N. 275 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 gennaio 1997

                                N. 275
  Ordinanza  emessa  il  9 gennaio 1997 dalla Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale per la regione Molise nel giudizio di responsabilita'
 nei confronti di Meffe Domenicantonio ed altri
 Responsabilita' patrimoniale - Responsabilita' per danno erariale per
    la mancata copertura minima  del  costo  dei  servizi  -  Prevista
    esclusione dell'esercizio dell'azione relativa nei confronti degli
    amministratori  locali  -  Incidenza  sul  diritto di azione e sui
    principi:   del giudice naturale,  di  copertura  finanziaria,  di
    imparzialita'   e   buon   andamento   della   p.a.,   di   tutela
    giurisdizionale    -    Indebita    interferenza    sull'attivita'
    giurisdizionale   della   Corte   dei   conti   e  sulle  relative
    attribuzioni.
 (D.-L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996,
    n.  639,  art.  3, comma 2-ter, in relazione alla legge 14 gennaio
    1994, n. 20, art. 1; legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 58).
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 81, 97 e 103).
(GU n.22 del 28-5-1997 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha emanato la seguente ordinanza nel  giudizio  di  responsabilita'
 iscritto  al  n.  59/E.L.  del  registro di segreteria, instaurato ad
 istanza del procuratore regionale nei confronti dei signori:
     Meffe Domenicantonio, nato a Torella del Sannio il 3 marzo 1945 e
 residente a Fabbrico (Reggio Emilia), alla via Guidotti n. 77;
     Lombardi Antonio, nato a Torella del Sannio il 3 luglio  1957  ed
 ivi  residente  in  via  Garibaldi  n.  66/D,  rappresentato e difeso
 dall'avv. Claudio Neri, presso il quale e' elettivamente  domiciliato
 in Campobasso, alla via Mazzini n. 112;
     Meffe  Nicola, nato a Torella del Sannio il 14 giugno 1958 ed ivi
 residente alla contrada Cerritiello n. 2;
     Ciamarra Pasqualino, nato a Torella del Sannio il 25 gennaio 1948
 ed ivi  residente  in  via  Neviera  n.  3,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Claudio Neri, presso il quale e' elettivamente domiciliato
 in Campobasso, alla via Mazzini n. 112;
     Meffe Donato, nato a Torella del Sannio il 1 giugno 1950, ed  ivi
 residente  in  via V.E. III, n. 101, rappresentato e difeso dall'avv.
 Claudio  Neri,  presso  il  quale  e'  elettivamente  domiciliato  in
 Campobasso, alla via Mazzini n. 112.
   Uditi,  all'udienza  del  9  gennaio 1997, il relatore referendario
 Massimo Di Stefano nonche' il rappresentante del pubblico  ministero,
 nella   persona  del  sostituto  procuratore  generale  dott.  Sergio
 Auriemma, e, per i convenuti Antonio Lombardi, Pasqualino Ciamarra  e
 Donato Meffe, l'avv. Carlo Romano, su delega dell'avv. Claudio Neri;
   Esaminati l'atto di citazione del procuratore regionale, le memorie
 di costituzione dei convenuti, le memorie integrative del procuratore
 regionale, gli atti e i documenti tutti del fascicolo di causa.
                        Svolgimento del processo
   Con atto di citazione notificato in date comprese tra il 20 e il 22
 luglio  1996, preceduto dalla notificazione, per tutti perfezionatasi
 in data 16 marzo 1995, dell'invito a dedurre ai  sensi  dell'art.  5,
 comma  1,  del  d.-l.  15  novembre  1993,  n.  453,  convertito  con
 modificazioni nella legge 14 gennaio  1994,  n.  19,  il  procuratore
 regionale presso questa sezione giurisdizionale conveniva in giudizio
 i  signori  Meffe  Domenicantonio,  Lombardi  Antonio,  Meffe Nicola,
 Ciamarra  Pasqualino,  Meffe  Donato,   rispettivamente   sindaco   e
 assessori del comune di Torella del Sannio, in carica tra settembre e
 dicembre 1987 e nell'anno 1988, chiedendone la condanna al pagamento,
 in solido, a favore delle finanze e del comune stesso, della somma di
 lire  4.599.830  (oltre  rivalutazione  monetaria, interessi legali e
 spese di giudizio), a titolo di risarcimento di  danno  erariale  per
 responsabilita' amministrativa.
   Esponeva   il   procuratore   regionale,   a  sostegno  dell'azione
 risarcitoria che dall'istruttoria avviata a suo tempo  dalla  procura
 generale  della  Corte  dei  conti,  e  proseguita,  a  seguito della
 devoluzione di competenza di cui al d.-l. 15 novembre 1993,  n.  453,
 convertita  in  legge 14 gennaio 1994, n. 19, dalla procura regionale
 per il Molise, era emerso che il comune di Torella del  Sannio  aveva
 subito  un  danno patrimoniale consistente nella perdita di parte del
 fondo perequativo spettante per l'anno 1988,  nella  misura  di  lire
 3.028.030,  per  violazione delle norme di legge che prescrivevano la
 copertura  obbligatoria,  per  lo  stesso  anno   1988,   dei   costi
 complessivi  del servizio comunale di rimozione rifiuti solidi urbani
 nella percentuale minima del 60 per cento (art. 16, comma 8-bis,  del
 d.-l.  31  agosto  1987,  n.  359, convertito con modificazioni nella
 legge 29 ottobre 1987, n 440).
   Un'ulteriore posta di danno a carico dei convenuti, quantificabile,
 secondo il procuratore regionale, nella somma di lire 1.571.800,  era
 poi  costituita  dalla differenza tra l'importo che il comune avrebbe
 docuto cassare per raggiungere la  copertura  minima  dei  costi  del
 servizio  imposta  dalla  legge  (60%) e quanto formalmente accertato
 sulla base delle tasse concretamente applicate.
   Deduceva  quindi   il   procuratore   regionale   che   del   danno
 complessivamente  quantificato  in  lire 4.599.830 erano responsabili
 sindaco e assessori convenuti, i quali, pur avendo promosso,  secondo
 quanto desumibile dalla documentazione acquisita in sede istruttoria,
 l'adozione di una deliberazione consiliare sulle tariffe del servizio
 di nettezza urbana da applicare per l'anno 1988, non avevano comunque
 assicurato  la  copertura  minima  dei  costi,  come  documentalmente
 risultava da apposito certificato dimostrativo dei costi, a suo tempo
 trasmesso  ai  competenti  organi  ed  ora  prodotto  in  causa   dal
 procuratore regionale.
   Sosteneva   in   proposito   il   procuratore   regionale   che  la
 responsabilita' dei convenuti, con riferimento all'art. 254 del testo
 unico n. 383/1934 e  all'art.  142/1990,  applicabili  all'epoca  dei
 diversi  fatti  cronologicamente  succedutisi,  derivava, in punto di
 diritto, dalla circostanza che ad essi, in quanto membri della Giunta
 comunale,  competeva  ogni  iniziativa  per  assicurare  le   entrate
 comunali  (tra  cui  la tempestiva adozione dei ruoli di esazione) ai
 sensi delle disposizioni di cui agli artt.   137 e  139  del  r.d.  4
 febbraio  1915,  n.  148, nelle parti richiamate dal regio decreto n.
 11/1944 e successive integrazioni, e di quelle  di  cui  al  r.d.  14
 settembre  1931  n. 1175 per la finanza locale, pure esse applicabili
 all'epoca dei fatti.
   Con memoria integrativa depositata nella segreteria  della  sezione
 in  data  18  dicembre  1996,  il  procuratore  regionale, modificava
 peraltro I'originaria domanda giudiziale,  e  chiedeva  l'assoluzione
 dei  convenuti,  in  considerazione  sia  di acquisizioni istruttorie
 successive all'instaurazione  del  giudizio  che  della  sopravvenuta
 generalizzazione  del  principio  della  colpa  grave  in  materia di
 responsabilita' amministrativa, introdotta dell'art. 3, comma 1,  del
 d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543.
   In  data  19  dicembre 1996 il convenuto sig. Meffe Domenicantonio,
 sindaco, faceva pervenire alla segreteria della sezione  una  memoria
 con  la  quale  contestava  l'originaria  domanda  attrice e chiedeva
 l'assoluzione da ogni addebito.
   Si costituivano inoltre in giudizio,  con  memoria  deposita  nella
 segreteria  della  sezione,  in  data  20  dicembre  1996,  i signori
 Lombardi  Antonio,  Meffe  Donato  e   Ciamarra   Pasqualino,   tutti
 rappresentati  e  difesi  dall'avv. Claudio Neri, che preliminarmente
 eccepivano la prescrizione della  "pretesa  azionata"  e  nel  merito
 contestavano  anch'essi  sotto  vari profili, in fatto ed in diritto,
 l'originaria  domanda del procuratore regionale e chiedevano comunque
 di essere dichiarati esenti da ogni responsabilita'.
   All'udienza  odierna  il  rappresentante   del   p.m.,   di   nuovo
 modificando  la propria domanda, ha sollevato oralmente e con memoria
 scritta depositata all'udienza stessa, la questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3,  comma  2-ter,  della legge 20 dicembre
 1996, n. 639, di conversione  del  d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  543
 (Gazzetta  Ufficiale  del  21  dicembre  1996)  laddove  dispone  che
 l'azione di responsabilita' per danno erariale non  si  esercita  nei
 confronti degli amministratori locali per la mancata copertura minima
 del  costo  dei  servizi,  ed  ha  chiesto che il collegio giudicante
 "ritenuta non manifestamente in  fondata  e  rilevante  ai  fini  del
 decidere   la  prospettata  questione  di  costituzionalita',  voglia
 ordinare la sospensione del giudizio in corso e la  rimessione  degli
 atti  alla  Corte  costituzionale  nelle  forme e con le modalita' di
 rito".
   Il rappresentante del p.m. ha diffusamente illustrato la  questione
 di costituzionalita', ritenendo la norma denunciata contrastante:
     con  gli  artt.  5  e 128 della Costituzione, in quanto la norma,
 impedendo, in sostanza, l'azione per  il  risarcimento  di  un  danno
 determinato   dalla   perdita   di  entrate  destinate  a  consentire
 concretamente l'esercizio dell'autonomia dell'ente locale,  finirebbe
 per incidere sull'autonomia stessa;
     con  l'art.  24,  comma  primo,  della Costituzione, in quanto la
 norma censurata preclude l'azione di responsabilita'  per  danno  nei
 confronti   di   amministratori  locali  dolosamente  o  colposamente
 inadempienti a specifici obblighi di legge e di servizio, negando che
 la pretesa risarcitoria possa essere avanzata dinanzi ad un qualsiasi
 giudice;
     con l'art. 25, comma primo, della Costituzione, in quanto vengono
 a sottrarsi gli amministratori locali dal giudice naturale della loro
 responsabilita' amministrativa, precostituito dalla legge  ordinaria,
 senza, peraltro, che se ne possa individuare alcun altro;
     con  l'art.  81,  comma  quarto, della Costituzione, in quanto la
 norma censurata, introducendo  un  beneficio  economico  personale  a
 favore  di  amministratori  responsabili  di  danno  erariale,  ne fa
 gravare l'onere sui bilanci degli enti locali, senza indicare i mezzi
 con cui farvi fronte;
     con l'art. 113,  commi  primo  e  secondo,  in  quanto  la  norma
 denunziata  vanifica l'esperibilita', nella prevista ipotesi di danno
 da mancata copertura dei costi dei servizi, dell'unico rimedio  prima
 previsto  a  protezione  giurisdizionale delle collettivita' locali e
 degli erari comunali incisi;
     con l'art. 103, comma secondo, della Costituzione, in  quanto  la
 norma  denunziata,  diretta  intenzionalmente  ad incidere su singoli
 giudizi, interferisce direttamente nella precostituita  giurisdizione
 della   Corte   dei   conti,   elidendo  del  tutto  quella  garanzia
 giurisidizionale che  il  medesimo  legislatore,  piu'  in  generale,
 prevede  e  mantiene  a  tutela  degli  interessi  collettivi in sede
 locale; senza che sia dato  rinvenire  alcun  ragionevole  motivo  di
 interesse pubblico per sacrificare  l'interesse al ristoro del danno;
     con  l'art.  97  della  Costituzione, per la lesione del bene del
 buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,   in   quanto   la
 denunziata   norma,  prevedendo  una  sorta  di  immunita'  personale
 sopravvenuta in capo agli amministratori colpevolmente  inadempienti,
 finisce  con  l'incidere negativamente sulle finalita' di risanamento
 della finanza e  delle  gestioni  pubbliche  che  il  legislatore  si
 prefiggeva  con la normativa in materia di copertura minima del costo
 dei servizi;
     nonche' infine con l'art. 3, comma primo, della Costituzione, con
 riferimento all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n.  20;  all'art.
 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e alla normazione in materia di
 copertura  minima dei costi dei servizi comunali, in quanto, rispetto
 al tertium comparationis rappresentato dalla  normativa  generale  in
 tema di responsabilita' amministrativa, la norma denunziata da' luogo
 ad  una  singolare  ed  irragionevole  deroga  dalla  soggezione alle
 conseguenze sanzionatorie  di  comportamenti  illeciti,  a  beneficio
 soltanto  di  quegli  amministratori  che siano stati concretamente e
 colposamente inosservanti della legislazione in materia di  copertura
 minima  dei  costi  dei  servizi  comunali.    L'avv.  Carlo  Romano,
 intervenuto all'udienza in difesa  dei  convenuti  Lombardi  Antonio,
 Meffe  Donato  e  Ciamarra  Pasqualino, su delega dell'avv.   Claudio
 Neri, si e' riportato agli scritti difensivi ed  ha  inoltre  chiesto
 che  sia  dichiarata  l'improcedibilita'  dell'azione del procuratore
 regionale, in relazione sopravvenuta norma di cui all'art.  3,  comma
 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639.
                         Motivi della decisione
   1.  -  Il  caso  all'esame  del  collegio  concerne la richiesta di
 risarcimento del  danno  erariale  di  lire  4.599.830  avanzata  dal
 procuratore  regionale  nei confronti dei componenti della giunta del
 comune di Torella del Sannio, ritenuti responsabili,  nell'originaria
 prospettazione  del  p.m.  agente, del mancato rispetto dell'art. 16,
 comma 8-bis, del  d.-l.  31  agosto  1987,  n.  359,  convertito  con
 modificazioni  nella  legge  29  ottobre 1987, n. 440, che fissava il
 livello di copertura  minima  del  costo  del  servizio  comunale  di
 smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l'anno 1988, da realizzarsi
 mediante  tasse a carico degli utenti, nella misura corrispondente al
 60 % del costo totale del servizio. Il danno consisterebbe  in  parte
 nella  quota  mancante  dell'entrata  ed  in  parte nella conseguente
 perdita di parte del fondo perequativo comminata all'ente, a norma di
 legge, per l'insufficienza della copertura del  costo  del  servizio,
 alla  stregua  dell'apposita  certificazione  compilata  dagli uffici
 comunali  ai  sensi  dello  stesso  art.  16,  comma  8-quinquies   e
 depositata in atti.
   2.  -  Su  tale  pretesa risarcitoria, originariamente avanzata dal
 procuratore  regionale,   questo   collegio   avrebbe   oggi   dovuto
 pronunciarsi,  nonostante  la  successiva  richiesta  assolutoria del
 p.m., dato il carattere officioso ed irrinunciabile  dell'azione  del
 p.m. contabile.
   Senonche'  e' ora intervenuto l'art. 3, comma 2-ter, della legge 20
 dicembre 1996, n. 639 di conversione del d.-l.  23  ottobre  1996  n.
 543,   entrato  in  vigore  successivamente  alla  instaurazione  del
 presente giudizio,  che  dispone  testualmente  cosi':  "L'azione  di
 responsabilita'  per  danno  erariale  non  si esercita nei confronti
 degli amministratori locali per la mancata copertura minima del costo
 dei servizi".
   3.  -  Il p.m. ha sollevato dubbi in udienza e con memoria scritta,
 sotto vari profili, sulla legittimita' costituzionale di tale  norma,
 come  ampiamente  gia'  riferito  in  narrativa,  ed  ha  chiesto  la
 rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
   La prospettata questione riveste carattere pregiudiziale ed e',  ad
 avviso  di  questo  collogio, rilevante ai fini del decidere e, sotto
 alcuni dei profili evidenziati, non manifestamente infondata.
                            Sulla rilevanza
   4. - La norma di cui trattasi, recata  dall'art.  3,  comma  2-ter,
 della  legge  20  dicembre  1996, n. 639, di conversione del d.-l. 23
 ottobre  1996,  n.  453,  esclude  l'esperibilita'   dell'azione   di
 responsabilita'  in  fattispecie  come  quella  in esame, concernente
 l'ipotesi  di  responsabilita'  per  danno  erariale  a   carico   di
 amministratori  locali  per la mancata copertura minima del costo dei
 servizi comunali, e percio', in quanto norma processuale  applicabile
 ai  giudizi in corso, impedisce che questo giudice possa pronunciarsi
 nel merito della controversia.
   Si imporrebbe infatti una pronuncia di improcedibilita' dell'azione
 per difetto, sopravvenuto ed assoluto, di giurisdizione,  poiche'  la
 norma  preclude  tou court l'azione, e quindi la pronuncia nel merito
 del giudice - di qualsiasi giudice -  su  pretesa  risarcitoria  come
 quella  avanzata in questa sede, senza che sia neanche applicabile il
 principio di perpetuatio jurisditionis di cui all'art. 5 del  c.p.c.,
 dato il carattere, appunto, assoluto, del difetto di giurisdizione.
   Donde la indubbia rilevanza della question ai fini del decidere nel
 presente giudizio.
                 Sui profili di manifesta infondatezza
   5.1. - Sotto due dei profili individuati dal procuratore regionale,
 che   saranno  trattati  per  primi,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  appare,  ad  avviso  del   collegio,   manifestamente
 infondata.
   In   primo  luogo  appare  con  evidenza  insussistente  l'asserita
 violazione degli artt. 5 e 128 della Costituzione, posto che la norma
 di cui si  dubita  la  legittimita'  costituzionale  non  incide,  in
 effetti,  sull'ambito  di  autonomia  dell'ente  locale.  Anzi  essa,
 allorche'  esclude  la   perseguibilita'   di   comportamenti   degli
 amministratori  locali contrari a norme di legge statali, come quelle
 sulla copertura minima dei  costi  dei  servizi  locali,  sembrerebbe
 addirittura  allargare  l'ambito  di autonomia degli enti locali, sia
 pure attraverso l'anomalo strumento di una  sorta  di  sanatoria  che
 rende  a  posteriori immuni da sanzione comportamenti illeciti. Nella
 sostanza il legislatore, nell'escludere l'azione  di  responsabilita'
 per  l'ipotesi  di  mancata  copertura  dei  costi dei servizi, ha in
 pratica inteso introdurre un'immunita'  di  carattere  processuale  a
 favore  degli  amministratori comunali che non si erano adeguati alle
 norme sulla copertura minima dei costi dei servizi.
   La norma, che pone certamente, sotto altri profili, dubbi  seri  di
 legittimita'  costituzionale,  non  appare  tuttavia tale da incidere
 sull'autonomia de gli enti locali, cosi' da determinare un  contrasto
 con gli artt. 5 e 128 della Costituzione.
   5.2.  -  Manifestamente  infondala  appare  inoltre  la prospettata
 questione di legittimita'  costituzionale  relativamente  al  profilo
 dell'art.  113, commi primo e secondo, della Costituzione.
   La  norma costituzionale invocata, che certamente costituisce, come
 ha  affermato  il  p.m.,  una  specificazione  del  piu'  generale  e
 comprensivo   principio  di  cui  all'art.  24,  comma  primo,  della
 Costituzione, e'  dettata  con  l'evidente  scopo  di  assicurare  la
 garanzia  di  tutela giurisdizionale, senza limitazioni, dei soggetti
 dell'ordinamento   nei   confronti   degli   atti   della    pubblica
 amministrazione.
   Nella   specie   si  verte  nella  materia  affatto  diversa  della
 responsabilita' patrimoniale di agenti della p.a. per danno erariale,
 per cui il parametro costituzionale appare  non  pertinente  ai  fini
 della  verifica  della  legittimita'  costituzionale della denunziata
 norma.
                    Sulla non manifesta infondatezza
   6.1. - La prospettata questione di legittimita'  costituzionale  e'
 invece,  ad  avviso  di questo giudice, non manifestamente infondata,
 sotto gli altri i profili evidenziati dal procuratore regionale.
   La norma censurata appare infatti contraria,  in  primo  luogo,  al
 principio  che  assicura a tutti la possibilita' di agire in giudizio
 per la tutela  dei  propri  diritti  e  interessi  legittimi,  recato
 dall'art.  24, comma primo, della Costituzione.
   Difatti  la preclusione dell'azione del p.m. contabile nell'ipotesi
 di danno conseguente alla mancata  copertura  minima  del  costo  dei
 servizi   comporta   il  venir  meno  della  possibilita'  di  tutela
 giurisdizionale delle collettivita' locali in ordine al loro  diritto
 ad  ottenere  ristoro per un danno ingiustamente subito a cagione del
 comportamento  antigiuridico  dei  propri  amministratori.  La  norma
 censurata, cosi come e' formulata, nega infatti che nelle fattispecie
 di  danno  di  cui  trattasi  vi possa essere un qualsiasi giudice al
 quale possa essere possa essere sottoposta la questione e che sia  in
 grado  di  accertare  la  sussistenza  del  diritto  alla riparazione
 dell'ingiusto nocumento.
   Dunque con la norma in esame non solo  si  impedisce  l'azione  del
 p.m. contabile, quale organo posto a tutela degli interessi obiettivi
 della  pubblica  amministrazione,  ma,  dato  il  tenore  della norma
 stessa, ne deriva comunque la  preclusione  dell'azione  risarcitoria
 del  danno erariale subito dall'ente locale. E cosi' viene violata la
 garanzia di tutela giurisdizionale che l'art. 24  della  Costituzione
 assicura  a tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico, ivi compresi
 gli enti locali come enti esponenziali delle collettivita' locali.
   6.2. - La norma censurata appare anche contraria all'art. 25, comma
 primo, della  Costituzione,  in  quanto  essa,  intervenendo  solo  a
 posteriori,  su  specifiche  situazioni e controversie analiticamente
 individuate, arbitrariamente ed irrazionalmente le sottrae  dal  loro
 giudice,   precostituito   in   base   a   competenza  previamente  e
 generalmente determinata sul piano legislativo ordinario (nel caso di
 specie dall'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e  dalle  norme
 piu'  generali  da esso richiamate) e cosi', in definitiva, distoglie
 gli amministratori  locali  dal  giudice  precostituito  dalla  legge
 ordinaria senza, peraltro, che se ne possa individuare alcun altro.
   6.3.  -  Il  dubbio  sulla  legittimita' costituzionale della norma
 appare inoltre, ad  avviso  di  questo  giudice,  non  manifestamente
 infondato   con   riferimento  all'art.  103,  comma  secondo,  della
 Costituzione, ed in correlazione con i  principi  di  razionalita'  e
 ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione.
   Nella   concreta  attuazione  della  norma  costituzionale  di  cui
 all'art.   103 della Costituzione, per cui  la  Corte  dei  conti  ha
 giurisdizione  nelle materie di contabilita' pubblica, il legislatore
 ordinario,  con  la  legge  n.  142  del  1990  (art.  58),   seguita
 coerentemente,  sotto questo aspetto, dalle leggi n. 19 e 20 del 1994
 e dalla stessa recentissima legge 20 dicembre 1996, n. 639, ha inteso
 riservare alla giurisdizione contabile la cognizione delle ipotesi di
 responsabilita'   derivanti   dai   fatti   illeciti   commessi    da
 amministratori locali.
   La  norma  qui  censurata  interviene  ora, invece, ad escludere la
 tutela giurisdizionale per fatto dannoso, in relazione ad una singola
 e puntuale fattispecie (mancata copertura dei costi dei servizi),  in
 tal  modo  incidendo sulla sfera di attribuzione riservata alla Corte
 dei conti dall'art. 103, comma secondo, della Costituzione, ed il cui
 concreto ambito era stato delineato  dal  legislatore  con  norme  di
 carattere  generale,  rispetto alle quali la deroga ora introdotta si
 palesa irrazionale, perche' incoerente con il  sistema  preesistente,
 irragionevole  ed  arbitraria,  perche'  incidente su singoli giudizi
 gia' incardinati, senza che  si  possa  individuare  alcun  interesse
 pubblico rilevante che tale interferenza giustifichi.
   Sia  pure nel quadro di una piu' radicale violazione della garanzia
 fondamentale di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche di
 cui all'art. 24 della Costituzione,  la  nuova  norma  appare  dunque
 costituzionalmente   illegittima,  anche  a  confronto  dell'indicato
 parametro di cui all'art. 103, comma secondo, della Costituzione,  in
 quanto,   come   ha   dedotto   il   procuratore   regionale,   essa,
 intenzionalmente  diretta  ad  incidere  su  singoli   giudizi   gia'
 incardinati,  paralizza l'azione di recupero riservata dalla legge al
 procuratore della Corte dei conti ed interferisce direttamente  nella
 precostituita giurisdizione della Corte dei conti, elidendo del tutto
 quella  garanzia giurisdizionale che il medesimo legislatore, piu' in
 generale, prevede e mantiene a tutela di interessi collettivi in sede
 locale.
   6.4. - Non manifestamente infondato appare inoltre  il  prospettato
 dubbio   di   legittimita'   costituzionale  della  norma  introdotta
 dall'art.  3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 sotto
 il profilo del contrasto con l'art. 3, comma 1,  della  Costituzione,
 con  riferimento  all'art.  1  della  legge  14  gennaio 1994, n. 20;
 all'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 nonche' alla normazione
 in materia di copertura minima dei costi dei servizi comunali.
   La  stessa  legge  n.  639/1996,  nella  quale  e'  ricompresa   la
 disposizione  denunziata,  modificando  ed  integrando  la  legge  14
 gennaio 1994, n.    20,  contribuisce  ad  impiantare  talune  regole
 generali  concernenti  la  responsabilita'  amministrativa  per danno
 derivante da fatto illecito commesso da amministratore di ente locale
 e la sua perseguibilita' giudiziale.
   Rispetto a tale assetto complessivo la disposizione  denunciata  ha
 carattere singolarmente derogatorio.
   E' ben vero che e' riservato al legislatore ordinario dare concreto
 svolgimento  alla  forza  espansiva dell'art. 103 della Costituzione,
 mediante specificazioni normative sugli oggetti e sui soggetti  della
 responsabilita'  amministrativa  (sentenza  n.  641/1987  della Corte
 costituzionale).
   Tuttavia  la  discrezionalita'  del  legislatore  non  appare poter
 arrivare fino al punto di introdurre, come in effetti e' stato  fatto
 con  la  censurata  norma,  una  limitazione  o preclusione meramente
 processuale che irragionevolmente ed immotivatamente  collide  con  i
 principi  generali  della  materia, configura una singolare esenzione
 dalle conseguenze sanzionatorie di comportamenti illeciti, da'  luogo
 ad  un  ingiustificato  favore  per soggetti che abbiano procurato un
 danno  erariale  mediante  un  particolare  tipo   di   comportamento
 antigiuridico,  rispetto alla situazione nella quale venga a trovarsi
 qualunque amministratore di ente locale a  seguito  di  comportamento
 doloso o colposo tenuto in violazione di norme di legge e obblighi di
 servizio   e   oggettivamente  causativo  di  nocumento  patrimoniale
 all'ente di appartenenza.
   In definitiva appare non manifestamente infondato  il  dubbio  che,
 alla  stregua  del  tertium  comparationis, rappresentato nel caso di
 specie   dai   principi   generali   in   tema   di   responsabilita'
 amministrativa  recati tra l'altro dalle leggi n. 20/1994 e dall'art.
 58 della legge n. 142/1990, la  norma  denunziata  sia  contraria  ai
 principi  di  razionalita' e di ragionevolezza desumibili dall'art. 3
 della Costituzione, in  quanto  riserva  un  trattamento  diverso  ed
 appunto  singolarmente  diverso ed appunto singolarmente derogatorio,
 ad una fattispecie astrattamente inquadrabile  nell'ipotesi  generale
 di responsabilita' per danno e rispetto alla quale nessuna differenza
 di ratio appare giustificare la diversita' di trattamento.
   Sotto  altro  profilo  appare  sussistere  un uguale trattamento di
 situazioni diverse, in violazione del principio di uguaglianza di cui
 all'art. 3, comma primo, della  Costituzione  e  della  certezza  del
 diritto,  nel  senso  cioe' che vengono trattati allo stesso modo gli
 amministratori che si sono mostrati ossequiosi delle disposizioni  in
 materia  di copertura dei costi dei servizi locali, rispetto a quelli
 che invece tali norme hanno colposamente disatteso e che per  effetto
 della norma denunciata restano affrancati da qualsiasi sanzione.
   6.5.  - Questo giudice condivide anche il dubbio sulla legittimita'
 costituzionale della norma, sollevato dal p.m.,  con  riferimento  al
 principio di cui all'art. 81, comma quarto, della Costituzione.
   L'art.  81,  comma  quarto, della Costituzione impone un obbligo di
 copertura degli oneri derivanti da nuova legge e di  indicazione  dei
 mezzi per farvi fronte.
   Il  principio,  espressivo  di  esigenze  di tendenziale equilibrio
 finanziario riferito agli oneri che la  legislazione  nazionale  puo'
 indurre   sul  bilancio  riferito  agli  oneri  che  la  legislazione
 nazionale   puo'   indurre   sul   bilancio   dello   Stato    (Corte
 costituzionale,  sentenza n. 260/1990), dalla Corte costituzionale e'
 stato ritenuto sussistere anche per leggi statali che addossino oneri
 finanziari ad  enti  ricompresi  nella  cosiddetta  finanza  pubblica
 allargata (sentenze nn. 91 e 189 del 1981).
   Di  contro, l'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n.
 639, nel sancire l'imperseguibilita' del danno  patrimoniale  causato
 ai  bilanci  comunali  da  illecite,  mancate coperture dei costi dei
 servizi  erogati,  e  quindi  da  minori  entrate,  ne   assossa   il
 corrispondente   onere   finanziario  ai  medesimi  bilanci,  poiche'
 impedisce che attraverso il risarcimento  da  porre  a  carico  degli
 amministratori  si  realizzi  la  reintegrazione  patrimoniale  a cui
 l'istituto della responsabilita' amministrativa e' pure finalizzato.
   La  legge,  quindi, introducendo un beneficio economico personale a
 favore degli amministratori che hanno tenuto  comportamenti  dannosi,
 ne  fa  gravare  l'onere  sui bilanci degli enti locali, senza recare
 alcuna copertura finanziaria e senza indicare i  mezzi  con  i  quali
 farvi   fronte,   contribuendo   cosi'  ad  aggravare  situazioni  di
 squilibrio  tra  entrate  e  spese  ed  eludendo  il  rispetto  della
 previsione di cui all'art. 81 della Costituzione.
   6.6.  -  Infine ritiene il collegio non manifestamente infondato il
 dubbio  di  costituzionalita'  della  piu'  volte  richiamata   norma
 introdotta dall'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n.
 639,  di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543, sollevato dal
 p.m. rispetto all'art. 97 della Costituzione.
   Indubbiamente la norma della cui  legittimita'  si  dubita  non  e'
 rivolta  a  disciplinare l'organizzazione degli uffici della pubblica
 amministrazione,  ne',  a  ben  vedere,  a   modificare   il   regime
 sostanziale  della  responsabilita'  dei  pubblici  funzionari, ma e'
 norma, come si e' detto,  che  stabilisce  soltanto  un'immunita'  di
 carattere  processuale.    Ne'  questo  giudice  ignora  la  costante
 giurisprudenza   della   Corte   costituzionale,   secondo   cui   la
 giurisdizione  non trova   la propria disciplina nell'art. 97, se non
 per  gli  aspetti  meramente  organizzativi  e  strumentali  al   suo
 esercizio,  come  di  recente  riaffermato  con  sentenza della Corte
 costituzionale n. 378 del 16 ottobre-2 novembre 1996.
   Deve tuttavia osservarsi che non si puo'  escludere,  in  linea  di
 principio,  che  una  norma  di  carattere processuale come quella in
 esame, che comunque  incide  nel  regime  della  responsabilita'  dei
 pubblici  funzionari, possa in concreto atteggiarsi come contraria al
 principio del buon andamento della p.a., allorche' essa, rendendo  di
 fatto  inoperante  la  sanzione  del risarcimento del danno verso gli
 amministratori non rispettosi di norme  volte  al  risanamento  della
 finanza pubblica, priva queste ultime della loro forza ordinamentale.
   Nel caso di specie non appare manifestamente infondato il dubbio di
 legittimita'   costituzionale  sollevato  dal  p.m.  con  riferimento
 all'art. 97, dato che in effetti la norma censurata,  prevedendo  una
 sorta di immunita' personale sopravvenuta in capo agli amministratori
 locali  colpevolmente  inadempienti,  priva  le norme sulla copertura
 minima  del  costo  dei  servizi  di  una  parte  della  loro  foraza
 persuasiva,  ed  incide  negativamente  sul  raggiungimento di quelle
 espresse finalita' di buona amministrazione che lo stesso legislatore
 aveva inteso perseguire.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 e 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante  ai  fini  del  decidere  e  non  manifestamente
 infondata,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
 comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 di conversione  del
 d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  543, in relazione agli artt. 24, comma
 primo; 25, comma primo; 81 comma quarto; 103, comma secondo; 97 della
 Costituzione e all'art.  3,  comma  primo,  della  Costituzione,  con
 riferimento  all'art.   1 della legge 14 gennaio 1994, n.20; all'art.
 58 della legge 8 giugno 1990, n.  142;  nonche'  alla  normazione  in
 materia di copertura dei costi dei servizi comunali;
   Rigetta  parzialmente  l'istanza di proposizione della questione di
 costituzionalita' della norma denunziata, limitatamente ai profili di
 asserita violazione degli artt. 5 e 128 e dell'art. 113, commi  primo
 e secondo, della Costituzione, per manifesta infondatezza;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia notificata, a cura della
 segreteria della sezione, alle  parti  e  al  pubblico  ministro,  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  che  sia  comunicata ai
 Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del giorno  9
 gennaio 1997.
                        Il presidente: Vincenti
                                               L'estensore: Di Stefano
 97C0493