N. 1322 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1995

                                N. 1322
  Ordinanza emessa il 7 novembre 1995 e il 12 marzo 1996 dal Consiglio
 di Stato nei ricorsi riuniti proposti dalla regione Piemonte ed altri
 contro Ferreri Maria Grazia ed altri
 Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per
    la   copertura  di  posti  di  seconda  qualifica  dirigenziale  -
    Commissione esaminatrice - Attribuzione  delle  relative  funzioni
    alla  giunta  regionale  integrata  dal  Presidente  del consiglio
    regionale  -  Mancata  previsione  della  presenza   quanto   meno
    maggioritaria  di esperti dotati di specifiche competenze tecniche
    rispetto ai  titoli  da  valutare  -  Incidenza  sui  principi  di
    imparzialita'  e  buon  andamento  della  p.a.  - Riferimento alle
    sentenze della Corte costituzionale nn. 453/1996 e 330/1993.
 Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per
    la  copertura  di  posti  di  seconda  qualifica  dirigenziale   -
    Attribuzione  del  punteggio  fisso  di  sei  punti a ciascuno dei
    quattro elementi di giudizio per  la  valutazione  dell'attitudine
    allo  svolgimento  delle  mansioni  della  qualifica  superiore da
    conferire - Mancata previsione della graduabilita'  del  punteggio
    massimo   -  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  e  di
    imparzialita' della p.a.
 Impiego pubblico - Regione Piemonte - Concorso interno per titoli per
    la copertura di posti di seconda qualifica dirigenziale - Pubblico
    dipendente sospeso in via cautelare per effetto  di  provvedimento
    disciplinare  e  conseguentemente  escluso dalla partecipazione al
    concorso  -  Previsione,  in  caso  di  proscioglimento  o   della
    inflizione  della sola censura, del diritto alla partecipazione al
    concorso dal quale e' stato escluso e, in caso  di  riconoscimento
    di  maggior  merito  rispetto all'ultimo promosso con la scrutinio
    originario, alla promozione anche in soprannumero  con  decorrenza
    dalla  stessa  data  della  promozione  gia'  effettuata - Mancata
    previsione dello stesso diritto altresi' per il dipendente sospeso
    per effetto di procedimento penale e  prosciolto  all'esito  dello
    stesso - Violazione dei principi di uguaglianza e di imparzialita'
    e buon andamento della p.a.
 (Legge  regione  Piemonte 8 settembre 1986, n. 42, art. 29, commi 9 e
    19, sostituito dalla legge regione Piemonte  11 dicembre 1987,  n.
    60,  art.  2; testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n.
    3, art. 95).
 (Cost., artt. 3 e 9).
(GU n.14 del 2-4-1997 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza:
     a) sul ricorso in appello (n. 909/1992)  proposto  dalla  regione
 Piemonte,   in   persona  del  presidente  pro-tempore  della  giunta
 regionale,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Carlo   Ettore
 Maiorca,  Giulio  Correale  ed Enrico Romanelli e presso quast'ultimo
 elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n.  5,  contro  Maria
 Grazia  Ferreri, resistente e ricorrente incidentale, rappresentata e
 difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e  Mario  Contaldi  e  presso
 quest'ultimo  elettivamente  domiciliata  in  Roma, via Pier Luigi da
 Palestrina n.   63,  Francesco  Sommariva,  resistente  e  ricorrente
 incidentale,  rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Cipolla
 e Ludovico Villa e presso quest'ultimo elettivamente  domiciliato  in
 Roma, piazzale Clodio n.  12, Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati,
 Giorgio  Gaietta,  Mario  Cena,  Rosa  Corradin,  Patrizia Camandona,
 Maurizio  Vetere,  Michelangelo  Meinero,  Osvaldo   Turco,   Mirella
 Cravanzona,  Alberto  Lotti,  Amanzio  Borio,  Mauro  Giudice e Marco
 Moratto, tutti rappresentati e difesi  dagli  avvocati  Pia  Negri  e
 Giuseppe  Bartoli  e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in
 Roma, via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non  costituito
 in  giudizio,  per l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte,
 II sezione, 18 febbraio 1992 n. 46, resa inter partes  ed  avente  ad
 oggetto  concorso  interno per titoli per la prima copertura di posti
 di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione  Piemonte
 n. 60 del 1987;
     b)  sul  ricorso  in  appello (n. 1116/1992) proposto dai signori
 Enrico  Fassio,  Filippo  Piccareta,  Giuseppe  Fornaro,  Rosa  Maria
 Piumatti,  Mario  Romiti, Pietro Iacovello, Mario Grisotto, Giancarlo
 Prina Pera,  Nella  Bianco,  Giuseppe  Brunatti,  Marilena  Damberto,
 Giulio Givone, Giovanni Quadrelli, Renato Fenocchio, Silvano Bertini,
 Aldo   Giuliano  Pistocchi,  Anna  Maria  Costa,  Gerardo  Ricciardi,
 Dalmazio Baldis, Emerenziana Felice, Luciano Conterno, Vito Valsania,
 Rita Marchiori, Maria Teresa Pegnajeff,  Vito  Sorbilli,  Adriana  Di
 Martino,  Aldo  Lodi,  Maurizio  Pecora,  Luigi  Momo,  Nino Chieppa,
 Adriana Garabello, Giulio Parise, Luciano Rolando, Aurelio  Catalano,
 Mimma Calletti, Maria Rovero, Walter Bossi, Nebiamino Napoli, Luciano
 Ferioli,  Walter  Vescovi, Giovanni Monchiero, Roberto Salvio, Olindo
 Bortesi, Franco Leone, Carmelo Pesimena,  Bruno  Pelissero,  Raimondo
 Floris,  Mario  Bianco,  Nicoletta  Vacca-Orru', Vito Viviano, Franco
 Ardizzone, Corrado Bona, Antonino  Giordano,  Pietro  Follis,  Sergio
 Ivaldi,  Vincenzo  Coccolo,  Giuseppe  De  Pascale, Marina De Simone,
 Pietro Caruso, Mario Pugno, Norma Zadaricchio, Eugenia Grillo,  Paolo
 Sibille, Aldo Manto, Angelo Vivinetto, Giuseppe Santise, Aldo Monaco,
 Edoardo  Martinengo,  Giuseppe  Motta,  tutti  rappresentati e difesi
 dagli avvocati Marco Saniscalco e Paolo Vaiano e presso  quest'ultimo
 elettivamente  domiciliati  in Roma, corso Rinascimento n. 11, contro
 Maria Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati  Giuseppe
 Gallenca   e  Mario  Contaldi  e  presso  quest'ultimo  elettivamente
 domiciliata in Roma, via Pier Luigi da Palestrina  n.  63,  Francesco
 Sommariva,  resistente  e  ricorrente  incidentale,  rappresentato  e
 difeso dagli avvocati Francesco Cipolla e Ludovico Villani  e  presso
 quest'ultimo  elettivamente  domiciliato  in Roma, piazzale Clodio n.
 12, Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati,  Giorgio  Baietta,  Mario
 Cena,  Rosa  Corradin,  Patrizia  Camandona, Michele Meinero, Osvaldo
 Turco,  Mirella  Cravanzola,  Alberto  Lotti,  Mauro  Giudice,  Marco
 Moratto,  tutti  rappresentati  e  difesi  dagli avvocati Pia Negri e
 Giuseppe Bartoli e presso quest'ultimo elettivamente  domiciliati  in
 Roma,  via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non costituito
 in giudizio, e nei confronti della regione Piemonte, in  persona  del
 Presidente    pro-tempore  della  giunta  regionale,  rappresentata e
 difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giulio Correale ed Enrico
 Romanelli e presso qust'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via
 Cosseria n.  5,  del  commissariato  governativo  presso  la  regione
 Piemonte,   in   persona   del  Commissario  in  carica  pro-tempore,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso  i
 cui  uffici  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12,  e'  per  legge
 domiciliato, per l'annullamento della sentenza del  T.A.R.  Piemonte,
 II  sezione,  18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad
 oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura  di  posti
 di  seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte
 n. 60 del 1987;
     c) sul ricorso in appello (n. 1678/1992) proposto dal signor Pier
 Massimo Prosio, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Savia e
 Mario Menghini e presso  quest'ultimo  elettivamente  domiciliato  in
 Roma, via delle Mercede n. 52, contro la regione Piemonte, in persona
 del  presidente  pro-tempore  della giunta regionale, rappresentata e
 difesa dagli avvocati Carlo  Ettore  Maiorca,  Giuseppe  Correale  ed
 Enrico  Romanelli  e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in
 Roma, via Cosseria n. 5, e nei confronti della signora  Maria  Grazia
 Ferreri,  rappresentata  e  difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e
 Mario Contaldi e presso  quest'ultimo  elettivamente  domiciliata  in
 Roma,  via  Pier Luigi da Palestrina n. 63, dei signori Aldo Giuliano
 Pistocchi e Giuseppe De Pascale,  non  costituiti  in  giudizio,  per
 l'annullamento  della  sentenza  del  T.A.R.  Piemonte II sezione, 18
 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso
 interno per titoli  per  la  prima  copertura  di  posti  di  seconda
 qualifica  dirigenziale  di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del
 1987;
     d)  sul  ricorso  in  appello   (n.   1709/1992)   proposto   dal
 Commissariato  di  Governo presso la regione Piemonte, in persona del
 commissario   in   carica   pro-tempore,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
 dei  Portoghesi  n. 12, e' per legge domiciliato, contro Maria Grazia
 Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati  Giuseppe  Gallenca  e
 Mario  Contaldi  e  presso  quest'ultimo elettivamente domiciliata in
 Roma, via Pier Luigi da Palestrina  n.  63,  e  nei  confronti  della
 regione  Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della giunta
 regionale,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Carlo   Ettore
 Maiorca,  Giuseppe Correale ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo
 elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via   Cosseria   n.   5,   per
 l'annullamento    della  sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18
 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso
 interno per titoli  per  la  prima  copertura  di  posti  di  seconda
 qualifica  dirigenziale  di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del
 1987;
     e) sul ricorso in appello (n.  1802/1992)  proposto  dai  signori
 Michelangelo  Miele, Anna Maria Bairati, Giorgio Gaietta, Mario Cena,
 Rosa Corradin, Patrizia Comandona, Marco  Moratto,  Michele  Meinero,
 Osvaldo  Turco,  Mirella  Cravanzola,  Alberto  Lotti, Amanzio Borio,
 Mauro Giudice, Maurizio Vetere, tutti rappresentati  e  difesi  dagli
 avvocati   Pia   Negri  e  Giuseppe  Bartoli  e  presso  quest'ultimo
 elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Nicolai n. 48,  contro
 la  regione  Piemonte,  in  persona  del presidente pro-tempore della
 giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Ettore
 Maiorca,  Giulio  Correale  ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo
 elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, e nei confronti
 della signora Maria Grazia  Ferreri,  rappresentata  e  difesa  dagli
 avvocati  Giuseppe  Gallenca  e  Mario Contaldi e presso quest'ultimo
 elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi  da  Palestrina  n.
 63,  dei  signori Mario San Pietro e Aldo Migliore, non costituiti in
 giudizio, per l'annullamento della sentenza del  T.A.R.  Piemonte  II
 sezione,  18  febbraio  1992,  n.  46, resa inter partes ed avente ad
 oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura  di  posti
 di  seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte
 n. 60 del 1987;
     f)  sul  ricorso  in  appello   (n.   1709/1992)   proposto   dal
 commissariato  di  Governo presso la regione Piemonte, in persona del
 commissario   in   carica   pro-tempore,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
 dei  Portoghesi  n.  12,  e' per legge domiciliato, contro la signora
 Maria Grazia Ferreri, non costituita in giudizio, per  l'annullamento
 della  sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992, n.
 46, resa inter partes ed  avente  ad  oggetto  concorso  interno  per
 titoli   per  la  prima  copertura  di  posti  di  seconda  qualifica
 dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987;
   Visti i ricorsi in appello nn. 909, 1116, 1678,  1709  e  1802  del
 1992 e 127 del 1993;
   Visti  gli atti di costituzione in giudizio della regione Piemonte,
 del commissariato governativo presso la regione Piemonte, dei signori
 Maria Grazia Ferreri,  Francesco  Sommariva,  Michelangelo  Miele  ed
 altri, Pier Massimo Prosio ed Enrrico Fassio ed altri;
   Visti  gli  appelli  incidentali  condizionati proposti dai signori
 Maria Grazia Ferreri, Francesco Sommariva ed altri;
   Viste le memorie prodotte dalle parti in  causa  a  sostegno  delle
 rispettive difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data  per  letta  alla  pubblica  udienza  del  7  novembre 1995 la
 relazione  del  consigliere  Gennaro  Ferrari,  uditi  gli   avvocati
 Romanelli,  Correale,  Maiorca,  Gallenca, Cipolla, Vaiano, Menghini,
 Contaldi, Bartoli e l'avvocato Stato Nucaro.
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   1. - Con atto (n. 909/1992 - notificato in data 26-28  maggio  1992
 la regione Piemonte ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso
 la  sentenza  18  febbraio  1992 n. 46 con la quale la II sezione del
 T.A.R.  Piemonte,  pronuncaindo  sui  ricorsi  riuniti  dei   signori
 Michelangelo  Miele  ed altri (n. 983/1988), Maria Grazia Ferreri (n.
 1041/1988), Francesco Sommariva (n. 1192/1988) e Pier Massimo  Prosio
 (n.  1281/1988),  ha accolto il primo e il terzo e, per l'effetto, ha
 annullato la delibera di giunta regionale 23 marzo  1988  n.  1-19568
 avente  ad  oggetto  "Approvazione  dei  verbali  e della graduatoria
 formulata dalla  commissione  esaminatrice  e  nomina  vincitori  del
 concorso  interno  per titoli e valutazione attidudinale per la prima
 copertura di posti di seconda  qualifica  dirigenziale  di  cui  alla
 legge  regione  Piemonte  n. 60/1987" e gli atti concorsuali posti in
 essere  dalla  commissione   giudicatrice   dopo   l'ammissione   dei
 concorrenti,   e   ha  dichiarato  improcedibili  gli  altri  due  in
 conseguenza del gia' disposto annullamento  di  tutti  gli  atti  del
 concorso,  "dalla  formulazione  dei  criteri  in poi", con integrale
 compensazione fra le parti in causa delle spese e degli  onorari  del
 giudizio.
   Queste le censure:
   A)  Erroneita'  della  sentenza  la' dove ritiene che la previsione
 della legge regionale relativa al requisito della "stima e prestigio"
 sia stata  tradotta,  nella  formulazione  dei  criteri  di  giudizio
 operata  dalla  commissione  giudicatrice,  in  una  serie di ipotesi
 "disomogenee", che hanno portato alla  violazione  del  principio  di
 parita' fra i concorrenti.
   Il vizio di violazioine dei principio di parita' fra i concorrenti,
 che  il  T.A.R.  ha  riscontrato  nella individuazione da parte della
 commissione giudicatrice delle  ipotesi  di  mancanza  del  requisito
 della  "stima e prestigio", sarebbe effettivamente sussistente ove la
 legge regionale avesse consentito alla stessa commissione di graduare
 il punteggio (6 punti) da  essa  previsto  a  seconda  della  diversa
 gravita'  dei  provvedimenti  disciplinari  e  penali subiti dai vari
 candidati.
   Tale  possibilita'  invece  non  sussiste   giacche'   l'art.   22,
 diciannovesimo  comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 62,
 nel testo sostituito dall'art. 2 legge regione Piemonte  11  dicembre
 1987  n. 60 impone alla commissione di assegnare tutti i sei punti ad
 ogni elemento di giudizio valutato positivamente  e  nessun  punto  a
 quelli valutati negativamente. Tale essendo il parametro normativo di
 riferimento  deve  ritenersi  corretto,  sia  sul piano logico che su
 quello giuridico, l'operato della commissione la quale ha ancorato il
 giudizio negativo sul candidato, sempre con riferimento al  requisito
 della "stima e prestigio", ad un "livello di soglia minima", che, per
 quanto  attiene  al  piano disciplinare, ha individuato nell'avvenuto
 deferimento alla commissione disciplinare e,  per  quanto  attiene  a
 quello  penale, nell'esistenza di una ordinanza di rinvio a giudizio.
 In effetti l'unico appunto  teoricamente  formulabile  nei  confronti
 della  commissione  e'  l'inutilita', in presenza di tale "livello di
 soglia minima", della espressa indicazione delle misure, disciplinari
 e penali, di maggiore gravita'.
   B) Erroneita' della  sentenza  la'  dove  censura  l'operato  della
 commissione  giudicatrice - in relazione alla mancata attribuzione di
 un determinato punteggio ai ricorrenti Ferreri  e  Sommariva  per  la
 sussistenza,  a loro carico, rispettivamente, di ordinanza di rivio a
 giudizio  e  di  sentenza  penale  di   condanna   -   sulla   scorta
 dell'affermazione  che  nessun  rilievo  immediato puo' essere dato a
 provvedimenti penali diversi dalla sentenza penale irrevocabile.
   Erronea e' la premessa dalla quale e' partito il  T.A.R.,  e  cioe'
 che  "tutte le capacita' di diritto pubblico (ed implicitamente anche
 quelle di diritto privato) non possono essere  limitate  se  non  per
 effetto   di   una   sentenza   penale   irrevocabile".   A  smentire
 l'affermazione del primo giudice e' sufficiente il richiamo  all'art.
 287  del nuovo cod. proc. pen., che consente l'applicazione nel corso
 del  giudizio   di   misure   interdittive   quali   la   sospensione
 dall'esercizio  di  un  pubblico  ufficio  o  servizio, il divieto di
 esercitare determinate  attivita'  professionali  o  imprenditoriali,
 ecc., nonche' agli articoli 91 e 93 testo unico 10 gennaio 1957 n. 3,
 che  prevedono  la sospensioine cautelare dall'impiego e l'esclusione
 dagli esami e dagli scrutini del  pubblico  dipendente  sottoposto  a
 procedimento  penale,  ecc.  Questo in linea generale. Per quanto poi
 riguarda la mancata attribuzione del punteggio relativo alla "stima e
 prestigio" ai concorrenti Ferreri e Sommariva  non  e'  condivisibile
 l'affermazione  del  T.A.R.  secondo  cui l'operato della commissione
 avreebbe  comportato una non consentita limitazione della "capacita'"
 dei soggetti in questione, essendosi al contrario esso risolto  nella
 mancata   attribuzione   di  un  punteggio  correlato  alla  positiva
 verificazione della sussistenza dei criteri  di  giudizio  ricompresi
 nella  "attitudine  allo  svolgimento  delle  funzioni  proprie della
 seconda qualifica dirigenziale".
   C) Erroneita' della sentenza la' dove afferma che  il  criterio  di
 giudizio  utilizzato  dalla  commissione giudicatrice e' stato per la
 ricorrente Ferreri fonte di  danno  ingiusto  e  contraddittoriamente
 inflitto.
   Per  la  Ferreri  l'assoluzione  con  formula piena dal reato a lei
 ascritto e' intervenuta dopo che la commisione aveva concluso i  suoi
 lavori  "con  la  formulazione  ed  approvazione della graduatoria di
 merito", sicche' non  e'  condivisibile  in  linea  di  principio  ed
 inesatta  in  punto  di  fatto  la pretesa del T.A.R. di desumere dal
 trattamento riservato alla  suddetta  concorrente  la  riprova  della
 sostanziale  ingiustizia  del  criterio  di  cui si discute. E' anche
 insussistente la contradditorieta'  di  comportamento  che  il  primo
 giudice  imputa  all'Amministrazione  sul  rilievo  che anche dopo il
 rinvio a giudizio la Ferreri sarebbe stata incaricata di mansioni che
 sottintendevano il persistere di un rapporto di stima  e  di  fiducia
 quanto  meno  all'interno  dell'Amministrazione  stessa. Non e' vero,
 infatti, che le suddette mansioni siano state affidate  alla  Ferreri
 prima  della  conclusione  dei  lavori  da  parte  della  commissione
 giudicatrice.
   D) Erroneita' della sentenza la' dove conclude  per  l'annullamento
 della  procedura  concorsuale sulla scorta dell'argomentazione che il
 venir  meno  della  legittimita'  di  uno  dei  criteri  di  giudizio
 formulati  dalla commissione si ripercuote anche sugli altri a motivo
 della loro interdipendenza.
   Erroneita'  della  sentenza  per  violazione   del   principio   di
 "corrispondenza fra chiesto e pronunciato".
   Il   T.A.R.  ha  disposto  l'annullamento  della  intera  procedura
 concorsuale, a partire dalla determinazione dei criteri  di  massima,
 sul presupposto della interdipendenza e del conseguente bilanciamento
 fra i quattro elementi che il cit. art. 29, diciottesimo comma, legge
 regione   Piemonte   n.   42   del  1986  assume  come  significativi
 dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni proprie della seconda
 qualifica dirigenziale, "sicche' il  venir  meno  della  legittimita'
 anche  di  uno  solo  di  essi  non puo' non riflettersi sul generale
 equilibrio voluto fra i vari titoli da valutare e quindi pregiudicare
 tutto quanto il concorso". Tale conclusione non e'  condivisibile  in
 quanto  frutto di una affrettata lettura della norma soprarichiamata,
 la quale ha invece inteso attribuire rilievo a quattro  elementi  del
 tutto autonomi e diversificati fra di loro. La tesi del primo giudice
 potrebbe  avere  qualche  giustificazione solo ove la legge regionale
 avesse  affidato  alla  commissione  giudicatrice   il   compito   di
 distribuire  e  graduare  i  24 punti, unitariamente considearti, con
 riferimento  ai  quattro  elementi  di   giudizio;   risulta   invece
 palesemente  erronea  ove  solo  si  consideri  che  la  stessa legge
 regionale  ha  gia'  provveduto  alla  distribuzione  del   punteggio
 complessivo  in  relazione  ai  quattro  elementi  di  giudizio e per
 ciascuno di essi ha previsto l'assegnazione (o la  non  assegnazione)
 di sei punti.
   2.  - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri,
 la  quale  ha  chiesto  che  l'appello  della  regione  Piemonte  sia
 dichiarato  inammissibile  e/o  infondato  in  fatto e in diritto. La
 stessa signora Ferreri, per l'ipotesi  subordinata  che  il  suddetto
 appello  fosse  al contrario ritenuto fondato dalla sezione, con atto
 notificato in data 25 giugno 1992  ha  proposto  appello  incidentale
 condizionato  avverso  la  sentenza  cit.  sub  1, e ne ha chiesto la
 riforma nella parte in cui  annulla  l'intera  procedura  concorsuale
 anziche'  limitarsi  a  disporre  l'assegnazione  in  suo  favore del
 punteggio previsto per la "stima e fiducia", a lei negato proprio nel
 momento in cui stava per concludersi, in senso per lei favorevole, il
 procedimento penale a suo carico e nonostante  che  l'amministrazione
 non  avesse  mai  adottato  nei  suoi  confronti,  nella pendenza del
 suddetto procedimento, alcun provvedimento di  natura  cautelare  ne'
 l'avesse rimessa dal servizio (affari generali della Presidenza) alla
 quale  era  preposta.  Di  qui  l'illogicita'  e contradditorieta' di
 comportamento   dell'Amministrazione   che    contestualmente    nega
 all'interesasta  la  stima e la fiducia necessaria per l'assegnazione
 del punteggio e implicitamente gliela conferma  mantenendola  al  suo
 posto   nell'esercizio   di   funzioni   delicate   e   di   notevole
 responsabilita'.
   L'appellante incidentale ha anche contestato  l'impugnata  sentenza
 nella  parte in cui dispone l'integrale compensazione fra le parti in
 causa delle spese e degli onorari del giudizio, sul rilievo che prima
 ancora che la Commissione  avesse  completato  i  lavori  ella  aveva
 segnalato  la  grave  illegittimita'  che si andava consumando in suo
 danno.
   3. - Si e' costituito in giudizio, per resistere all'appello  della
 regione, il signor Francesco Sommariva.
   Con  atto notificato in data 4 giugno 1992 lo stesso Sommariva, per
 l'ipotesi che la  sezione  ritenesse  invece  fondato  l'appello,  ha
 proposto  appello  incidentale  condizionato avverso la sentenza cit.
 sub 1) e, dopo una diffusa esposizione dei fatti che lo  hanno  visto
 protagonista  di  procedimenti penali e di giudizi di responsabilita'
 innanzi alla Corte dei conti, ha chiesto alla Sezione di esaminare  i
 motivi  di  censura  sui  quali il T.A.R. ha omesso di pronunciare in
 conseguenza   del   disposto   annullamento   dell'intera   procedura
 concorsuale.
   Con riferimento alla procedura concorsuale ha dedotto:
   A)  Violazione  di  legge  in relazione alla tabella ricompresa nel
 dodicesimo comma dell'art. 29 legge regionale  8  settembre  1986  n.
 42,  novellato  dall'art.  2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 -
 Eccesso di potere per  carenza  di  istruttoria  e  travisamento  dei
 fatti.
   In  contrasto  con  le inequivoche risultanze degli atti sono stati
 immotivamente sottratti al ricorente i punteggi a lui  spettanti  per
 titoli  di  servizio  e  per  titoli  connessi  allo  svolgimento  di
 mansioni.  Sempre ai fini della valutazione dei  titoli  di  servizio
 non e' stato considerato il periodo di sospensione cautelare;
   B)  Eccesso  di  potere  per  illogicita', perplessita', carenza di
 motivazione e contradditorieta' - Violazione di legge in relazione ai
 principi generali dell'ordinamento in materia di concorsi pubblici ed
 al principio costituzionale di buon andamento della p.a. - Sviamento.
   La  commissione  ha negato al ricorrente i punteggi previsti per la
 "collaborazione e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi" e
 per la "stima e fiducia" in considerazione della condanna che sarebbe
 stata inflitta allo stesso ricorrente per reati  commessi  contro  la
 p.a.,  ma  ha  ignorato  che  per  i  suddetti  reati  egli  e' stato
 prosciolto dalla Corte di cassazione;
   C)  Eccesso  di  potere  per  illogicita'  ed  irrazionalita'.  Una
 ulteriore  riprova  della  irrazionalita'  di  criteri di valutazione
 fissati dalla commissione giudicatrice emerge dall'esame della scheda
 personale del signor Giovanni Fasolini al quale sono stati  negati  i
 sei punti previsti per la collaborazione perche' lo stesso, di fatto,
 non  avrebbe  mai prestato servizio nelle strutture regionali, mentre
 gli sono stati assegnati i sei punti previsti  per  la  stima  goduta
 all'interno dell'Amministrazione;
   D)  Eccesso  di  potere per travisamento e carenza di motivazione -
 Violazione di legge in relazione ai principi generali in  materia  di
 pubblici   concorsi  ed  all'art.  29,  diciannovesimo  comma,  legge
 regionale 8 settembre 1986 n. 42, cosi' come novellato dall'art.    2
 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60.
   L'incredibile  velocita' con la quale la commissione ha vagliato la
 posizione dei singoli candidati dimostra con evidenza che  la  scelta
 dei candidati da dichiarare vincitori era gia' stata fatta e ad opera
 di soggetti estranei alla commissione stessa, la quale si e' limitata
 ad avallarla.
   Quanto invece alle deliberazioni di giunta, con le quale sono stati
 attribuiti  gli  incarichi  di direzione dei servizi ai vincitori del
 concorso, l'appellante deduce:
   E) Illegittimita' derivata - Violazione di legge in relazione  agli
 artt.  45  e  49  legge  10  febbraio  1953,  n.  62 - Violazione del
 principio di irretroattivita' degli atti amministrativi.
   I provvedimenti, che attribuiscono ai vincitori  del  concorso  gli
 incarichi  di direzione dei servizi, sono illegittimi non solo in via
 derivata, cioe' in diretta  conseguenza  della  illegittimita'  della
 intera  procedura  concorsuale,  ma anche per vizi propri: i suddetti
 incarichi   sono    stati    infatti    attribuiti    contestualmente
 all'approvazione   della  graduatoria  concorsuale,  come  prescritto
 dall'art. 28, terzo comma, legge regionale n. 60 del 1987, ma la loro
 decorrenza non poteva essere anteriore alla data in cui  la  suddetta
 graduatoria  era divenuta esecutiva per aver superato il controllo di
 legittimita'.
   Il ricorrente ha infine contestato  la  declaratoria  di  integrale
 compensazione  fra le parti delle spese e degli onorari del giudizio,
 cui  e'  pervenuta  il  T.A.R.  osservando  che  in  primo  grado  la
 soccombenza della regione e' stata integrale e che sono indecifrabili
 i  "giusti  motivi"  in  base ai quali lo steso T.A.R. ha ritenuto di
 potersi discostare dalla regola generale fissata  dall'art.  91  cod.
 proc. civ.
   4. - Si sono costituiti in giudizio i signori Michelangelo Miele ed
 altri,  in  epigrafe  indicati,  i  quali  hanno  chiesto  il rigetto
 dell'appello proposto dalla regione. In via subordinata, e cioe'  per
 l'ipotesi  che  detto  appello  fosse  invece  ritenuto fondato dalla
 sezione, con atto notificato in data 3  giugno  1992  hanno  proposto
 appello  incidentale  condizionato  avverso la sent. cit. sub 1) e ne
 hanno  chiesto   l'annullamento   nella   parte   in   cui   dichiara
 improcedibile  il  loro ricorso, riproponendo le censure gia' dedotte
 innanzi   al  primo  giudice  e  sulle  quali  questo  ha  omesso  di
 pronunciare, e cioe':
   A) Violazione di legge, con  particolare  riferimento  all'art.  2,
 punto C) della tabella allegata alla legge regionale 11 dicembre 1987
 n.  60 - Eccesso di potere per errore sui presupposti e disparita' di
 trattamento.
   Ad   alcuni   concorrenti,   risultati    vincitori,    e'    stato
 illegittimamente  attribuito il punteggio previsto dal punto C) della
 citata tabella per lo svolgimento, in atto o pregresso,  di  funzioni
 ritenute  con  atto  deliberativo  della giunta regionale ascrivibili
 alle funzioni di responsabile di servizio regionale,  nonostante  che
 gli  atti  deliberativi  in  questione  fossero stati tutti annullati
 dall'organo di controllo.  Per l'ipotesi subordinata che  la  sezione
 ritenesse  che  l'Amministrazione,  cosi' operando, ha fatto corretta
 applicazione della legge regionale 11 dicembre  1987,  n.  60,  viene
 sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale della suddetta
 legge per  contrasto  con  il  principio  di  ragionevolezza  di  cui
 all'art.  3 Cost., nonche' con i successivi artt. 97 e 117. Ed invero
 del tutto irragionevolmente detta legge, nella interpretazione che ne
 ha fatto la commissione, attribuirebbe rilevanza determinante  ad  un
 fatto  del  tutto  contingente quale l'esistenza di un atto di giunta
 non attributivo di funzioni  ma  di  mero  riconoscimento  che  certi
 compiti sono ascrivibili ad una determinata funzione;
   B) Eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicita'.
   Il   punteggio   relativo  all'attitudine  allo  svolgimento  delle
 mansioni  proprie  della  seconda  qualifica  dirigenziale  e'  stato
 attribuito  in  modo  rigido,  senza  una effettiva valutazione delle
 situazioni individauali e, soprattutto senza alcuna motivazione;
   C) Eccesso di  potere  per  difetto  d'istruttoria  ed  errore  sui
 presupposti   -  Violazione  di  legge  con  particolare  riferimento
 all'art. 21, diciottesimo comma, legge regionale n. 60 del 1987.
   I punteggi relativi alla stima e  alla  collaborazione  sono  stati
 illegittimamente   assegnati  a  candidati  notoriamente  incorsi  in
 incidenti giudiziali;
   D) Violazione di legge,  con  particolare  riferimento  alla  legge
 regionale  11 dicembre 1987 n. 60 (art. 2, dodicesimo comma, punto C)
 - Eccesso di potere per disparita' di trattamento.
   La commissione  giudicatrice,  dichiarando  di  voler  prendere  in
 considerazione  solo le funzioni attribuite dalla giunta regionale in
 attuazione della legge regionale n. 73 del  1979,  ha  introdotto  un
 limite  temporale  che non solo non ha alcun fondamento normativo, ma
 che si traduce anche in una presunta discriminazione fra i  candidati
 tenuto  conto  che la figura professionale del capo servizio e' stata
 prevista dal legislatore regionale sin dal 1974 (legge  regionale  n.
 22  del 1974).  Vittima di tale discriminazione e' stata, ad esempio,
 la ricorrente Mirella Cravanzona la quale, pur essendo in possesso di
 detta qualifica sin dal 15  marzo  1977,  ne  ha  visto  limitato  il
 riconoscimento  al  solo  periodo  compreso  fra  il 15 luglio e il 2
 ottobre 1986.
   E) Ancora: eccesso di potere per disparita' di trattamento.
   La  commissione  hon  ha   neppure   applicato,   con   la   dovuta
 imparzialita',  i  rigidi limiti temporali da essa stessa prefissati:
 ed infatti, in  favore  della  dipendente  Carla  Spaguolo  e'  stata
 valutata  sin  dal  5  agosto  1975 la mansione di capo gabinetto del
 presidente  della  giunta regionale, nonostante si tratti di mansione
 non  prevista  dalla  una  specifica   legge   di   settore;   eguale
 illegittimita'  e'  stata  perpretata  in favore del dipendente Luigi
 Momo, al  quale  e'  stato  riconosciuto  il  servizio  svolto  nella
 qualita' di capo del Servizio urbanistico regionale.
   F)  Violazione  di  legge,  con particolare riferimento all'art. 2,
 diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60.
   Dal verbale della riunione del 16  febbraio  1988  risulta  che  la
 commissione,  nonostante  la  particolare laboriosita' e complessita'
 degli adempimenti ad essa affidati dalla  legge,  ha  impiegato  solo
 un'ora  e  mezza per esaminare ben 225 candidati, riservando quindi a
 ciascuno di essi 24 secondi.
   G)  Ancora:  violazione  di  legge,  con  particolare   riferimento
 all'art.   2, diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre 1987,
 n. 60.
   Identica, sorprendente velocita' la commissione ha dimostrato nella
 seduta del 17 e 18 febbraio nel corso delle quali ha  rispettivamente
 esaminato, nel giro di due ore e mezza, 80 e 129 candidati.
   A  conclusione  del  loro  appello  incidentale  i ricorrenti hanno
 osservato che l'annullamento dell'intera  procedura  concorsuale,  al
 quale  il T.A.R. e' pervenuto a seguito della riconosciuta fondatezza
 di uno dei  motivi  di  censura  dedotti  dai  ricorrenti  Ferreri  e
 Sommariva,  non  e'  in  grado  di  arrecare  ad  essi alcun concreto
 vantaggio ove  le  restanti  valutazioni  operate  dalla  commissione
 giudicatrice  venissero  reiterate  negli identici termini. Di qui il
 loro interesse a che la sezione  porti  il  suo  esame  su  tutte  le
 censure  da  essi dedotte e sulle quali il primo giudice ha omesso di
 pronunciare, ritenendole assorbite.
   5. - Con atto (n. 1116/1992) notificato in data 3-5 giugno  1992  i
 signori Enrico Fassio ed altri, in epigrafe indicati, tutti collocati
 nella graduatoria di merito in posizione utile per la promozione alla
 seconda  qualifica  dirigenziale, hanno proposto appello al Consiglio
 di Stato avverso  la  sentenza  del  T.A.R.  Piemonte,  II  sez.,  18
 febbraio  1992  n.  46 (cit. sub 1) e ne hanno chiesto l'annullamento
 sulla base dei seguenti motivi di censura:
   A) Errore di motivazione della sentenza impugnata, sul punto  della
 presunta  violazione  della par condicio fra i candidati partecipanti
 al concorso - Violazione ed erronea applicazione dell'art.  29  legge
 regionale  n.  42  e  successive  modificazioni.   L'affermazione del
 T.A.R.,  secondo  cui  l'indicazione  contenuta  nella  citata  legge
 regionale  in ordine alla stima e al prestigio sarebbe stata tradotta
 dalla commisione giudicatrice in  una  serie  di  ipotesi  del  tutto
 disomogenee  fra  di  loro,  che  avrebbero  determinato  una  palese
 violazione del principio di parita' fra i concorrenti, non  considera
 che  l'organo  collegiale  non  disponeva  del potere di graduare i 6
 punti secondo  una  propria  valutazione  del  comportamento  tenuto,
 all'interno  e  al  di  fuori  della struttura regionale, dai singoli
 candidati, potendo solo riconoscere o negare  il  suddetto  punteggio
 nella sua unitarieta'. Sicche' e' del tutto logico che la commissione
 si   sia  limitata  ad  individuare  le  "ipotesi  meno  gravi",  che
 determinavano comunque il venir meno della stima e del  prestigio  e,
 solo  per  completezza, abbia aggiunto ad esse le ipotesi piu' gravi.
 E' pertanto arbitrario attribuire all'operato  della  commissione  un
 vizio  che e' semmai imputabile alla legge regionale, di cui l'organo
 collegiale ha fatto corretta e puntuale applicazione;
   B)  Errore  di  motivazione  della   sentenza   sul   punto   della
 considerazione  di  pronuncie  giudiziarie  penali  non  definitive -
 Erronea applicazione dell'art. 27 Cost.   E' anche errata,  sotto  un
 duplice  profilo,  l'ulteriore affermazione del T.A.R. secondo cui la
 commissione, dando rilievo a sentenze penali non definitive,  avrebbe
 causato  una  illegittima  limitazione  della  capacita'  di  diritto
 pubblico e privato di taluni candidati. Ed invero:    a)  il  mancato
 riconoscimento  della  stima  e  del prestigio ha determinato solo la
 mancata atribuzione del punteggio (6 punti su  80)  previsto  a  tale
 titolo;  b)  una  serie  imponente di leggi assegna rilievo a vicende
 penali ancora pendenti.  Ne'  queste  conclusioni  possono  ritenersi
 smentite dal caso personale della ricorrente Ferreri, considerato dal
 T.A.R. emblematico degli errori di valutazione in cui sarebbe incorsa
 la  commissione,  essendo  documentato  che  il proscioglimento della
 Ferreri dai reati di cui era imputata e' intervento solo dopo che  la
 commissione  aveva  concluso i lavori. Ed anche le funzioni superiori
 sono state  assegnate  alla  predetta  dipendente  molto  tempo  dopo
 l'esaurimento   della  procedura  concorsuale  e  il  proscioglimento
 penale, e non prima, come vorrebbe fare intendere il tribunale;
   C) Erroneita' della sentenza  impugnata,  in  punto  considerazione
 art.  29  legge  regionale  n.  42  del 1986 e considerazione vicende
 disciplinari.  Erronea ed indimostrata e' l'affermazione  del  T.A.R.
 secondo  cui  la  legge  regionale  cit.,  accennando alla stima e al
 prestigio, avrebbe inteso riferirsi solo a quelli che  il  dipendente
 acquisisce  "attraverso pubblicazioni o partecipazione a vario titoli
 a convegni, seminari di studio o commissioni scientifiche  per  conto
 della   regione   Piemonte".     Si  tratta  di  una  interpretazione
 assolutamente riduttiva della legge  che  si  pone  in  irragionevole
 contrasto   sia  con  la  disciplina  della  dirigenza  statale,  che
 costituisce il modello al quale  la  citata  legge  regionale  si  e'
 chiaramente  ispirata,  sia  con le univoche indicazioni che emergono
 dalla  giurisprudenza  del  giudice   amministrativo.      E'   anche
 tautologica  ed  indimostrata  l'affermazione del T.A.R.  secondo cui
 non si potrebbe dare rilievo  alla  censura  e  al  deferimento  alla
 commissione di disciplina;
   D)    Erroneita'   della   sentenza   sul   punto   dell'estensione
 dell'annullamento - Eccesso di potere giurisdizionale.  Illogico,  ed
 anche ultroneo rispetto alla richiesta degli originari ricorrenti, e'
 l'annullamento  della  intera  procedura concorsuale cui il T.A.R. e'
 pervenuto sulla base di un asserito nesso di  interdipendenza  fra  i
 quattro  elementi di giudizio relativi alla valutazione attitudinale,
 che al contrario sono tutti autonomi ed indipendenti fra di loro.
   6. - Si e' costituito in giudizio, per  resistere  all'appello,  il
 signor Francesco Sommariva il quale nella via del ricorso incidentale
 ha anche riproposto le censure gia' dedotte innanzi al T.A.R. e sulle
 quali  il primo giudice non ha pronunciato per effetto del dichiarato
 annullamento  dell'intera  procedura  concorsuale.   Si   tratta   di
 doglianze   di  contenuto  identico  a  quelle  dedotte  nell'appello
 incidentale gia' proposto sul ricorso in appello (n. 909/1992)  della
 regione Piemonte (v. n. 3).
   7.  -  Si  sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, i
 signori Michelangelo Miele ed altri, in epigrafe  indicati,  i  quali
 hanno  contestato  i  singoli motivi d'impugnazione ed hanno concluso
 per  il  rigetto   dell'appello,   con   vittoria   di   spese,   con
 argomentazioni  sostanzialmente  analoghe  a  quelle  gia' svolte per
 resistere all'appello della regione Piemonte (v. n. 4).
   8. - Si sono costituiti in giudizio  il  commissariato  governativo
 presso  la  regione  Piemonte  e la regione   Piemonte, i quali hanno
 chisto l'accoglimento dell'appello con vittoria di spese.
   9. - Con atto (n. 1678/1992) notificato in data 15-16  luglio  1992
 il  signor  Pier  Massimo  Prosio ha proposto appello al Consiglio di
 Stato avverso la sentenza del T.A.R. Pemonte, II  sez.,  18  febbraio
 1992  n.  46  (cit. sub 1) e ne ha chiesto l'annullamento sul rilievo
 che il dispsoto annullamento dell'intera procedura  concorsuale,  cui
 il   primo   giudice   e'   pervenuto   sulla  base  della  esclusiva
 considerazione  di  taluni  dei  motivi  di  censura  dedotti   dagli
 originari  ricorrenti  Ferreri  e  Sommariva,  non  e'  in  grado  di
 soddisfare l'interesse di coloro che  avevano  proposto  censure  non
 solo  attinenti  alla propria posizione personale, ma anche di ordine
 generale (come quella attinente alla illegittima  composizione  della
 commissione  giudicatrice) che, ove esaminate e riconosciute fondate,
 avrebbero determinato la radicale  illegittimita'  erga  omnes  della
 procedura  concorsuale e, quindi, l'obbligo per l'amministrazione dei
 ripetere ab origine le relative operazioni. Nel contestare quindi  la
 declaratoria  di  improcedibilita',  cui  il  T.A.R. e' pervenuto nei
 riguardi  del  ricorso  da  lui  presentato,  il  signor  Prosio   ha
 riproposto  le  censure  che  aveva  gia'  dedotto  innanzi  al primo
 giudice, e cioe':
   A) Illegittimita'  per  vizi  propri  della  procedura  concorsuale
 oggetto  di gravame.   Illogico e contraddittorio e' il comportamento
 della commissione giudicatrice la quale, nel valutare l'attitudine di
 ciascun candidato  allo  svolgimento  delle  mansioni  proprie  della
 qualifica  superiore,  ha attribuito a tutti, in relazione ai quattro
 elementi di giudizio richiamati dal cit. art. 29, l'identico  massimo
 punteggio, con esclusione di coloro nei cui confronti era pendente un
 procedimento  disciplinare o penale, senza operare alcuna distinzione
 in  relazione  al  diverso  grado  di  preparazione   ed   esperienza
 professionali. Non risulta neppure in modo chiaro con quali modalita'
 la  commissione  abbia  provveduto  all'attribuzione dei punteggi (28
 punti) relativi ai titoli di servizio;
   B)  Illegittimita'   della   procedura   concorsuale   oggetto   di
 impugnativa   per  vizi  derivanti  dalla  illegittimita'  sul  piano
 costituzionale della legge regionale 11 dicembre  1987  n.  60.    E'
 irragionevole,  e  quindi  contrastante  con i principi fissati dagli
 artt. 3, 51 e 57  Cost.,  l'art.  29,  quattordicesimo  comma,  legge
 regionale  n.  60 del 1987 nella parte in cui limita la valutabilita'
 dei titoli di servizio fino ad un massimo di 14 anni  e  prevede  per
 essi un punteggio totale di 28 punti.  E' in contrasto con i principi
 fissati  dagli  artt.  3,  97  e  117  della  Costituzione l'art. 29,
 dodicesimo comma, lett. c) legge regionale n. 60 del 1987 nella parte
 in cui limita la valutabilita' dei titoli  di  servizio  fino  ad  un
 massimo  di  14  anni  e  per  essi prevede un punteggio totale di 28
 punti.  E' in contrasto con i principi fissati dagli artt.  3,  97  e
 117  della  Costituzione  l'art. 29, dodicesimo comma, lett. c) legge
 regionale citata nella parte in cui, agli effetti della valutabilita'
 dei   titoli   connessi   allo   svolgimento   di   funzioni   presso
 l'amministrazione regionale, assegna rilevanza solo  all'espletamento
 della  funzione  di  responsabile  di  servizio  regionale  ovvero di
 funzione  ritenuta  con  atto  deliberativo  della  giunta  regionale
 ascrivibile  alla medesima, prevedendo per detto espletamento 4 punti
 per ogni anno con un massimo di 20 punti.  La norma in  questione  e'
 palesemente  illegittima  sia  perche'  prevede  l'attribuzione di un
 punteggio in relazione  non  al  concreto  status  professionale  del
 funzionario  concorrente, ma alla mera sussistenza di un mediato atto
 deliberativo  della  giunta  regionale,   sia   perche'   costituisce
 potenziale  fonte  di abusi da parte dell'amministrazione la quale e'
 messa in condizioni di pretendere  dai  suoi  dipendenti  prestazioni
 superiori  e,  al  tempo  stesso,  di disconoscerne la rilevanza agli
 effetti della progressione di carriera perche' non  precedute  da  un
 formale  atto  deliberativo.    Di tale anomalia legislativa e' stata
 vittima proprio il ricorrente il quale, pur avendo svolto  per  lungo
 tempo   funzioni  vicarie  del  titolare  del  servizio  legislativo,
 assorbito da incarichi politico-amministrativi, non ha ottenuto alcun
 riconoscimento formale a causa della mancanza di un formale  atto  di
 riconoscimento  delle    superiori funzioni svolte.   L'art. 29, nono
 comma, legge regionale citata, contrasta infine con gli artt. 3, 97 e
 117 della Costituzione  nella parte in cui prevede che la commissione
 giudicatrice sia composta esclusivamente da rappresentanti  politici,
 laddove  l'art.  29,  ottavo comma, della pregressa legge regionale 8
 settembre 1986 n. 42, prevedeva quanto meno che  l'organo  collegiale
 fosse integrato da tecnici ed esperti qualificati.
   10.  - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale ha
 chiesto  il  rigetto  dell'appello  nella   parte   in   cui   chiede
 l'annullamento  relativamente  alla  declaratoria di improcedibilita'
 dell'originario ricorso del signor Prosio.
   11. - Analoga richiesta e'  stata  formulata  dalla  signora  Maria
 Grazia Ferreri.
   12. - Con atto (n. 1709/1992) notificato in data 22  luglio 1992 il
 commissariato  di  Governo  presso  la  regione  Piemonte ha proposto
 appello  al  Consiglio  di  Stato  avverso  la  sentenza  del  T.A.R.
 Piemonte,  II  sezione,  18  febbraio 1992 n. 46 (cit. sub 1) e ne ha
 chiesto l'annullamento contestando la  sussistenza  (riscontrata  dal
 T.A.R.)  del  vizio  di  violazione dell'art. 19, diciottesimo comma,
 legge  regionale  8  settembre   1986   n.   42.   La   tesi   svolta
 dall'amministrazione, nello stringatissimo atto di appello, e' che la
 regione,   "lungi   dal   pervenire  ad  un  anticipato  giudizio  di
 colpevolezza, ha ritenuto che  la  stima  e  il  prestigio  potessero
 essere  intaccati (cosa che oggettivamente di norma accade) a seguito
 della sottoposizione a un  giudizio  penale  caratterizzato,  per  di
 piu',  dall'essersi  gia'  completata  l'istruttoria con ordinanza di
 rinvio a giudizio dell'imputato".   Ha anche chiarito,  in  punto  di
 fatto,  che le segnalazioni da parte di taluni ricorrenti di asserite
 illegittimita'    che  sarebbero  state  commesse  dalla  commissione
 giudicatrice  in  loro danno non sono pervenute in tempo utile e che,
 comunque, le stesse concernevano giudizi di  merito  esultanti,  come
 tali,   dal   sindacato   di  legittimita'  riservato  all'organo  di
 controllo.
   13. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte, la quale ha
 chiesto l'accoglimento dell'appello.
   14.  - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri
 che, al contrario, ne ha chiesto il rigetto.
   15. - Con atto (n. 1802/1992) notificato in data 25 luglio  1992  i
 signori  Michelangelo  Miele  ed  altri  (in epigrafe indicati) hanno
 proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R.
 Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46, cit. sub  1,  e  ne  hanno
 chiesto l'annullamento nella parte in cui ha dichiarato improcedibile
 il  loro  ricorso  per  effetto  del gia' disposto annullamento della
 intera  procedura  concorsuale  in  conseguenza  della   riconosciuta
 fondatezza  di  taluni  dei  motivi  di  ricorso proposti dai signori
 Ferreri e Sommariva.  Premesso che dal suddetto annullamento essi non
 hanno ricavato alcun concreto vantaggio, sussistendo il  rischio  che
 le  valutazioni  operate  nei  loro  confronti  siano rinnovate negli
 identici termini, hanno riproposto le censure gia' dedotte  in  primo
 grado. Dette censure hanno contenuto identico a quelle proposte nella
 via  dell'appello  incidentale  sul  ricorso in appello della regione
 Piemonte (n. 4).  Nuova, rispetto all'appello incidentale di  cui  si
 e'  detto,  e'  invece  la  questione  di legittimita' costituzionale
 sollevata nei confronti dell'art. 29 legge regionale n. 42 del  1986,
 per contrasto sia con l'art. 97 della Costituzione che con i principi
 affermati   dal   giudice   delle  leggi  in  ordine  ai  criteri  di
 composizione delle  commissioni  esaminatrici  di  pubblici  concorsi
 (Corte  cost.  15  ottobre  1990,  n.  453), anche se essa in effetti
 ripropone quella gia' sollevata innanzi al primo giudice e,  al  pari
 degli  altri  motivi  di  legittimita'  ordinaria,  non esaminata dal
 T.A.R.  La  tesi  sostenuta  dagli  appellanti  e'  che   un   organo
 giudicante,  formato  esclusivamente  da politici, non e' in grado di
 garantire l'imparzialita' e l'obiettivita' dell'azione amministrativa
 volta alla individuazione dei soggetti piu' capaci  professionalmente
 e, quindi, piu' meritevoli di progredire in carriera.
   16. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri,
 la quale ha chiesto il rigetto dell'appello, con vittoria di spese.
   17.  - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale ha
 eccepito l'inammissibilita' dell'appello (e, prima ancora,  dell'atto
 introduttivo  del  giudizio  di primo grado) sulla base di un duplice
 rilievo: a) tutti  gli  appellanti  hanno  ricevuto  il  massimo  dei
 punteggi cui potevano aspirare sotto il profilo della valutazione sia
 dei  titoli  che  dell'attitudine alle mansioni proprie della seconda
 qualifica dirigenziale;  b)  gli  stessi  appellanti  non  hanno  mai
 contestato   possibili  errori  nel  calcolo  dei  punteggi  ad  essi
 assegnati.
   18. - Con atto (n. 127/1993) notificato in data 3-5  dicembre  1994
 il  commissariato  di Governo presso  la regione Piemonte ha proposto
 appello  al  Consiglio  di  Stato  avverso  la  sentenza  del  T.A.R.
 Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46.
   L'atto in questione costituisce la pedissequa ripetizione di quello
 gia' notificato avverso la stessa sentenza in data 22 luglio 1992 (n.
 12).
   19.  -  Con  successive  memorie  le parti in causa hanno ripreso e
 meglio puntualizzato le rispettive difese.  All'udienza  pubblica  di
 discussione si sono richiamate agli scritti difensivi.
                             D i r i t t o
   1.  -  I  ricorsi  in  appello  nn. 909/1992, 1116/1992, 1678/1992,
 1709/1992, 1802/1992 e 127/1993 devono essere riuniti,  onde  formare
 oggetto  di  un'unica  decisione,  perche'  tutti  proposti  conto la
 sentenza del T.A.R.  Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992, n. 16.
   2. - Il ricorso in  appello  (n.  127/1993)  del  commissariato  di
 Governo   presso   la  regione  Piemonte  costituisce  la  pedissequa
 ripetizione, senza alcuna variazione di ordine formale o sostanziale,
 del ricorso in appello (n.  1709/1992)  gia'  proposto  dalla  stessa
 autorita'  avverso  la  sopra citata sentenza del T.A.R. Piemonte. E'
 successo infatti che, a  seguito  dell'ordinanza  presidenziale,  che
 ingiungeva   all'appellante   di   procedere  alla  integrazione  del
 contraddittorio estendendo la notifica dell'appello (n. 1709/1992)  a
 tutti  i controinteressati, il commissariato di Governo ha depositato
 copia del suddetto ricorso con la prova delle eseguite  notificazioni
 e  a  detto  ricorso  la  segreteria  della  Sezione, per mero errore
 materiale, ha assegnato un nuovo numero di ruolo (127/1993). Pertanto
 detto ricorso, non avendo un contenuto  autonomo  rispetto  a  quello
 precedente, deve essere considerato mera ripetizione di quest'ultimo,
 del quale condivide la sorte.
   3.  -  Dall'esame  della  documentazione  in  atti  e degli scritti
 difensivi   depositati   dagli   appellanti    principali    e    dai
 resistenti-appellanti  incidentali  emergono  tre  questioni  che, ad
 avviso del collegio, assumono carattere prioritario rispetto ad  ogni
 altra.
  La  prima  e'  quella  che  concerne la legittima composizione della
 commissione giudicatrice del concorso di cui si discute.   Nel  corso
 del  giudizio  di primo grado a taluni degli originari ricorrenti era
 stata  sollevata  questione  di   legittimita'   costituzionale   nei
 confronti  dell'art. 29 legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n. 42
 (nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n.
 60) - per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117  della  Costituzione  -
 nella   parte   in  cui  (nono  comma)  prevede  che  la  commissione
 giudicatrice del concorso per la prima copertura dei posti di seconda
 qualifica dirigenziale sia formata dai componenti la giunta regionale
 e dal presidente  del  consiglio  regionale,  e  cioe'  da  esponenti
 politici, e non da tecnici.
   Il  T.A.R.  ha  ritenuto  non  rilevante  al  fine  del decidere la
 suddetta questione sul rilievo che la richiesta di annullamento degli
 atti  della   procedura   concorsuale,   avanzata   dagli   originari
 ricorrenti,  poteva  essere  soddisfatta anche per altra via, e cioe'
 con la  positiva  definizione  di  talune  censure  (di  legittimita'
 ordinaria)  attinenti al modus procedendi seguito dal suddetto organo
 collegiale nella predeterminazione dei criteri di massima relativi ad
 uno dei quattro elementi ("stima e  prestigio  goduti  all'interno  e
 all'esterno dell'amministrazione") assunti dall'art. 29, diciottesimo
 comma,  legge  regionale 8 settembre 1986 n. 42 (nel testo sostituito
 dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n.  60)  come  idonei  a
 verificare   la   concreta  attitudine  dei  singoli  candidati  allo
 svolgimento delle  funzioni  proprie  della  superiore  qualifica  da
 conferire.     Il  collegio  non  ritiene  di  poter  condividere  la
 conclusione del primo  giudice  dal  momento  che,  anche  sul  piano
 logico,   l'indagine   sulla   legittima   composizione   dell'organo
 giudicante assume rilievo prioritario rispetto  alla  verifica  della
 legittimita'  del suo operato.  Ne' varrebbe opporre che la questione
 di legittimita' costituzionale, ove riconosciuta fondata dal  giudice
 delle  leggi,  avrebbe  come effetto obbligato l'annullamento in toto
 (da  parte  del  giudice  remittente)  della  procedura  concorsuale,
 laddove  da parte di taluni degli originari ricorrenti l'annullamento
 era stato chiesto solo in parte qua, investendo le loro doglianze  la
 mancata  attribuzione di punteggi ai quali assumevano di aver diritto
 ovvero l'assegnazione ad alcuni vincitori di punteggi a  loro  avviso
 non spettanti.  Puo' infatti osservarsi, in primo luogo, che anche il
 modus   procedendi   seguito   dal   primo   giudice   ha  comportato
 l'annullamento dell'intera  procedura  concorsuale,  con  conseguente
 sacrificio delle aspettative di quelli, fra gli originari ricorrenti,
 il cui petitum era limitato alla mera correzione della loro posizione
 in   graduatoria   e   che   hanno  pertanto  denunciato,  nella  via
 dell'appello  incidentale,  il  vizio  di  ultrapetizione  nel  quale
 sarebbe  incorso  il T.A.R.  Assume in ogni caso carattere assorbente
 la considerazione che ove taluni, fra coloro che sono  insorti  nella
 sede  giurisdizionale  contro  gli  stessi  atti,  ne  contestano  la
 legittimita' per l'asserita illegittimita' della norma  di  cui  essi
 costituiscono  applicazione,  non  puo'  il  giudice  investito della
 questione prescindere da essa (id  est,  dichiararla  non  rilevante)
 assgnando  rilievo  preminente al disposto annullamento per altra via
 degli atti impugnati e trascurando la ragione per la quale, almeno da
 taluni, detto annullamento era stato chiesto, e cioe' il dubbio sulla
 imparzialita' e  sulla  competenza  tecnica  dell'organo  giudicante,
 destinato  inevitabilmente  a  rimanere insoluto ove, nella rinnovata
 procedura, la funzione valutativa e selettiva fosse  conservata  allo
 stesso organo.  Di qui la rilevanza della questione, la quale risulta
 anche non manifestamente infondata.  In recenti occasioni (15 ottobre
 1990 n. 453; 27 luglio 1993 n.  333), pronunciando sulla legittimita'
 di  leggi  regionali  aventi  contenuto  pressoche' identico a quello
 della norma ora in esame, la Corte cost.  ha sostenuto la  necessita'
 che  "nella  formazione delle commissioni il carattere esclusivamente
 tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di
 deviazione verso interessi di parte  o  comunque  diversi  da  quelli
 propri  del  concorso,  il cui obiettivo non puo' essere altro che la
 selezione dei candidati migliori".  Tale  esigenza,  ha  aggiunto  il
 giudice   delle   leggi,   "impone   che,  nella  composizione  delle
 commissioni, la presenza di tecnici o esperti  -  interni  o  esterni
 all'amministrazione  ma  in  ogni  caso  dotati di adeguati titoli di
 studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova - debba
 essere, se non eslcusiva, quanto meno prevalente, tale  da  garantire
 scelte  fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate
 soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione  dei
 candidati"  (Corte  cost., n. 453/1990).  Ad avviso del collegio tale
 esigenza non risulta affatto soddisfatta dall'art. 29  legge  regione
 Piemonte  8  settemnbre  1986  n.  42, nel testo innovato dall'art. 2
 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60, il quale assegna le  funzioni
 di  commissione  giudicatrice  del  concorso  interno  per  la  prima
 copertura di posti di  seconda  qualifica  dirigenziale  alla  giunta
 regionale  integrata  dal presidente del consiglio regionale, con una
 radicale inversione di tendenza rispetto al  testo  originario  dello
 stesso  art.  29,  il quale prevedeva invece che la commissione fosse
 composta dal presidente della giunta regionale o da un suo  delegato,
 con  funzioni  di presidente, da due consiglieri regionali di cui uno
 di minoranza e da due esperti designati dalla giunta regionale.    Di
 consegunza   appare  non  manifestamente  infondata  la  qustione  di
 legittimita' costituzionale proposta nei confronti del cit. art.  29,
 nel testo sostituito dal cit. art. 2, per violazione del principio di
 imparzialita'  dell'azione  amministrativa  (art.  97,  primo  comma,
 Cost.), nella parte in cui non prevede che quanto meno la maggioranza
 dei  componenti della commissione giudicatrice sia formata da esperti
 dotati di  specifiche  competenze  tecniche  rispetto  ai  titoli  da
 valutare per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale.
   4.  -  L'art.  29,  diciannovesimo  comma, legge regione Piemonte 8
 settembre  1986  n.  128  nel  testo  sostituito  dall'art.  2  legge
 regionale  11  dicembre  1987  n. 60, assegna un punteggio fisso (sei
 punti) a ciascuno dei quatro elementi di  giudizio  (preparazione  ed
 esperienza  professionale;  capacita'  di  autonomia di giudizio e di
 assunzione   di   responsabilita';   effettiva    collaborazione    e
 partecipazione       al      raggiungimento      degli      obiettivi
 dell'amministrazione; stima e  prestigio  all'interno  e  all'esterno
 dell'amministrazione)  che  il  precedente  diciottesimo comma assume
 come  rilevanti  agli  effetti  della  valutazione   della   concreta
 attitudine  di  ciascun  candidato  allo  svolgimento  delle mansioni
 proprie della qualifica  superiore  da  conferire.    Nel  corso  del
 giudizio di primo grado da parte di taluni degli originari ricorrenti
 era   stato  denunciato  l'appiattimento  che  l'assegnazione  di  un
 punteggio fisso (id  est,  non  graduabile)  aveva  comportato  nella
 valutazione  dei  singoli  candidati,  ma  ne era stata attribuita la
 responsabilita'  alla  commissione  giudicatrice  colpevole,  a  loro
 avviso,  di  aver elaborato in sede di predisposizione dei criteri di
 massima - specie per quanto attiene all'elemento della  stima  e  del
 prestigio  - una serie di ipotesi disomogenee e di diverso valore, in
 presenza delle quali detto punteggio avrebbe  dovuto  essere  negato.
 In questa direzione si e' mosso anche il T.A.R., il quale ha ritenuto
 irragionevole  che  la  mancata assegnazione del punteggio, nella sua
 intierezza,   potesse   trovare   giustificazione   negli    elementi
 diversissimi  che  l'organo  collegiale aveva individuato come indici
 rivelatori di un giudizio negativo, in assoluto, in ordine alla stima
 e al prestigio (contestazione di addebiti,  irrogazione  di  sanzione
 disciplinare  diversa dalla censura, mandato di cattura, ordinanza di
 rinvio a giudizio, sentenza penale di condanna in primo  grado  o  in
 appello,   ecc.).   Nell'assemblamento   di   ipotesi  obiettivamente
 disomogenee  e  di  diverso  valore  il  primo  giudice  ha  pertanto
 ravvisato una violazione della par condicio che deve essere garantita
 ai  soggetti partecipanti ad un pubblico concorso e di conseguenza ha
 annullato tutti gli atti della procedura per illegittimita'  derivata
 dalla riscontrata illegittimita' dei criteri di massima.  Il collegio
 non  ritiene  di poter condividere le conclusioni del T.A.R. giacche'
 la  denunciata  irragionevolezza  e'  da  imputarsi  non   al   modus
 procedendi seguito dalla commissione, bensi' alla norma (il cit. art.
 29,  diciannovesimo  comma) che essa era tenuta ad applicare.  Sembra
 infatti non conforme a canoni di logica la previsione di un punteggio
 fisso - da assegnare o negare - in  relazione  a  giudizi  di  valore
 riferiti a qualita' e, come tali, necessariamente destinati ad essere
 graduati  in  ragione della diversa misura in cui le stesse risultano
 possedute dai singoli  candidati.    Probabilmente  alla  base  della
 scelta  operata  dal  legislatore  regionale era la preoccupazione di
 limitare  al   massimo   gli   spazi   riservati   alle   valutazioni
 discrezionali dell'organo giudicante, il che potrebbe anche risultare
 comprensibile  se ad essa non si accompagnasse, contraddittoriamente,
 l'affidamento della  funzione  valutativa  ad  un  organo  collegiale
 costituito,   nella  sua  intierezza,  da  esponenti  politici.    Di
 conseguenza  il  collegio  ritiene  di  dovr  sollevare,   d'ufficio,
 questione  di legittimita' costituzionale nei confronti del cit. art.
 29, diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986  n.
 42, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987
 n. 60 - nella parte in cui non consente alla commissione giudicatrice
 la  possibilita'  di graduare il punteggio nell'ambito del massimo da
 essa  stessa  fissato  -  per  contrasto  sia  con  il  principio  di
 ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.,  sia con il principio di
 imparzialita' di cui all'art. 97 Cost., giacche' impedisce all'organo
 giudicante di svolgere la funzione che e'  ad  essa  assegnata  e  di
 garantire la par condicio dei partecipanti a mezzo di valutazioni che
 riflettano  con  obiettivita'  la  diversa attitudine degli aspiranti
 alla massima qualifica dirigenziale.  E' appena il caso di aggiungere
 che  la  questione  e'  rilevante  al  fine  del  decidere   giacche'
 riconoscere alla commissione la possibilita' di graduare il punteggio
 nell'ambito  del  massimo  (sei  punti) previsto dala legge significa
 evitare quell'appiattimento di valutazioni e  di  posizioni  che  era
 stato denunciato al primo giudice ma che, a torto, era stato imputato
 al  modus  procedendi  seguito  dalla  stessa  commissione in sede di
 predisposizione dei criteri di massima.
   5. - Da ultimo il collegio  ritiene  di  dover  sollevare  -  anche
 questa volta d'ufficio - questione di legittimita' costituzionale nei
 confronti  dell'art.  95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con
 gli artt.   3 e 97 Cost.   La  norma  in  questione  prevede  che  il
 pubblico  dipendente,  sospeso  in via cautelare dal servizio perche'
 sottoposto a procedimento disciplinare e per questa  ragione  escluso
 dallo  scrutinio  per  promozione ai sensi del precedente art. 91, ha
 diritto, ove detto procedimento si concluda  con  il  proscioglimento
 ovvero  con  l'irrogazione  della  sola censura, ad essere sottoposto
 allo scrutinio  dal  quale  era  stato  escluso  e,  se  riconosciuto
 maggiormente  meritevole almeno dell'ultimo promosso con lo scrutinio
 originario, ad essere promosso anche in soprannumero  con  decorrenza
 dalla  stessa data delle promozioni gia' effettuate.  Il cit. art. 95
 subordina  quindi  l'operativita'  del   succitato   meccanis      mo
 riparatore,   rispondente   ad   intuitive   ragioni   di   giustizia
 sostanziale, alla contestuale ricorrenza di due precise condizioni, e
 cioe' che il pubblico dipendente sia stato sottoposto a  procedimento
 disciplinare  e  che,  per  questa  ragione, sia stato sospeso in via
 cautelare  dal  servizio.    Nulla  invece  prevede   per   l'ipotesi
 (ricorrente nella specie) in cui il pubblico dipendente, sottoposto a
 procedimento penale, sia rimasto al suo posto; ne' esiste altra norma
 che preveda un intervento riparatore a favore del pubblico dipendente
 prosciolto  in  sede  penale  da accuse sovente infamanti, alle quali
 l'amministrazione di appartenenza ha con  evidenza  mostrato  di  non
 credere,  non assumento nei suoi confronti alcuna iniziativa, neppure
 sul piano cautelare.  La giurisprudenza del giudice amministrativo e'
 ferma nell'affermare che il cit. art. 95,  ancorche'  dettato  per  i
 dipendenti  civili  dello  Stato, codifichi un principio di carattere
 generale,  come tale valido per tutti i comparti del pubblico impiego
 (Cons. Stato, IV sez., 3 maggio 1983 n. 276);  sostiene  peralto  con
 eguale  fermezza  che esso non puo' essere applicato in via analogica
 ad ipotesi diverse da  quelle  da  esso  espressamente  previste  "in
 mancanza  di  specifiche  previsioni  normative di deroga al rispetto
 delle piante organiche" (Cons. Stato, VI sez., 3 marzo 1970, n.  193;
 ID.,  comm.  spec.,  10 gennaio 1977 n. 8; ID, IV, 9 novembre 1985 n.
 509; T.A.R. Lazio, I sez., 27 agosto 1980  n.  919).    Sulle  stesse
 posizoni  e'  attestato  l'organo  di controllo, per il quale il cit.
 art. 95 "non e' suscettibile di  estensione  oltre  i  casi  da  esso
 stesso  contemplati"  (Corte conti, Sez. contr. Stato, 27 giugno 1980
 n. 1080).   Unica eccezione  in  questo  panorama  giurisprudenziale,
 caratterizzato  da  una rigida chiusura rispetto ad ogni tentativo di
 allargare l'ambito applicativo della suddetta norma oltre  i  confini
 da  essa  stessa segnati, e' costituita dalla cit. decisione della IV
 sez. del Consiglio di Stato n. 276/1983, per la quale "le disposizoni
 contenute negli artt.  93 e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n.  3,  anche  se
 letteralmente  riferite  agli  esami  e agli scrutini per promozioni,
 costituiscono espressione di un principio generale da applicare anche
 nel  caso  del  giudizio  d'idoneita'  per  l'inquadramento  ad   una
 qualifica  superiore". Non e' invece in contestazione che presupposto
 unico e necessario per l'intervento riparatore e' che l'impiegato sia
 stato  sottoposto  a  procedimento  disciplinare  e,  per  l'effetto,
 sospeso  in  via  cautelare dal servizio.   Sembra al collegio che il
 cit. art. 95, nella parte in cui non considera l'ipotesi del pubblico
 dipendente sottoposto a procedimento penale, non sospeso dal servizio
 e successivamente prosciolto da ogni imputazione con  formula  piena,
 contrasti   innanzi   tutto  con  i  principi  di  eguaglianza  e  di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., non sussistendo alcuna valida
 ragione che giustifichi, sul piano della  logica  e  della  gisutizia
 sostanziale,  il diverso trattamento previsto, a fini ripristinatori,
 per il pubblico dipendente a seconda che  sia  stato  assoggettato  a
 procedimento  disciplinare  o penale e sospeso o no dal servizio.  La
 disparita' di trattamento appare ancora  meno  comprensibile  ove  si
 consideri  che  nell'attuale sistema - quanto meno agli effetti della
 restitutio in  integrum  dal  punto  di  vista  economico  -  le  due
 situazioni  risultano  completamente  equiparate  (argomenta ex artt.
 88, 89 e 97 t.u. n. 3 del 1957).    Non  varrebbe  obiettare  che  la
 questione   cosi'   prospettata,   nonostante   la  riconosciuta  sua
 fondatezza, potrebbe  essere  dichiarata  inammissibile  dal  giudice
 delle  leggi, stante l'impossibilita' per lo stesso di sostituirsi al
 legislatore ordinario in valutazioni e scelte di esclusiva competenza
 di quest'ultimo. Sembra infatti al collegio di poter opporre  che  il
 principio  -  per il quale il pubblico dipendente, prosciolto in sede
 disciplinare o penale, non puo' continuare ad essere penalizzato  sul
 piano  della retribuzione e della carriera in conseguenza di addebiti
 a lui  mossi  ma  successivamente  rivelatisi  infondati  -  e'  gia'
 presente  nel  nostro  ordinamento  e  riflette  scelte  di  civilta'
 giuridica da tempo effettuate dal legislatore ordinario. Non sussiste
 pertanto il pericolo di invasione di competenze nel caso  in  cui  il
 giudice   remittente   prospetta  al  giudice  delle  leggi  l'omessa
 considerazione di una ipotesi nella quale la funzione ripristinatoria
 - espressamente voluta dal legislatore  ordinario  -  ha  ragione  di
 esplicarsi  con eguale valenza.  Sussiste anche contrasto fra il cit.
 art.   95   e  l'art.  97  Cost.,  giacche'  il  primo  non  consente
 all'amministrazione   un   coerente   utilizzo   del   principio   di
 imparzialita'  nel governo del personale dipendente.  La questione di
 legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio  nei  confronti  del
 cit.  art.  95,  e' rilevante al fine della decisione da assumere sui
 ricorsi proposti dai signori Ferreri  e  Sommariva  (in  questa  sede
 appellanti  incidentali); ad essi, ancorche' sottoposti a valutazione
 per i passaggio alla qualifica superiore, non e' stato  assegnato  il
 punteggio  (6  punti)  previsto  per  "la stima e il prestigio goduti
 all'interno e all'esterno dell'amministrazione" nonche' all'epoca  in
 cui  la  commissione  giudicatrice formulava la graduatoria di merito
 risultavano  sottoposti  a   procedimento   penale,   successivamente
 conclusosi  con il totale proscioglimento da ogni imputazione. Ove il
 cit. art.  95 prevedesse per tale ipotesi  un  meccanismo  riparatore
 sostanzialmente   analogo   a   quello  codificato  per  il  pubblico
 dipendente prosciolto in sede disciplinare, i ricorsi  dei  succitati
 Ferreri  e  Sommariva  potrebbero essere dichiarati inammissibili per
 difetto   d'interesse,   stante   l'obbligo   per   l'amministrazione
 regionale,  una volta edotta dell'intervenuto proscioglimento in sede
 penale, di rivalutarli per quanto attiene all'elemento della "stima e
 del prestigio" e di promuoverli anche in soprannumero,  sussistendone
 i presupposti.
   6.   -   In   conclusione  il  collegio  ritiene  rilevanti  e  non
 manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzioanle
 degli  artt.  29, nono e diciannovesimo comma, legge regione Piemonte
 8 settembre 1986 n.  42,  nel  testo  modificato  dall'art.  2  legge
 regionale 11 dicembre 1987 n. 60, e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per
 contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
                                P. Q. M.
   Il  Consiglio  di Stato in s.g. (Sez. IV), pronunciando sui ricorsi
 in appello nn. 909/1992, 1116/1992, 1678/1992, 1709/1992, 1802/1992 e
 127/1995, proposti come in epigrafe dalla regione Piemonte ed altri:
     a) li riunisce;
     b) visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, rimete  alla  Corte
 costituzionale la questione di costituzionalita' degli artt. 29, nono
 e  diciannovesimo  comma,  legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n.
 42, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987
 n. 60, e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con gli artt.  3
 e 97 Cost.;
     c) ordina la sospensione del giudizio;
     d)  dispone che a cura della segreteria della sezione la presente
 ordinanza sia notificata alle parti in causa e  al  Presidente  della
 giunta  regionale  e comunciata al Presidente del consiglio regionale
 del  Piemonte  e  che   gli   atti   siano   trasmessi   alla   Corte
 costituzionale.
   Cosi' deciso dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. IV), nella camera
 di consiglio del 7 novembre 1995 e del 12 marzo 1996.
                        Il presidente: Iannotta
                                                  L'estensore: Ferrari
                                 -----
 Avvertenza:
   L'ordinanza n. 1322, reg. ord. 1996, qui sopra pubblicata, e' stata
 nuovamente  riprodotta  a seguito di esigenze di rinnovazione di atti
 processuali da parte del giudice rimettente.
 96C1832