N. 26 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 aprile 1997

                                 N. 26
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in  cancelleria  il
 29 aprile 1997 (della regione Veneto)
 Consiglieri  regionali  -  Prerogative - Invito rivolto dalla procura
    della Repubblica presso la pretura  circondariale  di  Venezia  al
    dottor  Ivo  Rossi,  perche'  si presenti per venire sottoposto ad
    interrogatorio,  con  assistenza  di   difensore,   come   persona
    sottoposta  a  indagini (ex artt. 370, 375 e 549 cod. proc. pen.),
    in quanto, nella sua veste di pubblico ufficiale quale consigliere
    della regione Veneto, avrebbe omesso di  denunciare  all'autorita'
    giudiziaria   il   reato   di   cui   all'art.     727  cod.  pen.
    (maltrattamento    di    animali),    presumibilmente     commesso
    dall'Associazione tutela animali (A.T.A.) del comune di Galzignano
    Terme,   reato  del  quale  l'indagato  si  sarebbe  dimostrato  a
    conoscenza in  una  interpellanza  alla  Giunta  regionale,  nella
    seduta consiliare del 27 febbraio 1996, riguardo alle deportazioni
    dei  cani  randagi,  per  la  mancata effettuazione dei prescritti
    controlli da parte dei  servizi  sanitari  -  Lamentata  incidenza
    dell'iniziativa    dell'Autorita'    giudiziaria    sull'area   di
    operativita' delle prerogative dei  consiglieri  regionali  e,  di
    riflesso, sulla stessa autonomia della regione, costituzionalmente
    garantite,   perche'  basata  sull'evidente  quanto  inammissibile
    convinzione che  al  consigliere  regionale  incomba  un  generale
    obbligo   di   denuncia  per  fatti  oggetto  di  interpellanza  o
    interrogazione, con la conseguenza che, per il timore di cadere in
    involontarie omissioni, il consigliere potrebbe essere  indotto  a
    limitare  i  propri  poteri,  che attraverso le interpellanze e le
    interrogazioni si esercitano, inerenti alla funzione, in forme non
    legislative, di indirizzo politico e di  controllo  del  Consiglio
    sulla Giunta regionale - Richiamo alle sentenze nn.  81/1975, 69 e
    70 del 1985, 150/1981, 209/1994, 29/1966, 443/1993, 274/1995.
 (Invito  per  interrogatorio del 22 febbraio 1997 della procura della
    Repubblica presso la pretura di Venezia).
 (Cost., artt. 122, quarto comma, 121 e 123).
(GU n.22 del 28-5-1997 )
   Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore
 della Giunta  regionale,  autorizzato  mediante  deliberazione  della
 Giunta  stessa n. 1291 in data 8 aprile 1997, rappresentata e difesa,
 per mandato a margine del presente atto,  dagli  avv.ti  prof.  Mario
 Bertolissi  del  foro  di  Padova  e  Luigi  Manzi  del foro di Roma,
 elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi,  in
 Roma, via F. Confalonieri n. 5;
   Contro  la  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri, in persona del
 Presidente in carica, per regolamento di competenza  in relazione:
     all'invito del 26 novembre 1996 - indirizzato dalla Procura della
 Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia al  consigliere
 della  Regione  Veneto  Ivo Rossi - per la presentazione come persona
 sottoposta ad indagini (ex artt. 370, 375 e 549 c.p.p.) in ordine  al
 "reato  di  cui  all'art.  361  c.p.  perche'  nella  sua qualita' di
 pubblico ufficiale ... ometteva di denunciare all'A.G.  il  reato  di
 cui   all'art.  727  c.p.  presumibilmente  commesso  dall'A.T.A.  di
 Galzignano".
                               F a t t o
   1.  -  Il  consigliere  regionale  del  Veneto  Ivo  Rossi  ebbe  a
 presentare,  in  data  27  febbraio  1996,  una  interpellanza  - per
 l'esattezza la n. 106 (doc. 1) - alla Giunta regionale. In tale  atto
 il consigliere:
     (a)  richiamata,  in specie, la legge regionale 28 dicembre 1993,
 n. 60, stando alla quale  il  servizio  di  cattura  dei  randagi  e'
 rimesso  alle sole  strutture veterinarie dell'Ulss (art. 6, comma 4)
 tramite collocamento nei canili sanitari (art. 6, comma 6) o  privati
 convenzionati  (art.  8,  comma  5), che si avvalgono dell'assistenza
 sanitaria delle Ulss (art. 8, comma 6);
     (b) dato atto di alcune notizie  di  stampa,  stando  alle  quali
 l'Ulss  n.  17 del Veneto non avrebbe provveduto al previsto servizio
 di controllo sanitario, ebbe a richiedere  alla  Giunta  medesima  di
 rendere  note  le  azioni  intraprese in ordine all'applicazione, nel
 caso, della citata legge regionale n. 60/1993.
   2.  -  Sulla  scorta  di  una  tale  circostanza  -  vale  a   dire
 dell'interpellanza e dei suoi specifici contenuti -, la procura della
 Repubblica  presso la pretura circondariale di Venezia ha indirizzato
 al consigliere Rossi un invito a presentarsi, come persona sottoposta
 ad indagini (ex artt. 370, 375 e 549 c.p.p.), per subire il  7  marzo
 1997 un interrogatorio, dal momento che, "nella sua veste di pubblico
 ufficiale  quale  consigliere della regione Veneto", aveva omesso "di
 denunciare all'A.G. il reato di cui all'art. 727 c.p. presumibilmente
 commesso dall'A.T.A. di Galzignano" (doc. 2).
   In   buona   sostanza,   avendo,   in   sede    di    presentazione
 dell'interpellanza,   dimostrato   di  essere  a  conoscenza  di  una
 probabile notitia criminis (del reato di "maltrattamento di animali",
 previsto e punito dall'art.   727 c.p.)  il    consigliere  regionale
 Rossi  avrebbe  violato l'art.  361 c.p. (recante "Omessa denuncia di
 reato da parte del pubblico ufficiale") per  non  aver  denunciato  i
 fatti all'autorita' giudiziaria.
   3.  -  Venuto  a  conoscenza  di un simile fatto, il Presidente del
 Consiglio regionale ha sollecitato la Giunta a sollevare conflitto di
 attribuzioni, ritenendo - giustamente -  violate  sicure  prerogative
 costituzionali (in specie, quella sancita dall'art. 122. comma 4); ed
 ha aggiunto: "cio' che appare oltretutto particolarmente rilevante e'
 il  presupposto  da  cui  muove  l'autorita' giudiziaria, che ritiene
 sussistere in capo al consigliere regionale un  generale  obbligo  di
 denuncia  per fatti oggetto di interpellanza o interrogazione, con la
 conseguenza che il consigliere potrebbe  essere  indotto  a  limitare
 tale suo potere per il timore di cadere in involontarie omissioni; il
 che  si  tradurrebbe  sostanzialmente  in una lesione del suo ruolo e
 quindi delle sue prerogative costituzionalmente garantite" (doc.  3).
   Condividendo  una  simile  prospettazione,  la Giunta regionale del
 Veneto ha sollevato il presente conflitto  con  la  deliberazione  n.
 1291/1997  poiche'  -  come  si  legge - "l'iniziativa dell'autorita'
 giudiziaria viene ... ad incidere in via diretta sull'autonomia di un
 organo  regionale  ed  in  via   mediata   sulla   stessa   autonomia
 costituzionalmente  garantita della Regione, violando gli  artt. 121,
 122 e 123 della  Costituzione  e,  piu'  in  generale,  il  principio
 secondo il quale l'esercizio delle funzioni del consigliere regionale
 ... non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali" (doc. 4).
                             D i r i t t o
   1.  - Non v'e' dubbio che, sul piano strettamente oggettivo, vale a
 dire della articolazione temporale degli eventi (interpellanza del 27
 febbraio 1996 e invito  della  procura  della  Repubblica  presso  la
 pretura  circondariale di Venezia del 26 novembre 1996: doc. 1 e 2) e
 della  loro  connessione  causale  (il  contenuto  dell'interpellanza
 rivela la conoscenza di una probabile notitia criminis, la cui omessa
 denuncia  ha determinato l'incolpazione ex art. 361 c.p., in rapporto
 a cio' che dispone il successivo art. 727), la  fattispecie  poc'anzi
 descritta  configura la piu' classica delle violazioni dell'art. 122,
 quarto comma, Cost., secondo cui "i consiglieri regionali non possono
 essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti  dati
 nell'esercizio delle loro funzioni": in analogia con cio' che dispone
 -  peraltro  in  una piu' ampia prospettiva - l'art. 68, primo comma,
 Cost., per i parlamentari nazionali.
   Infatti, nel caso in questione e'  stata  violata  "la  piu'  ampia
 liberta'  di  valutazione  e  di  decisione" (per dirla con Martines,
 Diritto costituzionale, Milano, 1994, p. 294) riservata ad  un  tempo
 al   membro   del  Parlamento  e  del  Consiglio  regionale;  ne'  il
 consigliere di cui trattasi ha "commesso  un  fatto  materiale"  (op.
 cit.,  p.  294),  senz'altro  perseguibile in sede penale (rilevando,
 oltretutto, nella circostanza, la qualifica  soggettiva  di  pubblico
 ufficiale, ai sensi dell'art. 357 c.p.).
   E'   evidente,   altresi',   come,   attraverso  la  lesione  delle
 prerogative  stabilite  dall'art.  122,  quarto  comma,  siano  state
 violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli artt.
 121  e  123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla
 legge fondamentale al consigliere regionale che  esprime  opinioni  e
 da'  i  voti  si  riverbera'  sull'intera  oganizzazione  dell'ente e
 sull'esercizio delle relative funzioni,  entrambi  costituzionalmente
 protetti.
   2.  -  Per  rendersi  conto  della  fondatezza  dell'assunto, basta
 considerare, infatti, il contenzioso  costituzionale  cui  ha  finora
 dato   luogo   l'applicazione  dell'art.  122,  quarto  comma,  della
 Costituzione. Stando ad esso, ci si avvede che, pregiudiziale ad ogni
 pronuncia, e' stato il confronto di "tale norma  con  le  piu'  ampie
 guarentigie  concesse  ai  membri  del  Parlamento dall'art. 68 della
 Carta". Dette guarantigie, "eccezionali deroghe all'attuazione  della
 funzione   giurisdizionale,  considerate  necessarie  a  salvaguardia
 dell'esercizio  delle  funzioni  sovrane  spettanti  al   Parlamento,
 risultano  legittime  in  quanto  sancite  dalla  Costituzione.    Le
 attribuzioni  dei   Consigli   regionali   si   inquadrano,   invece,
 nell'applicazione  di  autonomie costituzionalmente garantite, ma non
 si esprimono a livello di sovranita'" (Corte cost.,  sent.  25  marzo
 1975, n. 81, in Giur. cost., 1975, p. 786).
   Questa  prima  significativa  precisazione e' stata successivanente
 ripresa ed  ancor  meglio  ribadita  dal  giudice  dei  conflitti  di
 attribuzione,  la'  dove  ha    affermato che "invero la guarentigia"
 delle opinioni espresse e dei voti dati "dai  consiglieri  regionali,
 nel  sistema costituzionale, trae fondamento e trova il suo ambito in
 un determinato modello di funzioni dei consigli regionali,   ritenuto
 meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art.
 122,  comma  quarto, della Costituzione. L'esonero da responsabilita'
 dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni
 dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale  alla  tutela  delle
 piu'  elevate  funzioni  di  rappresentanza  politica,  in  primis la
 funzione legislativa, volendosi garantire da  qualsiasi  interferenza
 di  altri  poteri  il  libero  processo  di formazione della volonta'
 politica". E codesta Corte ha aggiunto - significativamente - che  la
 giustificazione  razionale  della guarentigia poggia, pertanto, sulla
 corrispondenza  fra  il  livello  costituzionale  della   guarentigia
 stessa,  ed  il  livello  costituzionale del tipo di funzioni, il cui
 esercizio si  e'  eccezionalmente  ritenuto  opportuno  sottrarre  al
 controllo   giudiziario.   Quello   che  la  Costituzione  ha  inteso
 proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di
 responsabilita',  e'  un  modello  funzionale  che  essa  stessa   ha
 delineato   ed   appunto   percio'   ha  potuto  valutare  meritevole
 dell'eccezionale protezione" (Corte cost., sent. 20  marzo  1985,  n.
 69, in Giur. cost., 1985, pp. 493-494).
   Dunque   -   ha   precisato  la  Corte  -  "la  carenza  di  potere
 giurisdizionale  si  traduce  ...   in   un'alterazione   dell'ordine
 costituzionale  delle competenze,  posto che la pretesa di esercitare
 poteri  siffatti  comporta  l'invasione  della  sfera  di   autonomia
 costituzionalmente  riservata alla regione ..., esclusivamente spetta
 l'esercizio  delle   funzioni   che   i   magistrati   hanno   inteso
 condizionare"  (Corte  cost.,  sent.  20  marzo 1985, n. 70, in Giur.
 cost., 1985, p. 516).
   3. - A ben vedere, sono i postulati dell'eguaglianza a  fondare  il
 sistema delle guarentigie dei consiglieri regionali, postulati di cui
 codesto ecc.mo Collegio si e' fatto interprete quando ha sottolineato
 la   circostanza  che  "l'ampliamento  della  portata  dell'immunita'
 risultante dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale delle
 funzioni  riservate  al  modello   costituzionale,   delle   funzioni
 riservate al Consiglio regionale puo' essere operato, ove consentito,
 soltanto  con  la  legge dello Stato, perche' soltanto il legislatore
 statale puo' assicurare, come e' costituzionalmente  necessario,  una
 uguale  protezione  ai consiglieri di tutte le Regioni nell'esercizio
 delle medesime funzioni e perche' soltanto  una  sua  scelta  sarebbe
 conforme al principio di legalita' che regge compiutamente il sistema
 penale" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495).
   In  buona  sostanza,  la  disposizione dell'art. 122, quarto comma,
 della Costituzione va interpretata tenendo conto del fatto:
     a) che essa non e' pienamente  assimilabile  a  quella  contenuta
 nell'art.  68,  primo  comma, Cost., dal momento che le immunita' dei
 membri del Parlamento ineriscono alla sovranita' dello Stato, di  cui
 il Parlamento stesso e' organo;
     b)  che  essa  esprime,  relativamente  ai componenti dell'organo
 legislativo della Regione, aspetti dell'autonomia di quest'ultima
  ...;
     c)  la  quale  non  soltanto  tollera,  ma  addirittura  implica,
 affinche' sia assicurata "una uguale  protezione  ai  consiglieri  di
 tutte  le  Regioni"  (Corte costituzionale sent. n. 69/1985, cit., p.
 495), che ogni allargamento delle immunita' sia deliberato  con  atto
 normativo dello Stato.
   4.  -  Quanto alle fonti abilitate a disciplinare legittimamente le
 immunita' spettanti ai consiglieri regionali ai sensi dell'art.  122,
 quarto comma, Cost., codesta Corte ha precisato "la  ratio  decidendi
 della   pronuncia   del   1975":   infatti,   "l'affermazione   della
 insindacabilita' delle opinioni e dei voti dei consiglieri  regionali
 nell'esercizio  della  funzione di organizzazione interna dell'organo
 non  fa  che  sviluppare  coerentemente  il   parallelismo   con   le
 guarentigie  dei  membri  del  Parlamento,  di cui all'art. 68, primo
 comma, della Costituzione in relazione al nucleo essenziale comune  e
 caratterizzante  delle  funzioni degli organi "rappresentativi" dello
 Stato  e  delle  Regioni:  accanto  alla  funzione  primaria,  quella
 legislativa,  ed  alla funzione di indirizzo politico e di controllo,
 la funzione di autoorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta
 al Consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento" (Corte
 cost., sent. n. 69/1985, cit., p.  493).
   Quanto alle  predette  funzioni  -  da  determinarsi,  come  si  e'
 accennato,  nel  rispetto  delle  esigenze  di  uniformita' di regime
 giuridico imposte dal principio costituzionale di eguaglianza -  esse
 debbono  trovare  la loro fonte regolatrice nella Costituzione oppure
 in un atto normativo dello Stato, non dovendosi reputare abilitate  a
 disciplinare  fattispecie  rilevanti  ai  fini delle immunita' di cui
 all'art. 122, quarto comma, della Costituzione ne' la legge regionale
 e neppure lo statuto (Corte cost., sent. n. 69 e n.  70/1985,  cit.).
 Ma   -   quanto   alla   fonte   statutaria  -  il  carattere  rigido
 dell'esclusione va temperato la' dove si  consideri  la  funzione  di
 autoorganizzazione interna.
   5. - Sul piano pratico sono sorti, peraltro, numerosi interrogativi
 soprattutto  per  quanto  riguarda le forme in cui si estrinsecano le
 funzioni di consigliere regionale, ben  potendosi  articolare,  oltre
 che in atti legislativi, in atti amministrativi.
   In  proposito,  e' opportuno dare conto degli orientamenti espressi
 da codesta ecc.ma Corte costituzionale, che rappresentano un punto di
 arrivo imprescindibile, del quale  ci  si  limita  -  normalmente  ed
 autorevolmente  -  a  prendere  atto (v., per tutti, Paladin, Diritto
 regionale, Padova, 1992, p. 322 ss.).
    Ebbene, se in  un  primo  momento  il  giudice  dei  conflitti  di
 attribuzione ha semplicemente affermato come "la forma amministrativa
 che  connota  le  deliberazioni consiliari ... non valga ad escludere
 l'irresponsabilita' di coloro che  le  adottarono  nell'esercizio  di
 competenze  spettanti  al  Consiglio" (Corte cost., sent. n. 81/1975,
 cit., p. 786) - con cio' chiarendo, comunque,  che  pure  l'attivita'
 amministrativa, e non solo quella legislativa, puo' essere coperta da
 immunita'  -,  in  un  secondo  momento  ha  precisato che una simile
 massima "non implicava una affermazione generale di  insindacabilita'
 in  riferimento  a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa,
 bensi',   piu'   specificamente,   l'insufficienza   della    ''forma
 amministrativa''  dell'atto  ai  fini di escludere la guarentigia per
 atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in  definitiva
 all'autorizzazione  del  consiglio stesso" (Corte cost., sentenza. n.
 69/1985, cit, p. 493).
   Di   piu',   e'   proprio   in  riferimento  all'adozione  di  atti
 amministrativi rilevanti ai fini dell'art. 122, quarto  comma,  Cost.
 che   codesta   Corte   ha  avuto  modo  di  precisarne  i  caratteri
 relativamente agli  atti  che  esprimono  la  giurisdizione,  essendo
 indubbio  "che  nel sistema costituzionale, funzione amministrativa e
 funzione giurisdizionale  sono  concepite  e  devono  svolgersi    in
 posizione di reciproca separazione" (art. 97, commi 1 e 2, 102, comma
 1,  104,  comma 1, 113, u.c.). In particolare - ha osservato la Corte
 nella sentenza n. 150 del 1981 - l'art. 113, u.c., della Costituzione
 "rinviando alla  legge  la  determinazione  degli  organi  giudiziari
 abilitati ad annullare gli atti della pubblica amministrazione", "con
 cio'  stesso" "esclude che spetti alle autorita' giudiziarie ordinare
 di annullare gli atti amministrativi in mancanza di una previsione di
 legge; ed a piu'  forte  ragione  comporta  che  tali  autorita'  non
 possano  contrapporsi  o  sovrapporsi  alle autorita' amministrative,
 arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, in
 forme e con procedimenti prefissati. Alla stregua  di  tali  principi
 deve (parimenti) negarsi che spetti ad organi giudiziari
  ...  dettare  le linee dell'indirizzo amministrativo regionale nella
 materia de qua (inquinamento delle acque ...), in cio'  sostituendosi
 agli  organi  regionali  competenti  nella  determinazione  sia degli
 strumenti di intervento che dei tempi e modi di  attuazione  di  tale
 indirizzo  ed  addirittura  prescrivendo  gli  atti  specifici che si
 ritiene debbano essere adottati"  (Corte  cost.,  sent.  n.  70/1985,
 cit., p. 516).
   6.  -  E'  possibile, a questo punto, formulare alcune notazioni di
 sintesi, strumentali ad una migliore rappresentazione e  comprensione
 del caso di specie.
   Si puo' affermare, pertanto, che l'ambito di operativita' dell'art.
 122,  quarto  comma, Cost. (interpretato secondo i criteri enunciati)
 e' delimitato, quanto al titolo normativo:
     a) dalla Costituzione;
     b) dalla legge e dagli atti aventi forza  di  legge  dello  Stato
 (non - verosimilmente - da atti normativi statali subprimari, quali i
 regolamenti,  quantomeno  la'  dove si versi in materia penale: Corte
 cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495); non dalla legge  regionale  e
 dallo statuto.
   Quanto alle funzioni, tale ambito di operativita' riguarda:
     a) la funzione legislativa;
     b) la funzione di indirizzo politico e di controllo;
     c) la funzione di autoorganizzazione interna.
   Le  funzioni  suddette  possono estrinsecarsi in atti aventi natura
 formalmente:
     a) legislativa;
     b) amministrativa.
   7. - L'ampia ripresa della giurisprudenza di  codesto  collegio  ha
 come  scopo  precipuo,  da  un  lato,  di  inquadrare  nitidamente la
 fattispecie e, dall'altro lato, di evitare l'insorgere  di  equivoci,
 sempre  possibili  quando  rimangono  in  ombra  elementi  senz'altro
 qualificanti della guarentigie di cui  all'art.  122,  quarto  comma,
 Cost.
   Ora,   prescindendo   da  un'indagine  incentrata  sulla  qualifica
 soggettiva dell'autorita' procedente (magistrato  penale,  magistrato
 investito  dei giudizi di responsabilita' amministrativa) ed altresi'
 dalla minuta analisi della  tipologia  piu'  ricorrente  di  funzioni
 svolte  dai  consiglieri  regionali,  vale  la pena di soffermarsi un
 istante sulla funzione di indirizzo  politico  e  di  controllo,  cui
 codesta  Corte  ha  ricondotto  -  nell'ottica  dell'art. 122, quarto
 comma, Cost.  - le attivita' ispettive, quelle che  si  concretizzano
 nella  partecipazione  a  commissioni di inchiesta o che si traducono
 comunque in  comportamenti  preordinati  al  controllo  politico  (da
 ultimo,  Corte  cost.,  sent.    n.  209/1994), che hanno sicura base
 costituzionale (nelle  disposizioni  che  disciplinano  la  forma  di
 governo   nei  suoi  tratti  essenziali),  quindi  svolta  a  livello
 statutario e di regolamento d'assemblea (s'intende, in ogni caso, che
 il titolo  normativo  che  radica  l'immunita'  e'  quello  di  rango
 costituzionale).
   Pertanto,  vanno  riferite  alle funzioni de quibus, ad esempio: la
 decisione - squisitamente politica - di prendere in esame  oppure  no
 un   disegno  o  progetto  di  legge  regionale;  il  giudizio  circa
 l'ammissibilita'  dei  referendum  proposti  si'  sulla   scorta   di
 specifiche  leggi  regionali,  ma  innanzi tutto in ragione di quanto
 dispone l'art. 123, primo comma, Cost.; le attivita' preordinate alla
 approvazione dei bilanci e dei piani  economici  della  regione:  sia
 quando si estrinsecano in atti di legislazione sia quando si svolgono
 in  forma  amministrativa,  dal  momento che concretizzano senz'altro
 manifestazioni della funzione  di  indirizzo  politico;  le  indagini
 conoscitive  e  le richieste consiliari, le quali ultime esprimono un
 "potere connaturato e implicito nelle funzioni spettanti ai  Consigli
 medesimi"  (Corte cost., sent. 28 aprile 1966, n. 29, in Giur. cost.,
 1966, I, p. 300. Sicche', quantomeno in questo  caso,  la  guaretigia
 deve   considerarsi   operante   pur   in  difetto  di  una  clausola
 costituzionale espressa facoltizzante l'istituzione di commissioni di
 tal  genere);  gli  atti  di  nomina  alle  piu'  importanti  cariche
 dell'amministrazione regionale e pararegionale, poiche' nelle regioni
 di  diritto  comune  l'autonomia  politica implica che "la competenza
 consiliare abbraccia una vasta e mutevole serie di provvedimenti  del
 caso  concreto", tra i quali vanno inclusi appunto gli atti di nomina
 suddetti (Paladin, Diritto regionale, cit., p. 354).
   Quanto  alla  funzione  di  controllo  attribuita   al   consiglio,
 l'immunita'  si  estende ovviamente ad ogni intervento attuato in via
 legislativa (ad  esempio:  con  legge  di  approvazione  di  piani  e
 programmi),   e   copre  senz'altro  le  questioni  poste  attraverso
 interrogazioni,  interpellanze,  mozioni,  risoluzioni,  ordini   del
 giorno e via discorrendo, quando questi ineriscono - come nel caso in
 questione  -  all'esercizio  di competenze spettanti alla regione (ex
 legge regionale n. 60/1993).
   8. - Se,  a  questo  punto,  si  vogliono  trarre  alcune  puntuali
 conclusioni  in  ordine  alla  vicenda  che ha dato luogo al presente
 conflitto, si puo' agevolmente rilevare:
     che  l'interpellanza  presentata  dal   consigliere   Ivo   Rossi
 individua  uno  dei  modi  secondo  cui  si  estrinseca, in forma non
 legislativa, la funzione di indirizzo politico  e  di  controllo  del
 consiglio sulle Giunta regionale;
     che   l'azione   svolta   non  concretizza  affatto  quel  "fatto
 materiale" che pacificamente fa venir meno l'ambito  di  operativita'
 della  clausola  costituzionale  di  cui  all'art. 122, quarto comma,
 Cost.;
     che  la  funzione  di  indirizzo  politico  e  di  controllo   va
 considerata,  secondo  la  costante  giurisprudenza di codesto ecc.mo
 collegio, rientrante fra quelle protette dall'art. 122, quarto comma,
 Cost., perche' tipiche del consigliere regionale;
     che quest'ultimo si e' attivato nell'esercizio di una  competenza
 propria,  vale  a  dire  per  l'attuazione  della  legge regionale n.
 60/1993.
   D'altra parte - e qui davvero il cerchio si chiude -, in margine ad
 una analoga fattispecie codesta Corte ha affermato espressamente come
 "altrettanto indubbio e' che  tra  gli  atti  consiliari  tipici,  in
 quanto strumentale alle funzioni di controllo e di sindacato politico
 che   il   consiglio  esercita  nei  confronti  della  Giunta,  debba
 annoverarsi il c.d. diritto d'interrogazione ...  che,  nel  caso  in
 esame,  e'  stato  esercitato  dal  consigliere regionale mediante la
 presentazione di  un'interpellanza  al  Presidente  della  Giunta  su
 taluni  fatti, certamente di pubblico interesse...". Ed ha soggiunto:
 "Questa Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  rilevare,  pur  se  in
 riferimento  all'analoga  guarentigia  sancita  dall'art.  68,  primo
 comma, della Costituzione per i membri del Parlamento  (v.  sent.  n.
 443  del  1993),  che  non  soltanto  la  riproduzione all'esterno di
 interpellanze o  interrogazioni  puo'  ritenersi  attivita'  compresa
 nella  previsione  suddetta,  ma  anche  il  semplice  riferire fatti
 conosciuti nell'esercizio delle proprie funzioni, ovvero  manifestare
 i  punti di vista e le opinioni che ispirano il proprio comportamento
 in sede parlamentare" (Corte  cost.,  sent.  n.  274/1995,  in  Giur.
 cost., 1995, 1948 ss.).
   9. - Ne consegue, ove cosi' non fosse, che la funzione di indirizzo
 politico  e  di  controllo del consigliere regionale (e, suo tramite,
 del Consiglio) sulla Giunta risulterebbe frustrata: a tacer  d'altro,
 per  il  timore  di  poter  incorrere  -  come  ha  notato  lo stesso
 Presidente del Consiglio regionale del Veneto: doc. 3 - in  omissioni
 rilevanti sotto il profilo penale.
   Da cio', con evidenza, la violazione, attuata dall'atto indicato in
 epigrafe,  dell'art.  122,  quarto comma, e, suo tramite, degli artt.
 121 e 123 Cost., di disciplina dell'organizzazione e  delle  funzioni
 dei supremi organi regionali.
                                P. Q. M.
   Si chiede che la Corte costituzionale:
     1)  dichiari che non spetta allo Stato (e, per esso, alla procura
 della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia) emettere
 atti di invito per la presentazione di persona sottoposta ad indagini
 (ex artt., 370, 375 e 549 c.p.p.), atti finalizzati  all'accertamento
 di  responsabilita'  penali  riconducibili  all'area  di operativita'
 dell'art. 122, quarto comma, Cost. e, suo tramite, degli artt. 121  e
 123 Cost.;
     2) annulli l'atto di invito, indicato in epigrafe, emesso in data
 26  novembre  1996  alla  procura  della Repubblica presso la pretura
 circondariale di Venezia nei confronti del consigliere regionale  del
 Veneto Ivo Rossi.
       Padova-Roma, addi' 15 aprile 1997
             Avv. prof. Mario Bertolissi - avv. Luigi Manzi
 97C0440