N. 275 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 gennaio 1997
N. 275 Ordinanza emessa il 9 gennaio 1997 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Molise nel giudizio di responsabilita' nei confronti di Meffe Domenicantonio ed altri Responsabilita' patrimoniale - Responsabilita' per danno erariale per la mancata copertura minima del costo dei servizi - Prevista esclusione dell'esercizio dell'azione relativa nei confronti degli amministratori locali - Incidenza sul diritto di azione e sui principi: del giudice naturale, di copertura finanziaria, di imparzialita' e buon andamento della p.a., di tutela giurisdizionale - Indebita interferenza sull'attivita' giurisdizionale della Corte dei conti e sulle relative attribuzioni. (D.-L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, art. 3, comma 2-ter, in relazione alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1; legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 58). (Cost., artt. 3, 24, 25, 81, 97 e 103).(GU n.22 del 28-5-1997 )
LA CORTE DEI CONTI Ha emanato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' iscritto al n. 59/E.L. del registro di segreteria, instaurato ad istanza del procuratore regionale nei confronti dei signori: Meffe Domenicantonio, nato a Torella del Sannio il 3 marzo 1945 e residente a Fabbrico (Reggio Emilia), alla via Guidotti n. 77; Lombardi Antonio, nato a Torella del Sannio il 3 luglio 1957 ed ivi residente in via Garibaldi n. 66/D, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Neri, presso il quale e' elettivamente domiciliato in Campobasso, alla via Mazzini n. 112; Meffe Nicola, nato a Torella del Sannio il 14 giugno 1958 ed ivi residente alla contrada Cerritiello n. 2; Ciamarra Pasqualino, nato a Torella del Sannio il 25 gennaio 1948 ed ivi residente in via Neviera n. 3, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Neri, presso il quale e' elettivamente domiciliato in Campobasso, alla via Mazzini n. 112; Meffe Donato, nato a Torella del Sannio il 1 giugno 1950, ed ivi residente in via V.E. III, n. 101, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Neri, presso il quale e' elettivamente domiciliato in Campobasso, alla via Mazzini n. 112. Uditi, all'udienza del 9 gennaio 1997, il relatore referendario Massimo Di Stefano nonche' il rappresentante del pubblico ministero, nella persona del sostituto procuratore generale dott. Sergio Auriemma, e, per i convenuti Antonio Lombardi, Pasqualino Ciamarra e Donato Meffe, l'avv. Carlo Romano, su delega dell'avv. Claudio Neri; Esaminati l'atto di citazione del procuratore regionale, le memorie di costituzione dei convenuti, le memorie integrative del procuratore regionale, gli atti e i documenti tutti del fascicolo di causa. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in date comprese tra il 20 e il 22 luglio 1996, preceduto dalla notificazione, per tutti perfezionatasi in data 16 marzo 1995, dell'invito a dedurre ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.-l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, il procuratore regionale presso questa sezione giurisdizionale conveniva in giudizio i signori Meffe Domenicantonio, Lombardi Antonio, Meffe Nicola, Ciamarra Pasqualino, Meffe Donato, rispettivamente sindaco e assessori del comune di Torella del Sannio, in carica tra settembre e dicembre 1987 e nell'anno 1988, chiedendone la condanna al pagamento, in solido, a favore delle finanze e del comune stesso, della somma di lire 4.599.830 (oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio), a titolo di risarcimento di danno erariale per responsabilita' amministrativa. Esponeva il procuratore regionale, a sostegno dell'azione risarcitoria che dall'istruttoria avviata a suo tempo dalla procura generale della Corte dei conti, e proseguita, a seguito della devoluzione di competenza di cui al d.-l. 15 novembre 1993, n. 453, convertita in legge 14 gennaio 1994, n. 19, dalla procura regionale per il Molise, era emerso che il comune di Torella del Sannio aveva subito un danno patrimoniale consistente nella perdita di parte del fondo perequativo spettante per l'anno 1988, nella misura di lire 3.028.030, per violazione delle norme di legge che prescrivevano la copertura obbligatoria, per lo stesso anno 1988, dei costi complessivi del servizio comunale di rimozione rifiuti solidi urbani nella percentuale minima del 60 per cento (art. 16, comma 8-bis, del d.-l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito con modificazioni nella legge 29 ottobre 1987, n 440). Un'ulteriore posta di danno a carico dei convenuti, quantificabile, secondo il procuratore regionale, nella somma di lire 1.571.800, era poi costituita dalla differenza tra l'importo che il comune avrebbe docuto cassare per raggiungere la copertura minima dei costi del servizio imposta dalla legge (60%) e quanto formalmente accertato sulla base delle tasse concretamente applicate. Deduceva quindi il procuratore regionale che del danno complessivamente quantificato in lire 4.599.830 erano responsabili sindaco e assessori convenuti, i quali, pur avendo promosso, secondo quanto desumibile dalla documentazione acquisita in sede istruttoria, l'adozione di una deliberazione consiliare sulle tariffe del servizio di nettezza urbana da applicare per l'anno 1988, non avevano comunque assicurato la copertura minima dei costi, come documentalmente risultava da apposito certificato dimostrativo dei costi, a suo tempo trasmesso ai competenti organi ed ora prodotto in causa dal procuratore regionale. Sosteneva in proposito il procuratore regionale che la responsabilita' dei convenuti, con riferimento all'art. 254 del testo unico n. 383/1934 e all'art. 142/1990, applicabili all'epoca dei diversi fatti cronologicamente succedutisi, derivava, in punto di diritto, dalla circostanza che ad essi, in quanto membri della Giunta comunale, competeva ogni iniziativa per assicurare le entrate comunali (tra cui la tempestiva adozione dei ruoli di esazione) ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 137 e 139 del r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, nelle parti richiamate dal regio decreto n. 11/1944 e successive integrazioni, e di quelle di cui al r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 per la finanza locale, pure esse applicabili all'epoca dei fatti. Con memoria integrativa depositata nella segreteria della sezione in data 18 dicembre 1996, il procuratore regionale, modificava peraltro I'originaria domanda giudiziale, e chiedeva l'assoluzione dei convenuti, in considerazione sia di acquisizioni istruttorie successive all'instaurazione del giudizio che della sopravvenuta generalizzazione del principio della colpa grave in materia di responsabilita' amministrativa, introdotta dell'art. 3, comma 1, del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543. In data 19 dicembre 1996 il convenuto sig. Meffe Domenicantonio, sindaco, faceva pervenire alla segreteria della sezione una memoria con la quale contestava l'originaria domanda attrice e chiedeva l'assoluzione da ogni addebito. Si costituivano inoltre in giudizio, con memoria deposita nella segreteria della sezione, in data 20 dicembre 1996, i signori Lombardi Antonio, Meffe Donato e Ciamarra Pasqualino, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Claudio Neri, che preliminarmente eccepivano la prescrizione della "pretesa azionata" e nel merito contestavano anch'essi sotto vari profili, in fatto ed in diritto, l'originaria domanda del procuratore regionale e chiedevano comunque di essere dichiarati esenti da ogni responsabilita'. All'udienza odierna il rappresentante del p.m., di nuovo modificando la propria domanda, ha sollevato oralmente e con memoria scritta depositata all'udienza stessa, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543 (Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 1996) laddove dispone che l'azione di responsabilita' per danno erariale non si esercita nei confronti degli amministratori locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi, ed ha chiesto che il collegio giudicante "ritenuta non manifestamente in fondata e rilevante ai fini del decidere la prospettata questione di costituzionalita', voglia ordinare la sospensione del giudizio in corso e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale nelle forme e con le modalita' di rito". Il rappresentante del p.m. ha diffusamente illustrato la questione di costituzionalita', ritenendo la norma denunciata contrastante: con gli artt. 5 e 128 della Costituzione, in quanto la norma, impedendo, in sostanza, l'azione per il risarcimento di un danno determinato dalla perdita di entrate destinate a consentire concretamente l'esercizio dell'autonomia dell'ente locale, finirebbe per incidere sull'autonomia stessa; con l'art. 24, comma primo, della Costituzione, in quanto la norma censurata preclude l'azione di responsabilita' per danno nei confronti di amministratori locali dolosamente o colposamente inadempienti a specifici obblighi di legge e di servizio, negando che la pretesa risarcitoria possa essere avanzata dinanzi ad un qualsiasi giudice; con l'art. 25, comma primo, della Costituzione, in quanto vengono a sottrarsi gli amministratori locali dal giudice naturale della loro responsabilita' amministrativa, precostituito dalla legge ordinaria, senza, peraltro, che se ne possa individuare alcun altro; con l'art. 81, comma quarto, della Costituzione, in quanto la norma censurata, introducendo un beneficio economico personale a favore di amministratori responsabili di danno erariale, ne fa gravare l'onere sui bilanci degli enti locali, senza indicare i mezzi con cui farvi fronte; con l'art. 113, commi primo e secondo, in quanto la norma denunziata vanifica l'esperibilita', nella prevista ipotesi di danno da mancata copertura dei costi dei servizi, dell'unico rimedio prima previsto a protezione giurisdizionale delle collettivita' locali e degli erari comunali incisi; con l'art. 103, comma secondo, della Costituzione, in quanto la norma denunziata, diretta intenzionalmente ad incidere su singoli giudizi, interferisce direttamente nella precostituita giurisdizione della Corte dei conti, elidendo del tutto quella garanzia giurisidizionale che il medesimo legislatore, piu' in generale, prevede e mantiene a tutela degli interessi collettivi in sede locale; senza che sia dato rinvenire alcun ragionevole motivo di interesse pubblico per sacrificare l'interesse al ristoro del danno; con l'art. 97 della Costituzione, per la lesione del bene del buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto la denunziata norma, prevedendo una sorta di immunita' personale sopravvenuta in capo agli amministratori colpevolmente inadempienti, finisce con l'incidere negativamente sulle finalita' di risanamento della finanza e delle gestioni pubbliche che il legislatore si prefiggeva con la normativa in materia di copertura minima del costo dei servizi; nonche' infine con l'art. 3, comma primo, della Costituzione, con riferimento all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20; all'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e alla normazione in materia di copertura minima dei costi dei servizi comunali, in quanto, rispetto al tertium comparationis rappresentato dalla normativa generale in tema di responsabilita' amministrativa, la norma denunziata da' luogo ad una singolare ed irragionevole deroga dalla soggezione alle conseguenze sanzionatorie di comportamenti illeciti, a beneficio soltanto di quegli amministratori che siano stati concretamente e colposamente inosservanti della legislazione in materia di copertura minima dei costi dei servizi comunali. L'avv. Carlo Romano, intervenuto all'udienza in difesa dei convenuti Lombardi Antonio, Meffe Donato e Ciamarra Pasqualino, su delega dell'avv. Claudio Neri, si e' riportato agli scritti difensivi ed ha inoltre chiesto che sia dichiarata l'improcedibilita' dell'azione del procuratore regionale, in relazione sopravvenuta norma di cui all'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639. Motivi della decisione 1. - Il caso all'esame del collegio concerne la richiesta di risarcimento del danno erariale di lire 4.599.830 avanzata dal procuratore regionale nei confronti dei componenti della giunta del comune di Torella del Sannio, ritenuti responsabili, nell'originaria prospettazione del p.m. agente, del mancato rispetto dell'art. 16, comma 8-bis, del d.-l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito con modificazioni nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, che fissava il livello di copertura minima del costo del servizio comunale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l'anno 1988, da realizzarsi mediante tasse a carico degli utenti, nella misura corrispondente al 60 % del costo totale del servizio. Il danno consisterebbe in parte nella quota mancante dell'entrata ed in parte nella conseguente perdita di parte del fondo perequativo comminata all'ente, a norma di legge, per l'insufficienza della copertura del costo del servizio, alla stregua dell'apposita certificazione compilata dagli uffici comunali ai sensi dello stesso art. 16, comma 8-quinquies e depositata in atti. 2. - Su tale pretesa risarcitoria, originariamente avanzata dal procuratore regionale, questo collegio avrebbe oggi dovuto pronunciarsi, nonostante la successiva richiesta assolutoria del p.m., dato il carattere officioso ed irrinunciabile dell'azione del p.m. contabile. Senonche' e' ora intervenuto l'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996 n. 543, entrato in vigore successivamente alla instaurazione del presente giudizio, che dispone testualmente cosi': "L'azione di responsabilita' per danno erariale non si esercita nei confronti degli amministratori locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi". 3. - Il p.m. ha sollevato dubbi in udienza e con memoria scritta, sotto vari profili, sulla legittimita' costituzionale di tale norma, come ampiamente gia' riferito in narrativa, ed ha chiesto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. La prospettata questione riveste carattere pregiudiziale ed e', ad avviso di questo collogio, rilevante ai fini del decidere e, sotto alcuni dei profili evidenziati, non manifestamente infondata. Sulla rilevanza 4. - La norma di cui trattasi, recata dall'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 453, esclude l'esperibilita' dell'azione di responsabilita' in fattispecie come quella in esame, concernente l'ipotesi di responsabilita' per danno erariale a carico di amministratori locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi comunali, e percio', in quanto norma processuale applicabile ai giudizi in corso, impedisce che questo giudice possa pronunciarsi nel merito della controversia. Si imporrebbe infatti una pronuncia di improcedibilita' dell'azione per difetto, sopravvenuto ed assoluto, di giurisdizione, poiche' la norma preclude tou court l'azione, e quindi la pronuncia nel merito del giudice - di qualsiasi giudice - su pretesa risarcitoria come quella avanzata in questa sede, senza che sia neanche applicabile il principio di perpetuatio jurisditionis di cui all'art. 5 del c.p.c., dato il carattere, appunto, assoluto, del difetto di giurisdizione. Donde la indubbia rilevanza della question ai fini del decidere nel presente giudizio. Sui profili di manifesta infondatezza 5.1. - Sotto due dei profili individuati dal procuratore regionale, che saranno trattati per primi, la questione di legittimita' costituzionale appare, ad avviso del collegio, manifestamente infondata. In primo luogo appare con evidenza insussistente l'asserita violazione degli artt. 5 e 128 della Costituzione, posto che la norma di cui si dubita la legittimita' costituzionale non incide, in effetti, sull'ambito di autonomia dell'ente locale. Anzi essa, allorche' esclude la perseguibilita' di comportamenti degli amministratori locali contrari a norme di legge statali, come quelle sulla copertura minima dei costi dei servizi locali, sembrerebbe addirittura allargare l'ambito di autonomia degli enti locali, sia pure attraverso l'anomalo strumento di una sorta di sanatoria che rende a posteriori immuni da sanzione comportamenti illeciti. Nella sostanza il legislatore, nell'escludere l'azione di responsabilita' per l'ipotesi di mancata copertura dei costi dei servizi, ha in pratica inteso introdurre un'immunita' di carattere processuale a favore degli amministratori comunali che non si erano adeguati alle norme sulla copertura minima dei costi dei servizi. La norma, che pone certamente, sotto altri profili, dubbi seri di legittimita' costituzionale, non appare tuttavia tale da incidere sull'autonomia de gli enti locali, cosi' da determinare un contrasto con gli artt. 5 e 128 della Costituzione. 5.2. - Manifestamente infondala appare inoltre la prospettata questione di legittimita' costituzionale relativamente al profilo dell'art. 113, commi primo e secondo, della Costituzione. La norma costituzionale invocata, che certamente costituisce, come ha affermato il p.m., una specificazione del piu' generale e comprensivo principio di cui all'art. 24, comma primo, della Costituzione, e' dettata con l'evidente scopo di assicurare la garanzia di tutela giurisdizionale, senza limitazioni, dei soggetti dell'ordinamento nei confronti degli atti della pubblica amministrazione. Nella specie si verte nella materia affatto diversa della responsabilita' patrimoniale di agenti della p.a. per danno erariale, per cui il parametro costituzionale appare non pertinente ai fini della verifica della legittimita' costituzionale della denunziata norma. Sulla non manifesta infondatezza 6.1. - La prospettata questione di legittimita' costituzionale e' invece, ad avviso di questo giudice, non manifestamente infondata, sotto gli altri i profili evidenziati dal procuratore regionale. La norma censurata appare infatti contraria, in primo luogo, al principio che assicura a tutti la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, recato dall'art. 24, comma primo, della Costituzione. Difatti la preclusione dell'azione del p.m. contabile nell'ipotesi di danno conseguente alla mancata copertura minima del costo dei servizi comporta il venir meno della possibilita' di tutela giurisdizionale delle collettivita' locali in ordine al loro diritto ad ottenere ristoro per un danno ingiustamente subito a cagione del comportamento antigiuridico dei propri amministratori. La norma censurata, cosi come e' formulata, nega infatti che nelle fattispecie di danno di cui trattasi vi possa essere un qualsiasi giudice al quale possa essere possa essere sottoposta la questione e che sia in grado di accertare la sussistenza del diritto alla riparazione dell'ingiusto nocumento. Dunque con la norma in esame non solo si impedisce l'azione del p.m. contabile, quale organo posto a tutela degli interessi obiettivi della pubblica amministrazione, ma, dato il tenore della norma stessa, ne deriva comunque la preclusione dell'azione risarcitoria del danno erariale subito dall'ente locale. E cosi' viene violata la garanzia di tutela giurisdizionale che l'art. 24 della Costituzione assicura a tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico, ivi compresi gli enti locali come enti esponenziali delle collettivita' locali. 6.2. - La norma censurata appare anche contraria all'art. 25, comma primo, della Costituzione, in quanto essa, intervenendo solo a posteriori, su specifiche situazioni e controversie analiticamente individuate, arbitrariamente ed irrazionalmente le sottrae dal loro giudice, precostituito in base a competenza previamente e generalmente determinata sul piano legislativo ordinario (nel caso di specie dall'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e dalle norme piu' generali da esso richiamate) e cosi', in definitiva, distoglie gli amministratori locali dal giudice precostituito dalla legge ordinaria senza, peraltro, che se ne possa individuare alcun altro. 6.3. - Il dubbio sulla legittimita' costituzionale della norma appare inoltre, ad avviso di questo giudice, non manifestamente infondato con riferimento all'art. 103, comma secondo, della Costituzione, ed in correlazione con i principi di razionalita' e ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione. Nella concreta attuazione della norma costituzionale di cui all'art. 103 della Costituzione, per cui la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica, il legislatore ordinario, con la legge n. 142 del 1990 (art. 58), seguita coerentemente, sotto questo aspetto, dalle leggi n. 19 e 20 del 1994 e dalla stessa recentissima legge 20 dicembre 1996, n. 639, ha inteso riservare alla giurisdizione contabile la cognizione delle ipotesi di responsabilita' derivanti dai fatti illeciti commessi da amministratori locali. La norma qui censurata interviene ora, invece, ad escludere la tutela giurisdizionale per fatto dannoso, in relazione ad una singola e puntuale fattispecie (mancata copertura dei costi dei servizi), in tal modo incidendo sulla sfera di attribuzione riservata alla Corte dei conti dall'art. 103, comma secondo, della Costituzione, ed il cui concreto ambito era stato delineato dal legislatore con norme di carattere generale, rispetto alle quali la deroga ora introdotta si palesa irrazionale, perche' incoerente con il sistema preesistente, irragionevole ed arbitraria, perche' incidente su singoli giudizi gia' incardinati, senza che si possa individuare alcun interesse pubblico rilevante che tale interferenza giustifichi. Sia pure nel quadro di una piu' radicale violazione della garanzia fondamentale di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche di cui all'art. 24 della Costituzione, la nuova norma appare dunque costituzionalmente illegittima, anche a confronto dell'indicato parametro di cui all'art. 103, comma secondo, della Costituzione, in quanto, come ha dedotto il procuratore regionale, essa, intenzionalmente diretta ad incidere su singoli giudizi gia' incardinati, paralizza l'azione di recupero riservata dalla legge al procuratore della Corte dei conti ed interferisce direttamente nella precostituita giurisdizione della Corte dei conti, elidendo del tutto quella garanzia giurisdizionale che il medesimo legislatore, piu' in generale, prevede e mantiene a tutela di interessi collettivi in sede locale. 6.4. - Non manifestamente infondato appare inoltre il prospettato dubbio di legittimita' costituzionale della norma introdotta dall'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 sotto il profilo del contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione, con riferimento all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20; all'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 nonche' alla normazione in materia di copertura minima dei costi dei servizi comunali. La stessa legge n. 639/1996, nella quale e' ricompresa la disposizione denunziata, modificando ed integrando la legge 14 gennaio 1994, n. 20, contribuisce ad impiantare talune regole generali concernenti la responsabilita' amministrativa per danno derivante da fatto illecito commesso da amministratore di ente locale e la sua perseguibilita' giudiziale. Rispetto a tale assetto complessivo la disposizione denunciata ha carattere singolarmente derogatorio. E' ben vero che e' riservato al legislatore ordinario dare concreto svolgimento alla forza espansiva dell'art. 103 della Costituzione, mediante specificazioni normative sugli oggetti e sui soggetti della responsabilita' amministrativa (sentenza n. 641/1987 della Corte costituzionale). Tuttavia la discrezionalita' del legislatore non appare poter arrivare fino al punto di introdurre, come in effetti e' stato fatto con la censurata norma, una limitazione o preclusione meramente processuale che irragionevolmente ed immotivatamente collide con i principi generali della materia, configura una singolare esenzione dalle conseguenze sanzionatorie di comportamenti illeciti, da' luogo ad un ingiustificato favore per soggetti che abbiano procurato un danno erariale mediante un particolare tipo di comportamento antigiuridico, rispetto alla situazione nella quale venga a trovarsi qualunque amministratore di ente locale a seguito di comportamento doloso o colposo tenuto in violazione di norme di legge e obblighi di servizio e oggettivamente causativo di nocumento patrimoniale all'ente di appartenenza. In definitiva appare non manifestamente infondato il dubbio che, alla stregua del tertium comparationis, rappresentato nel caso di specie dai principi generali in tema di responsabilita' amministrativa recati tra l'altro dalle leggi n. 20/1994 e dall'art. 58 della legge n. 142/1990, la norma denunziata sia contraria ai principi di razionalita' e di ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione, in quanto riserva un trattamento diverso ed appunto singolarmente diverso ed appunto singolarmente derogatorio, ad una fattispecie astrattamente inquadrabile nell'ipotesi generale di responsabilita' per danno e rispetto alla quale nessuna differenza di ratio appare giustificare la diversita' di trattamento. Sotto altro profilo appare sussistere un uguale trattamento di situazioni diverse, in violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma primo, della Costituzione e della certezza del diritto, nel senso cioe' che vengono trattati allo stesso modo gli amministratori che si sono mostrati ossequiosi delle disposizioni in materia di copertura dei costi dei servizi locali, rispetto a quelli che invece tali norme hanno colposamente disatteso e che per effetto della norma denunciata restano affrancati da qualsiasi sanzione. 6.5. - Questo giudice condivide anche il dubbio sulla legittimita' costituzionale della norma, sollevato dal p.m., con riferimento al principio di cui all'art. 81, comma quarto, della Costituzione. L'art. 81, comma quarto, della Costituzione impone un obbligo di copertura degli oneri derivanti da nuova legge e di indicazione dei mezzi per farvi fronte. Il principio, espressivo di esigenze di tendenziale equilibrio finanziario riferito agli oneri che la legislazione nazionale puo' indurre sul bilancio riferito agli oneri che la legislazione nazionale puo' indurre sul bilancio dello Stato (Corte costituzionale, sentenza n. 260/1990), dalla Corte costituzionale e' stato ritenuto sussistere anche per leggi statali che addossino oneri finanziari ad enti ricompresi nella cosiddetta finanza pubblica allargata (sentenze nn. 91 e 189 del 1981). Di contro, l'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, nel sancire l'imperseguibilita' del danno patrimoniale causato ai bilanci comunali da illecite, mancate coperture dei costi dei servizi erogati, e quindi da minori entrate, ne assossa il corrispondente onere finanziario ai medesimi bilanci, poiche' impedisce che attraverso il risarcimento da porre a carico degli amministratori si realizzi la reintegrazione patrimoniale a cui l'istituto della responsabilita' amministrativa e' pure finalizzato. La legge, quindi, introducendo un beneficio economico personale a favore degli amministratori che hanno tenuto comportamenti dannosi, ne fa gravare l'onere sui bilanci degli enti locali, senza recare alcuna copertura finanziaria e senza indicare i mezzi con i quali farvi fronte, contribuendo cosi' ad aggravare situazioni di squilibrio tra entrate e spese ed eludendo il rispetto della previsione di cui all'art. 81 della Costituzione. 6.6. - Infine ritiene il collegio non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' della piu' volte richiamata norma introdotta dall'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543, sollevato dal p.m. rispetto all'art. 97 della Costituzione. Indubbiamente la norma della cui legittimita' si dubita non e' rivolta a disciplinare l'organizzazione degli uffici della pubblica amministrazione, ne', a ben vedere, a modificare il regime sostanziale della responsabilita' dei pubblici funzionari, ma e' norma, come si e' detto, che stabilisce soltanto un'immunita' di carattere processuale. Ne' questo giudice ignora la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui la giurisdizione non trova la propria disciplina nell'art. 97, se non per gli aspetti meramente organizzativi e strumentali al suo esercizio, come di recente riaffermato con sentenza della Corte costituzionale n. 378 del 16 ottobre-2 novembre 1996. Deve tuttavia osservarsi che non si puo' escludere, in linea di principio, che una norma di carattere processuale come quella in esame, che comunque incide nel regime della responsabilita' dei pubblici funzionari, possa in concreto atteggiarsi come contraria al principio del buon andamento della p.a., allorche' essa, rendendo di fatto inoperante la sanzione del risarcimento del danno verso gli amministratori non rispettosi di norme volte al risanamento della finanza pubblica, priva queste ultime della loro forza ordinamentale. Nel caso di specie non appare manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale sollevato dal p.m. con riferimento all'art. 97, dato che in effetti la norma censurata, prevedendo una sorta di immunita' personale sopravvenuta in capo agli amministratori locali colpevolmente inadempienti, priva le norme sulla copertura minima del costo dei servizi di una parte della loro foraza persuasiva, ed incide negativamente sul raggiungimento di quelle espresse finalita' di buona amministrazione che lo stesso legislatore aveva inteso perseguire.
P. Q. M. Visto l'art. 23 e 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-ter, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 di conversione del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543, in relazione agli artt. 24, comma primo; 25, comma primo; 81 comma quarto; 103, comma secondo; 97 della Costituzione e all'art. 3, comma primo, della Costituzione, con riferimento all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20; all'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142; nonche' alla normazione in materia di copertura dei costi dei servizi comunali; Rigetta parzialmente l'istanza di proposizione della questione di costituzionalita' della norma denunziata, limitatamente ai profili di asserita violazione degli artt. 5 e 128 e dell'art. 113, commi primo e secondo, della Costituzione, per manifesta infondatezza; Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria della sezione, alle parti e al pubblico ministro, al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata ai Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 1997. Il presidente: Vincenti L'estensore: Di Stefano 97C0493