'ultimo promosso con lo scrutinio originario, ad essere promosso anche in soprannumero con decorrenza dalla stessa data delle promozioni gia' effettuate. Il cit. art. 95 subordina quindi l'operativita' del succitato meccanis mo riparatore, rispondente ad intuitive ragioni di giustizia sostanziale, alla contestuale ricorrenza di due precise condizioni, e cioe' che il pubblico dipendente sia stato sottoposto a procedimento disciplinare e che, per questa ragione, sia stato sospeso in via cautelare dal servizio. Nulla invece prevede per l'ipotesi (ricorrente nella specie) in cui il pubblico dipendente, sottoposto a procedimento penale, sia rimasto al suo posto; ne' esiste altra norma che preveda un intervento riparatore a favore del pubblico dipendente prosciolto in sede penale da accuse sovente infamanti, alle quali l'amministrazione di appartenenza ha con evidenza mostrato di non credere, non assumento nei suoi confronti alcuna iniziativa, neppure sul piano cautelare. La giurisprudenza del giudice amministrativo e' ferma nell'affermare che il cit. art. 95, ancorche' dettato per i dipendenti civili dello Stato, codifichi un principio di carattere generale, come tale valido per tutti i comparti del pubblico impiego (Cons. Stato, IV sez., 3 maggio 1983 n. 276); sostiene peralto con eguale fermezza che esso non puo' essere applicato in via analogica ad ipotesi diverse da quelle da esso espressamente previste "in mancanza di specifiche previsioni normative di deroga al rispetto delle piante organiche" (Cons. Stato, VI sez., 3 marzo 1970, n. 193; ID., comm. spec., 10 gennaio 1977 n. 8; ID, IV, 9 novembre 1985 n. 509; T.A.R. Lazio, I sez., 27 agosto 1980 n. 919). Sulle stesse posizoni e' attestato l'organo di controllo, per il quale il cit. art. 95 "non e' suscettibile di estensione oltre i casi da esso stesso contemplati" (Corte conti, Sez. contr. Stato, 27 giugno 1980 n. 1080). Unica eccezione in questo panorama giurisprudenziale, caratterizzato da una rigida chiusura rispetto ad ogni tentativo di allargare l'ambito applicativo della suddetta norma oltre i confini da essa stessa segnati, e' costituita dalla cit. decisione della IV sez. del Consiglio di Stato n. 276/1983, per la quale "le disposizoni contenute negli artt. 93 e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, anche se letteralmente riferite agli esami e agli scrutini per promozioni, costituiscono espressione di un principio generale da applicare anche nel caso del giudizio d'idoneita' per l'inquadramento ad una qualifica superiore". Non e' invece in contestazione che presupposto unico e necessario per l'intervento riparatore e' che l'impiegato sia stato sottoposto a procedimento disciplinare e, per l'effetto, sospeso in via cautelare dal servizio. Sembra al collegio che il cit. art. 95, nella parte in cui non considera l'ipotesi del pubblico dipendente sottoposto a procedimento penale, non sospeso dal servizio e successivamente prosciolto da ogni imputazione con formula piena, contrasti innanzi tutto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., non sussistendo alcuna valida ragione che giustifichi, sul piano della logica e della gisutizia sostanziale, il diverso trattamento previsto, a fini ripristinatori, per il pubblico dipendente a seconda che sia stato assoggettato a procedimento disciplinare o penale e sospeso o no dal servizio. La disparita' di trattamento appare ancora meno comprensibile ove si consideri che nell'attuale sistema - quanto meno agli effetti della restitutio in integrum dal punto di vista economico - le due situazioni risultano completamente equiparate (argomenta ex artt. 88, 89 e 97 t.u. n. 3 del 1957). Non varrebbe obiettare che la questione cosi' prospettata, nonostante la riconosciuta sua fondatezza, potrebbe essere dichiarata inammissibile dal giudice delle leggi, stante l'impossibilita' per lo stesso di sostituirsi al legislatore ordinario in valutazioni e scelte di esclusiva competenza di quest'ultimo. Sembra infatti al collegio di poter opporre che il principio - per il quale il pubblico dipendente, prosciolto in sede disciplinare o penale, non puo' continuare ad essere penalizzato sul piano della retribuzione e della carriera in conseguenza di addebiti a lui mossi ma successivamente rivelatisi infondati - e' gia' presente nel nostro ordinamento e riflette scelte di civilta' giuridica da tempo effettuate dal legislatore ordinario. Non sussiste pertanto il pericolo di invasione di competenze nel caso in cui il giudice remittente prospetta al giudice delle leggi l'omessa considerazione di una ipotesi nella quale la funzione ripristinatoria - espressamente voluta dal legislatore ordinario - ha ragione di esplicarsi con eguale valenza. Sussiste anche contrasto fra il cit. art. 95 e l'art. 97 Cost., giacche' il primo non consente all'amministrazione un coerente utilizzo del principio di imparzialita' nel governo del personale dipendente. La questione di legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio nei confronti del cit. art. 95, e' rilevante al fine della decisione da assumere sui ricorsi proposti dai signori Ferreri e Sommariva (in questa sede appellanti incidentali); ad essi, ancorche' sottoposti a valutazione per i passaggio alla qualifica superiore, non e' stato assegnato il punteggio (6 punti) previsto per "la stima e il prestigio goduti all'interno e all'esterno dell'amministrazione" nonche' all'epoca in cui la commissione giudicatrice formulava la graduatoria di merito risultavano sottoposti a procedimento penale, successivamente conclusosi con il totale proscioglimento da ogni imputazione. Ove il cit. art. 95 prevedesse per tale ipotesi un meccanismo riparatore sostanzialmente analogo a quello codificato per il pubblico dipendente prosciolto in sede disciplinare, i ricorsi dei succitati Ferreri e Sommariva potrebbero essere dichiarati inammissibili per difetto d'interesse, stante l'obbligo per l'amministrazione regionale, una volta edotta dell'intervenuto proscioglimento in sede penale, di rivalutarli per quanto attiene all'elemento della "stima e del prestigio" e di promuoverli anche in soprannumero, sussistendone i presupposti. 6. - In conclusione il collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzioanle degli artt. 29, nono e diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 42, nel testo modificato dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60, e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. IV), pronunciando sui ricorsi in appello nn. 909/1992, 1116/1992, 1678/1992, 1709/1992, 1802/1992 e 127/1995, proposti come in epigrafe dalla regione Piemonte ed altri: a) li riunisce; b) visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, rimete alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' degli artt. 29, nono e diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 42, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60, e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.; c) ordina la sospensione del giudizio; d) dispone che a cura della segreteria della sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della giunta regionale e comunciata al Presidente del consiglio regionale del Piemonte e che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale. Cosi' deciso dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. IV), nella camera di consiglio del 7 novembre 1995 e del 12 marzo 1996. Il presidente: Iannotta L'estensore: Ferrari ----- Avvertenza: L'ordinanza n. 1322, reg. ord. 1996, qui sopra pubblicata, e' stata nuovamente riprodotta a seguito di esigenze di rinnovazione di atti processuali da parte del giudice rimettente. 96C1832