N. 26 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 aprile 1997
N. 26 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 29 aprile 1997 (della regione Veneto) Consiglieri regionali - Prerogative - Invito rivolto dalla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia al dottor Ivo Rossi, perche' si presenti per venire sottoposto ad interrogatorio, con assistenza di difensore, come persona sottoposta a indagini (ex artt. 370, 375 e 549 cod. proc. pen.), in quanto, nella sua veste di pubblico ufficiale quale consigliere della regione Veneto, avrebbe omesso di denunciare all'autorita' giudiziaria il reato di cui all'art. 727 cod. pen. (maltrattamento di animali), presumibilmente commesso dall'Associazione tutela animali (A.T.A.) del comune di Galzignano Terme, reato del quale l'indagato si sarebbe dimostrato a conoscenza in una interpellanza alla Giunta regionale, nella seduta consiliare del 27 febbraio 1996, riguardo alle deportazioni dei cani randagi, per la mancata effettuazione dei prescritti controlli da parte dei servizi sanitari - Lamentata incidenza dell'iniziativa dell'Autorita' giudiziaria sull'area di operativita' delle prerogative dei consiglieri regionali e, di riflesso, sulla stessa autonomia della regione, costituzionalmente garantite, perche' basata sull'evidente quanto inammissibile convinzione che al consigliere regionale incomba un generale obbligo di denuncia per fatti oggetto di interpellanza o interrogazione, con la conseguenza che, per il timore di cadere in involontarie omissioni, il consigliere potrebbe essere indotto a limitare i propri poteri, che attraverso le interpellanze e le interrogazioni si esercitano, inerenti alla funzione, in forme non legislative, di indirizzo politico e di controllo del Consiglio sulla Giunta regionale - Richiamo alle sentenze nn. 81/1975, 69 e 70 del 1985, 150/1981, 209/1994, 29/1966, 443/1993, 274/1995. (Invito per interrogatorio del 22 febbraio 1997 della procura della Repubblica presso la pretura di Venezia). (Cost., artt. 122, quarto comma, 121 e 123).(GU n.22 del 28-5-1997 )
Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della Giunta stessa n. 1291 in data 8 aprile 1997, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi del foro di Padova e Luigi Manzi del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, per regolamento di competenza in relazione: all'invito del 26 novembre 1996 - indirizzato dalla Procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia al consigliere della Regione Veneto Ivo Rossi - per la presentazione come persona sottoposta ad indagini (ex artt. 370, 375 e 549 c.p.p.) in ordine al "reato di cui all'art. 361 c.p. perche' nella sua qualita' di pubblico ufficiale ... ometteva di denunciare all'A.G. il reato di cui all'art. 727 c.p. presumibilmente commesso dall'A.T.A. di Galzignano". F a t t o 1. - Il consigliere regionale del Veneto Ivo Rossi ebbe a presentare, in data 27 febbraio 1996, una interpellanza - per l'esattezza la n. 106 (doc. 1) - alla Giunta regionale. In tale atto il consigliere: (a) richiamata, in specie, la legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60, stando alla quale il servizio di cattura dei randagi e' rimesso alle sole strutture veterinarie dell'Ulss (art. 6, comma 4) tramite collocamento nei canili sanitari (art. 6, comma 6) o privati convenzionati (art. 8, comma 5), che si avvalgono dell'assistenza sanitaria delle Ulss (art. 8, comma 6); (b) dato atto di alcune notizie di stampa, stando alle quali l'Ulss n. 17 del Veneto non avrebbe provveduto al previsto servizio di controllo sanitario, ebbe a richiedere alla Giunta medesima di rendere note le azioni intraprese in ordine all'applicazione, nel caso, della citata legge regionale n. 60/1993. 2. - Sulla scorta di una tale circostanza - vale a dire dell'interpellanza e dei suoi specifici contenuti -, la procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia ha indirizzato al consigliere Rossi un invito a presentarsi, come persona sottoposta ad indagini (ex artt. 370, 375 e 549 c.p.p.), per subire il 7 marzo 1997 un interrogatorio, dal momento che, "nella sua veste di pubblico ufficiale quale consigliere della regione Veneto", aveva omesso "di denunciare all'A.G. il reato di cui all'art. 727 c.p. presumibilmente commesso dall'A.T.A. di Galzignano" (doc. 2). In buona sostanza, avendo, in sede di presentazione dell'interpellanza, dimostrato di essere a conoscenza di una probabile notitia criminis (del reato di "maltrattamento di animali", previsto e punito dall'art. 727 c.p.) il consigliere regionale Rossi avrebbe violato l'art. 361 c.p. (recante "Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale") per non aver denunciato i fatti all'autorita' giudiziaria. 3. - Venuto a conoscenza di un simile fatto, il Presidente del Consiglio regionale ha sollecitato la Giunta a sollevare conflitto di attribuzioni, ritenendo - giustamente - violate sicure prerogative costituzionali (in specie, quella sancita dall'art. 122. comma 4); ed ha aggiunto: "cio' che appare oltretutto particolarmente rilevante e' il presupposto da cui muove l'autorita' giudiziaria, che ritiene sussistere in capo al consigliere regionale un generale obbligo di denuncia per fatti oggetto di interpellanza o interrogazione, con la conseguenza che il consigliere potrebbe essere indotto a limitare tale suo potere per il timore di cadere in involontarie omissioni; il che si tradurrebbe sostanzialmente in una lesione del suo ruolo e quindi delle sue prerogative costituzionalmente garantite" (doc. 3). Condividendo una simile prospettazione, la Giunta regionale del Veneto ha sollevato il presente conflitto con la deliberazione n. 1291/1997 poiche' - come si legge - "l'iniziativa dell'autorita' giudiziaria viene ... ad incidere in via diretta sull'autonomia di un organo regionale ed in via mediata sulla stessa autonomia costituzionalmente garantita della Regione, violando gli artt. 121, 122 e 123 della Costituzione e, piu' in generale, il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni del consigliere regionale ... non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali" (doc. 4). D i r i t t o 1. - Non v'e' dubbio che, sul piano strettamente oggettivo, vale a dire della articolazione temporale degli eventi (interpellanza del 27 febbraio 1996 e invito della procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia del 26 novembre 1996: doc. 1 e 2) e della loro connessione causale (il contenuto dell'interpellanza rivela la conoscenza di una probabile notitia criminis, la cui omessa denuncia ha determinato l'incolpazione ex art. 361 c.p., in rapporto a cio' che dispone il successivo art. 727), la fattispecie poc'anzi descritta configura la piu' classica delle violazioni dell'art. 122, quarto comma, Cost., secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni": in analogia con cio' che dispone - peraltro in una piu' ampia prospettiva - l'art. 68, primo comma, Cost., per i parlamentari nazionali. Infatti, nel caso in questione e' stata violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e di decisione" (per dirla con Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, p. 294) riservata ad un tempo al membro del Parlamento e del Consiglio regionale; ne' il consigliere di cui trattasi ha "commesso un fatto materiale" (op. cit., p. 294), senz'altro perseguibile in sede penale (rilevando, oltretutto, nella circostanza, la qualifica soggettiva di pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 357 c.p.). E' evidente, altresi', come, attraverso la lesione delle prerogative stabilite dall'art. 122, quarto comma, siano state violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli artt. 121 e 123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da' i voti si riverbera' sull'intera oganizzazione dell'ente e sull'esercizio delle relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti. 2. - Per rendersi conto della fondatezza dell'assunto, basta considerare, infatti, il contenzioso costituzionale cui ha finora dato luogo l'applicazione dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione. Stando ad esso, ci si avvede che, pregiudiziale ad ogni pronuncia, e' stato il confronto di "tale norma con le piu' ampie guarentigie concesse ai membri del Parlamento dall'art. 68 della Carta". Dette guarantigie, "eccezionali deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale, considerate necessarie a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, risultano legittime in quanto sancite dalla Costituzione. Le attribuzioni dei Consigli regionali si inquadrano, invece, nell'applicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranita'" (Corte cost., sent. 25 marzo 1975, n. 81, in Giur. cost., 1975, p. 786). Questa prima significativa precisazione e' stata successivanente ripresa ed ancor meglio ribadita dal giudice dei conflitti di attribuzione, la' dove ha affermato che "invero la guarentigia" delle opinioni espresse e dei voti dati "dai consiglieri regionali, nel sistema costituzionale, trae fondamento e trova il suo ambito in un determinato modello di funzioni dei consigli regionali, ritenuto meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art. 122, comma quarto, della Costituzione. L'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volonta' politica". E codesta Corte ha aggiunto - significativamente - che la giustificazione razionale della guarentigia poggia, pertanto, sulla corrispondenza fra il livello costituzionale della guarentigia stessa, ed il livello costituzionale del tipo di funzioni, il cui esercizio si e' eccezionalmente ritenuto opportuno sottrarre al controllo giudiziario. Quello che la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di responsabilita', e' un modello funzionale che essa stessa ha delineato ed appunto percio' ha potuto valutare meritevole dell'eccezionale protezione" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 69, in Giur. cost., 1985, pp. 493-494). Dunque - ha precisato la Corte - "la carenza di potere giurisdizionale si traduce ... in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di esercitare poteri siffatti comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione ..., esclusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno inteso condizionare" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 70, in Giur. cost., 1985, p. 516). 3. - A ben vedere, sono i postulati dell'eguaglianza a fondare il sistema delle guarentigie dei consiglieri regionali, postulati di cui codesto ecc.mo Collegio si e' fatto interprete quando ha sottolineato la circostanza che "l'ampliamento della portata dell'immunita' risultante dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale delle funzioni riservate al modello costituzionale, delle funzioni riservate al Consiglio regionale puo' essere operato, ove consentito, soltanto con la legge dello Stato, perche' soltanto il legislatore statale puo' assicurare, come e' costituzionalmente necessario, una uguale protezione ai consiglieri di tutte le Regioni nell'esercizio delle medesime funzioni e perche' soltanto una sua scelta sarebbe conforme al principio di legalita' che regge compiutamente il sistema penale" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495). In buona sostanza, la disposizione dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione va interpretata tenendo conto del fatto: a) che essa non e' pienamente assimilabile a quella contenuta nell'art. 68, primo comma, Cost., dal momento che le immunita' dei membri del Parlamento ineriscono alla sovranita' dello Stato, di cui il Parlamento stesso e' organo; b) che essa esprime, relativamente ai componenti dell'organo legislativo della Regione, aspetti dell'autonomia di quest'ultima ...; c) la quale non soltanto tollera, ma addirittura implica, affinche' sia assicurata "una uguale protezione ai consiglieri di tutte le Regioni" (Corte costituzionale sent. n. 69/1985, cit., p. 495), che ogni allargamento delle immunita' sia deliberato con atto normativo dello Stato. 4. - Quanto alle fonti abilitate a disciplinare legittimamente le immunita' spettanti ai consiglieri regionali ai sensi dell'art. 122, quarto comma, Cost., codesta Corte ha precisato "la ratio decidendi della pronuncia del 1975": infatti, "l'affermazione della insindacabilita' delle opinioni e dei voti dei consiglieri regionali nell'esercizio della funzione di organizzazione interna dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi "rappresentativi" dello Stato e delle Regioni: accanto alla funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione di indirizzo politico e di controllo, la funzione di autoorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta al Consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493). Quanto alle predette funzioni - da determinarsi, come si e' accennato, nel rispetto delle esigenze di uniformita' di regime giuridico imposte dal principio costituzionale di eguaglianza - esse debbono trovare la loro fonte regolatrice nella Costituzione oppure in un atto normativo dello Stato, non dovendosi reputare abilitate a disciplinare fattispecie rilevanti ai fini delle immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione ne' la legge regionale e neppure lo statuto (Corte cost., sent. n. 69 e n. 70/1985, cit.). Ma - quanto alla fonte statutaria - il carattere rigido dell'esclusione va temperato la' dove si consideri la funzione di autoorganizzazione interna. 5. - Sul piano pratico sono sorti, peraltro, numerosi interrogativi soprattutto per quanto riguarda le forme in cui si estrinsecano le funzioni di consigliere regionale, ben potendosi articolare, oltre che in atti legislativi, in atti amministrativi. In proposito, e' opportuno dare conto degli orientamenti espressi da codesta ecc.ma Corte costituzionale, che rappresentano un punto di arrivo imprescindibile, del quale ci si limita - normalmente ed autorevolmente - a prendere atto (v., per tutti, Paladin, Diritto regionale, Padova, 1992, p. 322 ss.). Ebbene, se in un primo momento il giudice dei conflitti di attribuzione ha semplicemente affermato come "la forma amministrativa che connota le deliberazioni consiliari ... non valga ad escludere l'irresponsabilita' di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenze spettanti al Consiglio" (Corte cost., sent. n. 81/1975, cit., p. 786) - con cio' chiarendo, comunque, che pure l'attivita' amministrativa, e non solo quella legislativa, puo' essere coperta da immunita' -, in un secondo momento ha precisato che una simile massima "non implicava una affermazione generale di insindacabilita' in riferimento a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa, bensi', piu' specificamente, l'insufficienza della ''forma amministrativa'' dell'atto ai fini di escludere la guarentigia per atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in definitiva all'autorizzazione del consiglio stesso" (Corte cost., sentenza. n. 69/1985, cit, p. 493). Di piu', e' proprio in riferimento all'adozione di atti amministrativi rilevanti ai fini dell'art. 122, quarto comma, Cost. che codesta Corte ha avuto modo di precisarne i caratteri relativamente agli atti che esprimono la giurisdizione, essendo indubbio "che nel sistema costituzionale, funzione amministrativa e funzione giurisdizionale sono concepite e devono svolgersi in posizione di reciproca separazione" (art. 97, commi 1 e 2, 102, comma 1, 104, comma 1, 113, u.c.). In particolare - ha osservato la Corte nella sentenza n. 150 del 1981 - l'art. 113, u.c., della Costituzione "rinviando alla legge la determinazione degli organi giudiziari abilitati ad annullare gli atti della pubblica amministrazione", "con cio' stesso" "esclude che spetti alle autorita' giudiziarie ordinare di annullare gli atti amministrativi in mancanza di una previsione di legge; ed a piu' forte ragione comporta che tali autorita' non possano contrapporsi o sovrapporsi alle autorita' amministrative, arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, in forme e con procedimenti prefissati. Alla stregua di tali principi deve (parimenti) negarsi che spetti ad organi giudiziari ... dettare le linee dell'indirizzo amministrativo regionale nella materia de qua (inquinamento delle acque ...), in cio' sostituendosi agli organi regionali competenti nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei tempi e modi di attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo gli atti specifici che si ritiene debbano essere adottati" (Corte cost., sent. n. 70/1985, cit., p. 516). 6. - E' possibile, a questo punto, formulare alcune notazioni di sintesi, strumentali ad una migliore rappresentazione e comprensione del caso di specie. Si puo' affermare, pertanto, che l'ambito di operativita' dell'art. 122, quarto comma, Cost. (interpretato secondo i criteri enunciati) e' delimitato, quanto al titolo normativo: a) dalla Costituzione; b) dalla legge e dagli atti aventi forza di legge dello Stato (non - verosimilmente - da atti normativi statali subprimari, quali i regolamenti, quantomeno la' dove si versi in materia penale: Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495); non dalla legge regionale e dallo statuto. Quanto alle funzioni, tale ambito di operativita' riguarda: a) la funzione legislativa; b) la funzione di indirizzo politico e di controllo; c) la funzione di autoorganizzazione interna. Le funzioni suddette possono estrinsecarsi in atti aventi natura formalmente: a) legislativa; b) amministrativa. 7. - L'ampia ripresa della giurisprudenza di codesto collegio ha come scopo precipuo, da un lato, di inquadrare nitidamente la fattispecie e, dall'altro lato, di evitare l'insorgere di equivoci, sempre possibili quando rimangono in ombra elementi senz'altro qualificanti della guarentigie di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. Ora, prescindendo da un'indagine incentrata sulla qualifica soggettiva dell'autorita' procedente (magistrato penale, magistrato investito dei giudizi di responsabilita' amministrativa) ed altresi' dalla minuta analisi della tipologia piu' ricorrente di funzioni svolte dai consiglieri regionali, vale la pena di soffermarsi un istante sulla funzione di indirizzo politico e di controllo, cui codesta Corte ha ricondotto - nell'ottica dell'art. 122, quarto comma, Cost. - le attivita' ispettive, quelle che si concretizzano nella partecipazione a commissioni di inchiesta o che si traducono comunque in comportamenti preordinati al controllo politico (da ultimo, Corte cost., sent. n. 209/1994), che hanno sicura base costituzionale (nelle disposizioni che disciplinano la forma di governo nei suoi tratti essenziali), quindi svolta a livello statutario e di regolamento d'assemblea (s'intende, in ogni caso, che il titolo normativo che radica l'immunita' e' quello di rango costituzionale). Pertanto, vanno riferite alle funzioni de quibus, ad esempio: la decisione - squisitamente politica - di prendere in esame oppure no un disegno o progetto di legge regionale; il giudizio circa l'ammissibilita' dei referendum proposti si' sulla scorta di specifiche leggi regionali, ma innanzi tutto in ragione di quanto dispone l'art. 123, primo comma, Cost.; le attivita' preordinate alla approvazione dei bilanci e dei piani economici della regione: sia quando si estrinsecano in atti di legislazione sia quando si svolgono in forma amministrativa, dal momento che concretizzano senz'altro manifestazioni della funzione di indirizzo politico; le indagini conoscitive e le richieste consiliari, le quali ultime esprimono un "potere connaturato e implicito nelle funzioni spettanti ai Consigli medesimi" (Corte cost., sent. 28 aprile 1966, n. 29, in Giur. cost., 1966, I, p. 300. Sicche', quantomeno in questo caso, la guaretigia deve considerarsi operante pur in difetto di una clausola costituzionale espressa facoltizzante l'istituzione di commissioni di tal genere); gli atti di nomina alle piu' importanti cariche dell'amministrazione regionale e pararegionale, poiche' nelle regioni di diritto comune l'autonomia politica implica che "la competenza consiliare abbraccia una vasta e mutevole serie di provvedimenti del caso concreto", tra i quali vanno inclusi appunto gli atti di nomina suddetti (Paladin, Diritto regionale, cit., p. 354). Quanto alla funzione di controllo attribuita al consiglio, l'immunita' si estende ovviamente ad ogni intervento attuato in via legislativa (ad esempio: con legge di approvazione di piani e programmi), e copre senz'altro le questioni poste attraverso interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni, ordini del giorno e via discorrendo, quando questi ineriscono - come nel caso in questione - all'esercizio di competenze spettanti alla regione (ex legge regionale n. 60/1993). 8. - Se, a questo punto, si vogliono trarre alcune puntuali conclusioni in ordine alla vicenda che ha dato luogo al presente conflitto, si puo' agevolmente rilevare: che l'interpellanza presentata dal consigliere Ivo Rossi individua uno dei modi secondo cui si estrinseca, in forma non legislativa, la funzione di indirizzo politico e di controllo del consiglio sulle Giunta regionale; che l'azione svolta non concretizza affatto quel "fatto materiale" che pacificamente fa venir meno l'ambito di operativita' della clausola costituzionale di cui all'art. 122, quarto comma, Cost.; che la funzione di indirizzo politico e di controllo va considerata, secondo la costante giurisprudenza di codesto ecc.mo collegio, rientrante fra quelle protette dall'art. 122, quarto comma, Cost., perche' tipiche del consigliere regionale; che quest'ultimo si e' attivato nell'esercizio di una competenza propria, vale a dire per l'attuazione della legge regionale n. 60/1993. D'altra parte - e qui davvero il cerchio si chiude -, in margine ad una analoga fattispecie codesta Corte ha affermato espressamente come "altrettanto indubbio e' che tra gli atti consiliari tipici, in quanto strumentale alle funzioni di controllo e di sindacato politico che il consiglio esercita nei confronti della Giunta, debba annoverarsi il c.d. diritto d'interrogazione ... che, nel caso in esame, e' stato esercitato dal consigliere regionale mediante la presentazione di un'interpellanza al Presidente della Giunta su taluni fatti, certamente di pubblico interesse...". Ed ha soggiunto: "Questa Corte ha gia' avuto occasione di rilevare, pur se in riferimento all'analoga guarentigia sancita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione per i membri del Parlamento (v. sent. n. 443 del 1993), che non soltanto la riproduzione all'esterno di interpellanze o interrogazioni puo' ritenersi attivita' compresa nella previsione suddetta, ma anche il semplice riferire fatti conosciuti nell'esercizio delle proprie funzioni, ovvero manifestare i punti di vista e le opinioni che ispirano il proprio comportamento in sede parlamentare" (Corte cost., sent. n. 274/1995, in Giur. cost., 1995, 1948 ss.). 9. - Ne consegue, ove cosi' non fosse, che la funzione di indirizzo politico e di controllo del consigliere regionale (e, suo tramite, del Consiglio) sulla Giunta risulterebbe frustrata: a tacer d'altro, per il timore di poter incorrere - come ha notato lo stesso Presidente del Consiglio regionale del Veneto: doc. 3 - in omissioni rilevanti sotto il profilo penale. Da cio', con evidenza, la violazione, attuata dall'atto indicato in epigrafe, dell'art. 122, quarto comma, e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 Cost., di disciplina dell'organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale: 1) dichiari che non spetta allo Stato (e, per esso, alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia) emettere atti di invito per la presentazione di persona sottoposta ad indagini (ex artt., 370, 375 e 549 c.p.p.), atti finalizzati all'accertamento di responsabilita' penali riconducibili all'area di operativita' dell'art. 122, quarto comma, Cost. e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 Cost.; 2) annulli l'atto di invito, indicato in epigrafe, emesso in data 26 novembre 1996 alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Venezia nei confronti del consigliere regionale del Veneto Ivo Rossi. Padova-Roma, addi' 15 aprile 1997 Avv. prof. Mario Bertolissi - avv. Luigi Manzi 97C0440