N. 145 SENTENZA 19 - 23 maggio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia  e  urbanistica  -  Abusivismo  -  Trattamento sanzionatorio
 penale - Reati per i quali la pena detentiva non e' alternativa  alla
 pena pecuniaria - Sanzioni sostitutive - Esclusione dell'applicazione
 -  Esigenza  che  il legislatore proceda ad una revisione di tutto il
 sistema delle pene sostitutive -  Riferimento  alle  declaratorie  di
 illegittimita'  costituzionale  di  cui  alle  sentenze nn. 249/1993,
 254/1994 e 78/1997 - Intrinseca ragionevolezza del divieto denunciato
 - Non fondatezza.
 
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, ultimo comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.22 del 28-5-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 60  della  legge
 24  novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promossi con
 ordinanze emesse il 29 dicembre 1995 (n. 2 ordinanze) dal giudice per
 le indagini preliminari presso la pretura di Belluno, il  1  dicembre
 1995  dal  pretore  di  Latina ed il 18 marzo 1996 dal giudice per le
 indagini preliminari presso la pretura  di  Belluno,  rispettivamente
 iscritte  ai  nn.  220,  221, 279 e 499 del registro ordinanze 1996 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11, 14 e 23,
 prima serie speciale, dell'anno 1996.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 13 novembre 1996 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il giudice per le indagini preliminari presso  la  pretura  di
 Belluno,  con  tre ordinanze emesse due il 29 dicembre 1995 ed una il
 18 marzo  1996,  ha  denunciato,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  l'illegittimita'  dell'art.  60,  ultimo  comma, della
 legge 24 novembre 1981, n. 689, "laddove esclude l'applicazione delle
 pene sostitutive ai reati previsti dalle leggi in materia urbanistica
 ed  edilizia,  quando  per  detti  reati  la  pena  detentiva  non e'
 alternativa a quella pecuniaria".
   Piu' in particolare, il giudice a quo,  richiesto  della  emissione
 del  decreto  penale  nei  confronti  di  imputato  dei  reati di cui
 all'art.   20, lettera c, della legge 28  febbraio  1985,  n.  47,  e
 1-sexies,  del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella
 legge  8  agosto  1985,  n.  431,  con  applicazione  della  sanzione
 sostitutiva  della  pena  pecuniaria,  accoglieva  la  richiesta solo
 relativamente al secondo reato, dato che  l'art.  60,  ultimo  comma,
 della legge n. 689 del 1981, non consente "la sostituzione della pena
 detentiva  per  i  reati in materia urbanistica e edilizia, quando la
 pena detentiva non e' alternativa a quella pecuniaria".
   Di fronte alla reiterazione della  richiesta,  a  fondamento  della
 quale  si  era invocata l'applicazione della sentenza di questa Corte
 n. 254 del 1994, che ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  60  della legge n. 689 del 1981 nella parte in cui esclude
 l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive ai reati  previsti  dagli
 artt.  21  e  22  della legge 10 maggio 1976, n. 319 - statuizione da
 ritenersi secondo il giudice a quo estensibile  ai  reati  edilizi  e
 urbanistici   -   il   giudice   stesso  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge n. 689 del 1981.
   Rileva il rimettente che la lettera della norma in  questione  puo'
 far  ritenere  che il regime che preclude l'applicabilita' delle pene
 sostitutive riguardi soltanto i reati previsti dall'art. 20,  lettere
 b e c, della legge n. 47 del 1985, e non si estenda, invece, al reato
 di   cui  all'art.  1-sexies  del  decreto-legge  n.  312  del  1985,
 convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431, cosi' da accogliere una
 nozione piu'  ristretta  di  "urbanistica",  come  concetto  riferito
 all'assetto  del territorio urbano e agli interventi e trasformazioni
 che lo riguardano, con esclusione della tutela del paesaggio e  dell'
 ambiente;  ed  osserva  che  non  puo'  aver  rilievo  al riguardo il
 precetto dell'art. 80 del d.P.R. 24 luglio 1977,  n.  616,  che,  pur
 fornendo   una  diversa  definizione  dell'urbanistica  come  materia
 comprensiva della protezione dell'ambiente,  riguarda  esclusivamente
 l'ambito   amministrativo.   Cio'   premesso,  sarebbe  evidente  una
 ingiustificata disparita' di trattamento, tanto piu' che il paesaggio
 e' oggetto di diretta protezione costituzionale.
   2. - Nei  tre  giudizi  instaurati  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari della pretura di Belluno e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, la quale ha  chiesto  che  la  questione  venga
 dichiarata  non  fondata,  in quanto gia' decisa con ordinanza n. 480
 del 1994, appunto, di manifesta infondatezza.
   3. - Un'analoga questione ha sollevato anche il pretore di  Latina,
 con ordinanza del 1 dicembre 1995, denunciando, sempre in riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione - ed utilizzando il medesimo tertium
 comparationis evocato dal giudice per le indagini preliminari  presso
 la  pretura  di  Belluno - l'art. 60 della legge 24 novembre 1981, n.
 689, "nella parte in cui non consente l'applicazione  delle  sanzioni
 sostitutive  di  cui all'art. 53 della stessa legge ai reati previsti
 in materia edilizia ed urbanistica quando per  detti  reati  la  pena
 detentiva non sia alternativa con quella pecuniaria ed in particolare
 all'art. 20, lettera b, della legge 28 febbraio 1985, n. 47".
   4.  -  Anche  in  questo  giudizio e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  la  quale  ha chiesto che la questione venga
 dichiarata non fondata, in quanto gia' decisa con  ordinanza  n.  480
 del 1994.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Le  ordinanze  di rimessione sollevano questioni identiche o
 analoghe. I relativi giudizi  vanno,  pertanto,  riuniti  per  essere
 decisi con un'unica sentenza.
   2. - Comune oggetto di censura e' l'art. 60 della legge 24 novembre
 1981,  n.  689,  nella  parte  in cui esclude dall'applicazione delle
 sanzioni  sostitutive  i  reati  previsti  dalle  leggi  in   materia
 urbanistica  ed  edilizia, quando per i detti reati la pena detentiva
 non e' alternativa alla pena pecuniana.
   Comune e' pure il richiamo all'art. 3 della  Costituzione,  evocato
 per  la  dedotta  ingiustificata  disparita' di trattamento derivante
 dallo specifico divieto imposto dalla norma  denunciata,  un  divieto
 non  operante, invece, nei confronti di reati che tutelano un analogo
 bene giuridico e che sono, per giunta, assoggettati ad  una  medesima
 sanzione penale: quelli previsti, cioe', dall'art. 1-sexies del d.-l.
 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone
 di  particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni,
 nella legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. "legge  Galasso"),  che,  per
 "la  violazione  di  cui  al  presente  decreto",  ferme  restando le
 sanzioni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, dispone  altresi'
 l'applicazione  di  quelle  previste  dall'art.  20  della  legge  28
 febbraio 1985, n.  47. Donde la prospettazione di un identico tertium
 comparationis per  essere  tali  ipotesi  di  reato,  in  quanto  non
 menzionate  dall'art.    60  della  legge n. 689 del 1981, ammesse al
 regime delle sanzioni sostitutive.
   3. - La questione e' stata peraltro sempre proposta  nel  corso  di
 giudizi  per  reati  previsti  dalla  legge 28 febbraio 1985, n. 47 -
 concernente  l'attivita'  urbanistico-edilizia  -  in   taluni   casi
 connessi  alla violazione dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n.
 312 del 1985.  Piu'  in  particolare,  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di  Belluno, richiesto dal pubblico
 ministero della emissione del decreto penale di condanna per i  reati
 di  esecuzione abusiva di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo
 paesaggistico, con la concomitante sostituzione della pena  detentiva
 nella   pena   pecuniaria,   accoglieva  la  richiesta  solo  per  il
 sopracitato reato di cui all'art. 1-sexies del decreto-legge  n.  312
 del  1985,  essendo per questo consentita la sostituzione; viceversa,
 di fronte alla reiterata richiesta di  applicazione  dell'art.  53  e
 seguenti  della  legge  n.  689  del  1981 pure per i reati edillizi,
 premesso che, non disciplinando la "legge Galasso" (in cui il  citato
 decreto-legge  e'  stato  convertito)  la  materia urbanistica, ma il
 paesaggio  -  oggetto,  per  giunta,   di   protezione   di   rilievo
 costituzionale  -  l'ammissione  alle  sanzioni  sostitutive previste
 dalla legge n. 689 del 1981 dei reati contemplati da tale legge e non
 anche dei reati previsti dall'art.  20, lettere b e c, della legge n.
 47 del 1985, si rivelerebbe del tutto irrazionale,  ha  sollevato  la
 predetta  questione  di  legittimita'  (v.  le  due  ordinanze del 29
 dicembre  1995).  Una  questione  poi  nuovamente  proposta  in altra
 occasione (v. ordinanza del 18 marzo 1996) di fronte  alla  richiesta
 di  decreto  penale con applicazione della sanzione sostitutiva della
 pena pecuniaria in ordine al solo reato di cui all'art.  20,  lettera
 b,  della  legge  n.  47  del  1985,  invocando sempre, quale tertium
 comparationis, la disciplina derivante dal combinato  disposto  della
 norma  censurata  e  dell'art.  1-sexies del decreto-legge n. 312 del
 1985.
   Analoghe le  argomentazioni  del  pretore  di  Latina,  chiamato  a
 giudicare  della  contravvenzione  prevista  dall'art. 20, lettera b,
 della legge n. 47  del  1985,  anche  qui  additandosi  come  tertium
 comparationis  l'art. 1-sexies del decreto-legge sopra ricordato, col
 fare appello ad una prospettiva unitaria della tutela del  patrimonio
 ambientale,  comprensiva  sia  della  normativa urbanistica sia della
 normativa paesaggistica.
   4. - Appare opportuno premettere che questa  Corte  ha  gia'  avuto
 occasione  di  prendere in esame un'identica questione, dichiarandola
 manifestamente  infondata  con  ordinanza  n.  480  del  1994.  Detta
 pronuncia  fu adottata basandosi sulla linea interpretativa all'epoca
 pressoche' unanimemente seguita dalla giurisprudenza di legittimita',
 nel senso che la legge n. 689 del  1981  non  consente  che  le  pene
 sostitutive  possano  essere  applicate  al  reato previsto dall'art.
 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito nella legge  8
 agosto  1985,  n.  431, il quale, riguardando la tutela delle zone di
 particolare  interesse  ambientale,   concerne   anche   la   materia
 urbanistica,  conseguentemente  operando  per  esso il divieto di cui
 all'art. 60 della legge n. 689 del 1981.
   Pure se le ordinanze di rimessione omettono di  indicare  il  detto
 precedente  (un  cenno  alla giurisprudenza della Corte di cassazione
 richiamata  dalla  decisione  n.   480   del   1994   risulta   pero'
 nell'ordinanza   del   pretore   di  Latina,  che  la  considera  una
 interpretazione   "ingiustamente    penalizzatrice"    e    da    non
 condividersi),  di  esso  questa  Corte  non puo' non tener conto. Ed
 infatti l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive ai reati previsti
 dall'art. 1-sexies del decreto-legge  n.  312  del  1985,  convertito
 nella  legge  n.  431  del 1985, rappresenta il tertium comparationis
 indicato dai giudici a  quibus  che  comproverebbe,  a  loro  avviso,
 l'arbitrarieta' della sottrazione dei reati in materia urbanistica ed
 edilizia  al  detto  regime,  non  potendosi d'altra parte, secondo i
 giudici stessi, pervenire,  sul  piano  interpretativo,  a  soluzione
 diversa  da  quella risultante dalla lettera dell'art. 60 della legge
 n. 689 dell 1981. Del resto, dopo l'indicata  statuizione  di  questa
 Corte,   un   nuovo  assetto  interpretativo  va  profilandosi  nella
 giurisprudenza di legittimita' fondato sull'opposto principio in base
 al quale il divieto di sostituzione delle pene  detentive  brevi  non
 puo' riguardare anche i reati in materia paesaggistica perche' questi
 si  differenziano  dai  reati  in  materia urbanistica per molteplici
 aspetti e non possono quindi essere sottoposti  alla  disciplina  che
 concerne le esclusioni oggettive dalla sostituzione.
   In   presenza   di   un  panorama  giurisprudenziale  in  tal  modo
 modificato, la Corte deve comunque stabilire se un regime  nel  quale
 l'accesso   alle  sanzioni  sostitutive,  nonostante  sia  consentito
 relativamente ai reati in materia paesaggistica, e'  invece  precluso
 per  i  reati in materia urbanistica ed edilizia, risulti tale da dar
 luogo  ad  una  disparita'  di  trattamento davvero talmente priva di
 giustificazione da rasentare l'arbitrarieta'.
   5. - La questione non e' fondata.
   Talune ordinanze di rimessione (precisamente quelle del pretore  di
 Belluno)  non  hanno  mancato  di ricordare, a conforto della dedotta
 illegittimita' della norma ora denunciata, la  sentenza  n.  254  del
 1994,   con   la   quale   questa  Corte  dichiaro'  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 60 della legge n. 689 del 1981 "nella  parte
 in  cui  esclude  che  le  pene  sostitutive  si  applichino ai reati
 previsti dagli artt.  21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319,  in
 materia di tutela delle acque dall'inquinamento".
   Ma  va  subito  osservato come il richiamo alla detta decisione non
 appare pertinente, considerate le differenze  morfologiche  esistenti
 tra  il  divieto  dichiarato  incostituzionale  ed il divieto oggetto
 dell'attuale giudizio di costituzionalita'.
   Nell'un caso infatti l'emergere della diseguaglianza  risultava  di
 agevole  comprensione  attraverso  la  semplice  comparazione  tra le
 prescrizioni   sottratte   nominatim   al   regime   delle   sanzioni
 sostitutive,   e  le  prescrizioni  sopravvenute,  non  comprese  nel
 catalogo dei divieti; cosicche'  l'illegittintita'  venne  dichiarata
 dandosi  rilievo alla concomitante evocazione di tertia comparationis
 additati in fattispecie di  reato  sopravvenute  alle  corrispondenti
 indicazioni  preclusive contenute nell'art. 60 della legge n. 689 del
 1981.   La   Corte   pervenne   pertanto   alla   conclusione   della
 irragionevolezza  di  un  sistema,  il quale consente che fattispecie
 aventi un identica obiettivita'  giuridica  rispetto  alla  normativa
 denunciata,   pur   essendo  piu'  gravemente  sanzionate,  rimangano
 comunque  ammesse  alla  sostituzione  della  pena,   mentre   quelle
 precedenti,  ancorche'  meno  gravi,  ne  rimangono escluse. Nel caso
 invece della disciplina ora in contestazione, una  tale  possibilita'
 di  comparazione  non esiste perche' i reati le cui pene sono escluse
 dalla sostituzione non sono indicati nominatim  dalla  legge,  bensi'
 con solo riferimento alla materia: "reati previsti ... dalle leggi in
 materia edilizia ed urbanistica" (art. 60, ultimo comma).
   Egualmente   non  appare  accettabile,  nel  presente  giudizio  di
 legittimita' costituzionale, il  richiamo  fatto  nell'ordinanza  del
 pretore di Latina alla possibilita', aperta nel sistema vigente, alla
 sostituibilita' di pene detentive come quelle comminate per i delitti
 di  danneggiamento  e  perfino  di  omicidio  colposo commessi con la
 costruzione di manufatti in violazione anche delle norme  in  materia
 edilizia ed urbanistica.
   6.  -  E  tuttavia  occorre  ormai che il legislatore proceda senza
 indugio ad una revisione di tutto il sistema delle pene  sostitutive,
 che  e'  ancora  (a  parte  gli sporadici interventi di questa Corte)
 quello dettato quando le pene sostitutive venivano in  considerazione
 solo  per  i  reati  di  competenza  del pretore e quando non avevano
 ancora fatto irruzione nell'ordinamento vaste  serie  di  fattispecie
 omogenee rispetto alle elencazioni contenute nell'art. 60 della legge
 n.   689  del  1981.  Questa  Corte  deve  richiamare  qui  l'analisi
 dell'evoluzione del sistema delle  pene  sostitutive  compiuta  nella
 propria  sentenza n. 78 del 1997 e rinnovare ancora le sollecitazioni
 rivolte al legislatore per una revisione, oramai indilazionabile,  di
 detto sistema.
   Le  dichiarazioni  di  illegittimita' costituzionale pronunciate in
 materia da questa Corte (con sentenze n. 249 del  1993,  n.  254  del
 1994  e  la  ora  citata  n. 78 del 1997) si sono limitate a caducare
 fattispecie di reato espressamente  indicate  nell'art.  60,  sia  in
 forza  di  novazioni normative disciplinanti la stessa materia sia in
 conseguenza  di  un  assetto  processuale  destinato  a   modificarsi
 radicalmente dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di rito.
   Ma e' da considerare che ogni intervento demolitorio della Corte e'
 stato  dettato  dall'esigenza  di eliminare disparita' di trattamento
 cosi' irragionevoli da rivelarsi arbitrarie.  Il  che  si  e'  sempre
 verificato  rispetto a fattispecie di reato tutte indicate nominatim,
 dovendo solo qui  le  ragioni  di  prevenzione  generale  decisamente
 soccombere, facendosi altrimenti sopravvivere le frange di un sistema
 chiaramente squilibrato.
   Solo  l'esigenza  di  non  colpire  un  regime  di  divieti  la cui
 permanenza avrebbe  potuto  ancora,  in  ipotesi,  rappresentare  una
 valida  forma di prevenzione generale rispetto ad una serie di reati,
 ha  determinato  la  Corte  ad  affermare,  coerentemente  alla   sua
 giurisprudenza  in tema di osservanza dell'art. 3 della Costituzione,
 la non fondatezza di questioni incentrate sempre sull'art.  60  della
 legge n. 689 del 1981, ma nelle quali le situazioni poste a confronto
 non   compromettessero   in   modo   irreparabile   la  coerenza  del
 microsistema: v. ordinanze n.   442 del  1991  e  n.  319  del  1992,
 riferite    a    reati    di    competenza    del   pretore   esclusi
 dall'applicabilita' delle sanzioni sostitutive e a  taluni  reati  di
 competenza  del tribunale non compresi nell'elenco di cui all'art. 60
 della legge n 689 del 1981, ma per i quali l'accesso al regime  della
 sostituzione restava impedito dal disposto dell'art.  54 della stessa
 legge, all'epoca ancora vigente.
   7.   -   Verificati   i   percorsi   giurisprudenziali   in  ordine
 all'interpretazione dell'art. 60, ultimo comma, della  legge  n.  689
 del  1981  relativamente alle violazioni paesaggistiche, con evidenti
 riverberi sulla norma qui denunciata, concernente  il  divieto  delle
 sanzioni  sostitutive per i reati in materia urbanistica ed edilizia,
 e constatato che la piu' recente giurisprudenza di  legittimita'  non
 puo'  ancora  qualificarsi  come  "diritto vivente", la disparita' di
 trattamento  denunciata  non  risulta  tale  da  potersi  qualificare
 arbitraria.
   E  cio'  tenuto  conto soprattutto del fatto che, in presenza di un
 contesto  ermeneutico  non  ancora  consolidato,  l'unica   soluzione
 percorribile  non potrebbe essere che quella di ravvisare un'assoluta
 identita' tra le due  previsioni,  quella  concernente  l'edilizia  e
 l'urbanistica e quella concernente il paesaggio.
   Cio'  non  e' peraltro consentito dal raffronto tra le due serie di
 precetti, il cui sicuro punto di confluenza  rimane  circoscritto  al
 rinvio alle sanzioni previste dall'art. 20 della legge n. 47 del 1985
 ad  opera  dell'art.  1-sexies del decreto legge n. 312 del 1985.  Il
 tutto a prescindere da ulteriori profili che se pure possono  indurre
 a ravvisare aspetti di maggior gravita' della disciplina addotta come
 tertium  comparationis, non compromettono tuttavia, nel complesso, la
 ragionevolezza intrinseca del  divieto  denunciato  e  consentono  di
 escludere   che   il   raffronto   cosi'   operato  evidenzi  un  uso
 costituzionalmente censurabile della discrezionalita' legislativa.
   In  conclusione,  ferma  restando  la ragionevolezza del divieto in
 se',  l'assenza  di  una  disparita'  di  trattamento   da   definire
 arbitraria   comporta   la  dichiarazione  di  non  fondatezza  della
 questione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondata   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 60, ultimo comma, della legge
 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  la pretura di Belluno e dal pretore di
 Latina con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1997.
                         Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Vassalli
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 maggio 1997.
                 Il direttore di cancelleria: Di Paola
 97C0533